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E-book139 pagine1 ora

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Info su questo ebook

Sofia e Federico, due perfetti sconosciuti nella vita reale, ma uniti e complici in un mondo parallelo: quello dei sogni.

Il loro, un legame nascosto, casuale, che inizia a prender forma e costanza quando Federico si ritrova ad interrogarsi sulla propria situazione sentimentale e su quello che, davvero, vorrebbe avere da una relazione.

I sogni di Sofia iniziano così a farsi più intensi, ravvicinati, ricchi di dettagli e di forti emozioni, senza però averne memoria al risveglio.

Delle strane coincidenze nella vita reale la porteranno a ricordare di lui: momenti, luoghi, frasi. Proverà così a dare una spiegazione a tutto, cercando un collegamento tra sogno e realtà, cercando quell'uomo che l'ha fatta innamorare, senza mai presentarsi a lei davvero.
LinguaItaliano
Data di uscita27 giu 2019
ISBN9788831619677
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    Anteprima del libro

    Trovami - Roberta Stella

    vita.

    Ringraziamenti

    Ho sempre pensato che nella vita ci siano persone che si incontrano per un preciso motivo, come se ci fossero state mandate per metterci alla prova, per insegnarci qualcosa, per farci crescere o, semplicemente, per spingerci verso strade che, da soli, non saremmo mai riusciti a percorrere.

    Questo libro è stato per me una sfida lunga 365 giorni, una promessa fatta a me stessa che dovevo assolutamente mantenere, il sogno che avrei sempre voluto realizzare prima di tanti altri, ma che non avrebbe mai preso forma se non avessi incontrato quelle persone che, inconsciamente, mi hanno spinta a provarci e, soprattutto, mi hanno spinta sulla strada giusta.

    Non ci sarebbe mai stato senza la necessità di dover dimostrare a mia madre, mio padre e mio fratello quanto volessi fare sul serio, soprattutto in questo, in una cosa che piaceva a me.

    Non ci sarebbe mai stato senza mio marito, la prima persona a cui ho raccontato quel che avevo in mente e che mi ha insegnato a credere in me stessa, aiutandomi a superare i miei limiti.

    Non ci sarebbe mai stato senza quell’amica, quella che riesce a tirare fuori il meglio di me e che è stata pronta a sostenere la mia strana idea.

    Non ci sarebbe mai stato se dentro me, non avessi avuto la voglia di ascoltarmi, di vivermi, di buttarci dentro tutta me stessa, per vedere che cosa sarebbe potuto succedere.

    Mi mancheranno quei quaderni pieni di appunti, sparsi qua e là per casa. Chissà, forse, ne ho già di pronti, chiusi in un cassetto.

    Dovevo solo ricordare i miei sogni e lasciarmi ispirare.

    Prologo

    Un legame nascosto, casuale, mosso da qualcosa di sconosciuto e folle. Un senso di appartenenza che riusciva ad andare oltre a tutto ciò che di materiale si conoscesse, ma che cresceva, che si custodiva, come vero, in un mondo che di reale aveva solo l’illusione.

    Non avevano mai avuto un come, un quando o un perché, semplicemente accadeva. Affidati forse al caso, al destino, alla telepatia, s’incontravano.

    Era sempre stato lui a raggiungerla, lui a farsi trovare, come se avesse avuto l’onore di poter tenere le redini del gioco, di avere un vantaggio su di lei.

    Lei si era arresa a quel non controllo, consapevole che il suo ruolo in quello strano gioco doveva essere importante per lui, altrimenti perché continuare a cercarla.

    Non aveva mai voluto dare un nome a quel rapporto, tantomeno aveva chiesto lui di farlo. Aveva sempre pensato fosse sufficiente viversi ogni volta in cui le loro strade si incontravano. E così era stato: per quanto non fosse stato costante, per quanto lei avesse sentito la sua mancanza, lui aveva sempre trovato un modo per farle capire che le era accanto. Era stato la spinta per andare avanti dove gli altri le dicevano di fermarsi, l’abbraccio per contenere il dolore di una grande perdita, il viaggio per allontanarla da ciò che le stava stretto.

    Ma era stato. Niente di più.

    1

    Trova un posto in cui fermarti per allontanare i tuoi pensieri e sentirti libera.

    Sofia lo aveva trovato: un lago, immerso nella natura. Non ne aveva ancora capito il motivo, ma non c’era mai nessun altro oltre a lei e, forse, era proprio quell’aspetto a farla ritornare: la solitudine. 

    Arrivava lì, sempre verso il tramonto e, sempre quando si sentiva particolarmente stanca o quando aveva il blocco creativo. Era come se quel posto riuscisse a ricaricarla.

    Faceva una passeggiata sulla riva del lago, ascoltava della musica poi si toglieva le scarpe e, a piedi nudi, percorreva la passerella galleggiante che, per una decina di metri, si appoggiava sull’acqua: le assi in legno, a quell’ora, erano ancora piacevolmente calde.

    Arrivava fino in punta. Lasciava la borsa a tracolla e le scarpe accanto a sé, poi si sedeva, facendo penzolare giù i piedi che, per pochi millimetri, non riuscivano a sfiorare l’acqua fredda.

    Da quel punto riusciva a vedere il lago in tutta la sua grandezza e la testa, improvvisamente, si liberava di ogni cosa. Le idee, i progetti, le chiamate si allontanavano. Rimaneva solo l’incanto per quel tramonto. Lo vedeva, lo toccava, lo respirava: lo viveva fino alla fine.

    Sofia chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, come se in quel modo potesse far entrare dentro di sé la pace, la spensieratezza, la poesia che quel luogo le trasmetteva. Lo fece una, due, tre volte poi la sensazione di un’ombra che mascherava la luce delicata la portò a riaprire gli occhi: il sole era scomparso dietro le colline che circondavano il lago.

    Con una lentezza impercettibile, così strana da sembrare immediata, il verde delle foglie, dei prati, delle colline, si era trasformato nelle varie sfumature di blu e il lago aveva cambiato i suoi colori. Si era circondato di migliaia di lucciole. Sembravano formare una corona. Questo non può essere reale...

    Sofia non aveva mai visto una cosa simile. Rimase ancora per qualche minuto seduta. Voleva farsi travolgere da quell’incanto. Aveva quasi paura a sbattere le palpebre, convinta che un semplice battito di ciglia bastasse per far svenire tutto quanto. Sapeva che comunque, prima o poi, sarebbe finito lo stesso, ma non voleva essere lei a farlo terminare.

    Ad una trentina di metri c’era un’altra passerella. Non c’era mai andata, o meglio, non si era mai seduta lì ad ammirare il lago. Le piccole barche a vela ed i pedalò che vi erano attraccati le alteravano il senso di libertà che, invece, riusciva ad avere da quel punto. In quel momento, però, l’idea di andare fin là per prendere un pedalò la allettava: avrebbe potuto così ammirare quello scintillio dal centro del lago. 

    Sorrise e, pian piano, si alzò. Sarebbe stato bello, ma era ora di andare.

    Si infilò le scarpe, prese la borsa da terra e ripercorse la passerella. Doveva andare lentamente, altrimenti il troppo oscillare, le avrebbe provocato il mal di mare.

    Appena arrivata sulla terra ferma si voltò per dare un ultimo sguardo al lago. Si accorse che dalla parte opposta, le luci stavano aumentando, rendendo più reale ed umano quel luogo che, per qualche minuto, le era sembrato appartenere ad un mondo parallelo. 

    Non aveva mai notato quelle abitazioni prima d’ora, probabilmente perché durante il giorno non riuscivano a spiccare tra la folta vegetazione. Decise che, appena le sarebbe stato possibile, si sarebbe avventurata anche da quella parte del lago, ma non più quella sera: non ne aveva il tempo.

    2

    Una domanda durante il caffè del fine turno, quello preso alla macchinetta, nella piccola entrata della ditta: doveva essere stata quella a far scatenare il tutto.

    «Sei sicuro?» Gli aveva chiesto il collega. Lui aveva aspettato di girare bene il caffè prima di rispondergli, ma aveva comunque detto di sì.

    Il suo trovarsi in quel parcheggio era però la prova della sua non completa sincerità.

    Seduto nella sua auto, scandiva il tempo della canzone passata in radio, battendo con la mano sul volante.  Più i minuti passavano, più la tensione aumentava. Sperava non mancasse molto.

    Si era messo in un punto dove, dallo specchietto retrovisore, riusciva a vedere la scalinata dell’accesso pedonale: il punto da cui l’avrebbe vista arrivare.

    Di tanto in tanto ci buttava un’occhiata, ma non arrivava mai nessuno.

    Era solo in quel piazzale. Tutte le altre macchine parcheggiate erano senza il loro proprietario a bordo e, questo, un po’lo rassicurava, perché riduceva il rischio di mandare a rotoli la sorpresa improvvisata.

    Non conosceva la reazione che il suo gesto avrebbe potuto scatenare e, di conseguenza, non sapeva neanche se sarebbe riuscito ad arrivare fino in fondo a quanto aveva programmato, ma ci stava provando ed era quella la cosa importante.

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