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E-book280 pagine3 ore

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Info su questo ebook

James vive a Londra e non ha voglia di pensare al futuro. Di giorno dorme, la sera esce con gli amici e si diverte a conquistare le ragazze con i suoi grandi occhi azzurri. Ella ha gli occhi uguali ai suoi ma non vuole essere conquistata. Non concepiscono nemmeno l’amore nello stesso modo: lei s’innamora di frammenti di vita, lui vive di colpi di fulmine. James ha visto il mondo negli occhi di tante donne, le ha sentite sulla pelle, Ella ha amato un uomo solo. Il destino, però, non lascerà loro scelta.
LinguaItaliano
EditoreBookRoad
Data di uscita12 lug 2018
ISBN9788833220505
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    Anteprima del libro

    Here - Rory Scorpiniti

    Capitolo 1

    Dove lo trovo un appartamento a mezzanotte in una città come Londra? 

    Sono sicura di finire in uno squallido motel insieme a degli scarafaggi o a dei pervertiti. Mi viene voglia di sbattere la testa sul tavolino di questo locale, e lo farei se non fosse sporco di una sostanza non identificata. Spero sia cocktail. La musica è piuttosto forte, ma nemmeno quella mette a tacere il caos che c’è nella mia testa.

    Scorro rapidamente la pagina visualizzata sullo schermo del mio iPhone con le offerte degli alberghi, ma niente. Con il problema di trovarmi un alloggio, non ho neppure avuto il tempo di disperarmi per il tradimento di Ryan. E questo conferma la mia teoria: non ero davvero innamorata di lui. Quando l’ho conosciuto due mesi fa in Spagna, durante uno dei miei viaggi, ci siamo piaciuti subito. Abbiamo bruciato ogni tappa possibile, tant’è che al nostro rientro a Londra siamo andati a vivere insieme in un appartamento vicino alla stazione di King’s Cross. Non mi sono mai fermata a chiedermi se fossi davvero innamorata di lui. Mi faceva comodo pensarlo, però. Stavo con un bel ragazzo che condivideva la mia passione per la musica e si diceva innamorato di me. Ero appena uscita da una storia che… Be’, definirla un casino è poco. Come si può dare una definizione a qualcosa che ti divora e poi ti risputa fuori pezzetto dopo pezzetto?

    «In poche parole hai trovato Ryan con un’altra…»

    Sollevo lo sguardo e fisso con istinto omicida il ragazzo di fronte a me che ha appena urlato quelle parole ma, con mio grande piacere, nessuno si volta a guardarci. La musica è davvero troppo alta perché la sua voce riesca ad attirare l’attenzione. 

    «Dio David, non urlare! Mi chiedo solo perché l’ho raccontato proprio a te…» mi lamento, in tono parecchio stizzito.

    «Perché sono il tuo migliore amico, Ella» suggerisce, ammiccando.

    «Tu non sei il mio migliore amico, sei solo il ragazzo della mia migliore amica.»

    «Solo?» sbuffa, prima di tornare a sorseggiare il suo drink. Non avevo mai pensato a David come a un possibile confidente, ma non ho molta scelta. Devo accontentarmi. «E poi Arya non è qui a Londra, adesso» aggiunge lui con tristezza.

    Capisco come si sente. Durante tutta l’estate, molte volte sono stata tentata di chiamare Arya e pregarla di ritornare da Parigi anche per problemi molto più frivoli. Tutte le volte, però, ho resistito. Mentre fisso il ragazzo di fronte a me, penso al nostro rapporto. Nell’ultimo periodo si è di certo approfondito e spesso ci siamo trovati a fare colazione insieme. 

    «Ella, ti prendo da bere! Ti porto un quattro bianchi alla fragola?»

    Cedo all’esasperazione e poso la testa sul tavolino. Nemmeno un’intera bottiglia d’assenzio potrebbe farmi sentire meglio ora, ma visto che David mi guarda con aria interrogativa e non sembra intenzionato a muoversi, rispondo: «Va be’, magari liscio…» e lui sparisce tra la folla.

    «Ehi, bionda! Scommetto che posso essere la soluzione a tutti i tuoi problemi!»

    Alzo il capo di scatto: sono talmente presa dai miei pensieri che non ho visto quel ragazzo arrivare. È alto almeno un metro e ottanta e mi fissa con un cocktail in mano, al di là del tavolino. Ha un sorriso beffardo, un’infinità di tatuaggi e gli occhi più celesti del cielo. È bello, certo, e sicuramente quest’aria da dannato deve aver fatto cascare molte donne ai suoi piedi. In un’altra vita, ma forse anche solo pochi mesi fa, sarebbe stato il mio tipo ideale, ma ora… Assolutamente no. Non ho la testa per pensare a un altro uomo.

    «Ah sì? Bene. Risolvi il primo levandoti di torno» ribatto con asprezza spontanea, ma lui, invece di demordere, sorride.

    «Brutta serata?» Cambia approccio e si siede sullo sgabello lasciato libero da David. Non lo guardo negli occhi, ma fisso il cocktail sul tavolino. Lui afferra con una mano una ciocca dei miei capelli e se la rigira tra le dita.

    Non rispondo. Mi guardo intorno cercando David. Perfetto! Quel demente doveva perdersi proprio ora. Valuto di andarmene, ma la domanda che mi viene spontanea è: Dove cavolo vuoi andartene?

    «Come hai detto di chiamarti?» riprova, ma è troppo ubriaco per ricordarsi di non avermelo ancora chiesto. Perché sono destinata a incontrare solo uomini completamente idioti? 

    «Non l’ho detto!» esclamo alzando lo sguardo e optando per una risposta banale.

    Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra con tono suadente: «Sono James Blackburn» e si allontana da me con lo sguardo fisso sulle mie labbra. «Al tuo servizio…» 

    Non mi piace come mi guarda, sembra che voglia mangiarmi, ma la mia attenzione viene catturata dalla sua mano che accarezza sfacciata il mio ginocchio nudo. 

    Maledetta me e questa mania di non mettere le calze sotto le gonne!

    La mano di lui sale verso la coscia. Sento un brivido lungo la schiena, ma è una sensazione che dura solo un momento: non sono mai stata il tipo da una botta e via. Mentre lui prova ad avvicinarsi ancora al mio orecchio, afferro con velocità supersonica il cocktail che David ha lasciato sopra il tavolo e lo rovescio sul cavallo dei suoi pantaloni.

    «Che cazz…?» È talmente sorpreso da questa mia mossa che non ha il tempo di arrabbiarsi.

    «Calma i bollenti spiriti! Non sono interessata.»

    Così dicendo afferro la borsetta, ci ficco il cellulare e scappo tra la folla. Quando vedo David al bancone, so di averla scampata. Sta parlando con il barista e ha in mano il mio drink.

    «David, forse è meglio se cerco un hotel per passare la notte.»

    Lui mi guarda smarrito. «Va tutto bene?» chiede accigliato.

    «Sì, ma sono appena fuggita da un maniaco. È davvero meglio se cerco un taxi e un hotel.»

    «Non ti lascio andare a cercare un hotel a quest’ora di notte. Soprattutto dopo essere stata appena abbordata da un maniaco. Puoi stare da me, abbiamo un’altra stanza.»

    Non sono mai stata a casa di David. So che vive con due componenti del suo gruppo. Per la verità non ho mai frequentato la sua compagnia nemmeno dopo che Arya, qualche mese fa, si è trasferita da lui. Uscivo spesso con la mia amica e qualche volta lui si è unito a noi, ma gran parte del mio tempo la passavo a lavorare… e con Ryan. 

    Quante cose mi sono persa?

    «Davvero David, non so come ringraziarti!»

    Entrando nel grande atrio, ammiro l’arredamento e l’architettura della casa: le vetrate sono enormi e i soffitti altissimi. C’è un pianoforte mezza coda nel salone e sono un po’ sorpresa nel vederlo. Chissà che ci fa lì…

    «Diciamo che sto comprando il tuo silenzio.» 

    Lo guardo senza capire. 

    «Se Arya scoprisse che ti ho lasciato nelle mani di un maniaco questa sera, non mi rivolgerebbe più la parola!» spiega lui e sorrido nel vedere quanto tenga alla mia amica. 

    L’amore io l’ho sempre immaginato così. Dico immaginato perché non ho mai avuto qualcuno che tenesse così tanto a me, nessuno dei ragazzi che ho avuto finora mi ha mai considerata così… essenziale. 

    Quando penso all’amore, vedo Arya e David. Si sono conosciuti sei anni fa e, da allora, non si sono mai lasciati. Adesso lei non c’è perché sta passando un po’ di tempo con il padre, al quale si è riavvicinata dopo il divorzio dei suoi, e mi ha chiesto di tenere d’occhio il suo ragazzo. Non che Arya abbia qualcosa da temere: fin dall’inizio della loro relazione, lui bacia la terra dove lei cammina.

    «Ah, non l’ho ancora detto ai miei coinquilini, ma tranquilla, sono okay.» Fa una pausa e capisco che, in quella pausa, c’è un ma sottinteso. «Il nostro frontman, lui… sta passando un momento difficile, quindi vedi… è un po’… sai… Be’, diciamo che è uno che si gode la vita» conclude imbarazzato.

    «David, non c’è problema, davvero! Mi stai ospitando, figurati se posso lamentarmi dei tuoi coinquilini.»

    Gli sorrido per tranquillizzarlo e lui mi fa segno di seguirlo al piano di sopra. Sono davvero stupita dalla grandezza e dall’arredo di questa casa. Non sembra abitata da ragazzi, anzi sembra tutto al posto giusto: ci sono delle stampe bellissime appese ai muri e il corridoio, invece di essere lungo e stretto, è davvero ampio. Apre la porta di quella che dovrebbe essere la mia stanza: è molto anonima, ma quel che conta è che ci sono un grande letto e un armadio.

    «Se ti serve qualcosa, la mia stanza è in fondo al corridoio.»

    Una volta rimasta sola, ripenso alla mia amica e al fatto che è riuscita a ricucire con il padre. Vorrei poter fare lo stesso con il mio, mi manca terribilmente. Soprattutto ora.

    Sono cresciuta in una casa molto simile a questa, almeno per grandezza. Il lavoro di mio padre spesso lo portava per lunghi periodi lontano da casa. Probabilmente, oltre alla testardaggine e all’amore per la musica classica, ho ereditato da lui anche la passione per i lunghi viaggi. Appena sono stata abbastanza grande da mangiare e pettinarmi da sola, ha iniziato a portarmi con sé.

    Penso con nostalgia a quei momenti e solo pochi istanti dopo, in un letto troppo duro, mi addormento.

    Capitolo 2

    Quando la sveglia del cellulare suona, tutto quello che vorrei fare è ricominciare a dormire. Non sono una dormigliona, ma la notte precedente è stata un vero e proprio incubo: quando uno dei coinquilini di David è tornato, si sono sentiti gemiti e urla imbarazzanti fino alle prime luci dell’alba. Sono stata quasi tentata di tornare a casa da Ryan: meglio sentire le sue stupide spiegazioni invece di quel film a luci rosse. Odio davvero le situazioni incresciose e odio ancora di più non essere padrona del mio destino, ma farò colazione velocemente e poi andrò presto al lavoro. Non voglio davvero imbattermi in quel tipo: né in lui né nella sua ragazza.

    Come se potessero avere la forza di alzarsi così presto dopo una nottata simile.

    Sorrido, compiaciuta da me stessa per l’osservazione, ed entro in cucina. Devo trovare un modo per recuperare un po’ di roba dall’appartamento di Ryan, possibilmente senza incontrarlo. Non so con chi mi abbia tradita e nemmeno mi interessa: quello che so con certezza è che non me ne importa molto. Anzi, ho quasi provato un moto di sollievo quando ho capito che era finita. 

    Torno alla realtà, bruciandomi mentre afferro il bollitore per farmi il caffè.

    «Tu guarda che fortuna ho questa mattina: l’impavida ragazza del pub a casa mia! Penso che il destino oggi sia dalla mia parte.»

    Sobbalzo voltandomi in direzione della porta, e inorridisco. Il ragazzo del bar è qui davanti a me, seminudo, appoggiato allo stipite. Sbatto più volte le palpebre. Deve sicuramente essere uno scherzo. 

    Mi fissa con un sorriso stampato sul volto ed è evidentemente appena uscito dalla doccia: i capelli bagnati sembrano più lunghi e gli scivolano sul viso, il torace e le braccia sono coperti da tatuaggi, anche se non riesco a metterne a fuoco nessuno, è abbastanza snello ma anche statuario, e il minuscolo asciugamano vinaccia si richiude sulla fossa iliaca… C’è ben poco che resta all’immaginazione.

    È bello.

    Mi sento una stupida a pensarlo, devo mantenere una sorta di contegno. Faccio la fotografa nel settore della moda e di uomini scoperti ne ho visti talmente tanti che non posso davvero provare imbarazzo davanti a lui, l’ennesimo. Inoltre è sicuramente meno bello di Ryan. 

    «Vedi qualcosa che ti piace?» ghigna, probabilmente divertito dalla mia espressione. 

    Giuro che questa volta gli tiro il bollitore.

    Stringo minacciosamente il manico mentre lui alza gli occhi verso il soffitto, infastidito dal mio silenzio. Si porta una mano tra i capelli bagnati, scompigliandoli, come se fosse davvero pronto per un servizio fotografico. Non lascerò che il primo arrivato mi metta in imbarazzo: non sono una scolaretta. 

    «Ho visto di meglio» rispondo sorridendo in maniera malevola, poggiando il bollitore sul tavolo. 

    Subito mi pento di averlo detto, anche se è davvero così. Una strana luce passa nei suoi occhi. Conosco bene quel bagliore: è lo stesso dal quale spesso vengo accecata io. Si chiama sfida. 

    «Davvero? Allora perché ti imbarazzo?» Si gratta la testa.

    Non sono sicura che l’ultima domanda fosse davvero rivolta a me; forse più che altro l’ha rivolta a se stesso. Non capisco per chi mi abbia preso.

    «Tu non mi imbarazzi!» rispondo aggrottando le sopracciglia. 

    «Ah, no?» chiede ridendomi in faccia.

    «No!» confermo, mettendomi le mani sui fianchi.

    «Bene, se è così…» ghigna di nuovo, ma questa volta è un ghigno che sa di beffa.

    Con un gesto secco fa cadere l’asciugamano in terra e muove un passo verso di me. Guardo la peluria pubica, poi, velocemente, risalgo per il torace fino alla bocca e infine incrocio il suo sguardo compiaciuto. È allora che mi decido ad abbassare gli occhi sul pavimento. 

    Forse mi sta davvero mettendo in imbarazzo?

    «Nemmeno ieri sera mi guardavi in faccia.»

    La sua voce bassa e roca mi sveglia dai miei pensieri… Mi è di fronte ed è troppo vicino per riuscire a sfuggirgli. Con questa consapevolezza mi decido a rialzare lo sguardo e rimango incatenata ai suoi occhi. Sarebbe impossibile guardare qualsiasi altra parte del suo corpo, per quanto bella possa essere. Gli occhi non possono essere davvero lo specchio dell’anima perché i suoi sono meravigliosi. Sto ancora valutando attentamente se tirargli il bollitore. 

    In quell’istante, però, si apre la porta e vedo David sulla soglia con un’espressione stupita. La situazione è terribile e, vista da fuori, deve sembrarlo ancora di più.

    Approfitto del momento per andarmene. Ne ho abbastanza.

    Capitolo 3

    Sono rimasta tutto il giorno in ufficio, oberata da duemila faccende che proprio non mi hanno dato il tempo di pensare. Nelle pause ho trovato online diversi appartamenti ma, per visitarli, devo prendere appuntamento con l’agente immobiliare che al momento sembra essersi volatilizzato. E ora sono in una tavola calda, non troppo lontana dal mio ufficio, in compagnia di David. 

    «Ti ho già detto che puoi rimanere, Ella. Arya è super entusiasta della cosa.» Non deve nemmeno dirlo, so già quanto le piaccia l’idea di vivere sia con me che con il suo ragazzo.

    «Lo so, David, ma non posso approfittare della vostra gentilezza. Non è giusto nei confronti dei tuoi coinquilini.» 

    Mi mordo la lingua. Se ripenso a questa mattina, mi viene l’orticaria. In realtà non me ne frega niente di essere ingiusta verso i suoi coinquilini, soprattutto verso quell’idiota tatuato. È l’idea di dover rientrare a casa ogni giorno e avere a che fare con quell’essere che mi ha fatto venire il mal di stomaco.

    «Trevor è un ingegnere, non c’è praticamente mai e anche James è quasi sempre via per lavoro.» 

    Deve aver notato il mio naso arricciarsi sull’ultimo nome pronunciato perché scoppia a ridere. Dopo che me ne sono andata questa mattina, mi ha mandato milioni di messaggi di scuse per il comportamento del suo amico.

    «Devi sapere che James non era così prima…» inizia a spiegarmi, senza che gli abbia chiesto niente, prima di addentare il suo hamburger. 

    Alzo gli occhi al cielo: proprio non riesco a immaginarmi James come un ragazzino sensibile e romantico, soprattutto con quell’atteggiamento e la faccia da schiaffi che si ritrova.

    Sì, sono ancora furiosa: non capita tutti i giorni che un ragazzo che conosci da poche ore ti si denudi davanti.

    Però è un bel ragazzo.

    «Che cosa sarà mai successo a quel coglione?» chiedo senza un particolare interesse.

    «Be’…» Si interrompe, e capisco che non sa se parlarmene o meno. «James fa il modello, okay?»

    Rimango per qualche istante sorpresa. Non mi sembra il tipo onestamente, o meglio, non ha il classico fisico palestrato dei modelli che ho fotografato finora.

    «Stava con una ragazza, Ginevra. Lei fa l’attrice, forse la conosci, è apparsa in diverse serie tv. Mentre entrambi avevano un’altra relazione, si sono messi insieme e stavano per sposarsi, ma poi… lei lo ha lasciato» conclude e gli va di traverso una patatina.

    «Chissà perché…» commento sarcastica, posando il mento su una mano e puntellando il gomito sul bordo del tavolino.

    Forse questa storia avrei potuto conoscerla: sembra quel tipo di gossip che attira i paparazzi. Per un attimo penso a quanto debba essere triste stare al centro dell’attenzione dei giornali scandalistici.

    Se sarò in vena, stasera potrei cercare la storia su Google e farmi due risate.

    «Torniamo a casa?» chiede David.

    Casa. Io nemmeno me la ricordo l’ultima volta che ho chiamato un posto così. David, con un gesto veloce, lascia trenta sterline sul tavolo riportandomi alla realtà. Usciamo e, camminando in silenzio per le strade di Londra, torniamo in quella che dovrebbe essere la mia nuova dimora.

    Appena spalanchiamo la porta, la scena che ci si presenta è davvero penosa: James è sdraiato sul divano e sopra di lui c’è una ragazza, con lunghi capelli ricci e rossi, semisvestita. Lei, non appena ci nota, comincia ad alzarsi e lui, per tutta risposta, sbuffa. Non ci posso credere. Questo non sta capitando a me.

    Negare la realtà non la renderà meno drammatica. E soprattutto, in questo caso, più attraente.

    Volto la testa e maledico il giorno in cui tutto questo è iniziato. Se non fosse stato per Ryan, forse non mi troverei in casa con questo depravato.

    «Ops, forse è ora di andare» dice lei. Torno a guardarli: la ragazza si alza e si riallaccia la camicetta. «Ti lascio il mio numero?»

    Lui si abbottona i jeans, non la guarda. Lei invece non fa altro che fissarlo impaziente. Distolgo ancora lo sguardo da quella situazione che mi mette a disagio. Vorrei andar in camera, ma anche David è impalato davanti a loro. 

    Impassibile, James risponde: «No, grazie».

    Poso di nuovo lo sguardo su loro due e, con gli occhi sgranati, guardo la ragazza che ha un’espressione tra l’incredulo e l’arrabbiato. Se fosse fisicamente possibile, la sua mandibola si staccherebbe toccando terra. Poi la rossa si volta nella mia direzione, come se non mi avesse ancora visto e, dopo avermi squadrata bene, se ne va sbattendo la porta.

    «Siete tutte uguali voi donne!» esclama James rivolgendosi a me.

    Lo fisso e per la seconda volta mi sento sotto esame. I suoi occhi addosso sono come mille punteruoli. È una sensazione così strana e fastidiosa.

    «James» comincia David, ma lo interrompo.

    «Come, prego?» replico senza distogliere lo sguardo.

    «Non fare la finta tonta» ribatte e si alza. «Siete tutte sante solo all’apparenza, ma bastano due parole dolci per farvi cedere. Volete esattamente quello che vogliamo noi, solo che noi lo ammettiamo senza tanti giri di parole.» Si volta e si dirige verso la cucina; posso giurare di averlo visto sorridere prima di farlo.

    Come può avere così poco rispetto? Se lo ricorda che è stato partorito da una donna?

    Non te la sei presa per questo, ma perché tra le righe ti ha dato della…

    Prima che l’epiteto possa arrivare al mio cervello, seguo James e lo vedo con la testa dentro il frigo. Vorrei schiacciargliela lì dentro, ma non sono sicura che ne uscirebbe qualcosa. Prendo il bicchiere dentro il lavello, lo riempio e non appena rialza la testa e si gira nella mia direzione con quel suo ghigno odioso, gli lancio l’acqua in faccia. Rimane fermo qualche istante. Non credo abbia davvero realizzato cosa ho fatto.

    Gli riderei in faccia solo per

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