I racconti di Laura Càsley
Di Laura Càsley
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Info su questo ebook
Laura Càsley è catanese, la voglia d’avventura e la curiosità la portano ad ampliare i suoi orizzonti viaggiando in giro per il mondo, a bordo di un pulmino da lei stessa trasformato in camper. Paesi come Egitto, Kenya, Tunisia, Marocco, Cuba, Perù, India e numerosi Stati europei hanno arricchito il suo bagaglio culturale donandole una piena consapevolezza. Dopo aver ottenuto una borsa di studio a Londra ha conseguito due lauree, una in Lingue e Letterature straniere e l’altra in Lettere moderne. Inoltre ha ottenuto l’Abilitazione all’Orientamento al lavoro e Selezione del personale, partecipazione a Corsi di Reiki 2° livello, Yoga, Zen e Bioenergetica.
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Anteprima del libro
I racconti di Laura Càsley - Laura Càsley
Laura Càsley
I racconti
di Laura Càsley
© 2020 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-4191-4
I edizione luglio 2021
Finito di stampare nel mese di luglio 2021
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
I racconti di Laura Càsley
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
introduzione
Esiste nella tradizione peruviana una croce con quattro lati e ciascun lato contiene tre concetti; in corrispondenza delle tre età dell’uomo, si legge: impara lavora condividi
.
La prima parte di questo libro si concentra sui primi vent’anni di una vita, con la liricità, passioni e sperimentazioni tipiche di questa fase, vissuta con l’energia di chi vorrebbe vivere a trecentosessanta gradi, tuffandosi nella vita senza perdersi neanche una sola goccia d’energia.
La seconda, parla del traumatico inserimento nel mondo del lavoro, evento che ha prodotto un registro linguistico molto più scorrevole, dato il decadimento culturale del ventennio berlusconiano e propone un cambiamento nei tempi e nello stile di vita, un equilibrio che solo la maturità può produrre e che diventa imprescindibile desiderio di condivisione.
Le tre storiche unità di Tempo, Luogo ed Azione del mondo classico, così come la dimensione epica, non esistono più nella pluricontestualità della vita quotidiana, e i singoli racconti vanno letti non come un romanzo (che non pretende di essere) ma come una piccola raccolta di "tranches de vie", quadretti di un mondo variegato, uno sguardo dal periscopio su cinquant’anni di esperienze, personali e non, fatti e situazioni diverse.
L’autrice ringrazia tutti coloro che, con i loro dolori e lotte della vita, hanno contribuito alla presente stesura e spera che possa supportare almeno qualcuno ad essere se stesso sempre e non smettere mai di lottare per migliorarsi e realizzare i propri sogni.
Indice
Parte Prima
La madre
Il padre
Io, ovvero Lea
La grande Fuga
Vendemmia in Sicilia
Elenchi Telefonici
Giulia e Loredana
Il fatidico Si
Parte Seconda
Il mondo del lavoro, Il Sistema
Formazione Professionale in Sicilia
La confessione di Patrizia
Giri di Sicilia
Orientamento al lavoro in Sicilia
Elezioni
Il mostro
Risveglio
Yoga, Zehn, Tai Chi, Rehiki
Scivola il nero manto della notte
Lontano ad occidente,
sfuggendo ai tarli del becchino sole
che lento e inesorabile s’avanza.
Sorgi oh sole, sorgi, t’invoco
– gridava dentro sé.
Radiose ciglia stendi
Su vuoti valori e liquide distese.
Del tuo sacro fuoco ardi
E incenera gli sterpi e i sassi,
pietrifica i ricordi,
dissecca sciocche lacrime.
Ricreami col seme della tua potenza,
non più tenero giunco, non più vile materia,
ma Arte, Spirito, Natura.
Immortale energia donami
E la crudele tua saggezza antica,
ché io possa in essa al fine battezzarmi
e in te risorgere per sempre pura.
PARTE PRIMA
La madre
Il suo corpo era una massa enorme, che lei stessa viveva come tale. Massa accumulata nei parti, negli anni, nelle rinunce, nei sacrifici. Con le fami compensatorie, con le notti di solitudine, l’angoscia, la cecità incalzante, il diabete troppo alto, l’umore troppo basso, le infedeltà subìte, le lacrime versate, il suo corpo si era gonfiato, ingrassato, sformato, accumulando chili di dolore. Tutto quel grasso, quella trippa, sembrava solo una materializzazione di energia inesplosa, bloccata lì, sotto la pelle, da una vita di doveri.
C’era pur stato un tempo in cui quel corpo aveva avuto le forme di un’attrice, si vantava del ricordo di un novanta-sessanta-novanta, capelli da premio, caviglie sottili e medaglie sportive, ma sarebbe stato impossibile crederlo senza le foto di famiglia. La madre. Seni enormi, pancia enorme, fianchi enormi, varici, gonfiori. Così una volta, tante mamme di Sicilia.
Lei, sempre in piedi di buon’ora, era capace di trovare il migliore dei modi possibili per riporre la biancheria in uno spazio ristretto, il migliore dei modi possibili per fare la spesa nel minor tempo possibile, il migliore dei modi possibili per lavare qualunque oggetto, il migliore dei detersivi possibili per rinnovare il bucato, il più intelligente dei modi possibili per fare le pulizie, la migliore cura possibile per tenere tutti in forma smagliante, il migliore marito possibile per le sue figlie; secondo, naturalmente, il suo
concetto di felicità coniugale.
Realizzare tutto ciò era l’unica felicità consentitale dalla vita, dall’età avanzata e dal suo senso del dovere gesuita.
Il padre
Calmo e sensuale, detestava alzarsi presto e indugiava fino all’ultimo minuto per posporre fino al massimo limite consentito l’odiato momento di addio alle coperte. La sua giornata iniziava con caffè e sigarette che l’aiutavano a reggere l’ondata di ansiosa iperattività che quotidianamente si abbatteva su di lui con risvegli fatti di Carlo, dobbiamo… Carlo, devi… c’è da far questo… c’è da far quello
. E Carlo taceva e andava, andava e fumava, tornava fumava e taceva. A sessant’anni era ancora un bell’uomo e non stupiva che avesse fatto girar la testa a molte. Qualcuno aveva bisbigliato anche di un suicidio per amor suo, ma ai figli, si sa, non è dato sapere certe cose. Le gesta eroiche in periodo di guerra, di quelle sì che si parlava. Ma soprattutto era un piacere vederlo, abbracciarlo, sempre fresco e profumato, e profumato lasciava persino il bagno quando ne usciva. Lui non sapeva nulla di migliori mondi possibili. Anzi, a sentir lei, comprava sempre la frutta peggiore, la spesa peggiore, faceva sempre gli investimenti peggiori e, soprattutto, era costituzionalmente infedele, come la maggioranza dei mariti siciliani. Ma per lui non erano trofei all’orgoglio maschile: lui era infedele perché costantemente innamorato dell’amore, per un suo sogno di bellezza e di pace. Era un sognatore. Trasfigurava un volto in un paradiso di delizie, riviveva il suono di una voce come una cascata di promesse, trasformava una stretta di mano in una nuvola di carezze, almeno fino a quando gli strilli della moglie non lo riportavano con i piedi per terra.
Lea
Non so come si possa vivere adempiendo a tutti i doveri possibili, pur amando tutti i piaceri possibili. Certo che sensualità ed organizzazione sono difficilmente compatibili, quando ciascuna vorrebbe essere valore assoluto, faro di vita.
Lea non aveva mai avuto un’infanzia. I suoi primi anni erano stati segnati dal brillante destino dei bambini geniali, i cosiddetti precoci
: a quattro mesi balbettava papà
, a cinque mesi mamma
, a sette camminava e quando compì un anno, i parenti di Genova scesero in Sicilia per assistere ai suoi show. Lei non ricordava più nulla di quegli anni, ovviamente, ma la tata raccontava spesso tutto lo spettacolo tenuto in quell’occasione a base di canzoncine del tipo "Ho perduto il mio galletto e filastrocche che
tagliavano la testa alla Menica per far rima con domenica a soli dodici mesi. Tale esaltante precocità fatta di saggezza e maturità, le valse l’appellativo di
Dunin’ all’età di 3 anni, quando la madre chiedeva il suo parere prima di comprare le cose importanti.
Probabilmente quell’avere sempre sorrisi intorno, accoglienze festose, girandole di applausi, lasciò nel suo cuore l’indelebile sensazione che la vita fosse solo scambio d’amore, abbracci e relazioni e, in fondo, che la felicità consistesse e si riconducesse solo a questo. E non è forse vero che sentirsi accettati, amati ed apprezzati è una delle principali fonti di felicità per ogni essere umano? Lea, come un’erede al trono, condivideva con pochi fortunati al mondo questo privilegiato destino.
Esiste però una legge chiamata delle polarità estreme, cui fanno capo la fisica e l’astronomia, una legge cosmica e universale che investe il micro e il macrocosmo e tutte le realtà bipolari: quando ci concentriamo troppo su un estremo, su un eccesso, quasi per compensazione prima o poi la bilancia della vita ci fa inesorabilmente arenare sulla sponda opposta.
E neanche Lea poté sottrarsi a questa legge, quando, all’età di 3 anni, nacque sua sorella. Lea attendeva quell’arrivo con tutta se stessa: le avevano detto che avrebbe avuto una sorellina con cui giocare, che non sarebbe mai più stata sola e che tutto sarebbe stato più bello. Le sembrava strano il tono con cui le venivano fatti tutti questi oscuri discorsi. Non capiva il perché di quella vena di apprensione nella voce dei grandi. Lei non si era mai lamentata di essere sola e non riusciva ad immaginare la sua vita più bella di quanto già non fosse. Sembrava che tutte quelle belle parole volessero nascondere un’orrenda realtà. Ma era possibile che tutti le mentissero? In fondo, sarebbe stato carino avere una sorella con cui giocare.
Il 21 maggio del ’58 la mamma non era in casa: era andata via perché arrivava la sorellina. Il giorno prima si era anche sentita male e aveva gridato. Stava succedendo qualcosa di brutto. La vaghezza, l’apprensione, la grande incognita dei mesi precedenti, prendevano forma in una realtà che non prometteva niente di buono. Ma il peggio doveva ancora arrivare.
Innanzi tutto era così piccola che certo non ci si poteva giocare insieme; inoltre non solo non parlava e non capiva niente, ma per di più piangeva tutte le notti svegliando l’intera casa e creando un trambusto insostenibile. Lea era davvero sbalestrata: mesi e mesi di attesa per quella cosa
che se ne stava nella sua culla a rompere i timpani e che, come se non bastasse, le rubava tutte le carezze della sua mamma? E