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Io vado giù di là
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Io vado giù di là
E-book68 pagine46 minuti

Io vado giù di là

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Info su questo ebook

Vacanze anni 60/70: una serie di racconti dalle situazioni più improbabili quanto reali e grottesche che sembra difficile pensare siano ambientate meno di cinquant'anni fa.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2018
ISBN9788827839690
Io vado giù di là

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    Anteprima del libro

    Io vado giù di là - Cinzia Imai

    Convinta.

    PREFAZIONE

    L'aspettativa della partenza per le mie vacanze era, psicologicamente, altissima.

    Nell'ultima settimana prima di tale partenza, quasi tutte le notti restavo sveglia.

    Sia per l'eccitazione sia per un odore che fuoriusciva da una borsa di finta pelle appoggiata in sala da almeno quindici giorni, sala che fungeva pure da mia cameretta.

    Mamma era una donna meticolosa e ansiosa e cominciava a riempire una valigia di vestiario oltre che una o due borse in cui si portava generi alimentari particolari, (che come per un'alchimia tra di essi formavano questo odore che ricordo ancora, ma che non ho sentito mai più perché mai ho controllato o ricordo i prodotti uno a uno, senza i quali l'alchimia sarebbe svanita) che si trovavano solo in certi negozietti tipici del centro storico di Genova.

    Non era spiacevole, come odore, ma era troppo forte, per me, e impregnava tutto, persino i muri della stanza.

    Tutto questo, con gran nervosismo di papà e pure un certo fastidio da parte mia, che già nell'infanzia tendevo a essere una persona impulsiva, pure sull'argomento vacanza.

    Dai vent'anni in poi, io decidevo la meta qualche giorno prima e poi mi recavo direttamente alla stazione con lo zaino in spalla. Generalmente viaggiavo sola, e odiavo quei noiosissimi libretti gialli con gli orari ferroviari che ora sono stati soppiantati da internet, e sui quali, appena aperti, mi innervosivo inesorabilmente, non capendo nemmeno da dove si cominciasse a leggerli. Per cui evitavo accuratamente di comprarli. Alla stazione cercavo sul tabellone il primo treno utile per me, se c'era da aspettare un po' aspettavo, sennò partivo per la meta o una parte di meta (visto che spesso c'erano dei cambi da fare) che avevo deciso di raggiungere.

    Ma, tornando a mamma, lei era incapace di tutto ciò e quindi inondava le stanze facendoti preannusare (è proprio il caso di dirlo) le vacanze imminenti.

    Queste vacanze, in realtà, erano vissute, fin dall'inizio, con un forte grado di aspettativa, che continuava poi via via che gli eventi si susseguivano ed erano, per me, a pensarci adesso, la magia di un tempo e di cose semplici e apparentemente banali, che erano invece il fulcro di tutto.

    CAPITOLO 1

    LA PARTENZA

    La vacanza cominciava con la sveglia, per me inusuale, alle 6 del mattino circa.

    Bisognava sbrigarsi perché il treno sarebbe partito alle 6,40 in punto.

    Per fortuna le due stazioni ferroviarie di Genova erano parecchio vicine a casa mia, abitando in pieno centro.

    Il mio papà, prima di iniziare la sua giornata lavorativa ci accompagnava a volte in taxi, dato il numeroso bagaglio, fino al binario dove ci lasciava ai cosiddetti facchini.

    Figura non più presente adesso, erano persone che ti aiutavano a trasportare i bagagli all'interno della carrozza del treno, previa una piccola mancia.

    Il viaggio durava un tre quarti d'ora circa ed era pieno di gallerie.

    Io allora non andavo mai da nessuna parte ed ero arrabbiata per tutte quelle gallerie che mi impedivano di vedere posti nuovi dal finestrino.

    Quando le gallerie finivano, noi saremmo scese.

    Lì mamma iniziava a parlare un dialetto che non era assolutamente genovese ma una mistura tra genovese e basso Piemonte, che io ora ho dimenticato, e trovava subito qualcuno che conosceva per farsi trasportare i bagagli dal treno al pullman.

    Sul pullman lei iniziava a parlare con tutti, perché erano persone che andavano tutte alla stessa destinazione e spesso erano suoi amici di gioventù.

    Io mi isolavo dai loro discorsi, sempre in dialetto, e guardavo incantata il paesaggio.

    Era sempre lo stesso, ogni anno.

    Ma era incantevole, perché era un tripudio di grano maturo, e di papaveri rossi. Ce n'erano, per un tratto di strada, distese infinite.

    Per me tutto questo, ancora oggi, rappresenta l'estate, il caldo, la vacanza.

    Nessuna cosa che ho visto nel corso della mia vita, riesce a scalzare in me il simbolo di vacanze che mi dava quel grano traboccante

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