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L'energia perduta
L'energia perduta
L'energia perduta
E-book328 pagine4 ore

L'energia perduta

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Info su questo ebook

In un mondo alla deriva in cui la malvagità ha conquistato i cuori degli esseri umani, una giovane donna, con il dono della percezione extrasensoriale, cerca la via per risolvere un enigma che si perde nella notte dei tempi, nell'antico mondo degli dei, orgogliosi e vendicativi, della mezzaluna fertile, in un'eterna lotta tra il bene e il male.
In mezzo agli orrori della guerra e alle sofferenze del popolo iracheno non perderà la speranza e continuerà a cercare, oltre le ambiguità e le certezze del mondo di oggi.
Un affascinante viaggio tra passato e presente, in cui l'autrice, al suo romanzo di esordio, unisce storia, mito e fantasia.
LinguaItaliano
EditoreNin
Data di uscita27 lug 2018
ISBN9788828364221
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    Anteprima del libro

    L'energia perduta - Genny Podda

    Genny Podda

    L'energia perduta

    ISBN: 979-12-200-3362-6

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    Prologo

    Göbekli Tepe 2001

    Iraq 2001

    Baghdad 2001

    Alessandria d'Egitto, 8 marzo 415

    Baghdad, 14 dicembre 2001

    Kish 2002

    Göbekli Tepe 1987

    Baghdad 2003

    Ninive 2004

    Göbekli Tepe 1995

    Rouen, Normandia, 29 maggio 1431

    New York 2005

    Washington 2005

    Idu 2005

    Idu 12750 anni fa

    Mosul 2005

    Campo dei Fiori, Roma, 17 febbraio 1600

    Eridu 2005

    Lewisburg, Pennsylvania, 3 novembre 1957

    Evrim

    Epilogo

    Note

    A colui che mi ha spinto a realizzare questo sogno

    Prologo

    Hanno viaggiato tutta la notte. Piove. Quando riapre gli occhi una nebbia compatta nasconde tutto. Tutto è silenzio. Sente nell'aria un odore acre, di bruciato, e un odore dolciastro.

    Vede una sagoma, come un'ombra, che si avvicina. Fa un passo avanti. Il suo piede batte contro un ostacolo. Si china per capire di cosa si tratta e sente un liquido bagnarle la mano.

    Sangue. La sua mano è sporca di sangue.

    « Finalmente siete arrivati. »

    La sagoma scura si staglia davanti alla giovane. Le mostrine sulla camicia le fanno capire che si tratta di un sergente.

    « Vi faccio strada » dice loro.

    Il sergente inizia a camminare. Una discesa nel fango, nella morte, negli inferi.

    Si ritrovano dentro una trincea. Il silenzio rotto dal gemito dei feriti. L'aria satura dell'odore del sangue e dell'urina.

    Göbekli Tepe 2001

    Il sole non è ancora sorto. È sveglia da ore. In piedi, alla finestra, guarda fuori pensando a Baghdad.

    « Come sarà? » si chiede.

    Gli occhi umidi, una lacrima scende. Nel silenzio un fruscio. Sussulta, sente qualcosa dentro di sé, come un richiamo. Veloce si veste, apre la finestra, salta giù. Corre a prendere la moto. Un brivido, fa freddo.

    « Eccole! »

    Vede stagliarsi all'orizzonte l'ombra delle rovine. Si ferma, vuole camminare. Accende la torcia e lentamente si avvicina. L'aria mossa da un leggero venticello. Sirio splende nel cielo.

    Davanti a lei il primo recinto, allunga la mano a toccare quelle pietre, testimoni di un tempo remoto, testimoni dei passi degli antichi uomini.

    Si arrampica e si siede su un muro. Guarda il cielo, là dove sorgerà il sole.

    È serena e piena di energia, la paura è passata. Si trova in un luogo magico che le ha sempre dato tranquillità e forza. Un fruscio ritmico e un'ombra bianca la sfiorano.

    Chiude gli occhi, il respiro lieve e pieno, si lascia cullare dal rumore del vento, le foglie dei pochi alberi che cantano una dolce ninna nanna.

    Ed ecco, davanti ai suoi occhi, il vecchio del sogno che le tende la mano...

    Poi un raggio di sole, il primo raggio sfiora i suoi occhi. È l'alba.

    Iraq 2001

    Una serie di colpi sul legno della porta lo distraggono.

    « Ayla bussano! »

    « Eccomi » risponde con la mano sulla maniglia.

    « Buongiorno Kemal, entra. »

    La donna gli fa strada verso la cucina.

    « Fratello come stai? »

    « Bene Fazil. Come state? E la mia adorata nipotina? »

    « Evrim sarà quasi pronta. Vado a chiamarla, intanto accomodati » dice Ayla.

    « Kemal, sto preparando il caffè. Lo prendi come al solito? »

    « No, niente zucchero ora. Il medico mi ha messo a dieta. »

    Il cezve è sul fuoco. L'acqua ha appena iniziato a bollire. Fazil mantiene il fuoco basso. Vede la schiuma che inizia a formarsi. Il profumo aleggia per la stanza.

    « Ti ricordi ancora come si fa il caffè! » ride Kemal «q uesto aroma è inebriante. »

    Riempie per metà le tazzine, in ognuna la gustosa schiuma, e rimette il cezve sul fuoco. Pochi minuti ed è pronto. Le tazze piene sul vassoio.

    « Ecco il caffè. »

    Entrambi sorseggiano lentamente la bevanda. La tostatura perfetta, il sapore pieno e deciso.

    « È buonissimo. Complimenti Fazil. »

    I passi risuonano sui gradini.

    « Evrim è arrivato lo zio. »

    Apre la porta della stanza. Il letto sfatto e vuoto.

    « Evrim dove sei? Fazil! »

    Corre giù.

    «Fazil! Kemal! Non c'è. Evrim non c'è.»

    Ayla si precipita in biblioteca. I due uomini si dirigono verso l'ingresso.

    «Andiamo Kemal. Vieni con me. Probabilmente è andata a salutare l'albero di Nazim.»

    Spalancano la porta. Si affrettano verso il giardino. Non è lì.

    Gli uomini tornano dentro, lei ormai in lacrime.

    «Cosa facciamo?»

    «Sarà il caso di avvisare la polizia?»

    Fuori il rombo di un motore. Aprono la porta.

    Una moto arriva sfrecciando. Frena, una figura minuta si toglie il casco.

    «Scusate il ritardo!» Un sorriso le illumina il volto.

    «Figlia mia eravamo preoccupati.»

    «Nipotina mia, sei bellissima. Vieni abbracciami.»

    «Zio!»

    Kemal la stringe a sé.

    «Sono pronta. Devo solo prendere la valigia.»

    Corre nella sua stanza. I bagagli sono dietro la porta.

    «Aspetta Evrim, ti do una mano.»

    «Ok mamma, prendi questo zaino. Il resto è troppo pesante. Lo prendo io.»

    Mentre lo zio ripone ordinatamente le valigie dentro la macchina Evrim saluta i genitori.

    «Ciao mamma, ciao papà. Vi chiamo appena arrivata. Vi voglio bene.»

    Il viso della mamma è rigato da qualche lacrima. Fazil la abbraccia forte. La commozione più forte dello spavento.

    «Piccola mia stai attenta.»

    Anche Evrim si commuove. Li abbraccia stretti, poi si avvicina alla macchina.

    Le sorridono entrambi.

    «Andiamo zio.»

    Partono. Un ultimo saluto con la mano prima di scomparire dietro la curva.

    «Sono stanchissima.»

    «Allora Evrim, sei contenta di...»

    La guarda, già dorme.

    «Riposa nipotina.»

    Il sonno avvolge Evrim.

    Sono passate quasi due ore. Sono arrivati a Kiziltepe. Kemal si ferma. Scuote la nipote che si sveglia.

    «Siamo già arrivati?»

    «No piccola. Mi sono fermato per fare colazione. Avrai fame.»

    «Si zio. In effetti non mangio da ieri a cena.»

    «Andiamo. Conosco un locale qui vicino dove fanno dei simit buonissimi.»

    «Oh zio Kemal tu mi vizi.»

    Parcheggia la macchina. Scendono. La fragranza del pane fresco li avvolge già dalla strada. Entrano e si siedono a un tavolo.

    «Nipotina cosa vuoi mangiare?»

    «Allora.... Simit con marmellata di rose e burro, del beyaz peynir di capra e una tazza di thè.»

    «Hai veramente fame» sorride Kemal «io prenderò un pogaca con pomodori e cetrioli e delle olive. Da bere un altro caffè.»

    «Mmm... Zio guarda!»

    «Cosa?»

    «Quel manifesto. Ne ho letto qualche tempo fa.»

    «Sembra un'automobile.»

    «Si. Lo è. È un giocattolo di 7.500 anni.»

    «Incredibile!»

    «È stata rinvenuta durante gli scavi nella provincia sud-orientale di Mardin.»

    «Quanto somiglia alla realtà.»

    «Pensa zio che insieme sono stati ritrovati pure bambole e fischietti. Pare anche questi risalenti a quel periodo. I fischietti funzionano ancora.»

    «Sono stupito dall'ingegno dell'uomo. Veramente stupito!»

    Evrim gusta ogni singolo morso. Kemal la guarda, divertito e stupito. La sua giovane nipote, uno scricciolo ma con una fame da leone.

    «Bene zio. Che dici? Si riparte?»

    «Si, andiamo. La strada è ancora lunga.»

    Il viaggio riprende. Tanti lunghi rettilinei. Evrim si perde in quella immensità deserta. Con la fantasia torna indietro nel tempo e immagina che paradiso doveva essere stata la Turchia e quei luoghi in particolare.

    Vede numerosi e secolari alberi, verdi e forti, ricoprire tutto, fino all'orizzonte. E l'erba, fine, sfiorata dal vento, che ondeggia. E fiori, colorati e numerosi. Tutta la zona popolata da infinite specie di animali che vivono pacifici. Una pianta svetta, un'enorme quercia. Gli uccelli che volano e fanno i loro nidi tra i rami. Quell'albero è il cuore pulsante, il protettore, la linfa del mondo. Poi una lingua di fuoco, lontana. Avvolge la quercia, poi tutto. Gli animali impauriti che scappano e il bosco brucia; dietro il fuoco un'orda di uomini urlanti.

    Una buca. Evrim torna alla realtà: il deserto.

    «Stiamo arrivando a Nusaybin.»

    «Ci fermiamo anche qui zio?»

    «No, direi di no...mah... ora che ci penso il mercato è sempre ben fornito di ottimo caffè. Migliore di quello che bevo a Mosul.»

    Zio e nipote scendono dalla macchina e si avvicinano a una bancarella.

    «Vieni, guarda.»

    «Quanti tipi di caffè! Li hai provati tutti?»

    «Non tutti. Vediamo un po'.»

    «Guarda questo come è scuro!»

    «Quello è il nostro caffè. La varietà mirra, tipica della nostra regione.»

    «Allora prendi quello zio Kemal.»

    «Buongiorno signori qui abbiamo il miglior caffè di tutta la Turchia. Se lo amate siete nel posto giusto. Sentite che fragranza. Che buon odore» li interrompe il venditore.

    «Vedo che avete anche la mirra.»

    «Ohhhh, il signore è un vero intenditore! Abbiamo anche la qualità mocha dallo Yemen e questa arabica viene dalle migliori terre dell'Africa.»

    «Il profumo di questo caffè è davvero ottimo. Ne prendo cinque chili per ogni tipo.»

    Il venditore prende tre sacchetti e gira intorno al bancone. Inizia a versare il caffè dentro il primo sacchetto. La polvere smossa riempie l'aria di un effluvio esotico. Evrim chiude gli occhi avvolta da immagini da mille e una notte, profumo di chiodi di garofano e cardamomo.

    «Ecco qui, signore. Sono 54.673.980 lire.»

    Kemal gli porge le banconote.

    «Grazie» si inchina «se è di vostro gradimento vorrei offrirvi una specialità yemenita: il qisher.»

    «Non conosco il qisher...»

    «Vi assicuro che è veramente buono, una vera specialità... assaggiate e mi direte.»

    Prende sette ibrik e tre tazzine. Inizia a versare in silenzio. Diverse quantità da ciascun bricco. Evrim lo guarda rapita. Le mosse del venditore calibrate e sicure, quasi una danza.

    Porge le tazzine a Kemal e alla nipote.

    «Il qisher è una bevanda yemenita ricavata dalle bucce del caffè. Si preparano diversi ibrik, alcuni amari, altri dolci, alcuni lasciati in infusione a lungo. Vengono poi mescolati per ottenere la tazza perfetta.»

    Assaggiano.

    «È veramente squisito.»

    «Raffinato direi.»

    «Ero sicuro che vi sarebbe piaciuto, Fatih non ha mai deluso nessun cliente.» Prende una busta e la porge a Evrim «ecco un omaggio per una bella signora. Così potrete prepararvi il qisher a casa.»

    «Grazie signor Fatih. Arrivederci.»

    «Riprendiamo il cammino piccola» dice Kemal.

    ***

    «Quelle rovine zio... cosa sono?»

    «Sono le rovine della prima università al mondo. Così afferma qualche studioso. Sembra sia stata fondata da San Giacomo. Nella cripta della chiesa ci sono le sue reliquie.»

    «Quindi hanno quasi duemila anni!»

    «Si narra che Giacomo, di ritorno dal concilio di Nicea, si sia fermato in questo luogo. La leggenda dice che abbia intravisto, spuntare da sotto la sabbia, un rotolo.»

    «Interessante zio, continua.»

    «Un rotolo in greco che descriveva i metodi di insegnamento ellenici e la filosofia socratica. L'autore dello scritto, amareggiato dalla morte di Socrate, lasciò la Grecia, vagabondò per l'Europa e l'Asia e si fermò a Nisibi. Avrebbe voluto stabilirsi lì e costruire una scuola, ma dovette abbandonare l'idea a causa di una guerra.

    Giacomo, ispirato da questo allievo di Socrate, decise di riprendere l'opera e portare a compimento la fondazione di una scuola.

    E ora solo rovine. Speriamo che degli scavi archeologici possano confermare che la prima università al mondo è turca.»

    «Sarebbe magnifico zio... chissà se un domani...»

    ***

    Sono ormai vicini a Cizre, lungo il confine siro-turco.

    Kemal si ferma a un distributore. Manca ancora molto a Mosul. Evrim scende dalla macchina per sgranchirsi le gambe. Appena lo zio fa benzina entrano in un locale vicino.

    «Mangiamo qualcosa. Ci aspettano altre tre ore di viaggio.»

    «Cosa posso servirvi?»

    «Io vorrei sarma e pide, un baklavaci e thè alla mela.»

    «Evrim! Ma come fai a mangiare così tanto!»

    Gli sorride. Disarmante.

    «Io prendo un doner kebab.»

    Pagano il conto e escono fuori. Il sole splende alto, fa caldo. Si riparano sotto un albero.

    Mangiano assaporando ogni boccone, mentre la ragazza si guarda intorno.

    Un portone colorato attira la sua attenzione. Si dirige verso la costruzione dall'altra parte della strada.

    «Dove vai Evrim?»

    «Aspetta zio...»

    Attraversa correndo. C'è un cartello. È il mausoleo di Noè. Legge a voce alta.

    «Qui sono custodite le spoglie mortali del grande patriarca Noè. L'uomo che sopravvisse al diluvio universale e preservò il seme di ogni specie terrestre. Dopo essere approdato sul monte Cudi visse ancora innumerevoli anni in pace e prosperità. Si spense, circondato dalla sua famiglia, a 950 anni nella foresta dei grandi cedri. Figli e nipoti portarono il suo corpo a Cizre perché fosse vicino al luogo della salvezza, alla montagna sacra.» Spinge la porta per entrare. È chiusa.

    Pensierosa ritorna alla macchina.

    «Zio Kemal sapevi che laggiù c'è il mausoleo di Noè?»

    «Ne avevo sentito parlare.»

    «È chiuso.»

    «La prossima volta che passo di qui chiedo quando si può visitare. Un giorno ti accompagno a fare una visita.»

    Gli posa un bacio sulla guancia e ripartono.

    Dopo mezzora intravedono una fila di automobili. Stanno per varcare il confine con l'Iraq. Procedono lentamente.

    «Prepara i documenti così saremo più veloci alla dogana.»

    Passano i minuti e finalmente sono al blocco dei peshmerga. Kemal tende al soldato i suoi documenti e quelli della nipote. Il militare si allontana verso la guardiola per controllare e vistare i passaporti.

    «Grazie signori. È tutto a posto. Potete andare.»

    «Grazie caporale. Buon lavoro.»

    «Ora dritti a Mosul. Dormi Evrim. Questa parte del viaggio è molto noiosa.»

    Kemal guida veloce e sicuro, senza scossoni. Cullata dal rumore del motore si addormenta subito.

    Un dolce sonno ristoratore. Inizia a sognare.

    «Aiutami» urla.

    Lo zio frena e accosta.

    «Cosa è successo... Svegliati piccola!»

    Con gli occhi pieni di lacrime abbraccia lo zio.

    «Dimmi piccola. Che c'è?»

    Singhiozza, non riesce a parlare. La stringe forte.

    «Calmati.»

    Respira affannosamente, spaventata.

    «Zio ho visto la guerra. Case sventrate dalle bombe. Donne e bambini falciati dalle mitragliatrici. Sangue e lacrime. Boati e raffiche di armi...»

    «Stai tranquilla. È solo un brutto sogno.»

    Evrim continua a tremare mentre Kemal riprende il cammino.

    Passano le ore. Ogni tanto guarda la nipote. È ancora molto scossa.

    «Sai zio non riesco a capire...»

    «Dimmi.»

    «Non riesco a decifrare le sensazioni contrastanti che provo.»

    «Contrastanti in che senso?»

    «Sento che è la mia strada, che è il mio viaggio, ma ho paura.»

    «È normale che tu sia preoccupata.»

    «Mi sento strana.»

    «È normale avere paura quando si devono affrontare nuove esperienze, ciò che non si conosce mette sempre un po’ in ansia.»

    «Ci sono momenti che sento dentro la capacità di riuscire, sento di potere... poi di colpo mi assale una sensazione di inadeguatezza.»

    «Sono sicuro che riuscirai, sei una ragazza in gamba.»

    «Vedo tutto gigantesco, insormontabile.»

    «Ti occuperai di cose attinenti ai tuoi studi, giusto?»

    «Spero di si. Spero che mi assegnino al dipartimento di preistoria o a quello di storia sumera.»

    «Materie in cui hai sempre brillato.»

    «Mi hanno sempre affascinato e spero che mi permettano di partecipare anche a qualche campagna di scavo... sarebbe meraviglioso.»

    «Allora non devi preoccuparti, andrà tutto per il meglio. Credo che la tua sensazione di sentirti strana sia dovuta solo al fatto che stai andando in un posto nuovo e da sola, in un ambiente che non conosci. Vedrai che dopo pochi giorni questo malessere sparirà.»

    Evrim sorride e si rasserena. Kemal trova sempre le parole giuste per confortarla.

    Sono finalmente vicini alla città. Mosul è adagiata su una sponda del fiume Tigri, che la nutre e la disseta. Un'oasi nel deserto. Passano di fianco a una carovana di cammelli, un'immagine antica e piena di fascino. Gli animali carichi di stoffe e tappeti, uomini camminano al loro fianco.

    «Esistono ancora mercanti!»

    «Sono membri di tribù della zona che producono tessuti e tessono tappeti. La loro vita si basa sull'allevamento di bestiame e sulla produzione di questi beni. Vanno al mercato a venderli per poter comprare cibo. Vivono in povertà ma sono felici.»

    Un lungo ponte apre le porte all'antica Budh-Ardashir.

    «È una città smisurata!»

    «Si, è molto grande. È la terza città dell'Iraq.»

    «Ti piace vivere qui zio?»

    «Mi trovo bene qui a Mosul. Mi sento a casa, siamo tutti curdi, tutti fratelli. E poi il lavoro è gratificante e di grande responsabilità. La diga è di importanza vitale per tutta la popolazione della zona... ah, ecco l'indicazione per l'aeroporto, la stazione non è lontana.»

    Giungono ad una piazza circolare, la piazza del mercato. Centinaia di bancarelle colorano il bordo della strada. Decine e decine di automobili la intasano.

    «Eccoci alla stazione.» Kemal indica un edificio di fronte a loro. «Fermiamoci qui, andiamo a controllare gli orari della partenza.»

    Passano veloci in mezzo al mercato. Voci, cantilene e urla dei venditori. Ognuno che offre i propri prodotti.

    Attraversano la grande porta d'ingresso alla stazione. Vanno verso il bancone delle informazioni.

    Non c'è nessuno. È inspiegabilmente chiuso.

    «E ora che facciamo zio?»

    «Proviamo a chiedere a qualcuno.»

    Evrim si avvicina a una giovane donna seduta su una panca lì vicino.

    «Ciao, scusami, sai se c'è un pullman per Baghdad?»

    «Si, il pullman per Baghdad parte sempre da qui... la partenza era prevista per le 13, ma ho appena saputo che c’è un ritardo a causa di un problema al motore. Ci vorrà un po' di tempo.»

    «Grazie. Ecco zio, problema risolto. Hai sentito? La corriera partirà più tardi.»

    «Oh, piccola, sono in ritardo. Non posso aspettare oltre. Devo andare. Devo sbrigare qualche faccenda e domani non farei in tempo. Si torna al lavoro.»

    «Stai tranquillo. Vai pure» lo abbraccia stretto «grazie zio.»

    «Mi raccomando, stai attenta bambina mia e chiamami da Baghdad.»

    «Certo zio Kemal, appena arrivo. Ancora grazie. Sei lo zio migliore del mondo.»

    «A presto Mul.»

    Evrim gli manda un bacio mentre si allontana.

    La giovane si siede di fianco alla ragazza a cui ha chiesto le informazioni.

    I loro sguardi si incontrano.

    «Anche io sto andando a Baghdad, sono sola, se vuoi possiamo fare il viaggio insieme.»

    Le sorride, si fidano già l'una dell'altra.

    «Da dove vieni?»

    «Dalla Turchia. Abito in una piccola città al confine con la Siria, Sanliurfa... quasi dimenticavo... mi chiamo Evrim.»

    Si stringono la mano.

    «Io Ikram. Vivo qui a Mosul tranne durante l'anno accademico. Diciamo pure che ormai passo più tempo a Baghdad che qui. Studio medicina lì; mi sto specializzando in neurochirurgia. Ho passato qualche giorno dai miei, un periodo di riposo.»

    «Io vedrò Baghdad per la prima volta, studio archeologia a Istanbul.»

    «Come mai stai andando a Baghdad?»

    «Vado a fare un tirocinio al museo nazionale.»

    «Vieni, andiamo a chiedere se hanno sistemato il pullman.»

    Si spostano nella zona di partenza dei pullman e Ikram chiede ragguagli a un autista.

    Parlano per qualche secondo.

    «Bene, tra un ora si dovrebbe partire, così non si arriverà troppo tardi. Ci aspettano cinque ore di viaggio. Vieni. Andiamo a mettere qualcosa sotto i denti.»

    All'interno della stazione c'è un casotto dove servono cibo da strada. Le ragazze prendono pane azzimo con verdure e salsa yogurt.

    Ritornano alla panca. Evrim mangia e scrive sul suo diario.

    Incuriosita Ikram le domanda cosa sta facendo.

    «È un'abitudine che ho sin da piccola. Annoto le cose importanti sul diario. Mi confido con lui.»

    «Che bella cosa.» Ikram è affascinata.

    Una voce annuncia la prossima partenza della corriera per Baghdad.

    «Andiamo, di corsa. Di solito tra l'annuncio e la partenza non passano più di due minuti.»

    Corrono ridendo, cariche di bagagli. Salgono veloci sul veicolo e si siedono vicine. Ancora ansimanti si sorridono mentre il mezzo percorre i primi metri.

    Evrim poggia la testa sul finestrino. Guarda il paesaggio che corre veloce al suo fianco. Sono fuori città. La corriera diretta a Baghdad, la città della pace.

    Cullata dalla guida dell'autista e dal chiacchiericcio degli altri passeggeri si addormenta. Un sonno senza sogni, lungo e rigenerante.

    Una brusca frenata la risveglia. Spaventata guarda prima Ikram, poi fuori. Un gregge di capre attraversa la strada.

    «Succede spesso qui.»

    «Succede anche in Turchia.»

    Ridono.

    Evrim guarda il libro che ha in mano Ikram.

    «Cosa stai leggendo?»

    «Quello che è considerato il primo romanzo.»

    «Come si intitola?»

    «El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha. È la più rilevante opera dello scrittore Miguel de Cervantes. Don Chisciotte della Mancha.»

    «Ho già sentito questo titolo. Di cosa parla?»

    «Parla di un signore spagnolo, un hidalgo, appassionato di romanzi cavallereschi.»

    «Il Don Chisciotte del titolo?»

    «Si proprio lui. In realtà si chiama Alonso Quijano. Le letture dei romanzi lo appassionano a tal punto che si convince di essere chiamato a diventare un cavaliere. Si immedesima così tanto da diventare folle e inizia a vedere tutta la realtà che lo circonda con occhi diversi. Decide di partire. La sua missione sarà difendere i deboli e riparare i torti.»

    «Continua Ikram, hai catturato la mia attenzione.»

    «Abbandona la sua casa e si mette in viaggio attraverso la Mancha. Si fa nominare cavaliere in un castello, che in realtà è un'osteria, e prende il nome di Don Chisciotte della Mancha.

    Come ogni cavaliere che si rispetti ha bisogno di una dama da servire e del cui amore essere degno. Così una semplice contadinotta diventa la principessa Dulcinea del Toboso.»

    «Avrà anche un valoroso scudiero?»

    «Certo. Nelle sue nobili imprese lo accompagnerà un contadino, Sancho Panza, che Don Chisciotte nomina suo scudiero promettendogli il governatorato di un'isola. Sancho sarà la controparte razionale del folle Don Chisciotte.»

    «Quali peripezie affronteranno?»

    «Si troveranno

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