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Le 13 rose rosse
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E-book140 pagine1 ora

Le 13 rose rosse

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Info su questo ebook

Un romanzo straziante, a tratti quasi romantico che vi farà vivere un'avventura quasi in prima persona. Una ragazza di solo 14 anni che dopo la morte di una persona a lei cara, incontrerà nelle sue giornate ostacoli che le faranno capire che la felicità non esiste più, ma grazie a qualcosa o qualcuno riuscirà nuovamente a essere felice?
LinguaItaliano
Data di uscita4 set 2023
ISBN9791221493924
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    Anteprima del libro

    Le 13 rose rosse - Valeria Virgona

    CAPITOLO 1

    «Dove andiamo mamma?» chiedo mentre mi tira verso la macchina.

    Guardo indietro e vedo davanti il cancello della scuola Patrick, il mio migliore amico.

    Ci conosciamo da quando eravamo piccoli. Abbiamo l’ultima ora di matematica, mi piace andare a scuola ma non capisco perché mia madre continui a tirarmi.

    «Perché te ne vai?» urla Patrick.

    Stiamo sempre insieme, io sono sempre stata la sua ombra e lui la mia.

    «Non saprei!» risposi urlando.

    Guardo mia madre per cercare di capire cosa stesse succedendo, ma non mi diede nessuno sguardo. Salgo in macchina e, dal finestrino, vedo Patrick che mi guarda fisso, con lo svolazzare dei suoi capelli arancioni carota e quelle lentiggini che accentuano la sua perfezione.

    «Reb non fare domande. Quando arriviamo a casa ti spiego tutto.» Nonostante abbia solo tredici anni ho già capito cosa sia successo quella mattinata.

    «Si tratta di papà, vero?»

    Mi allaccio la cintura e mi giro verso di lei, cercando ancora con gli occhi di capire qualcosa. Mio padre fu arrestato quando io avevo cinque anni. Era il mio super eroe, il mio principe. Non mi dissero mai cosa gli fosse successo nello specifico.

    Svoltiamo a destra del parco giochi e parcheggiamo davanti al garage.

    All’istante due macchine dei carabinieri davanti ai miei occhi, parcheggiate una a destra, l’altra a sinistra, occupando tutto il viale, la mamma mi prende la mano e mi fa un sorriso.

    Prima entra lei, poi la seguo io e vedo tre uomini in divisa che ci aspettano in piedi accanto al divano con un malloppo di fogli.

    «Reb sali un attimo in camera tua, finisco di parlare con questi uomini e poi facciamo qualcosa insieme.»

    Non voglio salire, sono troppo curiosa di ascoltare, ma soprattutto di sapere tutta la verità, quindi mi metto dietro la porta e vedo la mamma che accompagna i tre uomini aprendo la bocca per dire le prime sillabe.

    «Come stanno i signori Maristel?

    Hanno sempre quell’attività di frutta e verdura a Bivosa?»

    «Sì, signora. La vita lavorativa va abbastanza bene, ma può capire, soprattutto lei che è madre, che superare la perdita di una figlia è molto difficile, soprattutto strappata dal mondo in questo modo.»

    «Non dimenticherò mai quello che ha fatto mio marito. Dovete fare di tutto per prenderlo e riportarlo dov’era.»

    «Faremo il nostro lavoro. Arrivederci signora.»

    Nella mia testa mille pensieri, il mio papà, il mio principe azzurro, diventato orco.

    Mia madre si avvicina con un’espressione infastidita, ma non faccio in tempo a nascondermi che mi vede.

    «Che ci fai qua? Perché non sei dove ti avevo detto di essere?» Rimango in silenzio, turbata da quello che ho ascoltato e mi siedo nel primo gradino della scala a chiocciola.

    «Non avresti dovuto ascoltare, adesso mi tocca dirti la verità. Comunque tuo padre è fuggito dal carcere, anni fa ha fatto del male ad una ragazzina che aveva poco più la tua età.»

    Perché dovevo avere paura di papà? Era la mia roccia, il mio migliore amico, dopo Patrick. Ricordo in modo vago, poiché ero solo una bambina, il suo affetto paterno, l’amore che mi dimostrava giorno dopo giorno, anche in piccole cose.

    Quando avevo tre anni, in un giorno d’inverno il tempo non era dei migliori qui a Milano, la luce andava e veniva, i tuoni rimbombavano facendo tremare le finestre.

    Lui, il mio papà, si avvicinò a me, si sdraiò sul letto e mi lesse la mia fiaba preferita Cenerentola. Una fiaba che ancora adesso mi piace, pensare che la ragazza brutta trattata male dalle sorellastre possa avere la possibilità di diventare una bellissima principessa con il suo principe azzurro accanto; ecco questo mi fa sperare che le fiabe non sono solo un’immaginazione, ma anche realtà. Ero la sua bambina viziata, pochi ricordi mi facevano credere che lui era innocente o comunque non colpevole del tutto.

    «Siediti Rebecca. Ti racconto quello che è successo.»

    Quando la mamma mi chiama con il nome intero vuol dire che è di cattivo umore e che qualcosa non va.

    Mi siedo al mio solito posto sul divano e mi rannicchio su me stessa.

    «Quando avevi quattro anni, tuo padre si è comportato in modo sbagliato con una ragazzina ed è andato in prigione. La tua mamma l’ha scoperto solamente mesi dopo, quando, il giorno del tuo compleanno, due uomini come loro hanno bussato alla porta.»

    «Non riesco a credere ad una parola di quello che mi stai dicendo.» Urlo e spingo la mamma, facendola barcollare.

    Effettivamente non ho ricordi di quel giorno, di quando soffiai le mie quinte candeline. Adoro il mio compleanno, è un giorno importante per me, mi sento considerata dalla maggior parte della gente, il che non è mai stato fondamentale negli altri giorni comuni. Non ho avuto e non ho tanti amici, solo Patrick e mia madre, che la considero come tale.

    Chissà cosa avrà fatto mio padre di così grave, conoscendolo come una persona innocua.

    «Posso continuare Reb?» dice la mamma sedendosi accanto a me sul divano e cercando di tranquillizzarmi.

    Le prime lacrime escono dai miei occhi color cioccolato e il tremolio delle mani è sempre più evidente.

    «Ho tanta paura che possa farti del male, ma la tua mamma ti proteggerà da tutti.» Mi prende le mani e le stringe con le sue.

    Non posso immaginare che mio padre possa farmi del male o che addirittura, in passato, abbia ucciso una ragazzina.

    «No!»

    Corro verso la scala, inciampo nel penultimo gradino, mi alzo velocemente e mi dirigo verso il giardino, che si trova nel balcone della mia camera.

    È l’unico posto che mi trasmette tranquillità. In questo giardino ci sono solamente due pezzi importanti regalati da mia nonna, una sedia a dondolo ed un alberello all’apparenza triste, spoglio con solamente pochi rami.

    Mia nonna è morta tre anni fa per un brutto tumore che le ha colpito i polmoni, nonostante i tre mesi di chemioterapia. Viveva con noi dopo la morte di nonno. È stata una perdita straziante. Ero abbastanza grande da capire che lei era tutto, che la sua assenza avrebbe cambiato la mia esistenza. Questo posto mi dà la sensazione che lei sia sempre al mio fianco.

    Sento spingere la porta, ha gli occhi rossi, lucidi e, tremante, avanza anche lei nel giardino.

    «Sapevo che eri qui Reb, è sempre stato il tuo posto preferito.»

    «Entriamo e fammi un bel sorriso. Noi due andiamo avanti contro tutto e tutti.»

    Ad un certo punto sentiamo un rumore dalla porta d’entrata ed un vocio in lontananza. Subito ci guardiamo impaurite pensando a lui.

    «Reb! Reb! La porta era semiaperta e sono entrato, ho visto anche tre uomini in divisa che uscivano da casa tua.»

    «Patrick, che ci fai qua? Non è il momento.»

    Anche se è il mio migliore amico, sono diffidente verso gli uomini e tendo ad essere chiusa.

    «Sono qui Reb» dice dandomi un bacio sulla fronte.

    Mamma sembra infastidita da quel bacio, al tal punto che scende insieme a Patrick, accompagnandolo alla porta, mentre io rimango nel mio giardino a parlare con la nonna.

    «Ciao nonna, come va lassù? Spero bene, a me purtroppo le cose non stanno andando nel modo giusto: ho scoperto che papà, in passato, ha fatto del male ad una ragazzina e adesso la mamma ha tanta paura per me, dato che è scappato dal carcere. Non so se tu eri a conoscenza di questo fatto. Comunque adesso vado, ciao nonna.»

    Parlare con la nonna è stato sempre un bene per me, poche parole mi bastavano per sentirla vicina, accanto a questa sedia a dondolo.

    A Milano, questa mattina, fa più freddo del solito, quindi decido di entrare e coricarmi un po’ sul letto.

    Passo di fronte allo specchio e vedo il mio riflesso che sfugge, indietreggio a fissare il mio corpo.

    «Che brutta. Perché passano i giorni e divento sempre di più un cesso? Odio questi denti, storti e ingialliti.»

    «Reb scendi, preparo da mangiare.»

    Da un po’ di mesi a questa parte, il cibo è il mio unico nemico. Da quando è morta la nonna, tutto mi sembra più buio e tutto mi fa schifo, il cibo, io, le persone.

    Scendo dalle mie amate scale a chiocciola, oggi sarà una giornata schifosa, come sempre d’altronde. Un piatto di pasta mi aspetta, all’apparenza un piatto enorme. Sminuzzo la pasta, sminuzzavo tutto il cibo davanti a me. Ed un nodo in gola inizia in quella giornata.

    «Mamma, pomeriggio vado a correre, voglio schiarirmi un po’ le idee.»

    «Reb, so che la situazione di tuo padre ti ha destabilizzata, ma non rinchiuderti in te stessa. Sfogati, parla con me.»

    Lei, la sola che mi ha supportato e sopportato nei momenti belli e brutti. Le devo tutto.

    Mi vesto con un pantalone largo ed una felpa, questo è stato da sempre il mio outfit preferito.

    CAPITOLO 2

    Milano è sempre più caotica. Correre mi dà quell’aria di spensieratezza, ma devo correre il più veloce che posso, oggi la giornata non è iniziata nei migliori dei modi.

    Da giorni a questa parte sminuzzare il cibo, correre per scaricare la tensione che c’è nell’aria e sentire questo nodo in gola è un fattore normale.

    Cosa mi sta succedendo?

    Con le mie AirPods, regalate da mamma dopo una delle tante litigate, ascolto Ed Sheeran, guardo i passanti che sorridono, che provano

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