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Quando la luce squarciò le tenebre
Quando la luce squarciò le tenebre
Quando la luce squarciò le tenebre
E-book191 pagine2 ore

Quando la luce squarciò le tenebre

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Info su questo ebook


Tutti conoscono il nome Thomas Alva Edison, inventore, tra le altre cose, della lampadina e progettista della prima rete di distribuzione di energia elettrica dalla produzione all’utilizzazione. Edison fu una mente fervida e brillante, capace di partorire centinaia di scoperte che aiutarono l’uomo ad avanzare sulla strada del progresso. Come molte altre invenzioni, la lampadina non nacque dalla mente geniale di un singolo uomo, tuttavia pochi conoscono i nomi degli altri ricercatori e inventori che, ognuno per conto proprio, addirittura in nazioni diverse, diedero un contributo decisivo e personale nel perfezionamento della scoperta. Tra questi anche un italiano, l’udinese Arturo Malignan “il mago del Castello”, senza le cui scoperte le lampadine a incandescenza produrrebbero ancora oggi una brutta luce giallastra e durerebbero solamente due giorni prima di fulminarsi. Scopo di questo romanzo è quindi far conoscere alcuni retroscena di questa straordinaria invenzione e rendere omaggio a tutte quelle persone, inventori e studiosi, i cui sforzi ci permettono una vita più facile e confortevole. Il racconto passa attraverso l’infanzia dei protagonisti, descrive la prima centrale termoelettrica di Wall Street, a New York e quella milanese di Santa Redegonda, che diede luce alla Galleria e al teatro della Scala, opera dell’insigne ingegnere e professore Giuseppe Colombo e del suo team di neolaureati, per terminare con l’era delle centrali idroelettriche, mentre nel mondo era in corso la “guerra delle correnti”: la corrente continua di Alva Edison contro la corrente alternata di Westinghouse. La ricostruzione storica, supportata da una estesa ricerca bibliografica, rispetta gli accadimenti di quegli anni, quando la luce si proponeva di squarciare le tenebre, benché la pubblicazione, in qualità di romanzo e non di saggio, non possa esulare da un’analisi delle caratteristiche umane e caratteriali dei personaggi coinvolti, così come recepiti dall’Autore.
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2018
ISBN9788833281285
Quando la luce squarciò le tenebre

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    Anteprima del libro

    Quando la luce squarciò le tenebre - Gianpiero Pisso

    sapere.

    Michigan, USA, 1863

    Di prima mattina la stazione ferroviaria di Port Huron era sempre gremita di gente, ambulanti, uomini d’affari, allevatori, negozianti, intermediari, ma anche intere famiglie, con le donne infilate nelle loro consunte gonne lunghe, i seni prosperosi celati da semplici camicette e bambini vocianti che toccavano ogni cosa che fosse a portata delle loro mani.

    Questo colorito assembramento di persone sfruttava dunque la ferrovia non solo per la propria attività lavorativa, ma anche, come certamente facevano i nuclei familiari, per abbandonare l’est del Paese e trasferirsi definitivamente nei selvaggi territori dell’ovest, dove il governo aveva messo a disposizione copiose elargizioni di terra, centinaia di acri ceduti a una cifra simbolica, purché si trattenessero in quei luoghi almeno cinque anni.

    Questo era quanto la nazione era disposta a fare per portare lo sviluppo tecnologico anche a ovest e unire nel progresso la costa atlantica a quella pacifica.

    Il caos era indescrivibile e sull’assembramento gravava l’olezzo di corpi non sempre lavati perché, a quei tempi, si credeva che puzzare equivalesse a essere uomini.

    Un mostro di ferro nero come la pece, con il suo fumaiolo a forma di tronco di cono rovesciato, era in attesa sui binari, pronto a iniziare la sua corsa verso Detroit tirandosi appresso otto carrozze. Apparteneva alla Grand Trunk Railway e la locomotiva era uno degli esemplari più evoluti dell’epoca. Un puledro selvaggio delle praterie, ma molto più forte e resistente, che avrebbe condotto merci e passeggeri per circa sessantacinque miglia, verso le loro destinazioni finali.

    La tratta Port Huron-Detroit si snodava lungo il confine canadese, seguendo il corso del fiume St. Clair fino a incontrare l’omonimo lago e raggiungere la città più importante del Michigan, Detroit, che, con i suoi quarantacinquemila abitanti, aveva visto in pochi anni uno sviluppo pauroso.

    Da lì altri mostri d’acciaio avrebbero portato i coloni ancora più a ovest, con tutti i rischi del caso, perché due guerre insanguinavano la nazione.

    Una era in corso tra sud e nord, tra schiavisti e abolizionisti; l’altra tra uomini bianchi e pellerossa. I nativi dell’ovest avevano assistito all’invasione dei loro territori da parte di avventurieri, di cacciatori che decimavano i loro bisonti e delle truppe governative, che giustificavano le loro incursioni con l’esigenza di portare il progresso su tutto il suolo americano.

    Il sangue aveva inzuppato le praterie, le montagne, le valli percorse dai lunghi fiumi e lo scontro tra le due culture, i due mondi, era stato inevitabile. I pellerossa stavano pagando il prezzo più alto.

    Sul marciapiede della stazione un ragazzo di circa sedici anni, gracile e palliduccio, scrutava la folla che attendeva di prendere posto sulle carrozze, ammassata accanto a voluminosi bagagli e masserizie.

    Poteva sembrare spaesato, ma conosceva tutto di quella tratta, che negli ultimi tre anni aveva percorso due volte ogni giorno, avanti e indietro. Sul treno e in ogni stazione della linea tutti gli inservienti della ferrovia lo conoscevano e avevano familiarizzato con lui, che chiamavano Al. Aveva iniziato la sua professione vendendo canditi sulle carrozze, poi era passato all’insalata, alla frutta, ai giornali; qualche tempo prima, però, era incappato in un incidente che aveva segnato la sua carriera lavorativa e anche il suo fisico.

    Quando quel contrattempo era avvenuto era nel suo ufficio itinerante - uno scompartimento della carrozza merci che le ferrovie gli consentivano di usare come suo magazzino personale senza pagare un solo cent - e si stava dedicando al passatempo che più amava: eseguire esperimenti chimici.

    Trafficava con fiale colme di intrugli di ogni colore, piccoli cartocci che custodivano polveri fini e minute pietrine. Nella cantina della sua abitazione aveva più di duecento piccole bottiglie, che contenevano i risultati delle sue ricerche. Su ciascuna aveva incollato un’etichetta con la scritta Veleno, per evitare che ai membri della sua famiglia venisse la voglia di maneggiarla.

    Portava avanti questa sua passione per la chimica anche sul treno che utilizzava ogni giorno, realizzando nel suo scompartimento esperimenti dentro ampolle di vetro. Un giorno, però, una fiala di fosforo era caduta a terra e poco era mancato perché l’intero vagone prendesse fuoco.

    Il manrovescio che uno dei controllori gli aveva affibbiato gli aveva perforato un timpano, rendendolo mezzo sordo.

    Poteva però ringraziare la sua buona stella che tutto fosse finito lì. Dopo aver promesso che mai più si sarebbe dedicato a pratiche di quel tipo sul convoglio, aveva potuto continuare le sue attività di vendita sulle carrozze, cosa a cui teneva molto perché, da qualche tempo, il numero delle sue iniziative si era arricchito.

    Anziché vendere sul treno i giornali di altri, si era dotato di una piccola pressa da stampa, di carta e di inchiostro ed era diventato il proprietario, l’editore, il reporter, lo stampatore e il venditore di un suo proprio giornale, il Weekly Herald. Tre cent la copia. Due sole pagine, spesso infarcite di errori di grammatica, che però andavano a ruba soprattutto tra il personale delle ferrovie.

    Molte notizie riguardavano la tratta, avvenimenti e ricorrenze personali dei lavoratori delle traversine, ma Al carpiva da altri giornali le notizie più importanti del paese e ne offriva uno stringato riassunto sul suo giornale.

    La Guerra di Secessione, nella quale due eserciti si fronteggiavano in armi, forniva regolarmente notizie di scontri, eccidi e ritirate che costituivano sempre un buon richiamo per i suoi clienti. Mancando quelle, vi erano pur sempre le battaglie con i Sioux e gli Cheyenne che, da qualche tempo, si stavano mostrando sempre più audaci.

    Quando Jack, il fuochista, con il volto già nero di polverino di carbone ancor prima della partenza del convoglio, lo chiamò dal tender, il viso di Al s’illuminò e alzò una mano in segno di saluto.

    «Vieni a trovarmi a mezzogiorno? Sai che possiedo le salsicce più gustose di tutto il Michigan!» urlò l’uomo a gran voce.

    Indossava una logora canotta che sembrava scoppiare sotto la pressione dei suoi pettorali. Si conoscevano da tre anni ed erano entrambi ospiti fissi di quella tratta.

    Per Al, Jack era il padre adottivo che gli dava consigli, lo teneva d’occhio durante il viaggio, quando la caldaia della locomotiva non richiedeva le sue palate di carbone per alimentarsi, lo metteva al corrente degli eventuali ritardi accumulati lungo il tragitto. Quello vero si era occupato di lui e dei suoi sei fratelli, tre dei quali erano deceduti in tenera età, solo marginalmente.

    Per Samuel Edison, costretto anni prima ad abbandonare bruscamente il Canada a seguito di una ribellione contro gli inglesi a cui aveva preso parte, mantenere la moglie diabetica e tutti i suoi figli non era certo agevole.

    Negli ultimi tempi si era buttato in molti lavori, ma nessuno era stato capace di durare tanto a lungo da soddisfarlo. Attualmente vendeva shingles, le tavolette di legno di cedro o di pino bianco che tanto andavano di moda nella regione dei Laghi e che ricoprivano i tetti e anche le pareti delle abitazioni più lussuose.

    Per dare un piccolo aiuto alla famiglia, Al versava ogni giorno alla madre parte dei suoi modesti introiti.

    «Certo che vengo a farti visita, Jack!» rispose il ragazzo sorridendo. «Come potrei fare a meno delle tue leccornie? Giusto il tempo di gustarne un paio, perché alle tre devo andare in libreria a studiare.»

    «Ehi, non stai studiando troppo, per caso? Che cosa vuoi diventare nella vita? Non è che più che i libri ti piacciano le carrozze con i cavalli?»

    Jack si esibì in una sguaiata risata.

    Talvolta, durante la pausa del treno a Detroit, Al scorrazzava sulle nuove carrozze trainate dai cavalli che collegavano la stazione alle vie del centro, la Woodward e la Jefferson Avenue. Là si trovavano molte botteghe artigianali e la libreria di Mr. Donnely che, in cambio di qualche cent, gli permetteva di curiosare tra i volumi.

    Ciò gli era possibile perché il convoglio giungeva a destinazione all’incirca verso le undici di mattina e ripartiva alle diciotto per far ritorno a Port Huron.

    I libri che Al consultava riguardavano tutti lo stesso argomento: descrizioni dettagliate di reazioni chimiche; ultimamente però si stava interessando anche agli ultimi progressi della telegrafia. Forse intendeva comprendere meglio quella professione, che consisteva nel ricevere e trasmettere messaggi in codice Morse, così approfondiva la teoria connessa all’utilizzo di quell’apparato che permetteva la trasmissione a distanza di dati, parole e numeri attraverso impulsi elettrici brevi o più prolungati, che, uniti, riuscivano a formare lunghi discorsi.

    La possibilità di esercitarsi con un vero telegrafo glie l’aveva fornita il capostazione di una delle tante fermate della linea, James Mackenzie, dopo che, mesi prima, il ragazzo era sceso precipitosamente dal convoglio, fermo nella stazione di Mt. Clemens, per spingere lontano dai binari suo figlio di tre anni, che non si era accorto del sopraggiungere di una locomotiva in corsa.

    «Che cosa posso fare per sdebitarmi?» gli aveva chiesto il capostazione.

    «Mi piacerebbe fare pratica con un telegrafo», aveva risposto Al senza esitazioni.

    Così, da quel giorno, ogni giovedì Al si fermava in quella stazione, dove l’uomo gli metteva a disposizione il telegrafo in dotazione.

    La natura di Al era tale che la sua smania di imparare lo spingeva sempre più lontano. Il ragazzo non conosceva la parola problema. Dove gli altri vedevano ostacoli, lui studiava soluzioni.

    Negli ultimi tempi si era chiesto perché mai si dovessero utilizzare due linee elettriche diverse, una per mandare, l’altra per ricevere i messaggi. Non si sarebbe potuta utilizzare una sola linea per entrambe le funzioni?

    Niente male per un bambino che aveva frequentato la scuola pubblica solo per pochi mesi.

    «È svogliato e confuso», aveva riferito il maestro alla famiglia, condensando questo concetto negativo con la parola addled.

    Così, prima di ammalarsi, era stata la madre Nancy, insegnante elementare, a impartirgli le nozioni di base, togliendolo dalla scuola quando il maestro le aveva consigliato di portare il bambino da un medico.

    «Ha la testa troppo grande, potrebbe avere un disturbo cerebrale.»

    Naturalmente il dubbio si era dimostrato infondato e Nancy era dovuta ricorrere a un sotterfugio per ritirare il figlio dalla scuola senza che soffrisse troppo a causa di ciò che i suoi insegnanti pensavano di lui. Per questo gli aveva letto una lettera che lei stessa aveva concepito:

    Vostro figlio è un genio e questa scuola è troppo piccola per lui. Qui non abbiamo insegnanti idonei alla sua formazione. La preghiamo di istruirlo personalmente.

    Così aveva fatto e non solo Thomas Alva Edison, crescendo, aveva manifestato una notevole facilità di apprendimento, ma il suo spirito d’iniziativa, così come la sua curiosità, si era mostrata ben al di sopra del normale. Non si era mai accontentato di spiegazioni sommarie, ma aveva voluto sempre andare a fondo nelle cose, mostrando un rilevante senso pratico.

    Non sempre sua madre era riuscita a fronteggiare tutti i suoi perché.

    «Mamma, perché il cielo è azzurro?»

    «Mamma, perché gli animali non parlano?»

    «Mamma, perché il giorno e la notte si alternano con regolarità?»

    Dal fumaiolo della locomotiva un acre fumo nero saliva verso il cielo, mentre l’odore di grasso e di olio cominciò a farsi sentire più pungente sul marciapiede della stazione. Presto, quando il convoglio avrebbe raggiunto la sua massima velocità, i polmoni dei viaggiatori avrebbero inalato il profumo inebriante della resina dei pini bianchi, che abbondavano nelle boscaglie lungo la tratta.

    La voce di Jack raggiunse Al poco prima che prendesse posto nella sua carrozza.

    «Nei tuoi vagabondaggi ricordati di tenerti alla larga da eventuali manifestazioni o assembramenti di persone», gli gridò mentre il capostazione di Port Huron stava impartendo l’ordine della partenza. «Non voglio che tu possa rimaner coinvolto in qualche disordine, o peggio, che tu rimanga ferito. Sai bene che ci sono stati dei morti per le strade nei giorni scorsi.»

    Recentemente, infatti, a Detroit erano accaduti fatti gravi.

    La città si era rivelata una delle più fiere avversarie di Washington. Lo stato del Michigan aderiva all’Unione, ma molti bianchi di tutte le classi sociali si erano rifiutati di arruolarsi nelle file delle truppe abolizioniste che miravano a liberare quattro milioni di schiavi africani in ottemperanza al Proclama di Emancipazione promulgato dal presidente Abraham Lincoln. Le tensioni razziali avevano provocato diversi scontri, che in città avevano causato morti per violenze e aggressioni.

    Detroit, città di affari e di commercio, traboccava di odio e d’insofferenza.

    Udine, 1865

    L’esistenza di Adele, una bella ragazza di circa quindici anni, dalle fattezze delicate e dalla viva intelligenza, si snodava tra l’abitazione e il laboratorio del padre, al numero 1666 della vicina via Bartolomio , all’ombra del castello che guarda Udine dall’alto, proprio nel centro della città, sede dell’amministrazione giurisdizionale del territorio.

    La piccola altura sopra la quale sorge la costruzione si

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