To the bones
Di F. Sally D.
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Info su questo ebook
Un incidente in moto e Grayson Hardin Stone perde cinque preziosi anni della sua vita. Non ricorda assolutamente niente, la sua memoria è ferma a quando tutto ancora funzionava nel suo mondo. Invece, quando riapre gli occhi, ha: 38 anni, un bar in fallimento e un matrimonio difficile.
Emily è sempre stata l'amore della sua vita, da quello che ricorda, ma qualcosa nel loro rapporto sembra non funzionare più e Grayson non ha idea di cosa sia. Al lavoro, non va di certo meglio. Il sogno di suo padre è quasi completamente in bancarotta e una sfacciata, quanto irritante ragazza (che suona e canta da Dio), sembra proprio non voler avere niente a che fare con lui. Un' incomprensibile e pericolosa attrazione, spingerà Grayson ad abbattere le difese di Leah, anche se avrebbe milioni di motivi per starle alla larga. Leah è più giovane di sedici anni e si presuppone che lui sia innamorato di sua moglie. Eppure, ogni volta che sono insieme, le stelle nel cielo sembrano brillare più forte e ogni cosa sembra trovare il proprio posto.
Tra cruciali omissioni, insidiosi rimpianti, lacrime amare e ricordi spezzati, Grayson sarà costretto a fare a pugni con la sua memoria rotta e il suo cuore in frantumi. Perché, a volte, lo senti fin dentro le ossa qual è la cosa giusta da fare e perchè, a quanto pare, la verità rende davvero liberi, ma solo se sei disposto a pagare il prezzo più alto di tutti.
Dopo il bestseller Scandalous Sins, F. Sally D. torna a farci perdere fiato con una storia dolce, struggente e indimenticabile. Un amore che non puoi fare a meno di sentire dentro, fuori, dappertutto. Perché ci sono amori che sanno scolpirti il cuore, fino all’ultima parte di te.
**ATTENZIONE: Nuova edizione del medesimo romanzo, non è un nuovo libro.**
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Anteprima del libro
To the bones - F. Sally D.
A tutti i nostri ricordi migliori, affinché possano sopravvivere più a lungo di noi, proprio come il nostro amore…
Titolo: To the bones
© Written by F. Sally D.
Progetto grafico: Antonella Bagordo
Adobe Stock © (Licence Standard)
Prima Edizione: Novembre 2022
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da considerarsi puramente casuale.
Questo libro contiene materiale coperto da copyright e non può essere copiato, trasferito, riprodotto, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’autrice, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile (Legge 633/1941).
Sommario
PROLOGO
CIAO, VECCHIO MIO!
ANDRÀ TUTTO BENE
NON TI RICORDI DI LEI?
BENTORNATO, CAPO!
UN MATRIMONIO FELICE
BAMBI
GROSSI GUAI
UN CUORE CHE BATTE
CAOS E TEMPESTA
NON GUARDARMI COSÌ
DOLCE FOLLIA
LASCIA PERDERE
DAPPERTUTTO
SOPRAVVISSUTI
IN UN MILIONE DI PEZZI
COME UNA STELLA
DOBBIAMO PARLARE
FIN DENTRO LE OSSA
ADDIO
QUESTO ETERNO CERCARSI
LA MIA FAMIGLIA
FA ANCORA MALE
SENZA CUORE
FINO ALL’ULTIMO BRANDELLO DI CUORE
COME IN MY FUNNY VALENTINE
MILLE E UNA
EPILOGO
RINGRAZIAMENTI
PROLOGO
Charles Bukowski mi aveva insegnato ad essere brutalmente onesto, drasticamente sfacciato, irrecuperabilmente devastato. Ma, mentre guardavo quell’ultimo foglio tra le mie dita, non riuscivo a smettere di pensare che lei, invece, mi aveva insegnato tutto il resto.
Era stata lì tutto il tempo. Aveva avuto una pazienza quasi divina e soprattutto non si era mai arresa. Ogni cosa di lei mi aveva allontanato da tutto quello che avevo sempre conosciuto e alla fine disprezzato, perché il dolore raggiunge e corrode ogni parte di te, tanto che alla fine non ti resta più niente per cui essere arrabbiato.
Lei, invece, mi aveva ridato persino quello. Sì, ero incazzato. Follemente incazzato. Irrimediabilmente incazzato. Se pensavo ai suoi occhi, ogni cosa dentro di me, continuava a prendere fuoco, perché non c’è posto peggiore dell’inferno che ti porti dentro, se lasci andare la donna che ami.
E lei se n’era andata. Ad un certo punto di tutta questa storia del cazzo, lei se n’era semplicemente andata. Per darmi la possibilità di essere felice senza di lei, senza di noi. Ma più la sigaretta che avevo tra le labbra bruciava veloce, più mi rendevo conto che non sarei andato lontano senza quel noi.
E che lei lo volesse o no, non era più una scelta che poteva fare da sola. C’eravamo insieme in quel casino. C’eravamo noi dappertutto. Fin dentro le ossa. Perché dentro di me lei faceva ancora rumore e non avrebbe smesso tanto presto. Lo sapevo.
Sfilai la sigaretta dalle labbra, la schiacciai sotto il piede e accartocciai quel suo stupido addio tra le dita. Poi mi misi a correre verso quel rumore, verso quel dappertutto, verso quelle ossa. Perché avevo finalmente capito che lei di me si era presa tutto, perfino quello che avevo dimenticato. Se l’era preso e lo aveva fatto di nuovo suo, perciò ora ero disposto a giocarmi tutto, fino all’ultimo brandello di cuore.
CIAO, VECCHIO MIO!
Bip, bip, bip…
«Signor Stone? Mi sente?»
Bip, bip, bip…
«Grayson, mi sente? Sono la dottoressa Reed.»
Bip, bip, bip…
«Signor Stone? Se mi sente, stringa la mia mano!»
Lo faccio. A dire il vero, è l’unica cosa che sento di riuscire a fare in questo momento che non minacci di sfondarmi le tempie, come un dannato martello pneumatico.
«Molto bene. Ora, appena se la sente, apra gli occhi. Faccia con calma, non c’è fretta.»
E io me la prendo tutta questa calma di cui parla la dottoressa, perché ad ogni modo, non credo di avere troppa scelta.
Schiudo appena le palpebre, che sembrano cementate tra di loro e, non appena la luce mi colpisce violentemente gli occhi, un dolore lancinante mi disintegra le terminazioni nervose.
«Cazzooo!» impreco, digrignando i denti.
«Bentornato, Grayson! Mi faccia dare un’occhiata, coraggio.»
Non credo di potermi oppormi, ma ci provo lo stesso.
«Le concederei anche l’onore, dottoressa, ma se non mi dà qualcosa per questo martello pneumatico, non andremo da nessuna parte, mi creda.»
Muovere ogni singolo muscolo mi costa una fatica titanica, così limito i movimenti al minimo, mentre lei mi gira attorno come un avvoltoio e tasta ogni parte di me. Quando è a un centimetro dalla mia faccia, sento il suo odore dolciastro stuzzicarmi le narici e farmi venire la nausea.
Cos’è? Cocco, vaniglia? Dio, potrei vomitare da un secondo all’altro!
«So che fa male, ma ci metto un attimo, promesso. Mi dica il suo nome completo, quanti anni ha e che giorno della settimana è.»
Sbuffo, profondamente contrariato, ma mi sforzo di farle fare il suo lavoro, rispondendo come meglio posso.
«Grayson, Hardin Stone. Trentatrè anni. Venerdì.»
Mentre controlla meticolosamente ogni lembo di pelle a disposizione, all’improvviso un pensiero mi colpisce violentemente.
«Dannazione! Devo pagare la fornitura di birra o Cal mi taglierà la testa questa volta. Posso chiamare il mio amico?»
Quando la dottoressa Reed mi rivolge la sua attenzione, il suo sguardo assume una sfumatura strana, silenziosa, ma profondamente apprensiva. Ed io posso leggerci dentro tutto quello da cui, al momento, sono profondamente terrorizzato.
«Dottoressa?» riprovo. E, anche se non so esattamente cosa le sto chiedendo, ho bisogno che lei metta fine al suo silenzio, perché sento che potrei strangolarla da un secondo all’altro. «Che cosa mi è successo? Perché sono in ospedale?»
«Ha avuto un incidente in moto.»
La sua risposta non fa una piega, mi piace andare forte in moto, perciò la cosa è altamente probabile, ma è il suo tono dispiaciuto e terribilmente comprensivo a farmi venire i brividi.
«Okay. Da quanto tempo sono qui? Sa, ho un locale da mandare avanti e senza di me quei lavativi non concludono niente.» provo a sdrammatizzare.
Ma di nuovo quel silenzio. Di nuovo quel sorriso compassionevole appena accennato.
Osservo i dettagli della stanza asettica intorno a me alla ricerca di un indizio, un volto amico, una qualsiasi cosa, cazzo!
La dottoressa si avvicina piano, poggiandomi una mano sulla spalla e il suo odore mi fa venire la nausea ancora una volta, ma provo a controllarmi.
«Grayson, qual è l’ultima cosa che ricorda?»
Ecco. Ci siamo. Questo è il segnale.
Avete presente quella battuta d’entrata che ti fa capire subito il ruolo di ogni protagonista in un film? Beh, la dottoressa Reed ha appena pronunciato la sua e un’opprimente sensazione proprio al centro del petto, mi suggerisce che odio il suo ruolo nel mio cazzo di film.
Fingo che la sua domanda non mi tocchi così nel profondo come invece fa e provo a fare mente locale.
Ci sono. È facile.
«Ieri sera mi hanno chiamato per andare a provare una fornitura nuova di birra a Santa Monica e mi sono messo in viaggio per andare a controllare di persona. Poi ho ricevuto una telefonata e…»
«Si ricorda di preciso che giorno era?» mi interrompe lei.
«Il… 9 ottobre, credo. Sì, sono sicuro. Era il 9 ottobre.» ribatto con estrema convinzione.
Le sopracciglia curate e sottili della dottoressa Reed hanno un leggero fremito, cosa che posso facilmente cogliere, nonostante il martello pneumatico che ho in testa.
«Sa in che anno siamo, Grayson?»
Il suo modo accondiscendente di pronunciare il mio nome mi ricorda il tono di mia madre ad ogni mia scelta sbagliata, come se non si aspettasse di meglio da me.
Mi schiarisco la voce e provo a deglutire, ma a vuoto.
«2017.» rispondo secco.
Guardo la dottoressa e quel leggero fremito improvvisamente si trasforma in qualcosa di un po’ meno impercettibile, almeno ai miei occhi attenti.
«Bene, abbiamo finito. Direi che i suoi parametri generali sono nella norma, ma voglio esserne sicura, quindi la terremo qui ancora qualche giorno. Avverto sua moglie che si è svegliato, d’accordo?»
Emily.
Non ho idea del perché, ma il suo nome è chiarissimo nella mia testa, come una lampadina ostinata in mezzo al buio. Solo che… intorno a quel nome c’è solo freddo e un’inspiegabile sensazione di inadeguatezza.
«Sì, va bene. La ringrazio.»
La dottoressa esce dalla mia stanza portandosi via quel suo sorriso accondiscendente e finalmente resto solo.
Il silenzio è sempre stato un buon amico, di questo sono certo. Provo a tirarmi su a fatica, ma ho l’impressione che la cosa mi costi uno sforzo immane. Mi sento spossato, così maledettamente stanco. Quando però riesco a mettermi seduto a mezzo busto, scorgo sul comodino accanto al letto un libro con una copertina familiare. Lo afferro con cautela, lo accarezzo e alla fine lo apro, sfogliando le pagine ingiallite.
«Ciao, vecchio mio!» dico, come se Bukowski mi fosse mancato davvero e io a lui.
Mentre le pagine si susseguono una dopo l’altra, tra un paio di loro, noto il mio ultimo segnalibro. Si tratta di uno scontrino, più precisamente di una mia bizzarra tradizione: mentre leggo, mi piace ordinare qualcosa in un bar o comprare un pacchetto di sigarette, conservare lo scontrino e infilarlo tra le pagine del libro che sto leggendo in quel momento, per ricordare a me stesso quel particolare giorno, quel particolare istante.
Afferro il pezzo di carta un po’ sbiadito e, non appena leggo la data che riporta, ho l’impressione che il mio stupido cuore smetta di fare il suo dovere per un secondo di troppo.
24 giugno 2022.
Merda.
Riguardo quello stupido pezzo di carta almeno per i dieci minuti successivi, completamente attonito, poi mi concedo di spostare lo sguardo sulla frase che devo aver sottolineato io stesso.
"E alzo lo sguardo verso la finestra e penso,
non so più dove sei,
e riprendo a camminare e mi chiedo dove va a finire la vita quando si ferma."
Ecco, bravo. Fai una cosa, vecchio mio: se lo scopri, batti un colpo, così capisco anch’io che cazzo di fine hanno fatto questi ultimi cinque anni.
ANDRÀ TUTTO BENE
«Gray? Oh, mio Dio! È vero, sei sveglio!»
La sua voce sottile e familiare mi fa sollevare gli angoli della bocca in un sorriso appena accennato. Di più, proprio non mi riesce al momento.
«Ciao, piccola!» saluto quasi in automatico, ma nel momento esatto in cui pronuncio quelle parole, qualcosa dentro di me si mette a stritolarmi polmoni e trachea.
Ma che cazzo?
I suoi occhi castani si spalancano un po’, mettendo in risalto quelle pagliuzze più chiare delle sue iridi, che conosco fin troppo bene.
Non ricorderò gli ultimi cinque anni, ma mi ricordo perfettamente perché mi sono innamorato di lei: occhi grandi, faccia pulita e grande ambizione. Sì, questa è mia moglie, Emily Wade, su questo ci metterei la mano sul fuoco.
All’improvviso i miei occhi si spostano quasi inconsapevolmente sul mio anulare sinistro. La fede non c’è, ma credo sia normale, no? Devono avermela tolta quando sono arrivato qui, insieme a tutti i miei effetti personali. Quello che non è proprio normale è che il solco provocato dalla fede, sembri quasi svanito. Ma quanto sono rimasto incosciente?
Provo a tirarmi su per salutare Emily come si deve, ma devo ammettere che la cosa fa incazzare di brutto le mie costole.
«Non alzarti, lascia stare. È troppo presto.» mi ammonisce lei raggiungendomi e sistemandomi i cuscini dietro la testa. In un attimo il suo profumo raggiunge ogni terminazione nervosa, ma la cosa strana è che il senso di beatitudine per la sua vicinanza, dura solo una manciata di secondi e non è decisamente da me.