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Tenoch, il guerriero giaguaro: Tenoch, l'azteco 2
Tenoch, il guerriero giaguaro: Tenoch, l'azteco 2
Tenoch, il guerriero giaguaro: Tenoch, l'azteco 2
E-book110 pagine1 ora

Tenoch, il guerriero giaguaro: Tenoch, l'azteco 2

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Info su questo ebook

Fantasy - romanzo breve (81 pagine) - Giganti di pietra, passaggi per altre dimensioni, intrighi e tradimenti, labirinti gremiti di nemici. E un uomo solo, coraggioso e astuto, che intende sopravvivere. Secondo volume della trilogia di Tenoch l'Azteco.


Le divinità della corte di Camazotz chiedono ai Mexica sangue, sacrifici e nuove guerre contro i popoli vicini. Alcuni cittadini di Tenochtitlan, attratti dalle pietre fotosensibili giunte nella capitale, realizzano con tecnologie primitive degli spettacoli che si potrebbero definire “film”. Quando una splendida attrice viene rapita, Tenoch interviene. Assieme a un gruppo di coraggiosi guerrieri dovrà lottare contro la mostruosa Farfalla di Ossidiana, la dea Itzpapalotl!


Andrea Berneschi è nato ad Arezzo nel 1977. Fa parte della redazione della webzine Filmhorror.com; è membro della Horror Writers Association.
Ha pubblicato con NeXT, Dunwich Edizioni, I Sognatori, Letteraturahorror.it, Esescifi, Vincent Books editore, Letterelettriche, Watson Edizioni. Nella presente collana è stato pubblicato (maggio 2019), Tenoch, maledetto dagli dei, prima parte del ciclo di Tenoch Azteco.

LinguaItaliano
Data di uscita8 ott 2019
ISBN9788825410099
Tenoch, il guerriero giaguaro: Tenoch, l'azteco 2

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    Anteprima del libro

    Tenoch, il guerriero giaguaro - Andrea Berneschi

    9788825409024

    Introduzione

    Alessandro Iascy e Giorgio Smojver

    Siamo alla seconda avventura di Tenoch, la saga in cui Andrea Berneschi fa rivivere con maestria la civiltà Mexica e le creature affascinanti e spaventose della mitologia azteca, Camazotz il Re Pipistrello, Itzpapalotl la letale Dea-Farfalla, e altri.

    Tenoch, l'intelligente, poliedrico, disincantato eroe che già conosciamo da Tenoch - Maledetto dagli dei, è divenuto ormai un guerriero giaguaro, quindi fa parte a buon diritto della élite della società di Tenochtitlan. Eppure è più che mai solo, scontento, annoiato. Tanto da ripercorrere la propria vita da viaggiatore di mondi, con rischio enorme, per puro bisogno di attività e nuove emozioni. E scoprire così di essere un emarginato non solo nella sua dimensione, ma anche nelle altre percorse in passato.

    E qui viene fuori l'idea più felice di questo breve romanzo, e una delle più originali ci sia capitato di leggere in questi anni: il trentenne Tenoch, incapace di integrarsi felicemente nella buona società dell'impero Mexica, comincia a frequentare un gruppo di ragazzi più giovani, a volte superficiali o eccessivi, ma almeno vivi, non disposti ad accettare supinamente le verità e i valori ammanniti dal potere dei re e dei sacerdoti. E tra loro, dalle Pietre del Vento da lui stesso scoperte in un'altra dimensione e portate,nell'impero mexica, nasce una magia nuova: la magia della rappresentazione di passioni e storie, quella che nella nostra società è la magia del cinema. Quello che per i sacerdoti non è che un modo di abbellire le cerimonie, per il governo uno strumento di propaganda di guerra, nelle mani dei giovani amici di Tenoch diviene arte, un modo di dar vita alle passioni, riempire la vita delle persone. Con le inevitabili tentazioni del conformismo e del successo, il tradimento di amicizie e idee. Perché il potere della rappresentazione è tale da far gola anche agli dei, e Tenoch dovrà di nuovo ricorrere a tutta la sua intelligenza e risorse magiche per salvare sé stesso e i nuovi amici.

    Alessandro Iascy e Giorgio Smojver

    1.

    Era uno di quei pomeriggi freschi del mese di Quecholli, quando le piogge smettono di scrosciare (ne erano venute in abbondanza, quell’estate; la carestia che aveva afflitto il popolo dei Mexica era solo un lontano ricordo) e ricominciano le belle giornate di sole.

    Privo di impegni legati alla sua attività di mercante, Tenoch avrebbe potuto riposarsi o dedicarsi a vari tipi di divertimento, da scegliere tra quelli che la bella città in cui viveva poteva offrire; passava invece le sue giornate nell’apatia, in preda a pensieri cupi e angosciosi. Non era mai stato circondato da una folla di amici, è vero; eppure un tempo aveva avuto intorno facce conosciute, su cui poteva contare; c’era persino qualcuno che lo amava. Suo fratello Mazatl, sua moglie Ixtli, … adesso era solo. Niente e nessuno poteva salvarlo dalla crescente inquietudine che lo attanagliava; l'organo che pulsava al centro del suo petto non era umano, ma evidentemente non poteva garantirgli immunità alla noia e alla solitudine.

    Aveva preso l'abitudine di sfogarsi passeggiando a lungo senza una meta precisa; tornato a casa mangiava da solo, accovacciato davanti alla parete che dava sul cortile anteriore; arrotolava con una mano la sigaretta di iyetl, la fumava oziosamente e tornava a buttarsi sul giaciglio disfatto. Spesso dormiva tutto il pomeriggio; poi, di notte, era preda dell'insonnia.

    Nemmeno quel giorno, per quanti uomini e donne passeggiassero nei vicoli accanto a lui, la sgradevole sensazione di vuoto diminuiva. Si affacciò sulla porta e seguì con lo sguardo i fortunati che avevano mete definite e occupazioni concrete verso cui dirigersi. I bambini giocavano nelle zone più riparate e meno toccate dal via vai della folla; sotto la supervisione di un gruppo di matrone, i giovani incrociavano in modo misterioso i loro destini; i vecchi, infine, osservavano tutto con lo sguardo saggio e disincantato di chi è stato preso dal vortice delle passioni e delle follie degli uomini, ma si prepara già ad allontanarsene. Era dunque il solo tagliato fuori dall’armonia della vita umana?

    Restare inattivo gli diventava sempre più insopportabile. E allora, pensò, se rimanere chiuso dentro queste mura mi fa stare male, meglio uscire. È difficile che finisca per sentirmi peggio di così.

    Si incamminò senza una metà precisa, diretto più o meno verso la piazza centrale di Tenochtitlan. Le strade correvano parallele ai canali navigabili, così strette che ad ogni passo doveva stare attento a scansare i banchini dei negozi, le imposte delle case e soprattutto le interminabili file di uomini seminudi che portavano mercanzie e tributi, diretti al grande mercato di Tlatelolco. Per non sprecare le energie, già messe a dura prova dalle notti insonni, si ritrovò a seguire quella fiumana di schiavi.

    Dopo essere state trasportate via battello, tutte le merci giunte alla capitale prendevano necessariamente la strada di terra. I portatori luccicavano per la patina di sudore e polvere che li copriva, avevano i tendini delle braccia tirati, gli occhi rivolti verso l’alto per lo sforzo, ma non osavano lamentarsi. Erano maschi robusti, dalle spalle larghe, i polpacci allenati; se Tenoch non avesse fatto abbastanza attenzione sarebbe venuto a contatto con la loro pelle, che emanava un afrore sgradevole. Per contrasto con la colonna di uomini affaticati che lo precedeva, spiccavano sempre al suo sguardo, ogni volta che li incrociava, le figure maestose e austere dei funzionari civili e dei nobili, riconoscibili per i ricchi mantelli e gli ornamenti di piume. Avrebbe potuto fermarsi a parlare con alcuni di loro, coi quali in passato aveva avuto a che fare per motivi di commercio, ma preferì rivolgere solo brevi cenni di saluto. Non era di chiacchiere che aveva bisogno; di cosa, però, non riusciva a capirlo nemmeno lui.

    Si può essere soli nella città più grande del mondo? Tra le voci prodotte dalle bocche di trecentomila abitanti, nell’accalcarsi dei loro corpi, tra scie di odori raffinati e tanfo di sudore raggrumato, dove si incrociano magicamente storie e opportunità potenzialmente infinite? La risposta, ne era sicuro, ogni uomo nel profondo della sua anima la conosceva. E si trattava di un sì.

    Aveva varcato la soglia di altri mondi, e la sua vita ne era stata sconvolta. Sulle prime aveva creduto che quelle avventure potessero portargli nuove possibilità e grandi guadagni; ben presto, però, si era accorto che stavano in agguato immani potenze, dalle quali nemmeno la sua intelligenza poteva difenderlo. Se per qualche motivo se ne fosse scordato, gli bastava guardare il moncherino che aveva al posto della mano sinistra, e ricordare l’incontro con la creatura presentatasi col nome di Xipe Totec, il dio scorticato delle metamorfosi e del rinnovamento.

    Grave, è vero, ma restava pur sempre un danno fisico. C'era molto di peggio. Suo padre se n'era andato per sempre: egli stesso l’aveva ucciso, ingannato dalle Erbe della Morte. Suo fratello Mazatl aveva scelto di arruolarsi nell'esercito rivale, quello delle creature che obbedivano al Re Pipistrello, ed era stato trasformato in un gigante di pietra. Non era finita qui. Delle due mogli con cui aveva diviso il letto, una, Coaxoch, si trovava in un mondo parallelo a lui irraggiungibile (aveva con sé due semi stregati, ma non voleva usarli: era pur sempre una stregoneria delle Erbe); l’altra, Ixtli, l’aveva lasciato per sempre, chiedendo il divorzio.

    C’era grande affluenza, a quell’ora, per le strade di Tenochtitlan. Cercava di evitare

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