Correre nel buio
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Anteprima del libro
Correre nel buio - Francesco De Masi
Sereni
PROLOGO
Quasi la fine della vita, ma non la immaginava così.
Aveva desiderato una vecchiaia piena di ricordi e nostalgie ma non di sofferenza e dolore. Aveva immaginato quei giorni con il sorriso della sua Joanna e magari, perché no, con un nipotino e forse più di uno a riempire d’allegria quella casa ora così fredda e vuota.
Quasi la fine della vita e non c’era nessuno, solo qualche lacrima a scivolare piano, silenziosa, lungo le guance rugose giù fino alle labbra per lasciare un leggero sapore salato e infine perdersi. Poi la mano come sempre, come tutte le sere, prendeva dalla tasca posteriore dei pantaloni una foto, un’immagine in bianco e nero, consumata a furia di passarci il dito sopra, come una carezza che non poteva essere sentita. Una vecchia foto di giorni felici. Quella foto aveva fatto il giro del mondo con lui, era stata la sola compagnia in notti di terrore quando aveva combattuto una guerra non sua, lo aveva accompagnato sulle navi del ritorno, era stata la sua speranza e il suo domani di quiete.
Aveva vent’anni e una vita da inventare e un sorriso che al solo vederlo allargava il cuore. Ma proprio chi le aveva promesso la favola di giorni felici le aveva invece negato il futuro.
Joanna Repley avrebbe avuto vent’anni per sempre.
PRIMO ATTO
Uno. –
Paul correva in riva al fiume.
Correva veloce e pensava alla sua vita.
La sua mente libera volava oltre il terreno della riva, oltre le acque del fiume.
Come ogni sera la sua corsa aumentava di velocità nei pressi del lungo viale alberato, dove i suoi polmoni si riempivano dell’odore degli alberi, mentre i piedi coordinavano come sempre passi lunghi quasi senza fine, trasformando la corsa in una danza leggera.
I muscoli delle gambe e i tendini del polpaccio si caricavano e si rilasciavano con la stessa forza di un elastico in un movimento elegante e continuo.
All’improvviso e inaspettatamente il piede destro nell’impatto col terreno aveva incontrato qualcosa di appuntito così lungo e affilato da attraversare la gomma delle scarpe. Un dolore lancinante era esploso da principio nella sua bocca per poi espandersi su tutto il corpo, trasformando la grazia della corsa in una rovinosa caduta e la pace del buio che fino a quel momento aveva assaporato, in un abisso di dolore.
L’istinto lo aveva portato a trascinarsi lentamente dal bordo del viottolo pian piano verso il lato alberato fino a trovare un appoggio al tronco di un albero per riprendere fiato e razionalizzare quanto era successo.
Dopo la rovinosa caduta un silenzio assordante avvolgeva l’uomo: quella natura che ogni sera gli regalava sollievo e spensieratezza ora si presentava sotto una prospettiva nuova. La magia del fiume e del bosco lasciava il posto a un nero senza confini e a strani odori, forse parenti di recondite paure.
Un rumore lontano e leggero come di rami spezzati, di foglie calpestate, un rumore piccolo, impercettibile ma dilatato dal silenzio lo turbava, c’era qualcuno o qualcosa nel buio della notte.
Due. –
Il cammino inizia molto tempo prima.
Mesi, spesso anni, come un tarlo che scava all’interno del cuore, come un germoglio che pian piano cresce, cresce e da simbolo, da sogno, esce fuori dal petto, fuori dalla mente e si trasforma in atto reale seppure sempre e comunque modellato dalla fantasia. Se ciò avviene in maniera disorganizzata allora l’agire è impulsivo, ansioso, non accade lontano da luoghi conosciuti e questo provoca facilmente degli errori. Le vittime sono scelte a caso spesso però nella cerchia di conoscenti, di familiari o vicini di casa. Quasi sempre è stato vittima di abusi o comunque ha subito dei traumi così devastanti da segnarlo per sempre. Conduce una vita solitaria, senza relazioni e con grosse difficoltà nei rapporti con l’altro sesso.
E’ l’organizzato quello che fa più paura. Si mimetizza facilmente, conduce una vita tranquilla, irreprensibile, spesso ha moglie e figli e occupa una posizione sociale di rilievo. E’ molto intelligente, abile, non ha problemi relazionali e quando uccide lo fa per il solo piacere di uccidere. Perfetto, spietato, come una macchina da guerra.
Pianifica, studia, aspetta, sceglie le vittime accuratamente, ne studia i comportamenti, le abitudini, indaga, selezionandole tra sconosciuti e comunque mai nelle vicinanze di dove abita, ne carpisce le debolezze, il suo agire è una sfida, non lascia tracce, dissemina simboli, rebus, cruciverba da definire, pezzi da incastrare.
E’ un predatore.
Si organizza, aspetta e uccide e ogni volta diventa più forte.
La studiava da tempo, quella donna, da molto tempo. Non aveva fretta, aveva un’opera da compiere e non poteva sbagliare, non doveva.
E in fondo, sino ad allora, non aveva mai sbagliato.
Tre. –
Rebecca Linsey era una ragazza semplice con un fisico da indossatrice. I capelli di un bel castano dorato ben si intonavano con la carnagione olivastra dono di un padre caraibico visto non più di un paio di volte nella sua vita. Un lavoro fisso da bibliotecaria e un piccolo appartamento arredato con gusto non erano una gran cosa, ma bastavano a farla felice.
Da quando aveva accantonato, dopo diverse relazioni finite prima ancora di cominciare, l’idea di una vita di coppia, da qualche anno conduceva un’esistenza regolata da ritmi sempre uguali: lavoro, palestra, sosta al supermercato sottocasa.
Il rito della spesa al supermercato per Rebecca, contrariamente a quanto succede a tante persone, costituiva un momento di puro divertimento, riusciva a dimenticare tutti i problemi e a scrollarsi di dosso la fatica della giornata spiando i carrelli dei vari clienti, giocando con se stessa a indovinare le vite degli altri. Così sapeva dell’anziano signore del palazzo accanto che tutti i giorni comprava una mela, un succo di frutta alla mela, un tubetto di pasta per la dentiera e un barattolino di alici sott’olio, che la signora del piano di sopra usava i pannoloni, la studentessa dall’appartamento accanto al suo i croccantini per il cane, il ragazzone del primo piano comprava solo confezioni di affettati al massimo da cento grammi.
Vite che potevano essere raccontate semplicemente guardando il carrello della spesa.
Da quando poi i supermercati avevano iniziato a vendere riviste e libri, allora la cosa si faceva più interessante; non solo si scoprivano i gusti alimentari e le varie solitudini ma