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Aspettavo te: Aspettavo te Series Vol. 1
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Aspettavo te: Aspettavo te Series Vol. 1
E-book685 pagine10 ore

Aspettavo te: Aspettavo te Series Vol. 1

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Info su questo ebook

Sarah e Linda sono due sorelle molto diverse. Frequentano l'ultimo anno di liceo ma, mentre Sarah è la classica figlia modello, Linda è la pecora nera della famiglia. Scopriranno di essere più simili di quanto immaginavano dopo che la loro vita sarà stravolta dall'arrivo della nuova compagna del padre e del figlio: il bello e tenebroso Akira.
Sorrisi, Lacrime, Risate, Emozioni nel primo volume della serie Aspettavo te.
LinguaItaliano
EditorePubMe
Data di uscita25 giu 2018
ISBN9788828339977
Aspettavo te: Aspettavo te Series Vol. 1

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    Anteprima del libro

    Aspettavo te - Ilaria Satta

    Ilaria Satta

    ASPETTAVO TE

    Titolo: Aspettavo te

    Autore: Ilaria Satta

    Copyright © 2018 Ilaria Satta

    Copertina realizzata da Antonella Monterisi

    Tutti i diritti sono riservati. Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione dell’autore, e qualunque analogia con fatti, luoghi o persone reali, esistenti o esistite, è del tutto casuale.

    alla piccola Laika

    sempre e per sempre nel mio cuore

    Capitolo 1

    Sarah

    Ti senti al sicuro all'interno del tuo guscio sino a quando non avverti che sta arrivando un cambiamento. Che tu lo voglia o meno, che lo desideri o sia qualcosa di forzato, questo avverrà, senza che tu possa fare niente per impedirlo. Mi ero arresa al fatto che, dopo la morte di mia madre, cinque anni fa, la mia vita fosse già cambiata abbastanza. Ho vissuto gli anni successivi alla sua morte cercando di accettare che, da quel momento in poi, saremmo stati solo noi tre. Ancora non sapevo quanto mi sbagliavo. 

    Mi sono svegliata prima del previsto stamattina. So che sarà una giornata molto lunga quella che mi aspetterà oggi. Le parole di mio padre mi girano ancora per la testa. Verranno a stare da noi per un po'. Spero che riusciate a farli sentire a casa, che almeno ci proviate. In realtà il messaggio era riferito a me, non a mia sorella maggiore, Linda. Non sarà una cosa definitiva ha poi aggiunto, come se ci credesse qualcuno. 

    Mi alzo e vado in cucina per godermi l'ultima colazione in santa pace.

    «'Giorno tesoro già in piedi? Latte o caffè stamattina?» mi chiede mio padre non appena mi vede varcare la porta.

    «Non riuscirai a comprarmi con così poco» ribatto. Non voglio farmela passare e spero che mi dica che hanno trovato un'altra sistemazione temporaneamente, o meglio, definitivamente.

    «State ancora discutendo?» Ecco ci mancava pure mia sorella. «Sarah faresti meglio a piantarla e vedi di farti carina per stasera, il nostro nuovo fratellone potrebbe essere uno schianto!»

    «Non pensi ad altro da mesi scommetto, vero? Con la fortuna che mi ritrovo, sarà pure un ciccione con i brufoli che ci sbaverà addosso dalla mattina alla sera!»

    Scoppiamo tutti e tre a ridere e per un attimo siamo di nuovo solo noi.

    Mia sorella è solo un anno più grande di me, ma è come se avesse vissuto il doppio. Io e lei siamo l'esatto opposto. Io così assennata e diligente, una vera secchiona. Con i ragazzi timida e riservata, tanto da rifiutare qualsiasi forma d'invito. Lei un vero uragano, circondata da amiche che fanno a gara per stare nella sua cerchia, e da ragazzi che fanno la fila per uscire insieme a lei. Dall'inizio delle superiori, avrà cambiato almeno una decina di ragazzi. Storie di poco conto, dice. Io non ho mai trovato nessuno che mi piacesse tanto da accettare di uscirci e quelli che cominciavano a piacermi, finivano inevitabilmente nella rete di Linda.

    Io e lei frequentiamo la stessa scuola, questo sarà per entrambe l'ultimo anno visto che Linda ha pensato bene di farsi rimandare in prima. Penso che per quanto lei voglia fare la parte di quella forte, la bocciatura sia stato il chiaro segno del disagio per la morte di nostra madre.

    «Andiamo Linda o faremo tardi come al solito» le dico mentre salgo in auto. Mia sorella ha preso la patente da qualche mese e mio padre le ha dato il permesso di prendere la vecchia macchina di nostra madre, aggiungendo che una volta presa la patente l'avrei potuta usare anche io, messaggio in codice per far capire a Linda che non ne avrebbe avuto l'esclusiva. A breve compirò diciotto anni e non vedo l'ora di poter guidare e non stare sempre alle dipendenze di mia sorella.

    «Non sei curiosa neanche un po' di vedere la donna che ha rubato il cuore di nostro padre?» mi dice Linda mentre ci avviciniamo all'entrata della scuola.

    «Non quanto lo sei tu di vedere suo figlio» le rispondo acidamente. «Conoscendoti non ci avrai dormito tutta la notte.»

    Si gira e mi dà un colpetto sulla guancia dicendomi: «Quando inizierai a guardarti intorno anche tu? Guarda che non è mica normale non essere mai state insieme a un ragazzo sino a diciassette anni!».

    Vorrei risponderle che anche averne avuti troppi a soli diciannove non è tanto normale, ma lascio cadere lì il discorso. Lei è così provocante. Un fisico sportivo, un seno da urlo, un sedere perfetto. Si lamenta spesso del fatto che io abbia preso il meglio da papà – l'altezza – e dalla mamma – i lineamenti e i capelli biondi – mentre io adoro i suoi capelli color ebano, risaltano ancora di più i suoi occhi azzurri, dono della mamma per entrambe. Sarà anche vero che la batto in altezza, in confronto a lei mi sento ancora una bambina.

    «Dai, ci vediamo all'uscita e sii puntuale mi raccomando.» Come ogni giorno qui ci dividiamo, lei con le sue amiche oche e io con l'unica mia amica secchiona, Sandra.

    Dopo Linda, credo sia la persona che mi conosce meglio, si accorge subito che sono già in tensione per stasera.

    «Ti ha investito un treno stanotte? Vedi di ripigliarti che abbiamo il test di chimica oggi.» Aumentiamo il passo, per colpa di Linda sono in ritardo.

    «E chi se lo dimentica che è oggi il test» le rispondo quasi con il fiatone.

    Io e Sandra ci siamo conosciute il primo anno e siamo subito entrate in sintonia. Siamo accomunate da tante cose a parte che lei ha un ragazzo. Quindi non sempre riesco a passare il tempo che vorrei insieme a lei. 

    Finito il test, troviamo cinque minuti per parlare tra una lezione e l'altra.

    «Come pensi sia andato?» le domando preoccupata, chimica non è il suo forte.

    «Mah spero bene, non era difficile come temevo. Ma dai, dimmi di te, vedo che sei uno straccio.»

    Abbasso lo sguardo, ho voglia di sfogarmi ma al tempo stesso non ho voglia di parlarne. «Siamo due contro una stavolta. Linda sta dalla parte di mio padre e io sono la figlia egoista che non vuole che il padre si rifaccia una vita e che non vuole un perfetto sconosciuto in casa.»

    Sandra annuisce con la testa. «Sicuramente è il modo sbagliato per farteli conoscere, ma mettiti anche nei suoi panni, non poteva mandarli in un albergo! Il trasferimento è stato improvviso e voi avete una reggia al posto di una casa.»

    «Ho capito, non posso contare nemmeno su di te. Tre contro una!» esclamo.

    Suona la campanella, dobbiamo rientrare in classe. Meglio così o andava a finire che avrei litigato anche con lei oggi.

    Ieri sera ero davvero furiosa, se non fosse stato palese che avessi io la ragione, sarebbe stata la volta che mio padre mi avrebbe messo in punizione per il resto della mia vita. Sapevo che, prima o poi, l'avrei dovuta conoscere, dopo un anno la cosa stava diventando un po' troppo seria, ma mai avrei pensato che conoscerla significasse averla di punto in bianco in mezzo ai piedi in casa nostra, per di più con suo figlio.

    Arriva la fine dell'ultima ora e mai come oggi ho sperato che l'orario di lezione non finisse mai. Aspetto Linda vicino alla macchina mentre saluta le sue insignificanti amiche.

    «Cosa avevate da spettegolare più del solito oggi?»

    «Scommettevamo su quanti giorni ci metterò a portarmi a letto il nuovo arrivato» risponde compiaciuta.

    «Fai veramente...» e prima che possa finire la frase mi interrompe ridendomi in faccia e dicendo: «Scherzo, secchiona. Ti ho solo detto quello che avresti voluto sentire» e poi aggiunge con un'espressione terribilmente seria che non le appartiene: «Dagli un po' di tregua, ha sofferto tanto per la mamma.»

    Mi giro senza dirle niente, in realtà sto pensando che forse non ha sofferto abbastanza. Poi mi pento di averlo anche solo pensato. Mi sento così immatura riguardo a tutto questo.

    Scendo giù in giardino, dove trovo Linda già in costume da bagno a bordo piscina.

    «Dov'è papà? È già andato a prenderli?» le chiedo cercando di non far trasparire nessuna emozione.

    «Sì, è partito mentre stavi riposando, raccomandandomi di tenerti a casa per oggi.»

    «Ah sì, ti ha detto così?» ribatto. «E dove crede che me ne vada, la fuggitiva sei sempre stata tu. Ma stavolta la curiosità è troppa, non è vero?»

    «Non ti sopporto più, lo sai? Vado a prepararmi e ti consiglio di renderti anche tu un po' più presentabile.»

    In realtà non ho nessuna intenzione di farmi bella per loro, sarà già tanto degnarli della mia presenza stasera. Risalgo in camera e guardo dentro l'armadio. Ho la metà delle cose che ha Linda. Lei adora la moda, gli abiti griffati, le scarpe con tacchi vertiginosi. Io sono il classico tipo da jeans, t-shirt e scarpe comode. Scelgo qualcosa a caso ed entro a farmi una doccia. Sono le 17:00, tra meno di due ore saranno qui.

    Linda è salita prima di me a prepararsi ma ancora non si vede, allora passo in camera sua. La sento parlare, dev'essere al telefono. Sento solo qualche frase, sicuramente è al telefono con una delle sue amichette. Busso.

    «Linda, sei pronta? Staranno per arrivare, non mi vorrai lasciare da sola mi auguro.»

    Sento che saluta velocemente al telefono e mi apre la porta. Anche lei ha scelto un look sobrio per la serata, pensavo peggio in realtà.

    «Sei bellissima» mi viene spontaneo dirle.

    Lei mi dà un bacio sulla guancia dicendo: «Lo so» sfacciatamente, e così scoppiamo a ridere entrambe. Litighiamo spesso, ma non possiamo fare a meno l'una dell'altra.

    Scendiamo le scale insieme e sento il cancello automatico aprirsi. Il cuore mi batte all'impazzata, un misto tra ansia, inquietudine, ma anche curiosità.

    Guardo fuori attraverso la porta a vetri, è proprio il SUV di papà.

    «Cosa facciamo, aspettiamo che entrino o andiamo fuori, tu che dici?» mi domanda Linda.

    Non l'avrei detto ma si vede che anche lei è impacciata.

    «Io direi di aspettare qui» quasi volessi ritardare, anche se di poco, la nostra conoscenza.

    «Allora sediamoci sul divano davanti alla TV e facciamo finta di niente. Non pensi che anche lei sarà un po' nervosa?»

    «Ha avuto la faccia tosta di trasferirsi a casa nostra praticamente da un giorno all'altro, non mi pare una che si fa tanti problemi, non credi?»

    Quasi non faccio in tempo a finire la frase che sento la porta dell'ingresso principale aprirsi. È arrivato il momento.

    Sarò stata infantile ed egoista, ma quando scoprii che mio padre stava frequentando un'altra donna, che diversamente da me stava andando avanti, provai una rabbia incontenibile.

    Io e mia sorella Linda ci accorgemmo subito che nostro padre ci stava nascondendo qualcosa. Nonostante fossimo abituate alle sue continue assenze a causa del suo lavoro, era chiaro che dietro la sua mancanza non ci fossero solo questioni lavorative. Probabilmente voleva aspettare prima di dirci che c'era una nuova persona nella sua vita, essere sicuro che non ci avrebbe presentato una donna di passaggio. Forse avrei preferito che lo fosse, ma arrivò il giorno in cui chiese se ci andasse di conoscerla. Gli risposi categoricamente di no, ma Linda mi accusò di essere solo un'immatura e che nostro padre si sarebbe rifatto una vita con o senza la nostra approvazione. Mia sorella era felice mentre per me era un pugno allo stomaco ogni volta che ci pensavo.

    Eppure continuavo a ripetermi che non poteva averla già dimenticata.

    Sono nata e cresciuta in questa città, ma ci trasferimmo in questa casa dopo che mia madre si ammalò, sette anni fa. Desideravamo un po' di tranquillità e decidemmo di allontanarci dal centro città e di spostarci nella zona residenziale, in un punto che fosse vicino al mare. Mia sorella non prese bene il trasloco, mentre io ne fui entusiasta. Mia madre dedicò le sue ultime energie ad allestire al meglio questa casa. Le piaceva soprattutto dedicarsi al giardino e curare le diverse tipologie di rose di cui era particolarmente appassionata. Ne andava così fiera.

    Ora purtroppo non ne rimane quasi più niente, nessuno è stato in grado di prendersene cura dopo la sua morte.

    Oggi, più che mai, i ricordi sono vivi dentro di me, vorrei difendere questi spazi, i suoi spazi. Eppure non posso farci nulla.

    Guardo fisso il televisore. Non vorrei più staccare lo sguardo. Ma la voce di mio padre mi distoglie.

    «Lascia tutto qui ora, non ti preoccupare, ti aiuteremo dopo a sistemare la tua roba, ti voglio subito presentare le ragazze.»

    Linda e io ci lanciamo un'occhiataccia delle nostre. Eccola, sta entrando.

    «Ragazze, siete in salotto?» In realtà sa benissimo che siamo qui, era solo per prepararci ulteriormente alle presentazioni.

    «Vi presento Mary, sarà ospite da noi per un po'.»

    Il primo impatto è meno traumatico di quanto mi aspettassi. A prima vista mi colpisce il suo viso angelico, rasserenante. Ha i capelli scuri legati in un semplice chignon e porta gli occhiali da vista. Credo non abbia più di quarantacinque anni. Sembra una persona molto semplice.

    Per fortuna c'è Linda a salvarmi dal mio mutismo iniziale.

    «Che piacere incontrarti. Sei la benvenuta.»

    In realtà la frase di Linda cela il messaggio subliminale Sei la benvenuta, ma ora facci vedere tuo figlio. La vedo che si guarda intorno aspettando che anche lui varchi la porta.

    «Grazie sei gentilissima, tu devi essere Linda.»

    Ha capito subito che non potevo essere io, papà l'avrà preparata in anticipo alla mia ostilità.

    Arriva il mio turno. Non riesco a essere quella che non sono, anche se non mi ha dato una cattiva impressione, non riesco a dirle niente. Mi limito a stringerle la mano e a sussurrarle: «Piacere Mary, sono Sarah.» E dentro di me penso Piacere. Sono quella che non ti vuole in questa casa.

    Ci pensa mio padre a interrompere il quadretto dicendoci: «Aiutateci a prendere le valigie e le borse dalla macchina.»

    Capiamo così che sono venuti da soli. Per la grande delusione di Linda. Non riesce nemmeno a trattenersi e si avvicina verso papà chiedendogli: «Ma è venuta sola? Non doveva venire anche il figlio?»

    «Ci raggiungerà, ha detto. Nessuno lo lega qua, ha ventitré anni e può decidere da solo.»

    Vado avanti per non restare a fianco a Mary ed essere costretta a rivolgerle la parola.

    Finito di scaricare la roba, mio padre sale al piano superiore insieme a Mary per farle vedere la stanza. Non dormiranno assieme, non per ora almeno. Linda è di nuovo sul divano, telefono in mano. Non so cosa stia scrivendo ma lo immagino benissimo, è come se lo vedessi:

    RAGAZZE NESSUN FRATELLO FICO DA PRESENTARVI. ALMENO PER ORA! È VENUTA DA SOLA. VI AGGIORNO!

    «Delusa sorellina? Io invece mi sento sollevata, uno in meno.»

    «Non cantare vittoria troppo presto, so che deve frequentare un corso di specializzazione qui in città. Verrà, sta solo facendo i capricci, esattamente come te.»

    «Caspita, sei proprio ben informata. Riderò quando questo fantomatico fratello deluderà le tue aspettative.»

    «Ma dai, lo sai che in fondo scherzo. È che non succede nulla da tanto a scuola, ci volevamo solo divertire un po'.»

    «Linda gli esami si avvicinano, fareste meglio a pensare ad altro tu e le tue amiche.»

    Sbuffa. «Che palla che sei Sarah, salgo da papà e chiedo se ha bisogno di una mano. Tu non ti scomodare, eh!»

    Per non fare la maleducata, per quanto lo faccia controvoglia, salgo insieme a lei.

    «Ragazze, Mary ora è veramente stanca, vuole riposare. Che ne dite di uscire tutti insieme per cena?» ci chiede papà, pensando di non lasciarci altra scelta. Ma io intervengo prima che sia Linda ad aprir bocca.

    «Stasera ho il gruppo di studio, papà, non posso mancare, sono fondamentale, domani abbiamo il compito di francese, non concludono nulla senza di me.»

    Ora è la volta che mi uccide penso.

    Invece risponde con tranquillità: «Va bene, capisco. Abbiamo tanto tempo davanti. Tu, Linda?»

    Da un lato spero che lei vada, così stanotte mi aggiornerà e mi dirà che impressione le ha fatto. Furba com'è, si farà dire quello che vuole.

    «Sì papà. Non mancherò. A più tardi, Mary» risponde con voce suadente.

    «A più tardi e scusate ancora, ma è stata una giornata veramente pesante, il viaggio mi ha davvero stancata. Sarah, spero di vederti di più domani» mi dice con espressione dispiaciuta.

    «Certo, a domani» le rispondo, cercando di non far trapelare nessuna emozione.

    Vado verso la mia stanza, ora sono io che avrei bisogno di un bel riposino. Ma non posso, ho davvero il gruppo di studio, non era solo una scusa.

    Linda mi corre dietro. «Non potevi disdire per una volta? Papà ci teneva che ci fossi anche tu, ha risposto così solo per non fare scenate davanti a Mary» mi dice.

    «Non credevo si andasse a cena, pensavo che avremmo fatto due chiacchiere al suo arrivo e poi sarei stata libera. Non venirmi addosso su tutto. È importantissimo il compito di domani.»

    «Okay. Scusa, siamo tutti stanchi oggi. Riposo anch'io. A dopo.»

    Prendo i libri e il resto del materiale, poi mi avvio verso la porta di casa. Incrocio mio padre in giardino che scarica i restanti bagagli. Visto il carico di roba non credo che starà qui per poco. Ho paura che ora che siamo soli mi faccia la ramanzina.

    «Papà vado, ci vediamo domani allora.»

    «Ti serve un passaggio?» domanda premuroso.

    «No, figurati, faccio due passi, casa di Sandra è a pochi isolati.»

    «Okay, ma ti chiamo in serata» risponde.

    Annuisco e mi allontano velocemente verso il cancello. Anche se per poche ore, fuggirò da tutto questo. Ma dovrò farci i conti ogni volta che, al mio rientro a casa, mi ritroverò davanti quella donna.

    Capitolo 2

    Akira

    Guardo fuori dalla finestra, voglio godermi la vista della città ancora un po'. Anche se so di poterci tornare quando voglio, sento che è come se la lasciassi per sempre.

    Sarò solo a poco più di due ore da qui penso. Ma non riesco a convincermene.

    «Akira, vieni ad aiutarmi con i bagagli, Nicolas sarà qui tra un'ora.» La voce di mia madre mi riporta alla realtà. Ci stiamo trasferendo.

    «Quanta roba ti stai portando, possiamo tornare pian piano a prenderla, non credi?» le dico, osservando il gran numero di valigie.

    «Lo so, ma preferirei non tornare almeno per un po', così so che sarò a posto.»

    «Dimentico che sei una donna anche tu, visto che sei mia madre!» esclamo, lei mi guarda e sorride. Non la vedevo così felice da tanto tempo.

    Mio padre ci ha abbandonati che ero ancora troppo piccolo per poterlo anche solo ricordare. Per lei fu devastante. Ma ha fatto di tutto per crescermi nel migliore dei modi, per non farmi mancare niente, per essere sia madre che padre. Non era più riuscita a rifarsi una vita, le uscite con altri uomini non andavano oltre un paio d'incontri; la paura dell'abbandono è sempre stata più forte. Ma forse temeva anche di deludere me, di presentarmi una persona che poi ci avrebbe lasciato. Poi ha incontrato Nicolas e qualcosa in lei è cambiato. Ha ripreso a vivere, a non essere più solo madre, ma anche donna. Lo ammetto, ero geloso all'inizio, non ero più il suo unico uomo. Ma Nicolas è davvero una brava persona e ho lasciato che entrasse nella nostra vita. Così ho acconsentito al trasferimento, con la clausola che non avremmo venduto casa nostra, in modo da poterci tornare ogni volta che voglio.

    Sento il suono del citofono, è in anticipo.

    «Inizio a portare di sotto le valigie, mamma tu prendi le borse più piccole.» Nicolas viene verso di me per aiutarmi. «Tranquillo, ce la faccio da solo, vai ad aiutare la mamma.»

    Sistemo le valigie nel cofano. Ormai è fatta.

    «Sei sicuro di non voler venire insieme a noi? Ti riaccompagno nel fine settimana a prendere la moto» mi dice Nicolas cercando di convincermi.

    «Voglio salutare i miei amici con calma e poi lo sai, non posso separarmi dalla moto. Vi raggiungerò più tardi.»

    «Se hai problemi, chiamami subito, soprattutto se dovessi avere difficoltà a trovare la casa di Nicolas. Okay?»

    «Sì, mamma, tranquilla, non mi perderò» le rispondo in tono sarcastico. Probabilmente ha paura che cambi idea e le telefoni dicendole che non la raggiungerò. Non potrei mai lasciarla in un momento così importante.

    Guardo l'auto allontanarsi senza di me. Ora tocca a me preparare la valigia.

    Più tardi carico il bagaglio sulla moto e mi preparo a uscire. Ho detto sia a Raoul che ad Anna di farsi trovare al solito bar, così saluterò entrambi. Io e Anna siamo amici dalle elementari, mentre con Raoul ci siamo conosciuti alle superiori. Per un periodo sono usciti insieme, ma è durata veramente poco. Anna non è il tipo di ragazza adatta a Raoul. Lei è forte e determinata, pratica kick boxing dall'età di sei anni. È stata lei a trasmettermi la passione e spesso ci alleniamo insieme. Lui, invece, la classica faccia da schiaffi: non si perde mai una festa e flirta con una ragazza diversa ogni volta che mette piedi fuori di casa. In fatto di donne sicuramente ci sa fare più di me.

    «Eccoti finalmente, cominciavo a temere che fossi andato via senza salutarci» mi dice Raoul.

    «A te avrei potuto fare anche a meno di salutarti, so che appena avrai un fine settimana libero ti precipiterai da me per vedere le mie nuove sorelline» rispondo per prenderlo in giro, anche se è la verità.

    Nel frattempo mi avvicino ad Anna e l'abbraccio.

    «Puoi dirlo forte Aki, non parlava d'altro prima che tu arrivassi! E tu non sei ansioso?» mi chiede Anna cercando di stuzzicarmi.

    So che è gelosa ed evito di rispondere con sarcasmo. «La verità? Per niente. Non sono neanche maggiorenni, a quanto mi ricordi. Saranno le classiche ragazzine viziate e tu sai quanto non ami il genere.» In realtà, so molte più cose ma non voglio parlare di loro ora. «Verrete a trovarmi spesso?»

    «Il mio venirti a trovare sarà proporzionale alla bellezza delle sorelle» mi sfotte Raoul. «Dai, ti stai trasferendo vicino al mare, in una villa da sogno, con due giovani pollastre e un patrigno ricco sfondato, di cosa ti lamenti?»

    Gli tiro un'occhiataccia, so che ad Anna dà fastidio e infatti cerca subito di indirizzare altrove il discorso. «Lo sai che ho bisogno di te per allenarmi seriamente. Sarò la tua ombra tranquillo, non ci sarà nemmeno bisogno che tu me lo chieda.»

    «Ragazzi, scherzi a parte vi aspetto. Ora vado, perché sto già cambiando di nuovo idea. E fate i bravi in mia assenza, okay? Anna hai il permesso di mettergli le mani addosso!».

    «Ora ti prenderà alla lettera e mi massacrerà per ogni piccola cosa. Fai buon viaggio fratello, ci sentiamo presto.»

    Anna improvvisamente si fa seria e capisco che forse le sto dando un dolore che va oltre la temporanea assenza di un amico. Mi sembra di vederle gli occhi lucidi mentre mi saluta.

    Esco dal bar e infilo il casco. Non posso voltarmi ora, non la voglio vedere piangere.

    Metto in moto e parto. Ancora incerto se aver fatto la scelta giusta o meno.

    Capitolo 3

    Sarah

    Finito di studiare per il compito di francese e liquidati gli altri compagni di classe, finalmente posso chiacchierare un po' con Sandra. Per tutto il tempo ci siamo guardate, ma non potevo dire niente davanti agli altri, non mi piace sbandierare i fatti miei.

    «Dimmi tutto adesso» incalza subito Sandra. «Come ti sono sembrati, sei riuscita a non mandarli fin da subito a quel paese?»

    «Da quando sono diventata pure maleducata?»

    «Dai, scherzavo... racconta.»

    «Innanzitutto è venuta da sola. Per ora almeno. Ha portato le valigie per un esercito, quindi già scordiamoci che leverà il disturbo a breve.»

    «È venuta senza il figlio? Linda non se ne farà una ragione! Dimmi di lei, come ti è sembrata?»

    Ci penso un po' prima di rispondere, perché odio ammettere che non mi ha fatto una brutta impressione. «L'ho vista davvero poco, era distrutta dal viaggio e dal trasloco. La verità è che me la immaginavo diversa. È semplice, sembrerebbe tranquilla.»

    Sandra sembra delusa dalle poche informazioni che ho disposizione. «Linda non ti sta aggiornando sulla cena?» mi chiede.

    «Sì, mi ha scritto che mi racconterà stanotte o domani se sono già a letto, papà l'ha supplicata di non stare al telefono durante la cena. Non so davvero come stia facendo a resistere, vuol dire che si sta proprio divertendo!»

    «Domani a scuola mi dirai, ora meglio che mi metta a letto, i miei torneranno tra poco e rompono se mi trovano ancora così.»

    «Cavolo, già le dieci, meglio che vada, non voglio trovarli al mio rientro. Sono troppo stanca.»

    «Mandami un messaggio come arrivi, okay?»

    «Sì, come sempre! A dopo.»

    Mentre rientro a casa, mi rendo conto che la brezza estiva inizia a farsi sentire, non c'è neanche bisogno che infili la giacca. Siamo già a maggio, in fondo. A breve ci saranno gli esami, dovrò dare il massimo, non mi posso far distrarre dalla nuova arrivata. E poi mi godrò finalmente le vacanze. Ma non per molto, dovrò cominciare a studiare per il test d'ingresso per l'università. Se mi sentisse Linda mi aggredirebbe dicendomi: E pensa un po' al divertimento, dobbiamo spassarcela dopo il diploma!. A volte vorrei essere almeno come lei. Ma sono troppo presa a essere la figlia perfetta. Mi piace pensare che mia madre sarebbe orgogliosa di me. Per il resto ci sarà tempo.

    Svolto per la via di casa e, mentre cerco le chiavi del cancello dentro la borsa, mi rendo conto che una moto di grossa cilindrata è parcheggiata lì davanti. Ho un momento di esitazione, penso Che diavolo ci fa questo davanti casa nostra?. Sarà un ammiratore di Linda. Ovvio. Magari si è dimenticata di avergli dato appuntamento per stasera, oppure sta aspettando che rientri dalla cena. Che sappia, non sta uscendo con nessuno in questo periodo. Infatti mi sembra strano. Non sono per niente convinta, ma adesso sono anche curiosa e procedo.

    Sente i miei passi e si volta.

    «Ciao, se stai cercando Linda non è in casa, ti ha dato buca per caso?»

    Alla mia domanda, il tizio scende dalla moto e si leva il casco. Per un attimo provo paura.

    «Tu devi essere Sarah, allora. No, tua sorella non mi ha dato buca, ma mia madre sì, visto che non mi ha avvisato che sarebbe uscita stasera. Comunque piacere, io sono Akira.»

    Mentre mi porge la mano per presentarsi, lo vedo finalmente bene in volto. Penso mille cose in un solo attimo. Non ero pronta a lui, non volevo fosse così, volevo che fosse dannatamente anonimo e normale. Invece mi si ferma il cuore. La sua bellezza mi travolge, così come il tono della sua voce. In un attimo è riuscito a toccare angoli della mia anima dove nessuno era ancora arrivato. Sicuramente sto arrossendo e la cosa non mi piace. Cerco di non far trasparire nulla, anche se immagino si veda lontano un miglio che sono imbarazzata.

    «Piacere, non sapevo saresti arrivato stasera. A dire il vero non sapevo neanche se saresti venuto o meno.» Che idiota sono, non avrei dovuto rispondere così.

    «Non potevo separarmi dalla moto, ho solo deciso di partire un po' più tardi.»

    «Certo, capisco. Non stiamo in strada, entriamo.» Apro il cancello. «Se la vuoi mettere in garage, è nel retro. Ti faccio strada.»

    Entriamo insieme e gli indico dove sta il garage. Lui mi precede e io gli vado incontro.

    «Sicura che la posso lasciare qui?» mi chiede. Deve tenerci molto, non mi sembra convinto.

    «Sì, certo. Tranquillo, non lo usiamo mai per le auto.»

    «Perfetto» mi risponde soddisfatto.

    Che faccia tosta, mi viene da pensare, neanche arrivato e vuole già tutte le comodità.

    Gli faccio strada verso la porta d'ingresso. Sono in imbarazzo, non so bene come comportarmi. Poteva capitare a Linda la fortuna di fare gli onori di casa! Io non sono portata per niente.

    «Accomodati pure in salotto. Vuoi qualcosa da bere? Hai già cenato?».

    «Ho mangiato al volo prima di arrivare, grazie. Magari qualcosa di fresco lo berrei volentieri.»

    Apro il frigo e guardo un po' cosa posso offrirgli. «Allora... Coca, aranciata, the, succo di...».

    Mi interrompe: «Coca va bene.»

    Gli porto il bicchiere e direttamente la bottiglia. Ora la luce di casa mi permette di vederlo ancora meglio. I suoi occhi sono così scuri e penetranti, le sue labbra carnose e perfettamente disegnate. Il suo naso è leggermente pronunciato e affilato. Ha i capelli quasi dello stesso colore degli occhi, un castano talmente scuro da sembrare nero. Vorrei non vedere mai la mia faccia da ebete in questo momento. Non sono proprio il genere di ragazza che sbava dietro al belloccio di turno. Ma lui è diverso da tutti i ragazzi belli che ho incontrato, ha qualcosa che va oltre.

    La sua voce interrompe i miei pensieri. «Come mai non sei andata anche tu a cena?»

    «Domani ho un test importante di francese, stavo studiando con dei compagni di scuola» gli rispondo un po' infastidita. Speravo non me lo chiedesse.

    «Ho capito, non ci volevi andare» risponde con sarcasmo.

    Lo sapevo, non poteva essere bello senza essere anche presuntuoso e arrogante. Cerco di andarci leggera con la risposta per non iniziare a odiarci già dal primo giorno.

    «Non pensavo andassero a cena oggi e non potevo più disdire ormai.»

    «Su, non prendertela, sinceramente io avrei fatto esattamente come te. Non ci sarei andato. Ne hai tutte le ragioni.»

    La sua risposta mi spiazza e preferisco cambiare argomento. Non capisco se mi sta provocando o se davvero sta dalla mia parte.

    «Ora scusami, ma per me si è fatto davvero tardi, domani mi aspetta il compito. Vuoi aspettare qua in sala il loro rientro?»

    «Sono molto stanco anch'io. Vorrei andarmene a letto e riposare... è che insomma… non so se ho una stanza.» Ora è lui imbarazzato.

    Vorrei fare uno scherzetto a Linda e farlo dormire nella sua stanza, così quando rientra stanotte se lo ritroverebbe direttamente nel suo letto, ma papà mi ucciderebbe. E poi non è solo questo, è che non so perché ma non voglio.

    «Sì, abbiamo pensato che saresti stato più a tuo agio in mansarda. Avrai più privacy e un bagno tutto tuo. Se ti serve qualcosa dalle valigie di tua madre, la sua stanza è quella lì in fondo.»

    «No, rimando tutto a domani» mi dice mentre saliamo la scaletta che porta alla mansarda.

    «Questo è il bagno, qua c'è la camera da letto e il soggiorno con la terrazza.»

    «Okay, grazie. In bocca al lupo per il compito. Buonanotte.»

    «Crepi. Buonanotte.»

    Finalmente vado a letto, ma sono stanca quanto sveglia. Non faccio che pensare al suo volto. A Linda verrà un infarto appena lo vede. Mi sento una stupida, ma ora sono felice che stasera lei non fosse presente. Sarei stata invisibile.

    Capitolo 4

    Sarah

    Ho dormito male stanotte, mi sentivo irrequieta, ma non so se per l'ansia del compito o per l'incontro con Akira. Probabilmente per entrambi. Oggi non posso rischiare di fare tardi a causa di Linda, il compito è alla prima ora, meglio che inizi a svegliarla. Mi ucciderà, è ancora molto presto, e per di più ha fatto tardi. Ma non posso più tenermi tutto dentro, devo raccontarle di ieri sera e io voglio sapere della cena.

    Lui starà ancora dormendo sicuramente, ma per sicurezza mi metto addosso qualcosa di decente, non vorrei trovarmelo davanti in shorts e top.

    Apro lentamente la porta della stanza di Linda per non svegliarla bruscamente e mi avvicino al suo letto. È completamente in coma. Le accarezzo le guance e cerco di parlarle dolcemente. Nulla.

    «Linda, dai svegliati è ora, oggi ho il compito, non voglio fare tardi.» Inizio a scuoterla più decisamente, visto che le buone maniere non sono servite a molto.

    «Ancora cinque minuti, lasciami dormire rompiscatole» mi risponde con un filo di voce e i capelli completamente davanti alla faccia. Allora decido subito di giocarmi il jolly, anche se volevo aspettare il viaggio da casa a scuola per raccontarglielo.

    «Linda, ti devo raccontare, per favore svegliati! Ieri sera è arrivato. Il figlio di Mary intendo. È qui a casa, su in mansarda.» Si alza quasi di sobbalzo alla notizia, come la conosco.

    «Oddio è già qui? Ieri Mary a cena, mi ha detto che non sapeva quando sarebbe arrivato, che voleva passare ancora del tempo in città. Dimmi tutto!»

    So di certo come catturare l'attenzione di mia sorella, ora sì che è sveglia. «Dopo, in macchina, ora preparati» le rispondo mentre esco dalla sua stanza, prima che mi convinca a vuotare subito il sacco.

    Dopo esserci preparate, scendiamo in cucina per fare colazione. Papà e Mary sono già seduti che chiacchierano e bevono il caffè. Mi fa così strano vederla qui, in cucina con noi, dove un tempo c'era la mamma. Non lo riesco ancora ad accettare.

    «Buongiorno ragazze, mattiniere stamattina» ci dice papà sorseggiando il suo caffè.

    «La secchiona ha il compito, tra un po' mobilita l'esercito per scortarla sino a scuola» gli risponde Linda mentre addenta un muffin al cioccolato.

    «A breve prenderò anch'io la patente e finirà questa storia!»

    Mary sorride e ci dà anche lei il buongiorno. Chissà se sa che Akira è arrivato ieri sera. A quanto ho capito no e sicuramente ancora non ha visto la sua moto sul retro. Decido di non raccontare niente per non doverci poi parlare troppo a lungo.

    «Dai, andate. Io devo passare in ufficio, ma troverete Mary qua a casa per il pranzo.»

    Ecco, dovrò iniziare a parlarle per forza.

    Finalmente io e Linda saliamo in macchina e partiamo.

    «Allora vuoi raccontarmi o no? Non puoi lasciarmi così.»

    «Va bene, va bene, calmati. Rientrando da casa di Sandra ho visto un ragazzo con la moto davanti a casa nostra. All'inizio ho pensato fosse qualcuno che ti aspettava. Invece era lui. Gli ho parlato pochissimo, era molto stanco e l'ho accompagnato nella sua stanza. Tutto qui.»

    «Tutto qui un corno, Sarah! Dimmi com'è scusa, anche se per poco, lo hai visto.»

    Non so perché ma le dico una bugia. «Non è di certo il mio tipo. Deve darsi un sacco di arie. Sai che odio il genere. A te piacerà di sicuro.» Non voglio dirle che sono rimasta colpita dalla sua bellezza, che il cuore ha cominciato a battermi all'impazzata appena ho incrociato il suo sguardo. Mi prenderebbe solo in giro.

    «Oddio, quindi è figo? Sì, sì, sì! È già mio e nemmeno lo sa ancora» mi risponde compiaciuta.

    Scuoto la testa, è sempre la solita.

    «Linda, papà ti uccide stavolta. La nostra è una famiglia in vista, vedi di non dare scandalo.»

    «Non me lo devo mica sposare. È il gusto della conquista! E poi prima lo devo vedere. Non è detto che mi piaccia.»

    Figuriamoci se non le piacerà. Impazzirà per lui. E non posso darle torto.

    «Fa' come ti pare. Come sempre. Al ritorno mi dici della cena.»

    «Certo che farò come mi pare, avevi dubbi?» chiede in tono retorico.

    Le scocco un'occhiataccia e scendiamo dalla macchina. Come ogni mattina ci dividiamo, io raggiungo Sandra e Linda le ochette curiose. Oggi avranno di che sparlare.

    «Ehi Sarah, ieri poi non mi hai neanche risposto al messaggio. Mi sono anche preoccupata! Sei crollata?» mi dice Sandra con aria sospettosa.

    «Scusami hai ragione. È che ho trovato una sorpresa al mio rientro: il figlio di Mary davanti al cancello di casa. Ma ora non mi fare domande, andiamo in classe per il compito.»

    «Uff, va bene, ma dopo mi racconti tutto.»

    Dopo il compito, andiamo fuori in cortile a prendere un po' d'aria.

    «E anche francese è andato. Ora mi sento tranquilla, il peggio è passato» mi dice Sandra mentre ci sediamo su una panchina.

    «Per fortuna è andato bene, abbiamo fatto bene a studiare tanto ieri sera.» Mentre le dico questo, penso che se avessi incontrato Akira prima di andare al gruppo di studio non avrei più connesso. Meno male che è andata così.

    «E così il fratellone è arrivato. Dai sono curiosa, è bello, brutto, com'è?»

    Ripenso al suo viso e butto fuori un lungo sospiro. «Sandra, che dire: è bellissimo. Linda ancora non l'ha visto e già vuole saltargli addosso. È la solita. Anche se ancora non c'è niente di ufficiale tra i nostri genitori, le ho detto che deve lasciare perdere stavolta, che non può fare sempre quello che vuole.»

    Sandra fa un sorrisetto malizioso. «Non sarà che piace un pochino anche a te? Non ti ho mai sentita definire bellissimo un ragazzo da quando ti conosco, al massimo avresti detto il classico belloccio che se la tira. O mi sbaglio?»

    Mi viene un colpo al cuore quando mi dice questo. Ma non voglio dare importanza alla cosa. Voglio tagliarla alla radice.

    «Per me è solo una rottura e lo sai quanto mi pesa la loro presenza. Poi gli ho parlato per pochi minuti, figurati. È obiettivamente bello, ma non mi importa nulla.»

    «Mmm» bisbiglia Sandra senza aggiungere altro.

    Suona la campanella, è ora di tornare in classe.

    In fondo è vero quello che ho detto. Non vorrei averli in casa, vorrei che tornasse tutto come un tempo. Vorrei che lui fosse un'altra persona. Allora, forse, potrei pensare che è lui che ho aspettato per tutto questo tempo.

    È ora di rientrare a casa e aspetto Linda al parcheggio. Eccola che arriva, ha già il sorriso sulle labbra. Sicuramente spera di trovare Akira a casa.

    Saliamo in macchina e le dico subito di raccontarmi della cena di ieri sera.

    «Ora è il tuo turno Linda, dimmi tutto.»

    «Mi è piaciuta, sai? Deve essere una persona molto forte e determinata. Ha cresciuto da sola il figlio, nonostante viaggiasse molto per lavoro. Non deve essere stato facile. Ha conosciuto papà per lavoro, lavora come traduttrice e fa da tramite durante degli affari con i giapponesi. Ha vissuto parecchio in Giappone, per questo ha chiamato così Akira.»

    «Secondo te è una cosa seria tra lei e papà? Dici che resterà?»

    «Papà ha fatto di tutto per farla trasferire qui in città come interprete fissa di una grossa multinazionale, secondo te? È pazzo di lei, non lo avrebbe fatto neanche per noi, forse.»

    «Insomma, non me li leverò dai piedi tanto facilmente? E di Akira avete parlato?»

    «Sì, ma davanti a papà non ho voluto fingere tanto interesse. Mi ha detto che ha ventitré anni ed è già laureato in informatica. Deve seguire un corso qua in città. Un secchione come te a quanto pare, sorellina.»

    «Linda allora inizia a rinunciare, non è roba per te» le rispondo per prenderla in giro.

    Ci guardiamo e ridiamo, ci piace punzecchiarci. «Cretina. Staremo a vedere» mi risponde.

    Nel frattempo siamo già arrivate a casa. Mary è in cucina che prepara il pranzo.

    «Mi sono permessa di usare la cucina e di preparare qualcosa. Ho avuto solo qualche difficoltà a destreggiarmi tra cassetti e armadietti, ma imparerò» ci dice sorridendo e nascondendo un certo imbarazzo.

    Mi infastidisce vederla ai fornelli dove una volta stava la mamma. Non riesco a sorriderle a mia volta. Non credo di avere più fame.

    «Grazie Mary, sono sicura che invece te la sei cavata benissimo! Anche Akira pranzerà con noi oggi?» le domanda Linda speranzosa.

    «No, mi spiace Linda ma è uscito per vedere la scuola dove si terrà il corso, dopo andrà ad allenarsi.»

    «Ah. Be' magari ci sarà stasera per cena» le risponde Linda delusa. «Sarah sediamoci a mangiare, ho una fame.»

    «Ho mangiato qualcosa a scuola, scusatemi, ma salgo in camera a riposare per un po' e poi devo studiare.» Linda mi lancia un'occhiata feroce.

    Mary, invece, abbassa la testa e mi dice: «Sì certo, figurati. A più tardi.»

    So che mi beccherò una brutta sgridata per questo. Ma non può arrivare a casa da un giorno all'altro e mettersi pure in cucina. Nella sua cucina.

    Mamma, quanto mi manchi.

    Capitolo 5

    Akira

    Al mio risveglio è stato strano vedere intorno a me un ambiente sconosciuto, dovrò farci l'abitudine, almeno fino a quando il corso non sarà finito e tornerò alla vita di tutti i giorni, nella mia città. 

    Stamattina la mamma era così felice di vedermi, non si aspettava di trovarmi già qui, anche se entrambi sappiamo che le nostre strade dovranno separarsi, prima o poi. Per lei non è facile inserirsi in una nuova casa, con delle persone che ancora non la conoscono e forse non l'accettano. Lei che è così indipendente, abituata a gestire tutto da sola. Ora dovrà in un certo senso ricominciare nuovamente da zero. 

    Ho fatto un bel giro in moto per la città dopo aver visitato la sede della scuola, dopodiché ho passeggiato sul lungomare. Mentre camminavo ho pensato di chiamare Anna, ma poi mi sono bloccato, non ho molto da raccontarle per ora, e poi non mi va di sentire già nostalgia. Raoul, invece, mi ha mandato un messaggio stamattina.

    ASPETTO FOTO DELLE SORELLE! NON MI DELUDERE! A PARTE QUESTO, TUTTO OK? FATTI SENTIRE.

    Non gli ho ancora risposto. Il solito cretino. Sentirò anche lui ma non oggi, non sono molto in vena. Avrei bisogno di sfogarmi, di tirare un po' di calci e pugni a un bel sacco da boxe. Devo cercare una nuova palestra in cui potermi allenare, ho portato la sacca con me apposta.

    Non amo le palestre affollate, e soprattutto non mi piacciono gli ambienti troppo snob. Faccio una ricerca su internet e ne trovo una che sembra fare al caso mio. Si trova in una delle vie vicino al lungomare, così non dovrò nemmeno faticare per cercarla. Infatti, pochi minuti dopo, sono già arrivato davanti all'ingresso. Do una prima occhiata dall'esterno – attraverso la vetrata posso vedere una delle sale – ci sono pochi ragazzi che si allenano e tutti fanno boxe. Credo che mi troverò bene qui. Entro, ma non vedo nessuno pronto ad accogliermi, così chiedo informazioni a uno dei ragazzi presenti. Sono tutti molto giovani.

    «Ehi ciao, non c'è nessuno disponibile per poter fare l'iscrizione?»

    Il ragazzo blocca il sacco e mi guarda con aria perplessa.

    «Non si fa nessuna iscrizione qua, si viene e ci si allena liberamente. Pagherai quello che puoi ogni mese, almeno noi facciamo così.»

    Ora sono io che resto piuttosto perplesso. «Non c'è il proprietario o il gestore?».

    Si guarda attorno. «No, mi pare di no. Ci lascia tranquillamente soli qui dentro, ormai ci conosce tutti. Fidati, puoi restare e allenarti se vuoi, poi pagherai.»

    Decido di dargli retta, mi faccio indicare lo spogliatoio e comincio a cambiarmi. Prendo i guantoni e torno dal ragazzo di prima per aiutarmi a infilarli.

    «Dimmi, che disciplina fai? Qua pratichiamo tutti la boxe.»

    «In realtà da qualche tempo a questa parte mi alleno e basta, giusto per scaricare la tensione. Praticavo kick boxing.»

    «Forte! Fammi vedere cosa sai fare. Vieni, questo sacco è tutto tuo.»

    Sorrido imbarazzato, non mi piace dare spettacolo, ma decido di fargli vedere un po' di cosette. Comincio a tirare una serie di pugni alternando dei calci potentissimi. Poco dopo, mi rendo conto che non c'è più soltanto quel ragazzo a guardarmi, ma si sono avvicinati tutti.

    «Ehi, ma sei fortissimo!» mi dice uno di loro entusiasta. «Ci faresti da istruttore qualche volta?».

    Mi sento onorato di tanto interesse, anche se solitamente preferisco stare per i fatti miei, annuisco.

    «Guarda, hai anche attirato l'attenzione di quella ragazza, guarda come ti fissa attraverso la vetrata» esclama uno di loro facendo ridere l'intero gruppo.

    Mi volto di scatto, ma lei non appena si accorge che l'ho vista scappa via. È una delle figlie di Nicolas, la ragazza che ho conosciuto ieri al mio arrivo. Non so nemmeno perché lo faccia, ma esco fuori di corsa per fermarla.

    «Ehi, dove corri? Sarah, giusto?».

    Si ferma e lentamente si volta verso di me. «Scusa, vado di fretta, una mia compagna di scuola abita qui, ero da lei. Mi sei sembrato tu ma non ero sicura, passavo velocemente» cerca di giustificarsi.

    Sorrido e abbasso per un attimo lo sguardo, credo fosse lì già da un pezzo. In realtà quasi non la riconoscevo con i capelli sciolti. «Se mi aspetti rientriamo a casa insieme»

    Ma non appena le dico questo, la sua espressione si trasforma, sembra passare dalla difesa all'attacco. Direi quasi che è infuriata.

    «No, grazie» risponde indispettita. Probabilmente si rende conto di essere stata scortese, e aggiunge impacciata: «Devo fare altre commissioni.»

    «Okay, ci vediamo comunque dopo, a casa» dico apposta per farla arrabbiare.

    E ci riesco bene, visto che ribatte: «Non ci contare. Ciao.»

    Si volta e va via di corsa. È proprio una ragazzina, come me l'aveva descritta suo padre.

    Rientro in palestra, il vero allenamento deve ancora cominciare. Continuo per un'altra ora, ricevendo apprezzamenti da parte di tutti. Prima di andar via, prometto loro che tornerò. La stanchezza comincia a farsi sentire, sono stato fuori tutto il giorno e, mio malgrado, mi tocca rientrare, anche se mi sento un ospite indesiderato.

    Poco dopo sono già arrivato. Uso le chiavi che Nicolas mi ha lasciato stamattina, apro il cancello e parcheggio la moto. In quel momento noto la piscina sul retro della casa e decido di dare un’occhiata prima di entrare. Caspita, se la passa bene Nicolas, è una villa da sogno. 

    D'un tratto sento una voce provenire proprio da lì.

    «Ehi tu! Akira, immagino. Sono qui! Avvicinati.»

    Una voce femminile mi chiama. Mi avvicino, mentre lei nuota verso il bordo per raggiungermi.

    «Ciao, sono rientrato ora e stavo dando uno sguardo qua intorno, non avevo ancora visto la piscina. Immagino tu sia Linda. Scusa il disturbo, vado via subito.»

    Con uno slancio si siede sul bordo della vasca. Non posso fare a meno di pensare a Raoul quando la vedo. È così sexy con quel costume nero e i capelli lunghi bagnati che le scendono lungo la schiena.

    «Scherzi, è un piacere. Mi stavo annoiando qua tutta sola. Sarah si è chiusa in camera a studiare. Come farà con questo caldo, meglio una bella nuotata, non credi?».

    «Sì, fa molto caldo oggi, poi sono stato un paio d'ore in palestra e sono veramente accaldato. Ora vado a farmi una doccia» le rispondo, così da giustificare il rossore sul mio viso.

    «Allora, cosa aspetti a entrare» mi dice mentre si immerge nuovamente in piscina. «Dai, così ti rinfreschi, si sta d'incanto. La doccia la farai dopo» mi propone senza farsi problemi.

    La mia parte più virile vorrebbe entrare e cogliere subito l'invito. Ma non sono mai stato il tipo, figuriamoci con una delle figlie di Nicolas. Vedo in lei un diavolo tentatore, avverto che il suo invito non è senza secondi fini. Mi sbaglierò, ma il tono della sua voce è malizioso. Dev'essere abituata ad avere sempre il mondo ai suoi piedi e io non sarò il suo giocattolo di turno.

    «No grazie, vado a farmi una bella doccia. Dovresti studiare anche tu come tua sorella, non avete gli esami tra poco?» Forse sto un tantino esagerando a risponderle così.

    «Molto interessante» mi risponde con aria di sfida. «È stato un vero piacere conoscerti, Akira.» 

    La mia risposta non l'ha spiazzata per niente, sembrava quasi divertita. Meglio non raccontare niente per ora ad Anna, impazzirebbe di gelosia.

    Entro in casa, sembra vuota. Mi sento un ladro a entrare senza permesso. La mamma mi ha detto che Nicolas l'avrebbe portata in giro per la città dopo il lavoro.

    Salgo le scale e lì incrocio Sarah. Mi guarda stupita, come se avesse visto un fantasma. Gli occhi azzurri sgranati. Ha indosso una vestaglia corta da camera, vedo le sue gambe lunghe e affusolate.

    «Ciao, scusa, non volevo disturbare, ma devo passare per forza da qui per andare in mansarda.»

    Lei entra in bagno e mi chiude la porta in faccia senza dire niente. Mi dispiace di averla vista così, ci sarà rimasta male, tutto l’opposto di sua sorella che non faceva che mettersi in mostra.

    Busso alla porta. «Scusami, da oggi, prima che salga le scale, do un fischio, okay?» cerco di sdrammatizzare. «Non ho visto niente, tranquilla.» In realtà ho visto abbastanza, anche se per un attimo. Niente non risponde. «Dai salgo in camera mia, mi farò perdonare, promesso.»

    Appena salgo le scale sento la porta del bagno aprirsi e un'altra richiudersi velocemente. Deve essere volata nella sua stanza. Sorrido e penso che mi divertirò a metterla in imbarazzo.

    Capitolo 6

    Sarah

    Sto morendo di vergogna. Prima la figuraccia fuori dalla palestra, ora per un po' mi vede nuda. Non è possibile che non potrò più andare a spasso per la casa vestita come mi pare, con questo caldo per giunta. Non mi abituerò mai alla sua presenza in casa. Meglio metta subito qualcosa di decente addosso. Nel frattempo che mi levo la vestaglia, bussano alla porta. Dio, non sarà lui per chiedermi di nuovo scusa?

    «Chi è? Un attimo!» grido, temendo che possano aprire la porta proprio adesso.

    «Sono Linda, posso entrare?»

    Per fortuna non è lui. «Sì, entra e chiudi subito la porta.»

    Linda entra in stanza, ha ancora i capelli bagnati e solo l'asciugamano a farle da vestito. Al contrario di me, lei non ha nessun problema a farsi vedere mezza nuda. Anzi, sicuramente spera di essere vista.

    «Non ti sembra esagerato andare in giro conciata così? Non lo hai nemmeno conosciuto e già vorresti ti saltasse addosso?» osservo irritata.

    «Cosa vuoi che sia, in fondo mi ha già vista in costume! L'ho conosciuto mezz'ora fa, cara, si è avvicinato per vedere la piscina e guarda caso io ero lì. E tu sei una bugiarda!».

    «Cosa vuol dire che sono bugiarda?» le domando, fingendo di non capire cosa intenda.

    Si avvicina verso di me, puntandomi un dito addosso. «Mi avevi detto che sì, probabilmente mi sarebbe piaciuto, ma non mi hai detto che è il ragazzo più bello mai capitato in questa città. È stupendo Sarah! Oddio era ancora sudato, con la maglietta che gli aderiva sul petto e sulle braccia. Ha un fisico pazzesco... e poi quegli occhi.»

    Ecco bene. È già pazza di lui. Farà di tutto per averlo, come ha sempre fatto, lei non sa perdere, non sa rinunciare, ottiene sempre quello che vuole. È sempre stato così, da quando eravamo bambine. Qualsiasi gioco vedesse, lei lo voleva, e una volta ottenuto non le bastava e voleva anche i miei. Ma ora sono stanca.

    «Non sei una ragazzina, Linda. Speravo che stavolta avessi un minimo di rispetto per nostro padre. Non comportarti come tuo solito. Non dare scandalo per favore. Pensa agli esami, invece.»

    «Parli tu di rispetto quando non hai ancora rivolto la parola a Mary. Oggi te ne sei andata in camera tua saltando il pranzo pur di non stare insieme a lei. Faresti bene a cambiare atteggiamento tu, invece, quasi non ti riconosco. Be' tolgo il disturbo, se poi Vostra grazia ci vorrà raggiungere per cena…» mi dice mentre va via sbattendo la porta.

    L'ho fatta arrabbiare, ma ha ragione, mi sono comportata male oggi. Forse è il caso che mi prepari per cena e che prima parli con Mary.

    Indosso un paio di leggings e una canotta larga, raccolgo i miei lunghi capelli in una coda alta e metto le mie Converse. Vorrei mettere un filo di rimmel, ma Linda si accorgerebbe subito del cambiamento e sospetterebbe qualcosa. Non mi trucco mai, se non per eventi importanti e mai pesantemente.

    Prima ho sentito Mary e papà rientrare, provo prima a bussare in camera sua, vediamo se è qui.

    «Sì, arrivo.»

    Sono nervosa, non so bene cosa le dirò. È la prima vera chiacchierata.

    «Ciao Mary, posso entrare, ti disturbo?» le dico imbarazzata.

    «Certo Sarah entra pure. È un piacere.» Sicuramente è stupita, si vede che è felice di vedermi.

    Schiarisco la voce. «Ti volevo chiedere scusa per oggi a pranzo. Per me è molto difficile questa situazione. La vostra presenza a casa è stata improvvisa, mi servirà tempo. Ho apprezzato che volessi cucinare per noi, ma per me è troppo presto, preferirei continuare a vedervi come degli ospiti ancora per un po'. Ogni singolo oggetto qui dentro è legato al ricordo di mia madre. Cinque anni per te saranno tanti ma a me sembra ancora ieri. Cerca di scusarmi.» Forse sono stata troppo diretta ma le parole sono venute fuori tutte d'un fiato, è stata una grossa liberazione per me.

    «Non devi scusarti, Sarah. Anch'io ho riflettuto e ho sbagliato a comportarmi così oggi, non dovevo mettere mano alla cucina senza il vostro permesso. Anche per me non è facile. Forse sarebbe meglio che

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