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Lo spazio dei morti viventi
Lo spazio dei morti viventi
Lo spazio dei morti viventi
E-book131 pagine2 ore

Lo spazio dei morti viventi

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Info su questo ebook

Politica, corruzione, rivoluzione... e zombie. Riuscirà Daniel a salvare una nazione sull'orlo del declino a causa dei suoi politici e di una malattia che trasforma persone normali in morti viventi?
LinguaItaliano
Data di uscita21 mar 2019
ISBN9788831611282
Lo spazio dei morti viventi

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    Anteprima del libro

    Lo spazio dei morti viventi - Vittorio Sarracino

    Capitolo 1

    C’è una piccola città nel centro nord che si estende dalle montagne e trova fine su un porticciolo non grandissimo ma molto trafficato. Ianda è una delle ultime città rimaste, e il suo porto la mantiene viva e abbastanza prospera.

    Le barriere che la proteggono dai morti viventi sono però allo stesso tempo un limite soffocante, che sembra non far sentire libere le persone, tra le quali anche me. Questo è ciò che resta del gioiello che era un tempo - prima della catastrofe -, una città ricca che offriva al turista mete di ogni genere, prima che diventasse una gabbia per topi, dove ormai non si trova un volto che non sia conosciuto.

    Con la grande epidemia ci furono grandissime migrazioni di massa; le persone credevano - nella loro ignoranza - di poter sfuggire ad un contagio di dimensioni apocalittiche. Lasciarono città deserte, senza sapere che ormai il virus era fin dentro le valigie. Questo migrare unì tanti gruppi di uomini che lasciarono alle loro spalle i loro stupidi ideali.

    Rimanevano due popoli: i morti viventi che ormai indisturbati calpestavano le nostre terre - facendo più conquiste di Gengis Khan - e noi superstiti. Per fortuna loro se ne stanno dietro le barriere, a un palmo da noi, e la notte si sentono come lupi nei vecchissimi film western (e a questo onestamente non mi ci abituerò mai). Uno dei tanti motivi che mi ha convinto a fare le valigie e andarmene da qui, anche se può sembrare assurdo, è sapere che c’è un posto migliore: Igea, dove tutto scorre e funziona come tanti anni fa, dove ancora oggi si ha la facoltà di scegliere in quale scuola andare, per diventare qualunque cosa si voglia. Mentre da noi lo stile di vita è ben diverso; regna il lavoro manuale, e quasi tutti si ritrovano da grandi a fare i margina zombie. È già uno schifo dover coabitare con l’odore putrido che a volte arriva fin sotto casa, figurarsi essere costretti a lavorarci attorno, con il caldo che fa, armati di mascherine e tute. Non fa per me.

    Fra poco la mia vita avrà un altro sapore, un altro odore soprattutto, e nonostante le mie scarse disponibilità economiche, ho deciso di compiere questo passo, dopo aver già contattato, molto tempo fa, un’agenzia immobiliare, che purtroppo ancora non è stata in grado di trovare una sistemazione adatta a me, in maniera che possa spendere poco, poiché la vita, lì costa di più.

    Così un giorno, spinto dalla disperazione, frugai tra le molte cose che possedevo in casa e le uniche che avrebbero potuto riempire il mio portafoglio erano due vecchi quadri appartenuti a mio nonno Viktor.

    Mio nonno li acquistò da giovane, presso un suo amico, famoso pittore di Igea, nella grande capitale dove lavorava. Proprio lui! Il mio eroe, che mi raccontava sempre di come lottò negli anni della caccia agli zombi, e ancora non capivo dove avesse trovato il tempo di dedicarsi all’arte. I due quadri che scelsi furono quelli che più di tutti lo fecero rimanere incantato dal primo momento che li vide; il quadro più bello, ma forse il più strano, rappresentava bislacche forme indefinite, colorate in modi diversi e con una splendida cornice di legno con fiori scuri. L’altro era un quadro ad olio che rappresentava molte lune diverse affiancate allo stesso modo da mare e sole, disegnate su uno sfondo nero. Le loro dimensioni superavano di poco quelle di un quaderno, ero sicuro che quei quadri al negozio di antiquariato sarebbero andati a ruba, contando l’importanza del pittore. Così quel pomeriggio li misi sotto il braccio e uscii di casa con un’insolita camminata lenta, prestando attenzione alle opere che avevo appresso. Superai i giardini sotto casa mia e mi avviai lungo il viale che collegava al centro cittadino, in direzione monti. Raramente andavo li, preferivo spesso starmene in zona, dove per lo meno si respirava meglio, e si poteva stare seduti su una panchina sotto un albero, anzi che costretto a consumare seduto in un bar. Arrivai in centro con la maglia appiccicosa e intrisa di sudore, una sensazione che avevo sempre odiato, e per attraversare velocemente la strada, per evitare di essere insultato da qualche idiota con la luna storta, i quadri mi scivolarono da sotto il braccio, ma riuscii a riprenderli al volo con la stessa mano, sfoderando grandi riflessi. Mi fermai un secondo contemplando la sfortuna evitata e in seguito continuai il mio cammino verso la discesa che portava al negozio di antiquariato, entrai. Con la mia solita educazione, salutai il negoziante, preso a valutare alcuni oggetti che un cliente prima di me gli aveva portato. Quando arrivò il mio turno, presentai con sicurezza i miei quadri al negoziante, che pur avendogli portato spesso oggetti in passato, non ne conoscevo il nome, forse a causa della mia abitudine di mantenere sempre le distanze.

    Guardò i quadri apprezzandoli da subito.

    «Incredibile!», esordì l’uomo. «Non vedo un Pierin da moltissimi anni! Questo sicuramente apparteneva a tuo nonno.»

    Inevitabilmente gli diedi conferma, raccontandogli la storia e la provenienza di quelle opere. Totalmente euforico alla fine del mio racconto, mi diede una gran somma di denaro che sorprese anche me. Mentre ci stringevamo la mano per salutarci, lo ringraziai e, liberandomi di ogni muro che avevo eretto fino a quel momento, decisi di chiedergli il nome.

    «Credimi sono io che devo ringraziarti, questi quadri non li venderò per nessuna ragione al mondo. Comunque, il mio nome è Paul, il tuo invece?»

    «Il mio è Daniel», risposi con un sorriso, e dopo esserci salutati, me ne andai frettolosamente dal negozio, con l’obiettivo di fare finalmente il biglietto per Igea.

    Per acquistarlo sarei dovuto tornare indietro, ripercorrendo tutto il viale fino ad arrivare al porto, sperando di avere la fortuna di non trovare una fila chilometrica davanti a me. E grazie a Dio così non fu. Arrivai direttamente davanti al baracchino dei biglietti.

    «Buon giorno», dissi all'addetta dietro lo sportello che ricambiò il saluto. «Quanto mi costa fare il biglietto più economico di sola andata per Igea, partendo fra un paio di mesi?» La donna inserì i dati nel sistema, e dopo una breve ricerca rispose: «Il biglietto che desidera è disponibile all’incirca fra due mesi, esattamente il quattordici Aprile, ma è un viaggio in notturna, se per lei non è un problema. Vuole procedere all’acquisto?» Non ci pensai due volte e accettai.

    Il biglietto era finalmente nelle mie mani, e avevo quasi due mesi di tempo per organizzarmi. Non ci potevo quasi credere, in quel momento ero l’uomo più felice del mondo, la mia vita da lì a poco avrebbe avuto un cambiamento inimmaginabile.

    Fra i miei pochi amici e conoscenti quasi nessuno comprese questa mia scelta, perché sapevano quanto fosse diversa lì la vita. Anzi, una volta saputo della mia imminente partenza sparirono uno ad uno, vedendomi forse come uno spavaldo che se ne andava via disprezzando la propria città. In realtà non era così. Forse per loro era un modo di abituarsi già da subito a vivere senza la mia presenza. Lasciavo poco spazio nella mia mente per ragionare sulle probabili invidie altrui, sapevo solo con certezza che mi aspettava una grande avventura e dei posti magnifici con cui ispirare le mie doti da apprendista poeta e scrittore, e già sognavo di poter lavorare in quel mondo, magari in un ufficio tutto mio, anche se per sopravvivere, avrei fatto benissimo anche il lavapiatti. A Igea le buone occasioni sicuramente non sarebbero mancate.

    Si dice che una volta, prima della grande epidemia, la nuova capitale fosse una terra povera, sovrappopolata, e la disoccupazione ai vertici, da cui in tanti partivano per trovare fortuna nella mia Ianda, o in città limitrofe, mentre ora, così protetta, rimaneva l’unico posto dove poter affidare tutte le redini dell’economia. I suoi porti immensi smerciavano senza timore da qualunque parte; un’isola vastissima e ricca, dove finalmente tutto ciò che aveva, veniva sfruttato al massimo delle possibilità. Com’è strana la vita, la storia non è altro che un susseguirsi di eventi e fatti all’infinito, città che da potenze divenivano povere e viceversa, anche se, un’epidemia di questa portata fu l’unica capace di annientare qualunque grande nazione, interrompendo, di fatto, un ciclo storico ben preciso e consolidato: Igea appariva come l’ultima grande civiltà.

    Le ultime settimane a casa furono di una noia mortale; passavo il tempo solo a leggere e scrivere; aspettavo una chiamata di lavoro, fra i tanti annunci che avevo trovato in rete e, anche per quanto riguardava la casa, non sapevo ancora nulla. Quelle che mi venivano proposte dall’agenzia, erano appartamenti in comune con altri ragazzi, che a parte la convenienza della locazione in pieno centro, i prezzi non erano alla mia portata, inoltre avrei dovuto dividere viveri e bollette in parti uguali, qualunque fosse stato il mio consumo, mentre io puntavo ad ottenere una casa o un monolocale tutto mio, e avere il controllo totale sulle spese, come avevo sempre fatto a casa mia. Così rifiutai ogni possibile situazione. Un mese passò così, e la mia valigia era già pronta.

    Mancavano giusto due settimane alla partenza quando finalmente mi chiamò l’agenzia immobiliare, riferendomi che avrei avuto la possibilità di vivere in un monolocale a un prezzo veramente basso, con l’unica pecca che si sarebbe trovato molto lontano dal centro. L’agente insisteva affinché io prendessi in affitto una stanza in uno di quegli appartamenti condivisi con altri giovani, in modo che avrei potuto integrarmi meglio nella capitale, ma ormai ero già deciso.

    «Sono interessato a quel monolocale anche se è fuori mano!» l’agente, un po’ incredula si arrese, lasciandomi il contatto della proprietaria di nome Jenny, rassicurandomi che avrei avuto a che fare con una signora molto buona.

    Tempo due minuti mi misi in contatto con lei, la quale mi rispose con il tono di chi non vede l’ora di accogliere un nuovo inquilino, dicendomi che la stanza era in fase finale di ristrutturazione, poiché da qualche tempo nessuno l’aveva più presa in affitto, e che delle coperte e delle pentole se ne sarebbe occupata lei, perché sapeva bene che in un viaggio così lungo non avrei mai potuto portarmi via tutto il necessario, che donna premurosa! Passai anche gli ultimi giorni

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