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Senza te
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E-book559 pagine7 ore

Senza te

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Info su questo ebook

Tornare alla normalità dopo una vacanza, non è mai cosa semplice. Diventa invece impossibile se si tratta di una vacanza che ha lasciato una traccia indelebile nella propria vita. Soprattutto per chi, come Asia, si ostina a ripetersi che sia sufficiente dimenticare, che tanto il tempo saprà fare la sua parte. Ma non tiene conto di un particolare tutt’altro che insignificante: nessuno può andare contro a ciò che è già scritto.
LinguaItaliano
Data di uscita23 lug 2018
ISBN9788828362241
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    Anteprima del libro

    Senza te - Barbara Favaro

    posso

    Capitolo uno

    Sul lembo del tappeto che continuo a fissare, prende forma il profilo delle montagne che ho lasciato da qualche ora.

    Stringo gli occhi, cercando di focalizzare lo sguardo: è proprio lo stesso profilo che tanto ho osservato dal balcone della mia stanza lassù, durante il mio soggiorno al Soffio di Eolo.

    Eppure, sono certa che la commessa del negozio me l'avesse spacciato per fantasia optical.

    "È un must have del momento", aveva detto proprio così.

    Io l'ho acquistato perché sapevo che la mia mente bacata, guardandolo, avrebbe avuto la libertà di scovarci dentro esattamente quello che avrebbe voluto vederci.

    Non avrei mai pensato, però, che il mio livello di follia avrebbe raggiunto un picco così elevato.

    Carolina, non ha potuto che restare folgorata dalla mia improvvisa quanto inattesa rivelazione.

    Se per me prendere coscienza dell'amore per Thomas è stato un percorso per quanto rapido molto sofferto, per lei sentirmi pronunciare quella frase è stato un fulmine a ciel sereno.

    " È pazza": la prima espressione che le ho letto in volto non lasciava spazio ad altre interpretazioni.

    Poi, ha studiato per un lungo istante le lacrime affacciarsi ai miei occhi e solcarmi il viso e il suo sguardo si è caricato di dolcezza.

    Mi ha stretta nuovamente fra le braccia e mi ha cullata, lasciando che dessi libero sfogo alla mia disperazione senza che le fornissi ulteriori spiegazioni.

    Ha avuto il cuore di accogliere il mio dolore con discrezione.

    Un altro angelo custode mandato a trarmi in salvo.

    Ce la farai, Asia. Ce la faremo, insieme, mi rassicura.

    Il suono delle sue parole mi giunge ovattato. La mia mente è un'enorme nebulosa, un ammasso di immagini e suoni confusi.

    Io non so se posso farcela... perché non so come farcela.

    Dove sei, Ofelia?, il suo ostinato silenzio mi fa impazzire.

    Mi stringo la testa fra le mani, sperando di fare un po' di chiarezza: sono ancora intrise del profumo di Thomas. Inspiro a fondo per carpirne fino all'ultima nota, prima che anche questo dettaglio entri a far parte dei ricordi.

    Non tra i ricordi qualunque, ma tra quelli che dovrò seppellire più a fondo possibile, per fingere di andare avanti con la mia vita.

    Andare avanti...

    Parlami Ofelia, ti prego, in questo momento ho un estremo bisogno della sua presenza.

    Ti prego... sento solo dolore dove sono..., darei qualunque cosa perché tornasse a tormentarmi.

    Sconquassata dai singhiozzi, guardo mia sorella seduta accanto a me: non riesco a impedire alle lacrime di continuare a sgorgare.

    Ha un'espressione malinconica e mi accarezza la schiena. Percepisco e capisco il suo senso di impotenza: non mi aveva mai visto crollare in questa maniera.

    Quando l'avevo chiamata dopo la squallida confessione di Giulia, mi aveva trovata stranita, non disperata. La disperazione era sopraggiunta in un secondo momento, insieme alla convinzione di averne avuto abbastanza dell’amore per questa vita.

    Solo dopo aver conosciuto Thomas ho capito che in realtà ero rimasta sì ferita dal comportamento di Davide, ma soprattutto dal mio. Da me, che non avevo saputo o voluto vedere chi era veramente l'uomo a cui avevo accettato di affidare il mio cuore.

    Adesso, invece, è diverso.

    Molto diverso.

    Perché non ho solamente perso qualcuno, ho perso anche una parte di me.

    Quella più eterea, che non puoi controllare né tantomeno trattenere.

    Le lacrime che mi inondano gli occhi deformano il prato sul tappeto trasformandolo in un mare... no, in un oceano... un oceano in piena tempesta. E le vette non sono più montagne, ma scogli. Scogli appuntiti, dove insieme a ogni mareggiata si infrange il mio cuore.

    Abbasso lo sguardo sul fazzoletto che contorco fra le dita. Constato che in realtà lo scopo per cui lo stringo fra le mani non dovrebbe essere quello di sfogare la mia frustrazione. E allora gli lascio fare quello che deve: assorbire gocce di dolore.

    Hai mangiato? Ti preparo qualcosa?, Carolina mi parla in tono materno, accarezzandomi i capelli.

    La preoccupazione trasuda nitida dalle sue parole.

    Mangiare...

    L'ultimo pasto che ho consumato, è stata la colazione insieme a Thomas, stamattina.

    Dopo essermi svegliata al suo fianco, dentro a un letto che sembrava sospeso su un albero.

    Dopo essermi sentita amata davvero...

    Ancora, i miei occhi si riempiono di lacrime. Laggiù, sul tappeto e qui, nel mio cuore, infuria la tempesta.

    Scrollo la testa, pensare al cibo mi dà il voltastomaco.

    Una buona tisana però non puoi rifiutarla... magari ai frutti di bosco, come piace a te..., mi rivolge uno sguardo implorante.

    Ai frutti di bosco...

    Ai frutti di bosco..., farfuglio.

    Una grappa ai frutti di bosco, semmai..., dopo tante ore di silenzio, Ofelia si disturba a rivolgermi la parola.

    Ma solo per spingere un altro ricordo a sprofondare nella mia piaga.

    Sorrido debolmente all'immagine del brindisi con il signor Gustav alla festa per la vittoria di Thomas e Lucas.

    Carolina lo interpreta come un gesto di assenso e si precipita in cucina.

    " Vieni a casa con me...", la voce suadente di Thomas carica di promesse fa a pugni con l'ultima immagine che ho impressa di lui.

    Raccolgo le gambe al petto e mi abbraccio, sperando scioccamente di sentire anche solo per un po' la sensazione di pace che percepivo fra le sue braccia.

    Squilla il telefono.

    Scatto per prendere la borsa, potrebbe essere lui... Non ho né il tempo, né la pazienza di cercarlo: svuoto direttamente il contenuto della tracolla sul tavolino. La suoneria di Anna dai capelli rossi mi giunge attutita. Il cellulare, che è caduto con lo schermo rivolto in basso, è seppellito sotto al portafogli e a un pacchetto di fazzoletti. Lo libero lanciando tutto a terra e lo volto trattenendo il respiro: la scritta Mamma cell lampeggia ritmicamente sul display, in perfetta sincronia con la suoneria.

    Mi affloscio come un palloncino sgonfio: ancora lacrime che si affacciano agli occhi.

    Perché mai avrebbe dovuto essere lui?, chiede Ofelia in tono glaciale, Non puoi pretendere che sia lui!.

    Certo... non c'è più nulla che io possa pretendere da lui.

    Sussulto, cercando di liberare i polmoni dalla morsa che mi strangola il petto.

    Bentornata al tuo inferno..., sussurro un attimo prima di aprire la chiamata.

    Ciao, Asia... sei arrivata?.

    Dal tono, intuisco che ha già parlato con Carolina.

    Ciao, mamma, non riesco ad aggiungere null'altro.

    Solo singhiozzi.

    Lei tace per un momento, sento solo il suo respiro farsi affannoso attraverso il ricevitore, seguito da un leggero sospiro. Si è fatta nuovamente carico del mio dolore.

    Ti andrebbe di passare qualche giorno da noi? Ti farebbe bene stare un po' in compagnia, anche lei, saggiamente, non mi chiede niente.

    " Hai lo stesso carattere coriaceo di tuo padre", l'ho sentita innumerevoli volte ripetermi questa frase.

    Quando mi sarebbe servito per provare a lottare, dov'era questo carattere coriaceo?

    E che fine ha fatto adesso il mio carattere coriaceo, mamma? Adesso, che ne avrei immensamente bisogno, dov'è?

    Preferisco di no. Ho bisogno di riordinare le idee. Grazie comunque per l'invito, non posso gestire me e loro contemporaneamente, ho bisogno di tempo e allenamento per questo.

    Lei se ne sta in silenzio per qualche istante.

    Se cambi idea, sei la benvenuta in qualunque momento. Non ci devi alcuna spiegazione.

    Singhiozzo.

    Lo so.

    Non temere, Asia. Arriverà un momento in cui guarderai con occhi diversi questo periodo. E allora capirai che questo era esattamente il percorso che dovevi intraprendere per raggiungere la tua meta.

    Ofelia scrolla la testa: anche l'irriducibile Ofelia sembra essersi arresa.

    Ne sei davvero sicura?, chissà, Ofelia... se mi parla così è forse perché magari lei potrebbe...

    Potrebbe che cosa, Asia? Sei stata tu a dirgli addio. Tu, nessun altro che tu.

    Il tono distaccato con cui mi risponde mi trafigge.

    Non avevo altra scelta, Ofelia..., lei mi rivolge ancora uno sguardo colmo di delusione prima di voltarmi le spalle.

    Sono sicura, la voce di mamma mi prende per mano.

    Come fai a esserne certa?, la mia si incrina.

    Sono tua madre, Asia.

    Trattengo il respiro e taccio: eccolo il mio faro nell'oceano in piena tempesta.

    Ti chiamo domani. Buonanotte, mamma, lascio andare l'aria che tenevo intrappolata nel mio petto.

    Buonanotte, tesoro.

    Il calore che si sprigiona dall'affetto di mia madre per questa figlia smarrita in se stessa, mi scalda il cuore.

    Giusto il tempo di ricordarmi che l'amore materno è indiscutibilmente l'unico che può definirsi eterno.

    Ecco la tua tisana, Asia. Vedrai che dopo ti sentirai un po' meglio, Carolina sembra voler convincere più lei che me.

    Le rivolgo uno sguardo perso.

    Le palpebre, gonfie dal pianto, sono terribilmente pesanti. Sorseggio a occhi socchiusi la mia bevanda.

    Mi guardo le mani che sorreggono la tazza: davvero sono le mie? Sono le stesse mani che lui ha voluto stringere così tante volte fra le sue? Appoggio le gambe sul tappeto, sul prato che ritorna a prendere forma alle pendici delle montagne: questo è lo stesso piede che lui ha pazientemente curato?

    Che cosa dovrei farmene di questo corpo che è diventato solo un altro fardello da portare, adesso?

    Di questo corpo che sa mandarmi solo segnali della mancanza di Thomas...

    E poi, io su questo divano, mia sorella che tenta di consolarmi... non riesco a trovare un senso a tutto ciò. Figurarsi se riuscirò a dare un senso al mio futuro.

    Vado a fare una doccia, puoi andare se vuoi, mi alzo e guardo Carolina, continuando a stringermi fra le braccia.

    Ti aspetto qui, risponde semplicemente.

    Annuisco debolmente e mi trascino in bagno. Mi spoglio molto velocemente e mi butto sotto la doccia.

    Strofinando la spugna sulla pelle, realizzo che sto lavando via le ultime tracce della persona che mi ha pazientemente mostrato cosa significa sentirsi amata. In una parola: viva.

    Non avevo alternative, Thomas.

    " C'è sempre un'alternativa, basta volerlo…", le sue parole sono un pugnale conficcato nella mia anima.

    Non in questo caso... non se significa farti volutamente del male... spero solo che tu un giorno potrai perdonarmi.

    Mi sale un groppo in gola, ma respiro a fondo provando a ricacciarlo nello stesso posto da cui proviene: nel mio cuore.

    Ofelia tenta di accusare anche questo colpo: ogni volta è sempre più difficile per lei.

    Vado in camera per prendere un pigiama, anche se mi sento soffocare.

    Non sono più abituata a questo clima afoso, mormoro sottovoce frugando nel cassettone alla ricerca di un indumento che se non altro non aumenti questa sensazione di asfissia.

    Il clima, certo... e io sono Babbo Natale!, Ofelia azzarda una punta di sarcasmo.

    Il mio sguardo cade casualmente, ma non troppo, sulla valigia che attende silenziosamente che trovi il coraggio di aprirla per disfarla.

    Il problema è che più che di vestiti, è colma di emozioni: tante e tutte innegabilmente forti.

    La fisso nell'ingenua speranza che possa magicamente aprirsi e sistemarsi da sola, così non sarò costretta ad affondare anche le mani in quella distesa di ricordi.

    E invece no, se ne sta lì immobile in paziente attesa che trovi la forza di affrontarla.

    Non oggi... domani forse..., bisbiglio.

    Inspiro a fondo: ok, Asia, ora calmati. Due cose sono certe: non puoi andare avanti così e non puoi assolutamente ripresentarti da tua sorella con l'aria di una che sta per scaricarle nuovamente addosso i suoi tormenti.

    Alzo gli occhi al cielo: posso farlo dentro alla mia stanza dove il soffitto è di un bianco freddo e insignificante.

    Afferro una t-shirt e ritorno in sala.

    Grazie, Carolina. Non so come avrei fatto senza di te, confesso abbracciandola.

    E a che cosa servono le sorelle minori, se non a sostenere quelle più anziane?, Carolina fa ricorso al suo umorismo nel tentativo di strapparmi un sorriso, Oggi ti ho offerto una spalla su cui piangere, domani ti passerò il bastone per aiutarti a sorreggerti... è così che funziona, no?.

    Dalla sua espressione, intuisco che si sta trattenendo: la sua natura la porterebbe a scuotermi per spronarmi a pensare in modo positivo, ma è consapevole che, in questo momento, sarebbe pretendere troppo.

    Le restituisco un abbozzo di sorriso per incoraggiarla a pensare che può esserci speranza anche per una come me.

    Credo di sì, anche se ora come ora il bastone mi sarebbe più utile per fare dell’altro!.

    Evviva, sono riuscita a risponderle usando altrettanta ironia.

    Ofelia mi rivolge un applauso svogliato che ha tutta l'aria di essere una presa in giro.

    Brava sorellona! Non preoccuparti per la faccenda di Davide, conosco un avvocato che potrebbe fare al caso tuo... sempre che tu non abbia già in mente qualcuno a cui rivolgerti..., mi rivolge uno sguardo indagatore.

    Ah, già... c'è anche la questione Davide... dovrei pensare a come muovermi: questo non è decisamente il mio campo...

    Sarei tentata di chiamarlo e dirgli di disfarsi della casa allo stesso modo con cui si è sbarazzato della nostra relazione, di scrivere al suo avvocato di preparare tutti i documenti del caso e di indicarmi unicamente dove firmare. Unica richiesta: non avere mai più a che fare con lui.

    Ti ricordo che, non appena rientrerai al lavoro, dovrai concludere la campagna per l'azienda per cui lavora e che stavi seguendo da due mesi, Ofelia mi parla con disgusto.

    Mio Dio... ovunque volga lo sguardo, non posso fare altro che sbattere violentemente il muso su quell'enorme casino che è la mia vita.

    Asia... mi hai sentita? Capisco che non è il momento più adatto, ma non abbiamo molto tempo a disposizione per agire..., mantenendo un tono dolce, Carolina riporta la mia attenzione su di sé.

    " Non abbiamo... non abbiamo...", inclino la testa e la guardo.

    Come mi sembra strano che sia Carolina adesso a parlarmi utilizzando un noi...

    Sì, sì, ho capito, scusami... ho ancora la testa in vacanza..., abbozzo fingendo di accingermi a riporre nella borsa il contenuto che ho rovesciato sul tavolino.

    In vacanza... sicuro... come no..., borbotta Ofelia.

    Hai ragione, continuo, devo affrontare questa situazione, che mi piaccia... o no..., raccolgo tutto alla rinfusa e lo getto dentro alla tracolla.

    Carolina mi appoggia una mano sul braccio e si avvicina.

    Coraggio, Asia. Pensa che sistemata questa odiosa faccenda, poi potrai mettere la parola fine a questo capitolo della tua vita.

    Cara Carolina, se solo sapessi che non è questa la parte difficile a cui mettere la parola fine... se solo sapessi che se avesse voluto avrebbe già voltato pagina..., le parole di Ofelia riecheggiano nella mia testa.

    Hai ragione, mormoro sospirando.

    Io ho sempre ragione!.

    Rivolgo un'occhiata indulgente a Ofelia.

    Preferisco infinitamente il suo tormento al suo silenzio.

    Ora hai solo bisogno di un buon sonno ristoratore. Chiamami domattina appena ti svegli, così magari facciamo colazione insieme e ne parliamo meglio, d'accordo?.

    Sento nella voce di mia sorella che non la entusiasma l'idea di lasciarmi qui sola, ma mi conosce fin troppo bene e sa che preferisco così.

    Va bene, mi limito a dire.

    Carolina prende la sua borsa, le chiavi della macchina e si dirige verso la porta. Si ferma davanti alla consolle all'ingresso ed estrae una busta.

    Te la lascio qui... buonanotte Asia, mi rivolge uno sguardo dolce.

    Mi avvicino e la abbraccio.

    Buonanotte, Carolina. E grazie per..., mi blocco incapace di concludere la frase.

    L'elenco delle motivazioni per cui dovrei ringraziarla sarebbe pressoché infinito.

    Lei mi prende le mani e le stringe con fermezza.

    Sssh... non mi devi ringraziare. So che tu avresti fatto lo stesso per me, mi sussurra all'orecchio prima di lasciarmi andare e congedarsi.

    Mi appoggio per chiudere il portone con entrambe le mani e sospiro abbassando la testa. I miei riccioli, ancora umidi, sono ancora una volta un ottimo riparo per le lacrime che non si sono stancate di scendere.

    Per nasconderle da chi poi, è decisamente un mistero, visto che sono nuovamente...

    Sola, Ofelia scandisce bene la parola che è tornata prepotentemente a ossessionarmi.

    No, per oggi basta..., sbuffo e mi volto di scatto.

    Lo sguardo cade sulla busta color panna che spicca esageratamente sul nero laccato della consolle.

    La fisso, tentando di analizzare l'effetto che dovrebbe esercitare su di me. Mi sembra assurdo che non mi faccia né caldo né freddo. Potrebbe esserci scritto qualunque cosa lì dentro e per me, in questo momento, sarebbe lo stesso.

    Un brivido mi percorre la schiena: fino a poco più di una settimana fa, il contenuto di quella lettera avrebbe potuto darmi il colpo di grazia...

    Fino a poco più di una settimana fa, non sapevi nemmeno cos'era l'amore.

    Ancora una volta, hai ragione mia cara Ofelia.

    Allungo la mano per prendere la lettera, ma mi fermo a pochi centimetri.

    " Ti ho regalato tre anni della mia vita, non meriti nemmeno un secondo in più. Di sicuro, non questa sera", lascio cadere il braccio e mi avvio verso la mia stanza.

    Stesa sul letto, trascorro un bel po' di tempo a passare continuamente da un canale all'altro della tv, con la speranza di distrarre la mia testa che non ne vuole sapere di convincersi di essere tornata a casa.

    Finché qualcosa cattura la mia attenzione.

    Super Quark sta trasmettendo un documentario sulla fragilità dell'ecosistema dell'ambiente montano. Sorrido malinconicamente: credo che per oggi mi sia stato chiesto già abbastanza, non posso affrontare anche questo. Punto il telecomando, pronta a sintonizzarmi su qualcos'altro. L'operatore, inquadra una stella alpina a tutto schermo, mentre lo speaker ne spiega dettagliatamente le caratteristiche.

    " Ti avrei regalato una stella alpina, in quanto simbolo di coraggio...", la voce profonda di Thomas mi accompagna in riva al lago di Anterselva.

    Il sole caldo del primo pomeriggio mi scalda la pelle e i suoi occhi riflettono l'azzurro del lago che si estende alle sue spalle. L'incredulità nel vedere che proprio io potessi interessargli non mi ha mai abbandonata. Per tutto il tempo che sono rimasta fra quelle montagne, non sono riuscita a capacitarmi del fatto che fra tutte le donne del mondo, perché sono certa che non ne esista una che potrebbe rifiutarlo, lui desiderasse me.

    Certamente l'unica che l'abbia consapevolmente ferito anziché provare ad amarlo.

    Piego la testa di lato, cosicché le lacrime abbiano la possibilità di tracciare un nuovo percorso.

    " Ma in realtà è questo il fiore perfetto per te", ho ben impressa l'espressione del viso di Thomas nel porgermi la gerbera gialla.

    Giro la testa di scatto verso il mio bagaglio.

    Se ne sta sempre lì, in docile attesa. E lì dentro, la gerbera se ne sta gelosamente custodita fra le pagine di Romeo e Giulietta, dove l'ho riposta prima di partire.

    Scivolo giù dal letto e mi siedo a gambe incrociate davanti alla mia valigia.

    La fisso per un bel po' prima di trovare quel briciolo di coraggio necessario per sfiorarla. Aprirla... beh, aprirla significherebbe scaraventarmi direttamente a San Giovanni. E devo essere preparata per questo.

    Dubito seriamente che lo sarai mai, pur non vedendola, sento la presenza di Ofelia al mio fianco.

    Credo che potrei restare qui per ore a guardare questo contenitore.

    Sono partita con nulla più di qualche vestito e sono tornata con un carico di ricordi ed emozioni che non avrei minimamente immaginato di poter vivere. Mi correggo: che non avrei minimamente immaginato potessero esistere.

    E ora, che sono di nuovo a casa mia, nel mio mondo, fra i miei affetti, mio malgrado immersa nella mia quotidianità, non ho la più pallida idea di come gestire quel contenuto.

    Se non avessi incontrato l'uomo che è riuscito a rapirmi il cuore e l'anima, guarderei a quest'ultima settimana come a un periodo leggero della mia vita, dopo tanta sofferenza.

    O meglio, dopo tanta inutile sofferenza.

    Se non altro, posso asserire con certezza che incontrare Thomas mi è servito a mettere nella giusta prospettiva la vicenda con Davide.

    E ora, mi trovo con una relazione finita squallidamente, che non aspetta altro che io metta la parola fine davanti a un avvocato, da una parte, e un amore, a cui non ho potuto dare la possibilità di sbocciare, dall'altra.

    A cui non hai voluto dare la possibilità, Asia. Non dimenticarlo. Tu non hai voluto, ho come l'impressione che Ofelia non mi perdonerà mai.

    Fisso la mia valigia. Misurerà all'incirca 50x70, centimetro più, centimetro meno.

    E in questi pochi centimetri quadrati, sono contenuti i ricordi della settimana più incredibile che io abbia mai passato. Ho quasi il dubbio di averla realmente vissuta.

    Io no. So perfettamente che è tutto realmente accaduto, la voce di Ofelia è carica di nostalgia.

    Mi allungo e la sfioro.

    Non oggi... domani, forse, ci vuole decisamente coraggio per aprirla.

    Cosa che ovviamente non ho.

    Nascondo la testa fra le mani. Il senso di smarrimento che provo mi opprime oltre misura. Io, Asia Ricciardi, non so più chi sono. Non so più dove andare. E non so più cosa voglio.

    Su quest'ultimo punto potrei sollevare qualche obiezione, Ofelia continua a mantenere la linea dura.

    Ho perso anche la cognizione del tempo, non so più nemmeno che giorno sia.

    Tra qualche ora sarà Ferragosto..., la voce di Ofelia assume un tono piatto, al limite dell'annoiato.

    Ferragosto?, domando a voce alta, ancora un giorno di festa....

    Per la gente comune sì. Per te, ne dubito. Per me, no di sicuro, in attesa di un giorno come questo, a quest'ora lei sarebbe già davanti allo specchio ad agghindarsi.

    E invece mi limito a chiedermi cosa succederà domani a San Giovanni, confessa in un sospiro.

    La guardo allibita.

    Scrollo furiosamente la testa. Devo definire una strategia comportamentale da seguire o stavolta ne uscirò pazza davvero.

    Come se non lo fossi già!, Ofelia mi risponde con voce stridula.

    Le rivolgo un'occhiata feroce.

    Inutile che mi guardi così. Devi essere consapevole che nessuno sano di mente, e sottolineo nessuno, avrebbe fatto una scelta come la tua, Ofelia mantiene un tono sostenuto, in piena armonia con le parole dure che mi rivolge.

    Probabilmente no, Ofelia. So che la mia può sembrare una scelta codarda, ma ti assicuro che non lo è. Sarebbe stato infinitamente più semplice usare Thomas come valvola di sfogo per affrontare tutto quello che mi aspetterà... ma soddisfare il proprio ego non vuol dire amare... e per lui... avrebbe significato unicamente ricevere una visione distorta dell'amore. E non posso fargli questo. Non posso, Ofelia..., sospiro a fondo e ritorno a sedermi sul letto.

    Non puoi sapere che cosa significherebbe per lui! Non mi sembra uno sprovveduto. E mi spiace, ma su questo continuerò a essere il tuo tormento.

    Non avevo nessun dubbio, ammetto tristemente stendendomi.

    Ho la certezza che su questo argomento continueremo a scontrarci per molto, molto tempo.

    Finché avrò respiro, promette battagliera.

    In sottofondo, Piero Angela introduce il prossimo argomento: L'essere umano e i sentimenti: questione solo di reazioni chimiche?.

    Fisso basita lo schermo, sembra quasi uno scherzo di cattivo gusto.

    Sarà dura, Asia. Sarà molto dura..., spengo la tv e la luce.

    Mi abbraccio: è troppo grande questo letto per me.

    È troppo vuoto, questo letto per me, Ofelia non tenta nemmeno di trovare un po' di pace.

    L'unica cosa che in un certo qual modo colma il senso di solitudine che mi accompagna, sono le lacrime che ancora salgono agli occhi.

    La luce della luna piena filtra fra le imposte socchiuse: non mi resta che l'illusione che ci sia qualcosa, anziché qualcuno, che desideri ancora farmi compagnia.

    Capitolo due

    Thomas!, urlo scattando seduta sul letto.

    Il cuore martella all'impazzata, convinto di essere in un altro luogo e in un altro momento.

    Davanti ai miei occhi, ancora l'immagine dei suoi che mi guardano indifferenti.

    Come se fossi trasparente.

    Come se non esistessi.

    E io che non riesco a sostenere quello sguardo.

    Ho tentato con tutte le mie forze di chiamarlo ma, per quanto provassi a urlare il suo nome, non uscivano suoni dalla mia bocca.

    Scosto i capelli appiccicati alla mia fronte madida di sudore. La gola è talmente secca che ho la sensazione di avere almeno un migliaio di coltelli conficcati dentro.

    Ho dormito sopra al lenzuolo. Entrare in un letto è un'altra azione che richiederà tempo e coraggio. Prima dovrò prendere definitivamente coscienza del fatto che non c'è nessuno accanto a me.

    La sveglia sul comodino segna le 7,30 e mi sento già stanchissima.

    Difficile capire a che ora sono riuscita ad addormentarmi. Non ho volutamente guardato l'orologio per tutto il tempo che ho passato a fissare la luce della luna spostarsi pigramente sul soffitto. Avrebbe significato continuare a pensare alla notte precedente... a dov'ero... e con chi...

    Inspiro a fondo: so che, per un bel po', passerò il tempo arrancando, non vivendo.

    Questo è lo scotto che devo pagare.

    Ofelia mi guarda in silenzio: ha l'aria distrutta.

    Mi attorciglio i capelli: un gesto che ho fatto fin da bambina quando sentivo la necessità di tranquillizzarmi.

    Ok... un passo alla volta, Asia. Pensa a cosa potresti fare per cominciare questo primo giorno a casa, parlo a voce alta per cercare di focalizzare la mia attenzione.

    Ofelia sta per aprire bocca, ma l'occhiata che le rivolgo la zittisce all'istante.

    Anna dai capelli rossi comincia a riecheggiare dal telefono sopra al comò, ma non riesco più a sorridere ascoltandola.

    Prima cosa da fare: cambiare suoneria.

    Non corro a prendere il telefono: non ce n'è alcun motivo.

    Pronto, gracchio.

    Maledizione, come brucia la gola!

    Ciao, Asia. Brioche alla crema o cioccolato?, Carolina ha mantenuto fede alla sua promessa.

    È sempre stata una donna coerente, lei.

    Lei sì. Decisamente!, Ofelia comincia col piede giusto la giornata.

    Vuota, mi sento rispondere.

    Come me, non posso aggiungere.

    Carolina resta momentaneamente ammutolita.

    Come preferisci. Sarò da te fra un quarto d'ora. Prepara il caffè... molto zuccherato, come piace a me!.

    D'accordo, mi limito a rispondere prima di chiudere la chiamata.

    Mi avvicino lentamente alla finestra: la luce del sole che si insinua fra le fessure delle persiane, ha rubato la scena ai pallidi raggi lunari.

    Prova inconfutabile che sarà un'altra giornata splendida.

    E di festa, mi ricorda prontamente Ofelia.

    E di festa..., ripeto ad alta voce.

    E in questo preciso istante di questa splendida giornata, io dovrei costringermi ad aprire questa finestra e avere a che fare con un cielo presumibilmente terso.

    Stringo la tenda nel pugno chiuso.

    Almeno piovesse a dirotto...

    Giro i tacchi e mi trascino in cucina: l'unica stanza che, essendo posizionata a nord, non mi invoglierà ad alzare gli occhi verso questo cielo di un colore che non ho il coraggio di affrontare.

    Immobile in mezzo alla cucina, studio la macchinetta dell'espresso e opto per un caffè vecchia maniera: almeno dovrò impiegare un po' di tempo per cercare la caffettiera, riempirla d'acqua, versarci dentro la polvere e aspettare che il caffè salga.

    E poi arriverà mia sorella.

    E sarà passato un altro quarto d'ora.

    Di pura solitudine.

    Ofelia mi guarda preoccupata.

    Questo è il lasso di tempo più ampio a cui voglio/posso pensare in questo momento.

    Non ho gli strumenti ancora, Ofelia, per osare guardare oltre.

    Mi dirigo meccanicamente verso la dispensa, ma la mia decisione di tenere le stoviglie in un unico posto per non dover perdere tempo per cercarle, mi si ritorce contro: appena apro lo sportello, le moke da una, tre e sei persone si presentano allineate come dame dell'ottocento in attesa di un cavaliere che le inviti al ballo.

    Con molta calma, afferro quella da tre: un caffè doppio mi sarà senz'altro d'aiuto per tirare un po' su il mio morale.

    Convinta tu..., Ofelia si siede a tavola con i capelli arruffati.

    Preparo il caffè e le tazzine, ma Carolina non è ancora arrivata.

    Mi guardo attorno, alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa per la verità, a cui agganciare i miei pensieri.

    Lo sguardo cade sul tavolo, esageratamente grande per due misere tazzine e una zuccheriera.

    Asia, maleducata che sei! Come si fa a non ricordare che in presenza di un ospite sarebbe buona usanza stendere almeno una tovaglietta!, la mia voce rauca mi ricorda di avere la gola secca.

    Ofelia mi guarda come se fossi un pagliaccio al circo: è in attesa di sapere quale sarà la prossima sciocchezza che uscirà dalla mia bocca.

    Solo che le tue stronzate non fanno ridere nessuno, puntualizza senza nessuna pietà.

    Sospiro e, mentre verso un po' d'acqua in un bicchiere, penso che nemmeno io provo pietà per me stessa. Ingoio non senza difficoltà un po' di acqua, nella vana speranza che porti via con sé quel groppo che mi ostruisce la gola.

    Frugo nel cassetto delle tovaglie alla ricerca di quel delizioso set da tè che mi ha regalato la zia quando sono venuta a vivere da sola.

    Tze... talmente delizioso che non l'hai mai usato....

    Solo perché non ne ho mai avuto l'occasione, Ofelia...

    Ma davvero? Questa mi pare senz'altro un'ottima occasione!, esclama rizzandosi sulla schiena.

    Ofelia, dammi respiro..., non ho la forza di affrontarla ora.

    Il suono del campanello interrompe bruscamente il nostro diverbio: l'arrivo di mia sorella mi salva ancora una volta dallo sprofondare in infelici pensieri.

    Anche dall'immagine proiettata nel videocitofono, traspare la gioia di vivere di Carolina.

    Mi soffermo a osservare il modo deciso con cui fruga dentro alla borsa alla ricerca di chissà cosa. Finché la telecamera si spegne e lo schermo ritorna nero.

    Stringo i pugni e mi irrigidisco: non c'è più nessuno.

    Non c'è più nessuno, nemmeno sullo schermo.

    Il campanello squilla nuovamente e l'immagine di Carolina che avvicina il viso al citofono riappare all'improvviso.

    Allora, hai intenzione di lasciarla lì fuori in eterno?, Ofelia mi riprende aspramente.

    Sospiro, pigiando sul tasto apricancello.

    Carolina percorre velocemente i pochi metri di viale d'ingresso che la separano dal portone che ho socchiuso.

    L'educazione che mi è stata impartita mi spingerebbe ad accoglierla sull'uscio, ma non sono pronta a scontrarmi con la giornata che mi aspetta al di là di quella porta.

    Buongiorno, Asia!, l'entrata di Carolina è accompagnata dal profumo delle brioche.

    Ciao, Carolina. Entra pure, le rispondo restando ferma a metà salotto.

    Lei si affaccia timorosa e mi guarda perplessa: sta cercando di decifrare il dettaglio di questa scena che non quadra.

    Il caffè è pronto, le dico avviandomi verso la cucina.

    Carolina mi segue in silenzio.

    Accomodati pure.

    Le indico la sedia davanti al posto che ho preparato appositamente per lei avviandomi verso il piano cottura.

    Lei si blocca sulla porta della cucina: guarda alternativamente me e la tavola apparecchiata.

    Stavolta lo sguardo è confuso: c'è decisamente qualcosa che non le torna.

    Vedi un po' tu, commenta Ofelia atona.

    Come stai?, chiede con tono indagatore, appoggiando il sacchetto contenente le brioche sul tavolo.

    Mi limito a scrollare le spalle, il mio aspetto ha già risposto al posto mio.

    Capito..., si siede appendendo la borsa sullo schienale della sedia.

    Prendo la moka e verso il caffè prima nella sua tazzina e poi nella mia.

    Ancora, mi osserva attonita.

    Mi viene quasi da sorridere: povera ragazza, chissà quali e quante opzioni starà vagliando nella sua testa su cosa dirmi e come atteggiarsi per non peggiorare il mio stato d'animo.

    Stai tranquilla, Carolina. In questo momento, non penso ci sia qualcosa in grado di rattristarmi più di così, mi sento pronunciare queste parole ancora prima di concluderne la formulazione nella mia testa.

    Questo è poco, ma sicuro, conferma Ofelia guardando le brioche senza mostrare alcun interesse.

    Cosa che non è assolutamente da lei.

    Carolina sposta lentamente lo sguardo dalla tavola apparecchiata alla mia figura.

    Scorgo una nota di smarrimento nel suo sguardo e questo mi colpisce.

    Ancora una volta, non sono la sola a dovere pagare lo scotto delle mie scelte.

    Non lo sei mai stata, osserva duramente Ofelia.

    Mi affretto ad appoggiare la caffettiera sul fornello, tentando di costruirmi un'espressione un po' più accettabile.

    Un po' più ingannevole, direi, mi corregge Ofelia.

    Asia..., mia sorella pronuncia dolcemente il mio nome.

    Sììì?, sussulto presa alla sprovvista.

    Carolina sta in silenzio finché non mi decido a voltarmi.

    So che non è un buon momento per te. Ed è chiaro che è successo qualcosa che ti ha notevolmente coinvolta durante il tuo soggiorno in montagna..., si sofferma un momento a osservare la mia reazione.

    Le lacrime risalgono agli occhi e io non batto ciglio, nel tentativo di tenerle imprigionate.

    ... non voglio essere invadente o crearti ulteriore disagio... ti prego solo di darmi la possibilità di aiutarti..., mi guarda con occhi imploranti.

    Che cosa posso dirle adesso? Come faccio a raccontarle di Thomas in modo che possa capire la reale portata di quello che è successo?

    Non puoi, finché non la riconosci tu, è difficile che lo possano capire altri.

    La logica di Ofelia è inattaccabile sotto tutti i punti di vista.

    Mi siedo al tavolo e mi costringo a guardarla negli occhi. Per l'affetto che nutre nei miei confronti e per quello che io provo per lei, non merita una delle mie non risposte.

    L'avvocato... trovare un avvocato per sbrogliare la situazione con Davide, sarebbe un enorme aiuto. Non ho la lucidità necessaria per occuparmene..., inutile negare l'evidenza dei fatti.

    Il viso di Carolina si apre in un mezzo sorriso.

    Perdonami... so che desidereresti e meriteresti di sapere di più..., penso ripromettendomi di spiegarle tutto, un giorno.

    A questo non credi nemmeno tu!, Ofelia mi guarda male.

    Ma certo, Asia! Non appena avremo fatto colazione ti parlerò meglio di quell'avvocato di cui ti ho accennato ieri sera, Carolina apre il sacchetto e lo gira verso di me.

    Brioche alla crema, come piace a te, mi fa l'occhiolino sorridendomi.

    Non ha nessuna intenzione di lasciarmi affondare.

    Afferro la brioche, la guardo senza interesse per un istante prima di addentarla controvoglia.

    Oggi è Ferragosto... non dovresti essere da qualche parte a festeggiare... insieme a Samuel?, chiedo cercando di celare il dolore che mi provoca rievocare il ricordo di un uomo e una donna insieme in un giorno di festa.

    Lo sarò, nel pomeriggio. E ci sarai anche tu, afferma placidamente versando un paio di cucchiaini di zucchero nel caffè.

    Resto immobile.

    Carolina, io..., azzardo.

    Tu verrai con noi a casa della nonna. Ci saranno anche gli zii e i cugini, mi interrompe con voce decisa.

    Sospiro.

    Carolina, io..., ripeto con un tono molto più basso.

    Lei allunga una mano e stringe forte la mia.

    Non ti lascio sola. Andrà tutto bene. Ti giuro che, prima che qualcuno riesca a rovinarti la giornata, dovrà passare sul mio cadavere!, mi dice con fare rassicurante.

    " Potrebbe essere un'idea interessante quella di passare sul tuo corpo... possibilmente non cadavere".

    Un brivido inaspettato attraversa la mia pelle, il mio corpo è fuso con le parole di Thomas.

    Carolina si sporge verso di me.

    Ti senti bene? Sei impallidita..., mi scruta a fondo, come solo lei sa fare.

    Bene, sì... devo solo abituarmi a... questo caldo..., la mia voce scema nell'aria insieme alla mia bugia.

    Carolina mi stringe nuovamente la mano e mi guarda, in attesa.

    Mi pare di capire di non avere alternative, continuo appoggiando la brioche sul tovagliolo.

    In effetti, no! E ora finisci di mangiare, dobbiamo decidere cosa fare per concludere la questione Davide. Non intendo farti sprecare più di un quarto d'ora parlando ancora di lui. Ti aspetta la vita, lì fuori!.

    Mi aspetta la vita... quale vita?

    Ci aspetterebbe Thomas, lì fuori..., Ofelia si stringe la testa fra le mani, in preda allo sconforto.

    La ignoro, è questione di sopravvivenza...

    Finiamo velocemente la colazione e Carolina mi aiuta a sparecchiare.

    Vado a prendere la raccomandata, le dico dirigendomi verso l’ingresso.

    Lei mi segue con lo sguardo.

    Lascio cadere la lettera fra le sue mani. Un occhio estraneo, potrebbe pensare che stessi maneggiando un oggetto rovente. E invece si tratta unicamente di qualcosa che non mi interessa più trattenere.

    Ofelia guarda Carolina estrarre il foglio dalla busta con un'espressione disgustata.

    Dunque... qui dice che abbiamo una settimana di tempo per rispondere..., mia sorella scorre velocemente il contenuto del testo.

    Tre anni letteralmente buttati nel cesso... e una settimana per rispondere... bastardo fino alla fine!, Ofelia dà voce ai miei pensieri.

    Mi pare di sì, rispondo distrattamente.

    Siamo fortunate. Tamara, l’avvocato, rientrerà in ufficio lunedì, osserva Carolina stringendo gli occhi puntati sul contenuto dello scritto.

    Tremendamente fortunate, la riprende Ofelia.

    Lunedì... anch'io rientrerò lunedì in ufficio...

    Mi volto verso il piano cottura e vi appoggio le mani per sorreggermi. Sento tutto il peso del cosmo sulle mie spalle.

    Se sei d'accordo che la contatti..., aggiunge Carolina avvicinandosi.

    Sospiro a fondo, guardando la lettera aperta che stringe fra le mani.

    Mi faresti un gran favore. Non conosco la materia e non saprei nemmeno da che parte cominciare. Non avrei mai pensato di dover avere a che fare con uno studio legale... non per questo motivo, almeno..., sfilo lentamente la raccomandata dalle mani di mia sorella.

    Allora lei è senz'altro la persona giusta per te!, Carolina comincia a snocciolare dettagli sul modus operandi di Tamara.

    La lettera è scritta su un foglio di carta pergamena piuttosto consistente: Davide non ha badato a spese pur di sbarazzarsi definitivamente di me.

    E per assicurarsi che sia un'operazione dall'esito il più indolore possibile.

    Per lui, ovviamente.

    Dalla passione con cui Carolina mi descrive Tamara, capisco che nutre una profonda stima nei suoi confronti. E non mi sembra esagerato azzardare che sia un sentimento che va oltre il piano professionale.

    Non è bianco puro questo foglio, ma di un giallo tenue, quasi smunto.

    La firma dell'avvocato posta in calce al testo, è poco più di uno scarabocchio che immagino avrà apposto distrattamente in una manciata di secondi.

    E questo testo... magari sarà stato scritto da una segretaria annoiata, o sarà scaturito da un copia-incolla di uno scritto riguardante un'altra storia ai cui attori, alla fine, non sarà rimasto nient'altro che un retrogusto amaro in

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