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Jack Cooper: Giorni di Guerra
Jack Cooper: Giorni di Guerra
Jack Cooper: Giorni di Guerra
E-book611 pagine9 ore

Jack Cooper: Giorni di Guerra

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Info su questo ebook

Vietnam, 1° novembre 1968.
Jack Cooper, detto Giver, viene arruolato nell’unità dell’élite degli Alpha Dog, comandati dal colonello Ethan Kenneth Braxton. Orfano, Jack ha provato sulla sua pelle dolori, ipocrisie e menzogne che hanno fatto nascere in lui conflitti molto simili a quelli che, ognuno di noi, combatte quotidianamente con i demoni del passato. Sullo sfondo della guerra del Vietnam, capitolo dopo capitolo, entrerete nelle storie di Giver, dei vari commilitoni e anche di chi, indirettamente, ha subìto gli orrori del conflitto, come la bellissima e coraggiosa prostituta Mei Ling. In questo libro, primo di una trilogia, vivrete i loro percorsi interiori e ne verrete rapiti fino a quando ognuno di loro entrerà di diritto nei vostri ricordi del cuore. Perché la lotta che combattono con se stessi, è molto simile a quella che tutti noi viviamo ogni giorno per migliorarci e trovare un po’ di pace.
LinguaItaliano
Data di uscita18 apr 2019
ISBN9788832555660
Jack Cooper: Giorni di Guerra

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    Anteprima del libro

    Jack Cooper - Nathalie P. Starc

    http://write.streetlib.com

    Introduzione

    Jack Cooper: giorni di guerra è il primo volume di una trilogia d’avventura.

    Il conflitto del Vietnam, che fa da sfondo alla vicenda, è solo uno dei molteplici scenari in cui si sarebbe potuto ambientare.

    La Guerra narrata è più quella che quotidianamente combattiamo cercando di far vincere il meglio di noi che quella affrontata con le armi.

    Un conflitto che alle volte vinciamo, altre perdiamo ma, si sa, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

    Le vicende narrate ruotano intorno a un ragazzo, i suoi commilitoni e alla bellissima prostituta Mei Lin concentrandosi sul percorso interiore di ciascuno di loro, dove lo sguardo individuale al futuro è sempre compromesso da una forma di disillusione spietata.

    La speranza di trovare pace e redenzione sarà più volte messa a dura prova, mentre i protagonisti combattono per la loro sopravvivenza incastrati in un complotto più grande di loro che li dividerà, forse per sempre.

    La speranza quasi distrutta non si trasformerà però in disperazione, bensì in rabbia e una nuova determinazione a combattere.

    PARTE I

    Vietnam, 1° Novembre 1968

    Alle mie tre amiche che da anni mi

    sopportano e incoraggiano.

    Senza di loro non sarei arrivata qui!

    Capitolo 1

    L’ufficio del colonnello Ethan Kenneth Braxton traboccava di carte. L’uomo era un ottimo colonnello: abile stratega, carisma fuori dal comune e intuito eccellente, ma per quanto concerneva il lavoro d’ufficio… beh, era l’ultima delle sue priorità. Da quando poi il suo tenente era rimasto gravemente ferito in uno scontro, il lavoro si era praticamente arrestato.

    Il colonnello aveva avuto già un paio di richiami in merito a rapporti mancanti, ma con la scusa di una missione urgente o un’esercitazione aveva sempre evitato il problema.

    Il piano di Braxton fino a quel momento era stato di aspettare che il Tenente Farrell si riprendesse ma, ora che aveva saputo che quest'ultimo non sarebbe mai rientrato in servizio, il piano andava rivisto .

    Il colonnello dei berretti verdi era contento per il giovane ufficiale: era un bravo ragazzo, ma decisamente quello non era posto per lui. Farrell non era adatto a fare il soldato e men che meno a comandare uomini. Ora però Braxton aveva un problema: sostituirlo.

    Gli avevano mandato diversi fascicoli di candidati, ma nessuno aveva attirato la sua attenzione. O perlomeno così aveva detto, visto che in realtà non ne aveva sfogliato ancora uno.

    Kenneth diede un’ultima occhiata alle pile disordinate che ingombravano la sua scrivania e decise di aver bisogno di un goccio prima di affrontare il nemico. Appoggiò sul posacenere della scrivania il sigaro ormai quasi finito ed estrasse dalla tasca interna della giacca la sua fida fiaschetta; ingollò un lungo sorso urtando però con il gomito la pila di dossier dei candidati che, a catena, trascinò con sé altre due pile di scartoffie varie lasciando uno dei fascicoli aperti.

    Scorrendo il dossier alla pagina su cui si era aperto, che riportava lo stato di servizio del candidato, Braxton pensò di essere davvero un uomo nato con la camicia. Forse uno dei suoi problemi era risolto, pensò sorridendo. Che fosse stato più un caso, che non un’azione premeditata, poco importava; il ritratto che emergeva dallo stato di servizio prometteva bene: cecchino, da quasi otto mesi in Vietnam, aveva collezionato un paio di note di merito, era stato promosso sul campo a tenente di primo grado e aveva già firmato per un ulteriore anno di ferma come volontario. Il ragazzo era sopravvissuto a diverse missioni ad alto rischio, oltre a essere un ottimo ufficiale di rifornimento; anche se non veniva fuori da una scuola ufficiali e aveva alcuni richiami disciplinari con tanto di rimando alle note allegate.

    Nell'insieme , un ottimo elemento, pensò Ethan.

    Quanto ai problemi di disciplina non vi diede grande peso: una volta entrato nella sua unità avrebbe provveduto personalmente a porvi rimedio e a farlo diventare un vero ufficiale.

    A posteriori, Braxton si sarebbe trovato spesso a considerare che avrebbe fatto meglio a prestare più attenzione al volume del fascicolo, ma in quel momento si era lasciato prendere dall'entusiasmo e da quella sorta di frenesia che lo aveva spinto in molte battaglie a lanciarsi in azioni imprevedibili e rischiose, invece di dare retta alla prudenza e al buon senso.

    Kenneth aveva deciso: avrebbe richiesto che quel giovanotto fosse assegnato alla sua unità.

    Soddisfatto del lavoro svolto, si accese un altro sigaro e con buona pace delle altre scartoffie lasciò l’ufficio per recarsi in mensa.

    Mezzora più tardi, la squadra emergenza incendi lottava per sedare le fiamme che erano divampate nell'ufficio del colonnello. Il mozzicone di sigaro incautamente abbandonato sotto le pile di carte che gli erano rovinate sopra aveva innescato un incendio, risolvendo definitivamente ogni problema del colonnello.

    Il generale O’ Brian, furioso, aveva convocato Braxton nel suo ufficio per avere chiarimenti sull'accaduto. Non c’erano prove che il colonnello avesse intenzionalmente appiccato il fuoco al suo ufficio e, inoltre, c’erano almeno un centinaio di testimoni che erano con lui alla mensa al momento del fatto e che lo scagionavano. Ciò non toglieva che al generale non andasse giù l’aria insolente che Kenneth sfoggiava in quel momento: era evidente che se la stesse godendo un mondo, convinto di aver appena risolto tutti i suoi problemi con il comando.

    «Colonnello» cominciò quindi il generale, «non creda che questo incidente la sollevi dai suoi doveri, le farò pervenire copia di tutti i moduli e fascicoli che ancora mi deve redigere, dovesse compilarli sui tavoli della mensa!»

    Kenneth, nonostante fosse costretto a rimanere in piedi sull'attenti come una recluta che viene strigliata dal suo sergente istruttore, non pareva turbato dalla sfuriata del suo diretto superiore. Mentalmente aveva già calcolato che, prima che gli uffici riuscissero a risalire a tutti gli atti mancanti, sarebbero passate settimane e che non sarebbero nemmeno riusciti a ricostruire tutto quello che effettivamente era andato perso. Nel frattempo, avrebbe avuto il nuovo tenente a cui rifilare le scartoffie; in definitiva era l’ennesima dimostrazione che qualsiasi guaio gli capitasse lui cadeva sempre in piedi. Infatti, anche quando la situazione risultava disperata, ecco che in un modo o nell'altro tutto finiva per risolversi a suo favore e questo per Braxton era uno dei maggiori vanti.

    Mentre Ethan rifletteva su quanto gli piacessero i piani ben riusciti anche se involontari, il generale proseguiva imperterrito nella sua sfuriata.

    «Chiarito questo punto, ho deciso che, se non ha ancora scelto il nuovo tenente per la sua unità, lo nominerò io seduta stante! Carl, i fascicoli!»

    «Se permette, signore» lo interruppe, divertito, Kenneth, «avrei scelto un candidato.»

    «Ma davvero? E chi sarebbe il fortunato?» ringhiò il generale, sempre più irritato dallo sguardo impertinente del suo sottoposto.

    «Signore, ho scelto il tenente Jack Cooper, signore!» rispose prontamente questi, convinto di aver spiazzato il generale e aver segnato un altro punto a suo favore, ma quello che seguì lo disorientò.

    Il generale, noto per essere un uomo tutto d’un pezzo che non si lasciava scomporre da nulla, scoppiò in una fragorosa risata.

    «Cielo, colonnello, nemmeno io avrei potuto fare una scelta più azzeccata! E visto che se l’è scelto, se lo terrà finché questa guerra non finirà; o lui, o Lei tornerete a casa in un sacco di plastica! Darò disposizioni che il tenente si presenti ai suoi alloggi domani alle sei in punto del mattino. Questo è tutto, può andare!»

    Uscito Ethan, il generale si soffermò a pensare al giovane tenente appena assegnato. Onestamente non ricordava di averlo inserito tra i candidati che aveva fornito al colonnello: Jack Cooper non era infatti quella che si poteva definire una prima scelta e non proveniva certamente da un’unità d’élite, o almeno non nel senso inteso da un ufficiale come Braxton; ma a pensarci bene quel giovane era la classica sfida a cui uno come Kenneth non sapeva resistere.

    Il generale aveva conosciuto il giovane tenente tempo prima, ma il ricordo era ancora vivo e lo fece sorridere. Al tempo, era stato il colonnello Decker a trascinare il ragazzo alla sua presenza, affinché prendesse seri provvedimenti contro quell'improbabile ufficiale. Il colonnello aveva fatto una tirata di mezzora sulle presunte colpe e mancanze dell’allora giovane sottotenente, accuse che Cooper in una decina di minuti aveva smontato e ridicolizzato, ostentando una sicurezza e un’impertinenza che rasentava l’insubordinazione e che decisamente gli ricordava qualcuno appena uscito dal suo ufficio.

    A ben pensarci, quel diavolo di un tenente avrebbe di sicuro fatto ammattire Braxton. Erano fatti quasi della stessa pasta, e avevano entrambi più vite di un gatto e l’abilità di cadere sempre in piedi. Sebbene non avesse mai frequentato l’accademia militare, Cooper aveva decisamente la stoffa per diventare uno dei migliori ufficiali di stanza laggiù. Perciò, se com'era già accaduto in passato, Kenneth fosse riuscito a fare di quel ragazzo, privo di una vera formazione militare ma dotato di un talento innato, un vero ufficiale, con ogni probabilità la squadra incursori Alfa Dog non avrebbe davvero più temuto rivali.

    Le previsioni del generale sembravano doversi avverare già dal loro primo incontro. Kenneth, insolitamente agitato in attesa di conoscere il nuovo acquisto della sua squadra, quasi si soffocò con la tazza di caffè caldo che stava bevendo quando un ragazzo – che sembrava più il bel quarterback della squadra di football del liceo, che un berretto verde ormai quasi veterano di quella sporca guerra – gli si presentò dinnanzi con il più smagliante dei sorrisi e un’uniforme impeccabile.

    «Tenente Jack Cooper a rapporto, signore!»

    Seppur ineccepibile nella forma e nel saluto, a Kenneth non sfuggì la nota divertita nella voce del suo nuovo ufficiale, che evidentemente aveva trovato particolarmente spassoso vederlo strozzarsi con il caffè. Se non fosse stato così sconvolto da quello che vedeva, probabilmente Kenneth avrebbe trovato lui stesso la scena divertente e, in fondo, quale tenente non desidera almeno una volta vedere il proprio colonnello strozzarsi con il suo caffè? Ma l’unica cosa che vedeva era uno sbarbatello alle prime armi e il ghigno del generale che sicuramente stava ancora ridendo alle sue spalle, e questo lo rendeva furioso. Quindi, quasi ringhiando, aggredì il suo nuovo sottoposto.

    «Bene, tenente, ha dieci minuti per cambiarsi e presentarsi in uniforme da combattimento al campo di addestramento Alfa 5, dove conoscerà gli altri membri della squadra, e vedremo se alla fine dell’addestramento avrà ancora voglia di sorridere. I suoi alloggi sono nel capanno 24b. Può andare.»

    Il sorriso del tenente non sbiadì di un grado a quell'accoglienza dura, e sempre sorridendo si congedò per presentarsi puntuale all'appuntamento.

    Cooper, allontanandosi a passo spedito, continuava a ripetersi che non si era aspettato niente di più, anche se una vocina fastidiosa continuava a insinuare il contrario. In fondo doveva ammettere che, quando il generale lo aveva convocato di persona e gli aveva detto di essere stato scelto personalmente dal colonnello Ethan Kenneth Braxton tra una ventina di candidati per entrare a far parte di una delle migliori unità dislocate laggiù, una parte di sé si era convinta che finalmente era arrivata la sua occasione e, per una volta, la fortuna aveva girato dalla sua parte. Purtroppo, il suo aspetto non proprio da uomo vissuto, che gli aveva causato più di qualche guaio durante i primi mesi in Vietnam, sembrava averlo di nuovo messo in cattiva luce con il suo nuovo capo.

    Il giovane tenente sospirò mentre ripensava a come, dopo un primo periodo d’inferno, era riuscito pian piano ad acquistare il rispetto e la fiducia di quel manipolo di delinquenti che era stata la sua prima unità. Non senza un certo stupore, Cooper si trovò a considerare che gli mancava la sua vecchia squadra. Ora doveva ricominciare da capo a farsi valere e, per come si erano messe le cose con il colonnello al loro primo incontro, era probabile che avrebbe finito per rimpiangere quel macellaio di Anderson.

    Jack sapeva che avrebbe dovuto lottare per ottenere la fiducia e il rispetto degli uomini che sarebbero stati sotto di lui una volta assegnato a una nuova unità, tuttavia quando gli era stato comunicato che era stato selezionato tra una rosa di candidati, e non semplicemente trasferito dall'alto, aveva osato sperare che avrebbe avuto il supporto del suo ufficiale comandante. Ora, purtroppo, era chiaro che se la sarebbe dovuta cavare da solo e, anzi, si era trovato ad aggiungere l’impresa, forse impossibile, di riuscire a comprarsi pure la fiducia e il rispetto del suo nuovo superiore.

    Jack Cooper già non era sicuro di riuscire a ingannare quella che era una vera e propria unità d’élite con le sue credenziali fasulle, figuriamoci ora che si vedeva aggiungere il compito quasi impossibile di truffare una leggenda vivente come il colonnello Braxton, per fargli cambiare opinione su di lui e assicurarsi un posto permanente in squadra. Tuttavia, quei pensieri negativi non servivano a nulla, se non a sottrargli le energie necessarie per darsi da fare e trovare il modo migliore per presentarsi ai suoi nuovi commilitoni.

    Cooper si fermò a riflettere che quell'esercitazione poteva essere un buon punto di partenza, anzi, il migliore tra soldati. L’aspetto e il pedigree, infatti, contavano poco se non dimostravi di valere qualcosa sul campo, e Jack sapeva di avere diverse carte da giocare in proposito. Il resto sarebbe venuto da sé col tempo.

    Cooper arrivò puntuale e trovò la squadra già riunita e pronta, mancava solo il colonnello. Ora cominciava il difficile. Si avvicinò al gruppo di uomini, cercando di apparire tranquillo e di presentarsi senza complicazioni anche in assenza del superiore.

    Il tenente fu accolto dai due sergenti che provvidero a presentargli il resto della squadra già in riga sull'attenti. Erano un’unità disciplinata e compatta: sapessero o meno del suo piccolo incidente con il colonnello non sembravano, almeno al momento, intenzionati a frantumargli qualche osso per dargli il benvenuto come gli era successo nella sua prima unità. Tuttavia doveva andarci cauto, tenere un basso profilo e vedere cosa sarebbe accaduto una volta giunto il superiore.

    Il colonnello Braxton non si fece aspettare a lungo. Tutti percepirono all'istante l’umore nero dell’uomo e che, di conseguenza, quella mattina sarebbe stata un vero inferno.

    «Vedo che le presentazioni sono già state fatte, Tenente. Ora che ne direbbe di unirsi ai suoi uomini per conoscervi meglio?»

    Cooper non fece una piega e, scattato sull'attenti con un pronto «Signor sì, signore», si unì ai soldati per eseguire l’addestramento, mentre i due sergenti si scambiarono un’occhiata alquanto perplessa, prima di scattare e seguire il loro nuovo ufficiale accolto come fosse un soldato semplice dal loro colonnello.

    Braxton, sempre più irritato dal comportamento del suo nuovo ufficiale, li fece sudare come raramente aveva fatto. Alla fine della sessione, pochi riuscivano ancora a stare in piedi; il giovane tenente, seppur provato, era uno di questi e ciò che infastidiva di più il colonnello era che aveva ancora stampato in faccia quel maledetto sorriso e che si comportava come nulla fosse.

    Congedati, tutti andarono a farsi una doccia per poi darsi appuntamento allo spaccio della base per farsi una birra. Cooper non era stato invitato: tutti pensavano che il trattamento che gli era stato riservato quel giorno lo dovessero al nuovo ufficiale, e nessuno di loro aveva voglia di averci a che fare. Tuttavia il giovane tenente sapeva che, se voleva entrare a far parte di quell'unità, doveva assolutamente impedire che l’iniziale indisposizione nei suoi confronti mettesse radici tra gli uomini. Doveva agire in fretta e ribaltare la situazione in suo favore. Per cui, seppure non invitato, raggiunse gli uomini dell’ Alfa Dog.

    Cooper sapeva ch'era fondamentale riuscire a presentarsi di nuovo ai suoi uomini in una chiave diversa. Non dovette sforzarsi molto perché a metterlo subito a suo agio ci pensò una sua vecchia conoscenza.

    «Jack, diamine! Che ci fai qui!?» Lo accolse il mulatto capitano Jean Durand che sedeva al fianco del sergente Alvarez.

    Forse sarà tutto molto più semplice del previsto, pensò Giver sorridendo al vecchio amico che mai si sarebbe aspettato di trovare lì.

    «Non sapevo avessi deposto le tue ali da pilota per unirti a noi berretti verdi!»

    «Ah no, le mie ali non si toccano, ma lo sai che mi piace passare del tempo con i ragazzi a cui salvo la pelle! Ma tu che ci fai qui?» e senza dargli il tempo di rispondere concluse strizzandogli l’occhio: «Sai, stavamo proprio parlando di un tenentucolo mandato dai piani alti che, nemmeno arrivato, ha già messo tutti nei guai con il colonnello! Ne sai qualcosa?»

    «Sì, direi che lo conosco piuttosto bene: sono stato promosso qualche mese fa e visto che il mio reparto… Beh, diciamo che non aveva bisogno di un tenente, hanno finito per trasferirmi qui!»

    Jean conosceva bene il biondo ufficiale e, resosi conto del desiderio del suo amico di chiudere in fretta l’argomento relativo la sua precedente unità, decise di interpretare a modo suo i sottintesi volutamente lasciati aperti.

    «Di’ la verità» lo stuzzicò bonariamente, «ti hanno buttato fuori perché li spennavi al gioco e hai fregato la ragazza al tuo diretto superiore…»

    I due risero allegri, mentre un omone dalla folta zazzera rossa, grosso come una montagna, dopo aver porto due lattine di birra al pilota e al sergente Alvarez, intervenne: «Ehi, piantagrane di un tenente, non aspettarti che prenda ordini da un soldo di cacio ricco e viziato come te e che ti chiami Signore…»

    Prima che Cooper potesse rispondere, il sergente Alvarez s’intromise: «Ehi, Irlandese, già sbronzo? Ti pare modo di rivolgerti al nuovo tenente?» Quindi, formale, prese a scusarsi: «La prego di non fare troppo caso al Sergente Conall Heaney, alle volte ha dei modi un po’ ruvidi, ma le garantisco che è un ottimo elemento. Spero vorrà soprassedere sul suo, come dire, colorito saluto. Sa, crede di essere spiritoso.»

    Jack, rilassato, sorrise: decisamente non avrebbe avuto problemi a inserirsi, se quelle erano le premesse.

    «Non temete, sergente Alvarez, so apprezzare chi è schietto e in fondo nemmeno io amo particolarmente le formalità.» Quindi si presentò alla squadra questa volta a modo suo: «Sono il tenente Jack Cooper, ma potete chiamarmi semplicemente Jack, anche se i più mi conoscono come Giver, l’intermediario di fiducia di Shadow, e se avete bisogno dei suoi servigi chiedete pure a me! Inoltre, da quel che ne so, nell'unità del colonnello Braxton è lui che dà gli ordini, quindi non sarà un problema mio se disobbedirete! Io sono qui per dare supporto e rifornire la squadra del necessario. Chiedete e vi sarà dato è il mio motto!»

    Il tenente aveva spiazzato l’Irlandese, mentre il sergente Alvarez si rilassò visibilmente e strinse la mano che gli veniva porta.

    «Puoi chiamarmi Diego e se hai qualche problema ricordati che io e l’Irlandese siamo a disposizione» rispose altrettanto informale.

    I due sergenti si scambiarono uno sguardo d’intesa: il nuovo tenente sembrava uno a posto con cui si poteva ragionare e che non avrebbe creato grossi problemi alla squadra con strane velleità da borioso ufficiale, anzi, sembrava pure un tipo simpatico. L’unico neo era che, probabilmente, non sarebbe durato a lungo laggiù, visto l’aspetto da sbarbatello che aveva e la poca simpatia che aveva suscitato nel loro colonnello.

    Altri si presentarono, quando un soldato scelto di nome Jason Woods azzardò: «Ma tu sei l’intermediario di quel Shadow… cioè sì, insomma, il contrabbandiere dalla fama più losca che ci sia in circolazione, ma che dicono sappia fare autentici miracoli riuscendo a procurare praticamente qualsiasi cosa e che è riuscito a fornire al diciottesimo una piscina rossa, quattro barili di birra tedesca, non so quante bottiglie di super alcolici e prostitute, per festeggiare il rientro a casa di William in barba al comando e al divieto di festeggiamenti non autorizzati?»

    Jack sorrise, furbo, senza né confermare né negare.

    «Come ho detto: chiedi e ti sarà dato. E la prima fornitura ha uno sconto del dieci percento!»

    Le ordinazioni cominciarono a piovere e Giver pensò che non fosse stato poi così difficile evitare di farsi prendere a calci nei denti il primo giorno, in più il suo piccolo giro d’affari aveva di colpo acquistato almeno dieci nuovi clienti e le sue finanze ne avrebbero gioito. Considerando, poi, che era da un po’ che non trattava più affari con nessuno. Ora aveva l’occasione per riprendere la sua attività e tornare in pista, cominciando con una fornitura gratuita per il suo amico pilota che, con stupore, scoprì essere stato promosso e spostato alla guida di un elicottero: uno dei tanti miracoli dell’influenza del colonnello Braxton. Constatata l’abilità e il fegato del pilota di colore, aveva forzato la mano al comando per farlo diventare la sua personale assicurazione sulla vita, come lui stesso l’aveva definito dopo che era stato l’unico abbastanza pazzo da offrirsi di recuperare lui e la sua unità durante una missione in cui erano finiti impantanati in un’imboscata.

    Giver non aveva motivi di dubitare della storia che gli aveva raccontato il suo amico pilota e questo lo rendeva timidamente ottimista sul fatto che, se il colonnello aveva soprasseduto sul colore della pelle di Durand una volta compreso il suo valore come pilota, forse avrebbe fatto altrettanto con lui una volta dimostratogli che sapeva essere efficiente.

    Capitolo 2

    Il tempo trascorse in fretta, ma i rapporti tra il nuovo tenente e Kenneth non migliorarono di una virgola. Il colonnello aveva dovuto ammettere, almeno a se stesso, che l’ufficiale, al di là dell’aspetto da recluta, era in gamba; tuttavia non lo poteva soffrire. Era l’unico della sua squadra che sembrava impermeabile al suo carisma, era l’unico figlio di puttana che non accennava ad alcuna reazione alle sue continue provocazioni, se non con quel dannato sorriso di accondiscendenza come fosse lui il novellino.

    Per di più, quel Diavolo del suo nuovo tenente aveva irretito le simpatie dei suoi uomini comprandoli con forniture che, lui stesso, si stupiva di come riuscisse a ottenere. Ma, sopra ogni cosa, Kenneth non sopportava che quel tenente dall'aspetto di un pivello fresco d’accademia, furbo, dalla battuta sempre pronta e tagliente, stava cominciando a piacergli. Il problema era che Cooper appariva troppo perfetto.

    In quello schifo di posto, il giovane ufficiale si comportava come se non fosse un soldato che vedeva ogni giorno gli orrori della guerra, ma piuttosto come se fossero a una scampagnata, o meglio, a un campeggio estivo di quelli per ragazzi ricchi. Certo, anche Cooper dopo una missione era infangato, stanco e affamato, ma bastava una doccia per far ricomparire quell'aria impertinente, come se con lo sporco fosse in grado di lavar via anche i ricordi di quello che a volte vedevano, o erano costretti a fare. Non era normale. Addirittura il colonnello Braxton, pluridecorato veterano della guerra in Corea, a volte aveva delle giornate in cui tutto quello schifo lo opprimeva e intaccava il suo spirito tanto che gli faceva venire nostalgia persino della sua ex moglie; mentre il tenente Cooper non sembrava averne. Inoltre, sembrava che l’ufficiale non avesse paura di niente. Era invischiato con i peggiori elementi della base e in un paio di occasioni, se non fossero intervenuti lui e il sergente Conall, a farlo tornare a casa in un sacco di plastica ci avrebbero pensato probabilmente i suoi commilitoni. In missione era sempre l’ultimo a lasciare la posizione, fornendo copertura agli altri, ed era l’unico che, pur lamentandosi di doversi sporcare la divisa, accettava alcune delle sue soluzioni più rischiose senza battere ciglio, finendo alle volte per metterci pure del suo.

    Braxton aveva provato a modo suo a sondare Cooper, ma questi era peggio di un’anguilla: come pensavi di averlo in pugno, quello con una battuta tagliente ribaltava le carte in tavola.

    Kenneth era convinto che il tenente Jack Cooper non poteva che avere qualcosa di terribilmente sbagliato e che avrebbe finito per rovinare la sua squadra. Quindi l’aveva preso di mira con turni estenuanti e incarichi al limite del possibile. Per ora aveva retto, ma il colonnello Braxton non aspettava che un suo errore per colpire. L’avrebbe costretto a chiedere il trasferimento. Intanto per quella notte aveva in programma di interrompere il riposo sereno dell’ufficiale con una bella incursione a sorpresa nel suo alloggio.

    Era consuetudine verificare che i propri uomini fossero sempre allerta anche nei loro alloggi alla base. Gli altri comandanti facevano esercitazioni di falsi allarmi che prevedevano il mobilitarsi dell’intera unità nel tempo di dieci minuti nel cuore della notte, con tanto di sirene e richiami gridati tra una baracca e l’altra.

    Kenneth aveva un sistema tutto suo: entrava furtivo negli alloggi dei suoi uomini, scortato da due o tre di loro, e prendeva i malcapitati di sorpresa. Se non reagivano prontamente all'aggressione, per loro scattava una sessione di allenamento extra. Quella notte era il turno del suo tenente di sperimentare le conseguenze di un riposo troppo sereno e poco attento.

    Il colonnello Braxton ne aveva parlato con il capitano Jean Durand per carpire qualche informazione in più su come colpire al meglio il tenente di sorpresa e fargli passare un brutto quarto d’ora. Il pilota era quello che conosceva meglio il tenente e, per qualche strana ragione, sembrava anche che il capitano ci tenesse particolarmente a lui. Quindi Kenneth era rimasto sorpreso dall'unico suggerimento ricevuto da Durand: portarsi dietro i due uomini più grossi e abili nel combattimento corpo a corpo.

    Così, quella sera, Kenneth, il soldato scelto Jason e un contrariato sergente Conall si preparavano a fare irruzione nella camera del tenente.

    All'Irlandese non era piaciuto per niente essere stato scelto per quella missione. Odiava quel sistema di addestramento e, quando era toccato a lui, aveva spedito in infermeria tre degli assistenti di Braxton, prima di calmarsi. Con un altro colonnello il sergente sarebbe stato nei guai, ma con Kenneth si era trovato una nota di merito. Tuttavia, quel sistema non andava proprio a genio al corpulento sergente e poi all'Irlandese dispiaceva per il tenente che, decisamente, non piaceva al colonnello; anche se non ne capiva la ragione. Cooper si era dimostrato più affidabile di quanto Heaney avrebbe mai immaginato. Il tenente, o Giver come tutti in squadra ormai lo chiamavano, si era rivelato infatti un piccolo delinquente, manipolatore e bugiardo, che però non aveva mai mancato a una consegna e gli aveva sempre procurato tutti i rifornimenti che gli aveva chiesto nei tempi stabiliti. Inoltre, già dalle prime missioni in cui erano finiti a dover lavorare insieme, il giovane tenente, pur agendo spesso in modo del tutto insolito per un ufficiale, aveva dimostrato di essere in gamba, guadagnandosi il suo rispetto.

    Purtroppo era chiaro che il loro colonnello non la pensasse allo stesso modo e stesse facendo di tutto per sbatterlo fuori dalla squadra. Per ora Cooper aveva retto bene, ma se Braxton aveva deciso di sottoporre il tenente a quell'esercitazione – di solito riservata ai soldati – e aveva voluto lui e Jason per sistemare quel soldo di cacio era sicuramente per conciarlo per le feste e costringerlo a chiedere il trasferimento. Non sarebbe certo stata la prima volta che il colonnello Braxton usava quel sistema per epurare la sua unità dai pivelli non ritenuti all'altezza, ma di sicuro era la prima volta che la usava su un ufficiale e che Heaney non si trovava d’accordo.

    Il corpulento sergente era certo che il biondino, dopo tutti quei turni estenuanti che il loro colonnello gli aveva rifilato di recente, sarebbe stato addormentato troppo profondamente per essere reattivo a un loro assalto notturno; nessuno dell’unità lo sarebbe stato, e questo all'Irlandese non stava bene per niente. Tuttavia, se il colonnello dava un ordine bisognava eseguirlo, che piacesse o meno. L’irlandese, quindi, di malavoglia seguì il suo ufficiale superiore ripetendosi mentalmente che, in fondo, quello facesse parte del sistema di addestramento per cui Braxton era così famoso e la sua una delle unità migliori e per quanto i suoi metodi potessero essere discutibili erano anche efficaci e avevano salvato il collo a più di uno di loro.

    Il sergente Conall Heaney e il Colonnello Braxton si mossero silenziosi verso il loro obiettivo con il soldato scelto Jason Woods in copertura. La stanza del tenente si trovava in fondo al corridoio; non vi era altro modo per accedervi che la porta di ingresso. La porta era diligentemente chiusa a chiave, ma non fu un problema forzare la serratura, anche se nell'aprirla questa cigolò sinistramente. Per un attimo il colonnello Braxton si immobilizzò temendo che il tenente si fosse svegliato, ma la sua sagoma ancora immobile nel letto sembrava indicare che dormisse della grossa.

    Uno a zero, pensò l’ufficiale.

    L’avrebbe colto di sorpresa e conciato per le feste. Un leggero cigolio da un’asse dissestata del pavimento fece nuovamente fermare il colonnello che, preoccupato, fece cenno al sergente e a Woods di restare indietro sulla porta per evitare di fare rumore, anche se per il momento il tenente non sembrava essersi accorto di nulla e non accennava alcuna reazione.

    Braxton pregustava già la vittoria: ormai Cooper era suo.

    Avvicinandosi e pronto a colpire, il colonnello si ritrovò a chiedersi come un pusillanime come quello avesse tanto credito presso il pilota e fosse riuscito a fregare i suoi uomini carpendone la fiducia. Non era però il momento per soffermarsi su quelle considerazioni: dopo quella notte, tutto sarebbe andato al suo posto. Quella sera l’avrebbe fatto crollare e avrebbe mostrato ai suoi ragazzi il vero volto del loro tenente: un arrogante, viziato e piagnucoloso pivello che, messo alle strette, avrebbe venduto tutti loro al miglior offerente pur di salvarsi il collo.

    L’irlandese e Jason, come da ordini, erano rimasti sulla soglia e osservavano in silenzio la scena non senza una certa nota di apprensione per la sorte del giovane ufficiale. Tutto accadde in un attimo. Come il Colonnello fu sul punto di colpire il tenente addormentato, venne afferrato da una presa micidiale che, impedendogli ogni possibile reazione, gli fece sbattere la testa sullo spigolo del comodino metallico al fianco del letto del tenente e finire tramortito a terra immobilizzato con un coltello alla gola. Conall, allarmato, intervenne di corsa bloccando Giver, prima che si decidesse a sgozzare il colonnello non avendo fortunatamente ancora portato a termine l’azione letale. La differenza di forza tra il tenente e Heaney era evidente, eppure il sergente, con suo enorme stupore, si trovò a dover faticare per trattenere Jack: non poteva rischiare di spezzargli un osso o procurargli qualche grave lesione. Jason non fece in tempo a chinarsi sul colonnello per accertarsi delle sue condizioni che Cooper, con una testata, costrinse l’Irlandese ad allentare la presa su di lui e, sferrando un colpo basso, riuscì a mettere KO il gigantesco aggressore e recuperare il coltello caduto a terra poco lontano, pronto a vendere cara la pelle.

    Il trambusto della lotta e le grida richiamarono gli altri occupanti dell’edificio che, armi alla mano, accesero la luce e fecero irruzione. La scena che si presentava aveva un che di comico e grottesco nella sua tragicità. Il grande Colonnello Ethan Kenneth Braxton, ancora in stato confusionale e con la testa sanguinante, si stava rialzando da terra sostenuto dal soldato scelto Jason Woods; mentre il gigantesco sergente Heaney Conall era ancora piegato in due per un colpo basso andato a segno e in piedi, ormai prossimo alla fondina della sua pistola, si ergeva un sudato e sconvolto Jack Cooper, che stringeva il coltello d’ordinanza pronto a uccidere. Il tempo si congelò per il giovane tenente quando si voltò e un brivido di terrore e rabbia l’assalirono nel constatare chi fossero gli aggressori e cosa avesse loro appena fatto e cosa sarebbe potuto succedere, se solo non avesse avuto quel provvidenziale momento di esitazione.

    Gli sguardi del tenente e del colonnello si incrociarono e quello che il superiore vide lo colpì come uno schiaffo: la maschera di Giver era caduta; la paura, il tradimento e mille altre emozioni trapelavano da quello sguardo ferito che lo faceva apparire ancora più giovane di quanto Braxton avesse pensato. Eppure, quello che seguì fu peggio: tutte quelle emozioni vennero spazzate via e non più dal sorriso impertinente che ormai tutti avevano imparato ad associare al giovane ufficiale, ma da una rabbia feroce, selvaggia e spaventosa che fece rabbrividire Kenneth, impedendogli di prendere in mano la situazione prima che Cooper, con un enorme sforzo, si costringesse a rimettere sotto chiave quei sentimenti violenti che erano sfuggiti al suo controllo.

    Il vociare chiassoso dei commilitoni accorsi a vedere cosa stesse accadendo riportarono Giver definitivamente nel personaggio.

    «Spero si sia divertito, Colonnello!» ringhiò al suo superiore, esibendosi in un perfetto saluto. «Ora, con permesso, anticipo di un paio d’ore i miei due giorni di libera uscita.»

    Gli uomini presenti, avendo ormai chiaro cosa fosse accaduto, si rilassarono e scoppiarono a ridere, mentre un paio di pacche sulle spalle accompagnarono l’uscita in grande stile di Jack.

    «Maledizione!» imprecò tra sé Kenneth. Il suo piano geniale era andato a puttane, anzi, aveva funzionato anche troppo: il tenente era esploso, ma non come si era aspettato lui.

    Il colonnello aveva etichettato Jack Cooper come un ricco, viziato figlio di papà, dotato di un’arroganza tale da farlo sentire al di sopra di tutto e tutti, come se lui non potesse essere realmente ferito gravemente o ucciso. Lo vedeva come un drogato di adrenalina e un amante del pericolo, sufficientemente intelligente da ricavarsi la sua nicchia privilegiata anche in quell’inferno di guerra. L’aveva bollato come un manipolatore egoista e calcolatore che non sarebbe stato difficile sorprendere mentre dormiva al sicuro nella sua branda. Non gli era nemmeno sfiorato il più piccolo dubbio che forse le cose non stavano così, che potevano esserci altre spiegazioni, eppure l’amicizia con il capitano Jean Durand avrebbe dovuto farlo riflettere. Il pilota non era uno stupido e nemmeno uno che dava la sua fiducia e amicizia così facilmente. Di fatto, e per la prima volta, l’infallibile colonnello Ethan Kenneth Braxton aveva sbagliato a giudicare una persona. In fondo, oltre a quell'unica pagina del suo fascicolo e la risata del generale, Kenneth non sapeva nulla del tenente e del suo vissuto. Forse era il caso di chiedere una copia del fascicolo completo dell’ufficiale e lunedì, quando fosse rientrato dalla licenza, avrebbero parlato.

    Jack, uscito in fretta senza riflettere, corse a vuoto per le vie della base deserta e ancora addormentata. Solo l’ennesimo sasso che urtò lo riportò alla realtà: era scalzo e vestito soltanto con i boxer e la maglietta che usava per dormire. Se qualche pattuglia delle M.P. lo avesse trovato in giro così, sarebbero stati guai; e poi, a dirla tutta, ora che la rabbia e l’adrenalina stavano scemando sentiva le gambe cedergli: aveva bisogno di bere qualcosa di forte e sedersi, ma al momento, e in quelle condizioni, davvero non sapeva dove andare. Crollò in ginocchio e si sarebbe messo a urlare se una voce amica non lo avesse chiamato.

    «Ehi, Giver! Che ne dici di una birra da me?»

    «Che ne dici di un whisky? Credo di avere bisogno di qualcosa di un po’ più forte stasera» replicò con un timido sorriso al capitano, che annuì.

    «Già, lo credo anch'io, ma la bottiglia la porti tu! E ora ti consiglio di alzarti e muoverti: non vorrei che mi rubassi la fama di eccentrico, se qualcuno ti vedesse in giro così!»

    Il sorriso si ampliò sul volto del tenente che si alzò per seguire l’amico. Jean Durand aveva l’incredibile capacità di comparire sempre al momento giusto. Quello che Giver non poteva sapere era che il pilota lo aveva seguito da quando aveva lasciato la baracca dei suoi alloggi, aspettando il momento giusto per avvicinarlo, senza che questi se ne accorgesse. Sapendo dei piani del colonnello, si era infatti preoccupato della possibile reazione del suo amico e, come un silenzioso angelo custode, gli aveva coperto le spalle per tutto il tempo che era servito al tenente per riprendersi e tornare sufficientemente lucido da gradire un po’ di compagnia.

    Dopo un paio d’ore, e parecchi bicchieri di whisky, Jean, sperando che Cooper si fosse un po’ rilassato, provò a sondare il terreno per vedere se l’amico volesse sputare il rospo.

    «Allora… il colonnello ti ha giocato il tiro del: Sei un soldato vigile o sei un soldato morto?»

    Giver era combattuto se sfogarsi o seppellire quell'episodio insieme al resto, ma decise che per una volta poteva anche aprirsi.

    «Quindi non ho avuto un trattamento speciale? Questa cosa mi offende, ormai credevo di essere il suo preferito…»

    «Oh, di questo non dubiterei, comunque!» sghignazzò di rimando Durand. «Sei decisamente il suo pupillo! E, dimmi, com’è andata? Dico la parte prima della tua fuga in boxer e maglietta…»

    «Cosa vuoi che ti dica? Ci è mancato un pelo che non lo sgozzassi come un maiale e domani l’Irlandese credo vorrà uccidermi, visto che devo avergli massacrato i gioielli di famiglia e forse rotto il naso, e tu sai quanto quel bestione sia legato alla famiglia! Ma non è colpa mia, insomma, hanno interrotto loro il mio sonno ristoratore: se non dormo almeno otto ore mi vengono le occhiaie e poi chi le sente le mie ammiratrici!»

    A sentire quella descrizione degli eventi e immaginandosi la scena, per poco Jean non cadde dalla sedia per le troppe risate. Giver però lo fissava non partecipe della sua ilarità, perso nei suoi pensieri.

    «C’è poco da ridere. Guarda che dormire è importante, tanto più per chi ci deve lavorare con il proprio fascino! E io è per quello che servo, no? Ammaliare con il mio faccino d’angelo e poi colpire basso! Lo dice anche il colonnello, quando mi manda a scoparmi qualche moglie di un suo collega per sapere in anticipo i piani del comando, e… Cristo, stavo per ucciderlo! Ci è mancato davvero poco! Tu non capisci, io credevo…» Giver iniziava a farsi prendere dalle vere emozioni che ribollivano nel profondo della sua anima; l’alcool aiutava a farle emergere. «Se non fossi stato già sveglio, di sicuro…» C’era rabbia e disperazione in quelle parole.

    «Ehi, non è successo, no?» cercò di placarlo il capitano. «E poi il colonnello Braxton non è tipo che si fa ammazzare così facilmente.»

    «Non capisci, io l’avevo già stordito. Il mio coltello era sulla sua gola e volevo ucciderlo con tutte le mie forze!»

    «Jason e l’Irlandese erano lì apposta, no? Ti hanno fermato in tempo! Kenneth non è così sprovveduto, aveva certamente calcolato una tua possibile reazione, quindi qualsiasi cosa poteva succedere non sarebbe successa e sono sicuro che lunedì con il colonnello sarà un’altra musica, vedrai.»

    Le parole del pilota non sembravano sortire alcun effetto su Jack che continuava a scuotere il capo.

    «No, l’Irlandese non sarebbe mai arrivato in tempo, è stata solo fortuna che una parte di me volesse massacrarlo di botte, prima di ucciderlo, e ho esitato. O a quest’ora non ci sarebbe più la leggenda vivente Ethan Kenneth Braxton! Jean, io sono pericoloso!»

    «Sei un berretto verde, sarebbe strano se tu non lo fossi! Dai, guarda il lato divertente: hai restituito al colonnello il gentile benvenuto in squadra che ti ha riservato!» continuò Durand in tono leggero. «In più ti svelo un piccolo segreto: gli altri ragazzi ora sanno che sei a tutti gli effetti uno degli uomini di Kenneth!»

    Giver, scosso da quelle parole, riprese finalmente il contatto con la realtà. Fino a quel momento, sembrava seguire i fantasmi che lo tormentavano, e guardò perplesso l’amico non riuscendo a capire cosa intendesse.

    «Questa era l’ultima prova a cui il colonnello sottopone un nuovo membro del Team» spiegò, paziente, il pilota, «vuole capire con chi ha a che fare. Ti mette sotto pressione e, quando pensa che sei al limite, vuole vedere quanto reattivo ancora riesci a essere in una situazione estrema come un’aggressione notturna dopo una giornata sfiancante!»

    Quel discorso aveva senso per il giovane tenente, in fondo tutto il suo addestramento si era basato su principi analoghi. Certo, il metodo usato in quel caso era davvero fuori dall'ordinario, ma era del colonnello Ethan Kenneth Braxton che si parlava e quindi anche quello poteva rientrare benissimo nelle sue procedure standard.

    Finalmente Giver si rilassò.

    «Resta il fatto che dovrò farmi perdonare dall'Irlandese. Che ne dici se domani gli faccio pervenire un paio di bottiglie di quelle buone come risarcimento?»

    «Sì, direi che questa può essere una buona idea!»

    Il capitano sorrise soddisfatto del suo lavoro di persuasione che aveva calmato il tenente, ma c’era ancora una faccenda da sistemare: Kenneth c’era andato giù pesante con il suo amico senza la minima idea di cosa andasse a scatenare. Il colonnello l’aveva letto il fascicolo del suo tenente, prima di prenderlo così di petto con tanta leggerezza? Forse era il caso di farci due chiacchiere, pensò.

    Era ormai l’alba e il pilota volle lasciare riposare un po’ l’amico, ch’era decisamente stravolto dalla stanchezza.

    «Bene, direi che per me è ora di prendere servizio, ma tu se vuoi resta pure qui a dormire un po’. Nessuno ti disturberà, sono tutti giù agli hangar

    Giver fu grato dell’offerta: passata ormai del tutto l’adrenalina e lo spavento faceva fatica a tenere gli occhi aperti, ma non voleva disturbare oltre.

    «Grazie, ma credo che rientrerò nel mio alloggio, mi farò una doccia e…»

    «Come vuoi. Io devo scappare, comunque puoi prendere una delle mie divise da addestramento, avevamo più o meno la stessa taglia l’ultima volta che uno di noi due è rimasto in mutande e da qualche parte dovrei averli ancora i vestiti che mi avevi prestato. Le scarpe ti andranno un po’ strette, ma dovrebbero bastarti per non finire a trascorrere il tuo primo giorno di licenza in cella. E non preoccuparti di disturbare, se vuoi riposarti un po’ fallo pure: io non credo rientrerò prima di questo pomeriggio.»

    Il pilota uscì dalla stanza lasciando solo Giver.

    Il letto era davvero invitante e alla fine Jack pensò che se si fosse riposato giusto un’oretta non sarebbe stato un problema, e poi così avrebbe evitato di incrociare gli altri ufficiali della sua baracca che prendevano servizio. Con quel pensiero si addormentò.

    Kenneth era rientrato senza una parola nei suoi alloggi, si era fatto una doccia e la barba. Allo specchio il cerotto sulla ferita alla testa che proteggeva i punti che gli avevano messo in infermeria gli ricordò qual era la priorità della giornata. Il medico non aveva fatto domande, né indagato sulla panzana raccontata da Braxton sull'origine della ferita. Era ormai abituato alle stravaganze del colonnello e dei suoi uomini. Tuttavia era strano che in infermeria ci fosse finito solo lui e non anche un paio dei suoi sottoposti, ma il medico, avendo notato lo sguardo stranamente turbato e assorto del colonnello, non aveva osato indagare.

    Kenneth continuava a non darsi pace, non era da lui sottovalutare in quel modo le situazioni e tanto meno le persone: con il tenente Cooper aveva preso un granchio colossale e questo era inaccettabile. Doveva assolutamente leggere con più attenzione il fascicolo del giovane ufficiale.

    Alzò la cornetta e fece una chiamata.

    «Ciao, Adam, sono Kenneth…»

    «Kenneth?»Una voce stupita rispose prontamente ma, senza avere il tempo di aggiungere molto altro, fu interrotta da Braxton.

    «In carne e ossa, o credevi forse che avessi già tirato le cuoia qui in Vietnam? Ti ricordo che, anche se non sono un ufficiale da scartoffie e guanti bianchi, ho la pellaccia dura e di sicuro camperò almeno il doppio di un damerino come te!» lo derise duramente.

    «Questo è da vedersi, ma come mai mi chiami nel cuore della notte? Non spererai mica di farmi venire un infarto per così poco e aggiudicarti così la mia scorta di Bourbon…?»

    «No, amico, in realtà avrei un favore da chiederti» ammise Kenneth. «Avrei bisogno di una copia in tempi brevi del fascicolo completo del tenente Jack Cooper.»

    «Problemi con il tuo nuovo ufficiale, Ethan?» chiese divertito Adam, prendendo in contropiede Kenneth.

    «Come diavolo fai a sapere…?» rispose l’altro, imbarazzato.

    «Sono pur sempre il braccio destro del comandante in capo quaggiù, nonché responsabile del servizio di informazioni e Intelligence. Difficilmente non so qualcosa» replicò l’uomo, divertito di aver appena preso in contropiede il vecchio amico.

    «No, nessun problema…»

    «Ma davvero? Allora perché non richiami in orario di ufficio e aspetti un paio di settimane, invece di buttarmi giù dal letto a quest’ora del mattino – anche se notte direi sia più appropriato – e mi lasci dormire?»

    Ormai messo all'angolo e imbarazzato dall'aver scoperto così facilmente le carte, Ethan si vide costretto ad ammettere: «Diciamo che credo di aver sottovalutato un po’ il mio tenente e comunque niente di grave. Forse avrei solo dovuto leggere il suo fascicolo con più attenzione, prima che bruciasse insieme al mio ufficio, per meglio inquadrarlo, ecco tutto…»

    Adam rise di gusto dell’imbarazzo del suo vecchio amico.

    «Non credo alle mie orecchie! E così anche l’onnisciente " Mi basta un’occhiata per sapere chi sei"ha finalmente ceduto e si abbassa a leggere i fascicoli del personale! Vista la soddisfazione che mi hai appena dato, ti faccio inviare immediatamente l’intero fascicolo e, se vuoi un consiglio, prenditi la mattinata libera per leggerlo…»

    Si salutarono e, come promesso, tempo una mezz'ora il fax del colonnello Braxton era impegnato a stampare il voluminoso fascicolo del tenente Cooper.

    Erano le otto del mattino e Kenneth aveva finalmente l’intero fascicolo rilegato sulla sua scrivania. Era davvero una lettura piuttosto impegnativa a vedersi, e magari prima di dedicarvisi avrebbe fatto meglio a parlare con il capitano Durand: di sicuro lui sapeva qualcosa che a lui era completamente sfuggito con il tenente. Non riuscì a terminare quel pensiero che qualcuno bussò alla sua porta. Fattolo entrare, Kenneth sorrise.

    «Capitano, stavo pensando proprio a lei.»

    «Colonnello, felice di averla anticipata.» Poi, spostando lo sguardo sulla medicazione alla testa del suo superiore, proseguì ironicamente: «Scivolato sul sapone?»

    «Sì, si può dire così. Ma si accomodi, capitano, non resti in piedi: credo che avremmo diverse cose di cui discutere. Gradisce un po’ di caffè?»

    «Sì, grazie, colonnello, del caffè forte mi ci vuole. Lettura interessante?» chiese, adocchiando il file di Cooper sul tavolo.

    «Non saprei, per ora ho letto solo la prima pagina dello stato di servizio con le valutazioni complessive» ammise Braxton.

    Quella confessione spiegava un’infinità di cose, ma Jean non voleva rendere le cose facili al colonnello.

    «Capisco. E immagino che per uno come lei fosse sufficiente quello e una prima occhiata per inquadrare il nuovo tenente.»

    «Credo di aver commesso qualche piccolo errore di valutazione con il tenente Cooper e volevo un suo parere in merito.» Kenneth aveva capito che il capitano Durand non gli avrebbe semplificato il compito, quindi era andato dritto al sodo.

    Il pilota se la rideva: era chiaro che il colonnello avesse tragicamente scoperto che il suo intuito non era poi così infallibile, ma non era ancora soddisfatto, voleva che Kenneth fosse costretto a vedere senza margine di scuse la madornale svista che aveva preso.

    «Sono a sua disposizione, mi dica pure il quadro che si era fatto del tenente e, se posso, l’aiuterò a dipanare la matassa.»

    Kenneth digrignò i denti, ma sapeva di aver bisogno della collaborazione del capitano, per venire a capo del mistero ed evitare di leggersi un fascicolo di una quarantina di pagine che probabilmente non l’avrebbe comunque aiutato.

    «Ebbene, il suo stato di servizio mi aveva colpito e per quello ho chiesto di lui, ma l’ho incontrato solo ad assegnazione avvenuta e onestamente sono rimasto interdetto. Sembrava un arrogante bulletto del liceo più che un berretto verde con otto mesi di guerra alle spalle e, seppur nei giorni successivi abbia dimostrato di essere un discreto soldato, l’impressione che fosse un arrogante viziato figlio di papà non mi è mai passata. In un paio di occasioni credo di averglielo anche fatto notare e di certo lui non ha mai cercato di smentirmi.»

    A sentire quelle affermazioni, Durand per poco non scoppiò a ridere in faccia al colonnello: dire che aveva preso una cantonata era un eufemismo.

    «Capisco» replicò

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