Battiti d'Aprile
Di Laura Pesce
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Anteprima del libro
Battiti d'Aprile - Laura Pesce
633/1941.
Prefazione
«Caro Enzo, ti affido con una certa emozione Elvira, Riccardo, Chloé. Ti affido Giulio, Bernardo, Teresa. Ti affido Margherita, Rosa, Tommaso, Saverio e Pietro Stefano. Ti affido tutti gli altri che abitano queste pagine. Forse acerbe e di certo non perfette, ma che spero possano portare un pezzetto di me a qualcuno che abbia voglia di sentire e chissà, magari, di sentirsi un po’. Ti ringrazio ancora di cuore».
Con queste parole Laura mi ha chiesto di presentare la sua prima collezione di racconti brevi. Brevi, già, ma non brevissimi e che meritano d’esser letti con calma. In omaggio allo slow reading, parallelo allo slow food.
Leggere piano. Gustando ogni parola, ogni nome, ogni aggettivo, ogni combinazione tra nome e aggettivo, specie quando la lingua dell’autrice si fa sentimento puro e ti attira a sé, benevola e cristallina.
Qualcuno che ha già letto i racconti ha colto una certa parentela con Alice Munro, tanto per la spiccata sensibilità di esplorazione di quella che si potrebbe definire la personalità quotidiana al femminile (cioè di femmes normales più che fatales), quanto per la capacità di trarre suspence da piccoli dettagli del banale. Immagino che Laura dovrà scrivere molto altro prima che qualcuno candidi anche lei al Premio Nobel per la letteratura, ma intanto è un bell’inizio.
Laura Pesce è ingegnere ambientale e lavora per un’azienda come project manager. Ma ama da sempre scrivere e finalmente ha voluto mettere insieme queste novelle per la pubblicazione.
Laura confessa che parlano di lei. Di parti di lei. Di come ha cominciato a sentire con il corpo, ad affrontare i sensi di colpa, a ipotizzare di poter aspirare a una vita più aderente a sé complementando il suo attuale lavoro con altro. Parlano di come tutti (lei per prima) dobbiamo dare voce ai nostri talenti, trovare un progetto di vita che abbia senso, rispettare e ascoltare il corpo, rallentare i ritmi, acquisire consapevolezza, non arretrare davanti a ciò che fa paura ma andarci dentro perché la verità non è un optional. Soprattutto decidere di vedere le nostre chiusure e aprirci al mondo in maniera sana. Perché la vita umana è relazione, è legami.
Occorre aggiungere altro? Verrà naturale ad ogni lettore farlo, riscoprendo nei personaggi di Laura ciò che appartiene anche a se stessi, condividendo un ricordo che diventa sensazione, anzi sentimento. In alcuni passi queste pagine fungeranno da specchio, dalle paure del tradimento del racconto d’apertura al quel ritornello finale ricordi amico mio?
che non è il souvenir sbiadito di un tempo perduto, ma un invito forte a ritrovare un equilibrio che dia più significato alle nostre esistenze travolte dal lavoro, dalle azioni stancamente ripetitive, dagli atteggiamenti compulsivi, dalle ambizioni disilluse o ai traguardi raggiunti sì, ma a caro prezzo e senza vera soddisfazione, e poi superati da nuove rincorse verso il poco o verso il nulla.
I racconti di Laura talvolta, come in Passo a passo, partono da un evento apparentemente trascurabile per scavare progressivamente nella coscienza dell'io narrante femminile. Altre volte esaltano la scoperta di una passione tenera al di fuori dell’ordinarietà vissuta come un obbligo o un lavoro forzato, come nel racconto intitolato L’inizio. In un mondo dove i bambini e gli anziani non sono mai figure di mero contorno. Dove è importante riconoscere e ritrovare la propria identità, filo portante del racconto Il nome.
Queste pagine tracimano di incroci di sensi: dall’emozione bimba al pulmino che sfreccia colorato di chiasso alla bicicletta di gioia che riporta verso casa. E di verbi intransitivi che si fanno transitivi o si vanno a cercare complementi inattesi ed esagerati, come zappare la sopravvivenza, asciugarsi i pensieri, abbracciare i graffi, disinfettare il passato.
E di semplici ma sorprendenti metafore, come quel mulo legato a un ceppo che scoda le mosche che lo abitano come piloti di portaerei, in un continuo vai e vieni di decolli e atterraggi. E di pensieri che hanno già il vestito dell’aforisma da incorniciare: Un normale accadimento di vita a volte è solo un lampo più visibile di un destino sotterraneo
, La morte altrui sbatte sempre in faccia ai vivi il foglietto dei propri conti, spaesandoli di incertezza
, La saggezza è contagiosa per chi è pronto a vivere
.
Colpiscono le trame, in fondo semplici, ma costellate di sorprese liete e amare. Anzi, alcuni racconti presentano un meccanismo narrativo simile: il viaggio, uno stop o un incontro improvviso, il ripensamento della propria vita... A volte viene in mente quel meccanismo di scelte e destini binari che alcuni oggi chiamano sliding doors, dal film di Peter Howitt di giusto vent’anni fa.
C’è sempre stupore nei personaggi di Laura. La capacità cioè di sorprendersi, di emozionarsi, di entusiasmarsi. Anche per poco (poco in apparenza). Sono aperti, positivi, ottimisti nonostante vivano esperienze di sofferenza fisica e morale. Un vecchio adagio ammonisce: Vivi ogni giorno della tua vita come fosse l’ultimo
. In queste pagine sembra vero l’opposto: Vivi ogni giorno della tua vita come fosse il primo
.
Colpisce la lingua dei racconti. Senza fronzoli, chiara, ritmata da una paratassi fuori del normale (pochissime le proposizioni subordinate, gli incisi, molte le frasi brevi, senza il verbo reggente, tanti punti e poche virgole). Certo, con qualche vezzo, come l’iniziare con la stessa parola varie frasi consecutive o come il ricorso a un doppio punto esclamativo e ai due punti di sospensione, invece dei canonici tre puntini, per amore del suo numero preferito, il due, giorno della sua nascita. Ed essere felici d’esser nati non è poi così scontato per tutti.
Non solo parole, però. Sono anche rumori, profumi, colori, sapori. E battiti... battiti da interpretare come segni vitali che Laura ha voluto fortemente nel titolo della raccolta, associati al suo mese preferito, quell’aprile che a lei appare verde, un colore magnifico che ha scelto per la copertina.
Il libro ha due dedicatari principali. Ma i racconti sono dedicati a tante altre donne e uomini, bambini e anziani. A coloro che cercano di ricucire l’anima con l’ago sottile dell’istinto di vita. A quelli cui la vita senza chiedere permesso ha tolto i comandi e come un cibo non digerito lascia spossati e mal nutriti. Alle piccole anime già cariate delle periferie delle città. A quanti hanno deciso di vivere rincorrendo il vento senza riuscire ad afferrarlo. A chi zoppica i propri passi incerti verso la speranza. A chi è infelice di fronte alla bellezza che fa male,