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CATAP - Cacciatori di Tesori con l'Aiuto del Paranormale
CATAP - Cacciatori di Tesori con l'Aiuto del Paranormale
CATAP - Cacciatori di Tesori con l'Aiuto del Paranormale
E-book368 pagine5 ore

CATAP - Cacciatori di Tesori con l'Aiuto del Paranormale

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Info su questo ebook

Dalle turbolente battaglie che infuriano sotto l’oceano all’immobilità delle profondità dello spazio, questo avvincente thriller paranormale vi catturerà.

Churchill Potts è il potente custode di un portale terreno che, con l’aiuto di due sensitivi-guide, trova tesori nascosti da anime smarrite quand’erano in vita e li consegna ai loro discendenti viventi.

Dopo che lo spirito demoniaco del despota più famoso del XX secolo li contatta, i membri della squadra CATAP non solo scoprono il legame che unisce Adolf Hitler all’attuale Presidente degli Stati Uniti, ma scoprono anche perché ci sia uno spirito guida alla Casa Bianca.

La squadra CATAP deve risolvere il mistero prima che la delicata struttura che unisce il mondo mortale e il piano celeste si spezzi.

Se Churchill e la sua squadra dovessero fallire, il piano che Hitler aveva ideato, il dominio del mondo per mille anni per opera del suo Reich, verrebbe attuato.

LinguaItaliano
Data di uscita4 dic 2019
ISBN9781071508183
CATAP - Cacciatori di Tesori con l'Aiuto del Paranormale

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    Anteprima del libro

    CATAP - Cacciatori di Tesori con l'Aiuto del Paranormale - Robert A Webster

    Siti web:

    https://www.buddhasauthor.com/

    https://www.stormwriter.net/

    Contatti:

    Facebook: https://www.facebook.com/Buddhasauthor  Twitter: https://twitter.com/buddhasauthor

    ––––––––

    Titolo originale: P.A.T.H. - Paranormal Assisted Treasure Hunters

    ––––––––

    Traduttore: Roberto Felletti

    PROLOGO

    Una devastazione totale circondava la figura solitaria. Edifici bombardati e rottami semi-sommersi di una flotta decimata erano tutto ciò che restava di una Marina militare che un tempo dominava gli oceani. L’uomo era in piedi, alla fine del molo di cemento, assorto nei suoi pensieri, e teneva le mani strette dietro la schiena. Appariva esausto, e i capelli color argento lo facevano sembrare molto più vecchio dei suoi cinquantasei anni mentre fissava l’oceano, imprecando tra sé.

    Mentre in lontananza si sentiva il boato delle esplosioni, egli inspirò, riempiendo i polmoni di aria di mare, salmastra e inquinata.

    Alcune ore prima, la banchina del porto brulicava di personale militare. Per tutta la notte, i soldati avevano scaricato scatole e pesanti casse da camion dell’esercito, sudando e imprecando mentre cercavano con fatica di caricarle su uno slanciato U-Boot nero al chiaro di luna. A volte dovevano correre per cercare riparo, perché l’ormai familiare drone dei motori Merlin ruggiva sulle loro teste, scaricando le mortali cariche esplosive tutt’intorno a loro.

    A lavoro terminato, i soldati, privi ormai di forze, mormoravano mentre salivano sui camion e venivano portati via. L’odore di cordite aleggiava nell’aria, mentre una patina di petrolio e carburante diesel ricopriva la superficie dell’acqua all’interno del porto.

    Adesso la banchina era tranquilla; intorno alla passerella c’erano pochi membri dell’equipaggio dell’U-Boot e una manciata di ufficiali con l’uniforme nera delle SS che gironzolavano.

    L’ufficiale anziano ricevette una chiamata sul telefono da campo portatile. Abbaiò un ordine e l’attività riprese quando soldati delle SS armati di mitragliatrici radunarono l’equipaggio dell’U-Boot, facendo salire tutti sul vascello. L’ufficiale anziano delle SS e due ufficiali più giovani rimasero sulla banchina.

    I boccaporti furono chiusi e i tre ufficiali delle SS si diressero ai piedi della passerella. Una Mercedes 770-K nera, con i finestrini oscurati, si fermò vicino a loro e gli ufficiali più giovani aprirono le portiere dell’auto. Scattarono sull’attenti quando dal veicolo uscirono un uomo e una donna.

    L’uomo ignorò i soldati delle SS e si diresse verso la banchina. Gli ufficiali giovani si guardarono l’un l’altro con gli occhi sgranati, mentre la donna parlava con l’ufficiale anziano.

    Lasciamolo solo per un po’, Hans; questa potrebbe essere l’ultima volta che vede il suo amato paese.

    Hans Kruger, l’ufficiale anziano delle SS, sbatté i tacchi e annuì in segno di conferma alla richiesta della donna. Entrambi guardarono l’uomo che inveiva tra sé mentre percorreva la banchina. Hans e la donna chiacchierarono, poi Hans ordinò agli ufficiali giovani di accompagnare la donna affinché raggiungesse l’uomo sulla banchina.

    Hans li guardò camminare per un po’. Poi estrasse la pistola e, nascondendola dietro la schiena, si avvicinò alla Mercedes; picchiettò sul finestrino dell’autista. L’autista, vedendo il sorridente ufficiale delle SS, abbassò il finestrino; Hans gli sparò alla testa. Riponendo nella fondina la sua Luger fumante, Hans ritornò ai piedi della passerella, in attesa.

    L’uomo era rimasto indisturbato, finché il suono di passi stridenti che si avvicinava non interruppe il suo flusso di pensiero; la donna si fermò dietro di lui, posandogli una mano sulla spalla per confortarlo. Egli annusò la familiare e rassicurante fragranza di lei.

    Sono pronti per partire, disse la donna a bassa voce.

    L’uomo si voltò e sorrise alla donna. I due ufficiali giovani che l’avevano accompagnata scattarono sull’attenti, alzarono il braccio in segno di saluto e fissarono lo sguardo altrove, per evitare il contatto visivo con l’uomo, che osservò ancora una volta le colline e la campagna che circondavano il cantiere navale, un tempo grandioso e ora pieno di crateri e di edifici distrutti. I rottami metallici, arrugginiti e contorti, disseminati nel porto erano i resti di una flotta un tempo orgogliosa. Gli vennero le lacrime agli occhi, perché sapeva che non sarebbe tornato mai più. Ricomponendosi, camminò con la donna al fianco. Superarono la scorta, che si accodò a loro due, e procedettero verso il grosso U-Boot nero, ormeggiato al molo parzialmente distrutto. Delicatamente, l’imbarcazione rollava da fianco a fianco, mossa dall’increspatura delle onde della carezzevole marea primaverile.

    Il gruppo arrivò ai piedi della passerella dell’U-Boot e si fermò di fronte a Hans.

    È tutto a posto? domandò l’uomo.

    Hans scattò sull’attenti, confermando che tutto stava andando secondo i piani e che l’equipaggio, per il momento, era detenuto nel compartimento anteriore. L’uomo osservò l’auto, parcheggiata qualche metro più in là. Si rivolse di nuovo all’ufficiale. Ben fatto, SS-Oberführer. E per quanto riguarda l’altra questione? domandò. L’ufficiale estrasse una fotografia dalla tasca e gliela porse. L’uomo la fissò per qualche istante e poi la diede alla donna, la quale, dopo una rapida occhiata, sorrise e mise la fotografia nella borsetta.

    Molto bene... partiamo, disse l’uomo, salendo sulla passerella con la donna al suo fianco. Senza voltarsi indietro, i due varcarono il portello laterale della torre di comando.

    L’SS-Oberführer Hans Kruger era un uomo alto e ben piantato. Aveva una presenza dominante, che incuteva rispetto e paura. Sebbene fosse un uomo da commando, il suo vero forte era molto più sinistro. Prendeva ordini soltanto da due uomini: il suo capo, l’SS-Gruppenführer Heinrich Müller, capo della temuta Gestapo, e l’uomo che era appena salito sull’U-Boot.

    Hans rimase sulla banchina del porto e si diresse verso i due ufficiali della scorta.

    Avete servito bene la madrepatria. Le vostre famiglie ne saranno fiere.

    I due giovani ufficiali rimasero sull’attenti e immobili. Hans tolse la sua Luger dalla fondina, appoggiò la canna contro la fronte di uno dei due e sparò un colpo tra gli occhi, uccidendolo all’istante. L’altro soldato si urinò addosso, ma rimase immobile; strizzò gli occhi sotto il bordo del cappello nero con visiera prima che giungesse la sua fine.

    Hans trascinò i corpi senza vita fino all’auto parcheggiata, uno per volta, buttandoli sul sedile posteriore. Prese una tanica di diesel dal bagagliaio e poi versò la miscela infiammabile sui cadaveri e sull’auto. Indietreggiò e lanciò un fiammifero acceso; mentre le fiamme si espandevano, Hans salì sulla passerella e poi entrò nell’imbarcazione.

    L’U-Boot diventò un alveare brulicante di attività quando i marinai uscirono dai boccaporti per sciogliere le cime di ormeggio. Il capitano e alcuni marinai salirono sulla plancia della torre di comando, dove il capitano ordinò all’equipaggio del ponte di prepararsi per la partenza. Era una routine ben orchestrata, che quell’equipaggio esperto e indurito dalle battaglie aveva condotto ed eseguito molte volte. I marinai, dopo aver portato a termine i loro compiti, entrarono all’interno del vascello. Avendo sperimentato la guerra in tutta la sua brutalità, l’equipaggio ignorò la Mercedes in fiamme mentre preparava l’imbarcazione per il mare.

    L’U-Boot si staccò dal molo, dirigendosi verso la bocca del porticciolo sull’estuario del Farge. L’imbarcazione uscì dal porto e, come una snella balena, si diresse verso il mare aperto.

    A parte il capitano, l’equipaggio della torre di comando andò sotto coperta. Il Korvettenkapitän Karl Viktor guardò mentre l’U-Boot prendeva velocità, lasciando dietro di sé il suo paese. Dal molo riecheggiò un’esplosione quando il diesel fece detonare il serbatoio della Mercedes, facendo esplodere in mille pezzi l’auto e gli occupanti morti.

    Il capitano Viktor strofinò il rivestimento in gomma nera del ponte di comando e ascoltò i banchi di batterie ronzare quando raggiunsero i 17 nodi. Guardò la prua della slanciata imbarcazione fendere l’acqua, poi si voltò e guardò la terra e i pennacchi di fumo in lontananza. Sentendo i boati delle esplosioni, mentre gli Alleati martellavano la città vicina, egli pensò, Questo è un vascello davvero magnifico. Con una flotta di questi Elektroboote potremmo avere già vinto la guerra.

    Si tolse il cappello, per permettere alla delicata brezza marina di soffiargli sulla testa, poi esaminò la strumentazione di bordo.

    Sette braccia, signore, disse l’Ufficiale alle Immersioni attraverso l’intercom.

    Molto bene... Prepararsi per l’immersione e posizionarsi a quattro metri, ordinò il capitano.

    Signorsì, disse l’Ufficiale alle Immersioni e ripeté l’ordine all’equipaggio di controllo.

    Aprire i condotti principali, armare gli alettoni di prua e  scendere di dieci gradi, ordinò il capitano.

    Un improvviso fervere di attività segnalò che l’equipaggio stava eseguendo gli ordini.

    Alettoni di prua pronti, signore, confermò l’Ufficiale alle Immersioni.

    Poi il capitano impartì l’ordine.

    Immersione!

    Suonarono le sirene, per avvisare gli occupanti dell’U-Boot che l’imbarcazione si stava immergendo. Mentre pennacchi d’acqua schizzavano fuori dai serbatoi di zavorra, il capitano abbandonò la torre di comando e scese nella piccola e calda sala controllo. Egli si rendeva conto che, insieme al tesoro rubato, trasportavano un carico umano, ma non sapeva di chi si trattasse.

    Il capitano si aggrappò al periscopio finché l’U-Boot non si trovò a quattro metri di profondità, dopodiché andò a controllare gli strumenti.

    Hans entrò nella sala controllo, sogghignando, perché sentiva odore di sudore e di grasso in quella rumorosa sezione ristretta, e porse al capitano una busta sigillata.

    Qui ci sono i suoi ordini! sbottò, mentre il capitano apriva la busta e leggeva il contenuto.

    È firmata dal Führer, disse Hans, guardando il capitano, il quale, dopo aver terminato la lettura degli ordini, capì che la sua nave non avrebbe avuto più alcun contatto con il mondo esterno.

    Il comandante, stanco della guerra, guardò Hans e poi impartì gli ordini all’equipaggio della sala controllo.

    Timoniere, 15 a dritta, virare 3-5-0. Alettoni inferiori 10 gradi, scendere a 15 metri.

    Il timoniere ripeté gli ordini a voce alta e spinse in avanti il controllo del timone.

    Il capitano fece un sorrisetto quando Kruger perse l’equilibrio e si aggrappò a una conduttura metallica calda, trasalendo mentre l’U-Boot compiva una discesa delicata. Il capitano Viktor andò all’intercom e ordinò a tutti gli ufficiali di presentarsi nel quadrato ufficiali. Egli andò al tavolo delle carte, tirò fuori quelle della loro destinazione e poi lui e Kruger uscirono dalla sala controllo, oltrepassando due soldati delle SS che, nella cabina delle comunicazioni, stavano rimuovendo la radio dell’U-Boot.

    L’Elektroboote puntò in basso, scivolando sotto il freddo grigiore del Mare del Nord.

    CAPITOLO UNO

    Ryan accorse e scosse per le spalle il custode. Guardandolo negli occhi di ghiaccio, egli gridò, Church, Church... stai bene?

    Church, disorientato, guardò prima Ryan e poi la stanza strizzando gli occhi. Si asciugò il vomito dalla bocca con la mano mentre tornava in sé. Ricomponendosi, ma apparentemente inconsapevole di dove si trovava, cominciò a riordinare la sua scrivania in disordine.

    Ryan si fece da parte e guardò il colorito tornare sul volto cinereo di Church; smise di tremare. Quando Church sembrò essere tornato se stesso, Ryan disse, Quello è stato uno potente, capo. Pinky e io l’abbiamo sentito in soggiorno.

    Church tossì, si concentrò su Ryan e con un tremito nella voce replicò, È stata l’esperienza peggiore e lo spirito più potente che abbia mai incontrato.

    Ryan si accigliò guardando la confusione nella stanza del portale. Chi era? domandò.

    La risposta non giunse mai. La porta fu spalancata e una donna tra i venti e i trent’anni, con capelli biondi corti, entrò nella stanza portando due tazze. Si avvicinò a Church e a Ryan.

    Stai bene, Church? domandò Pinky, che sembrava preoccupata mentre porgeva ai due uomini le tazze di tè; disse, Bevete queste.

    Grazie, ma ho bisogno di qualcosa più forte del tè, Pinky, disse Church, prendendo la tazza con mani tremanti.

    Lo so, così ho aggiunto una goccia di Johnny Walker, replicò Pinky con un sorriso.

    Grande! esclamò Ryan, che dopo aver bevuto rumorosamente il suo tè, fece una smorfia.

    Eh, ma non per te, sciocco, disse Pinky sogghignando. Poi, notando qualcosa nell’angolo della stanza, ebbe un sussulto.

    Church bevve un sorso della sua bevanda. Sentì il whisky battergli sulla gola e carezzargli l’esofago mentre scendeva, scaldandolo. Church espirò, prese il suo blocco degli appunti, gli diede un’occhiata e poi lo ripose sulla scrivania. Ryan prese il taccuino.

    Pinky andò al lavandino, prese un panno umido e pulì la faccia di Church, mentre Ryan esaminava gli appunti di Church grattandosi il mento.

    La squadra CATAP (Cacciatori di Tesori con l’Aiuto del Paranormale) si radunò intorno alla scrivania di Church, su cui c’erano oggetti sparpagliati che ricordavano i postumi di una rissa tra ubriachi del sabato sera.

    Dopo essersi schiarito la gola, Church disse, Allora, squadra. Sembra che abbiamo il nostro prossimo incarico.

    Church raddrizzò il suo laptop capovolto, controllò che fosse a posto, lo accese e digitò una password.

    Guardate, ha bruciacchiato il muro, disse Pinky, indicando la parete d’angolo. E guardati, capo, ha fatto più di quello; sembri terrorizzato. Abbiamo capito che era una cosa seria dopo che l’aria si era raffreddata, prima che venisse risucchiato dal soggiorno, disse, accigliandosi.

    Quindi, chi era? domandò Ryan; facendo un sorrisetto aggiunse, Ooh, ci sono molti bei tesori da cercare; perché hai scritto i tuoi appunti spiritici in tedesco? Non li capisco.

    È qualcuno che conosciamo? domandò Pinky.

    Nonna Pearl non è mai venuta, vero? Non sento odore di cavoletti di Bruxelles, disse Ryan. Né di altro, se è per quello.

    Church bevve un altro sorso della sua bevanda e con un tremito nella voce disse, No, Ryan, non sentirai nessun odore con questo spirito. Sussultò, inspirò a fondo e continuò. E per rispondere alla tua domanda, allora sì, immagino che ci siano moltissimi tesori; e no, Nonna Pearl non si è mai manifestata e questo è ciò che mi ha spaventato.

    Church si sporse in avanti e digitò qualcosa sulla tastiera del laptop.

    E per quanto riguarda le risposte alle altre vostre domande... Church fremette e disse, Questo individuo era tedesco; lo conosciamo? Oh, direi proprio di sì.

    Church fece una pausa mentre un volto compariva sullo schermo del laptop. Egli girò il computer, affinché Ryan e Pinky potessero vedere l’immagine; poi continuò. Tutti noi lo conosciamo. Il mondo intero conosceva questo personaggio che, secondo Nonno Jack, era una maledetta minaccia.

    Pinky e Ryan corrugarono le sopracciglia fissando l’immagine sullo schermo.

    Church si accigliò e annunciò, Riesco a percepire che siete entrambi preoccupati. Io sono spaventato dopo l’incontro con questo potente spirito. Pinky e Ryan percepirono il nervosismo nella voce di Church mentre guardavano, increduli, quell’immagine, mentre Church studiava i suoi appunti e buttava giù alcune parti del testo in inglese su un altro taccuino. Ryan ruppe il silenzio.

    Capo, non capisco. Perché adesso? Indicò lo schermo e continuò. È morto da oltre sessant’anni.

    Church alzò lo sguardo dai suoi appunti e mostrò ai curiosi Pinky e Ryan un nome che aveva cerchiato sui suoi appunti; alla vista di quel nome, entrambi trasalirono.

    Ci fu un silenzio dovuto allo sbalordimento quando Pinky e Ryan fissarono lo schermo, e il nome sul taccuino.

    Pinky si sporse in avanti, indicò lo schermo e domandò, Qual è il legame e come è stato possibile?

    Non lo so, questo è ciò che dovremo scoprire, disse Church, tamburellando con le dita sulla scrivania.

    Poi Church si accigliò e con le labbra contratte disse loro, Questa non è stata la prima volta in cui uno di questi demoni si è manifestato in questo portale. Ancora tremante, guardò il pentacolo dipinto sul pavimento in legno nell’angolo della stanza e disse, "So di un incontro che abbiamo avuto con un diabolus, al nostro portale, secoli fa. Recentemente, qualche anno fa, hanno avuto un incontro con un altro diabolus nel mondo spirituale, e io credo che sia il medesimo che ho appena incontrato."

    Confuso, Ryan corrugò le sopracciglia e domandò, "Che cos’è un diabolus?"

    Lo spiegherò dopo, disse Church, che andò alla cassaforte, tirò fuori un antico e spesso libro rilegato in pelle, tornò indietro e lo mise sulla scrivania. Fatemi decifrare tutti i miei appunti e leggete di nuovo il diario, disse Church, aprendo il libro e sfogliando le fragili pagine alla ricerca della sezione per lui rilevante.

    Non sono contento di questo, capo. C’è qualcosa che non mi sembra giusto. Dobbiamo accettare l’incarico? domandò Ryan, che continuava ad agitarsi e guardava Pinky.

    Forse un panino con prosciutto e formaggio potrebbe aiutare, disse Pinky sorridendo, cercando di stemperare la tensione, sapendo che Ryan avrebbe fatto qualsiasi cosa se la ricompensa comprendeva del cibo.

    Oh, beh, perché non lo hai detto prima? disse Ryan, sogghignando. Quando cominciamo? domandò, cercando di mascherare il nervosismo.

    Church guardò la sua squadra. Dopo quel potente incontro e sapendo di cosa si trattava, provava paura. Sapeva, dal diario, quali erano i pericoli di qualunque incontro con un diabolus, e dopo ciò che aveva appena sperimentato, non voleva mettere gli altri tra le braccia del pericolo. Anche se sembravano tranquilli, Church percepiva la paura nella coppia, e si rendeva conto che nessuno di loro era pronto per un incarico di quella portata. Chiuse il libro, si sporse sulla scrivania, sorrise e annunciò, Va bene, non accetteremo questo caso.

    Pinky emise un sospiro di sollievo.

    Ma possiamo farlo? domandò Ryan che, sebbene contento della decisione di Church, era assillato da un dubbio.

    Church alzò le mani in segno di sconforto, ma la risposta non arrivò mai, perché nell’angolo della stanza, insieme a un aroma familiare, vide apparire una brillante colonna di luce blu.

    Annusando l’aria, Ryan annunciò, Cavoletti di Bruxelles, Nonna Pearl è qui.

    CAPITOLO DUE

    La squadra CATAP viveva in un cottage del XVI secolo con il tetto di paglia, eretto in una radura all’interno della fitta area boschiva di Clifton Moor, vicino alla città di York. Questo cottage isolato apparteneva a Churchill Potts junior, che lo aveva ereditato dai suoi nonni, Pearl e Jack Potts. Il cottage apparteneva alla famiglia Potts da generazioni, e sebbene il vecchio e caratteristico edificio sembrasse uscito da una fiaba dei fratelli Grimm, le sue mura custodivano un incredibile segreto.

    Nel corso del XVI secolo, un ricco inglese, Robert Potts, fece costruire il cottage in una specifica posizione isolata. Il luogo era ideale per Robert e la sua famiglia, e perfetto per gli abitanti delle città e dei villaggi circostanti. Essi sentivano di avere la certezza che Robert fosse uno stregone, per cui più lontano stava, meglio era.

    L’Inghilterra era in subbuglio dopo la fine della guerra civile e la decapitazione di Carlo I, e il paese era governato da un protettorato, controllato da Cromwell, con profonde credenze puritane. La popolazione inglese si sentiva terrorizzata e confusa. La paura spianò la strada per una crociata religiosa, appoggiata dal governo, che liberasse il paese da coloro che venivano considerati eretici; per questo motivo, streghe e stregoni diventarono un terrore indottrinato. Questa paura portò all’istituzione dei ‘Cacciatori di Streghe’. Questi individui attraversavano il paese, con alte retribuzioni governative, con il compito di stanare le forze oscure che, secondo quanto si diceva, si manifestavano in forma umana.

    Robert apparteneva a una famiglia ricca e rispettabile. Aveva combattuto durante la guerra civile come ufficiale di fanteria nelle ‘Teste Rotonde’ di Oliver Cromwell. Suo padre era stato ministro del culto all’Abbazia di York, e dopo avere assistito a molte battaglie sanguinose, Robert capì che voleva seguire l’esempio di suo padre e servire Dio entrando nel clero. Quando la guerra civile terminò, Robert, allora diciassettenne, tornò a York. Suo padre usò la propria influenza per far fare carriera al figlio, facendolo entrare all’Abbazia di York in una posizione di grado minore. Durante l’infanzia, Robert aveva sofferto di emicranie e sentiva voci incoerenti quando nessuno era presente, specialmente sul campo di battaglia. Incapace di capire il perché, e non osando chiedere consigli per timore di essere accusato di essere maledetto, egli le ignorava. Robert era un giovane magro, e il suo colorito terreo gli conferiva un aspetto spettrale.

    Tutto cambiò il giorno del suo diciottesimo compleanno, quando le emicranie si aggravarono e le voci diventarono più forti, sebbene fossero sempre una miriade di suoni; sentiva grida di aiuto e poteva percepire anche la disperazione. Ora, tutti, tranne lui, sembravano immersi in una luce bianca che brillava con i colori dell’arcobaleno. Questo terrorizzava Robert che, convinto di essere uno stregone, temeva per la sua vita. Robert cambiò da un giorno all’altro, si isolò e senza frequentare più il clero né adempiendo ai suoi doveri, trascorreva il tempo in camera sua, da solo. Questo suo comportamento turbava i suoi rispettabili genitori.

    Robert usciva principalmente di sera, passeggiando lungo le vie fumose e acciottolate di York, tra il vociare frenetico dei venditori ambulanti, degli artisti di strada e delle taverne. Sebbene differenti dalla sua protettiva educazione religiosa, le strade sembravano chiamarlo. Sapeva che vi avrebbe trovato qualcosa, ma non sapeva cosa.

    Fu durante una di quelle uscite serali che Robert conobbe Elizabeth, che cucinava presso un piccolo chiosco di un venditore di strada. Posso tentarti con un’ottima trippa con cipolle, Robert?

    Cosa? esclamò Robert, sorpreso dal fatto che lei conoscesse il suo nome, poiché lui non aveva mai messo gli occhi su quella ragazza prima di allora. Robert notò che l’aura che circondava la ragazza era color cremisi, per cui si rese conto che anche lei era diversa.

    Robert tornò tutte le sere al chiosco, per vedere quella graziosa brunetta con le guance rosee che sembravano brillare contro la sua pelle chiara. Elizabeth provocò il corteggiamento e gli chiese se voleva uscire con lei, una cosa inaudita per l’epoca, per la quale avrebbe potuto finire in prigione o anche peggio. Robert ne rimase affascinato e si innamorò di Elizabeth, che aveva quasi diciannove anni.

    Noi siamo speciali, amore mio, lei diceva a Robert. Noi siamo i prescelti, e quando troveremo il nostro portale, tu sarai il custode e io sarò la tua guida, e insieme diventeremo Angeli.

    Questo confondeva sempre Robert, ma lui accettava lo strano comportamento di lei perché era innamorato e voleva sposarla. I suoi genitori non avrebbero dato il loro consenso a quell’unione, a meno che Robert non avesse annunciato che Elizabeth era incinta. I suoi genitori, sebbene fossero indignati, acconsentirono, perché era inconcepibile avere figli fuori dal matrimonio. Una cosa simile non solo avrebbe rovinato la reputazione della famiglia, ma avrebbe anche turbato lo zio di Robert, un uomo che terrorizzava le persone. Suo zio era Mathew Hopkins, conosciuto in tutta l’Inghilterra come il Cacciatore di Streghe Generale. Robert e Elizabeth si sposarono subito e vissero in un cottage di ciottoli nella proprietà dei genitori di lui.

    Elizabeth, ora incinta di sette mesi, sembrava radiosa e Robert non vedeva l’ora che arrivasse il momento della nascita del loro primo figlio.

    Una sera, mentre parlavano a lume di candela, Robert accusò un dolore acuto alla testa. Elizabeth, che sapeva delle emicranie, lo rassicurò dicendogli che quando fosse giunto il momento esse sarebbero sparite; gli spiegò che anche lei era solita averle, e che si trattava soltanto di spiriti irrequieti che cercavano di mettersi in contatto con lui.

    Peggiorano, disse Robert, gemendo, guardando sua moglie che sembrava parlare con una colonna di luce blu vicino al muro.

    Dopo aver sbirciato per alcuni minuti tra il dolore, l’emicrania passò e lui guardò Elizabeth, che gli sorrideva. Guardò il muro, ma la luce era svanita. Sentendosi confuso, guardò di nuovo sua moglie, la cui aura cremisi ora aveva un debole bagliore multicolore che le circondava lo stomaco.

    Amore mio, devo andare, disse Elizabeth.

    Andare? domandò Robert, sorpreso. Andare dove?

    Devo prepararmi per l’eterno compito che ci attende, disse lei, con voce calma.

    Robert farfugliò, Non capisco. Tu sei mia moglie e io ti proibisco di andare da qualunque parte. E nostro figlio?

    Arrivederci, amore mio, non ti preoccupare, ci rivedremo presto e staremo tutti insieme, disse Elizabeth, che sorrise e chiuse gli occhi.

    Cosa sta succedendo? Elizabeth, apri gli occhi, voglio parlare con te, disse Robert, accigliandosi.

    Il corpo di Elizabeth ebbe dei violenti scossoni, poi vennero le convulsioni.

    Elizabeth, Elizabeth! gridò Robert. Spalancò gli occhi quando corse verso sua moglie e vide che l’aura cremisi stava svanendo.

    Ci volle più di un’ora prima che arrivassero, a cavallo, un medico e una levatrice. Essi si guardarono l’un l’altra, meravigliati, quando la levatrice estrasse dal corpo di Elizabeth un maschietto sano.

    La morte di Elizabeth sconvolse Robert. Egli trascorse giorni, e a volte settimane, a letto, ignorando chiunque. Non riconobbe mai suo figlio, e si rifiutò di dargli un nome. Per quanto lo riguardava, il bambino aveva ucciso la sua adorata Elizabeth, e quindi non esisteva.

    Trascorsero alcuni anni e l’eremita Robert rimase da solo nel suo cottage, mentre i suoi genitori crebbero suo figlio, che avevano chiamato William.

    Una sera, sul tardi, Robert era a letto e guardava la luce tremolante della candela, fissando le fiamme che si esibivano nella loro danza notturna. Si massaggiò le tempie. Argh, maledizione a queste emicranie, disse ad alta voce. Chiudendo gli occhi, mentre il dolore si intensificava, annusò Trippa e Cipolle. Robert rimase sbalordito quando vide una colonna di luce blu accanto alla candela e poi un’apparizione cremisi che vorticava al centro. Si sedette sul letto e fissò con gli occhi sgranati la luce, che era diventata più luminosa. Poi una voce familiare disse, Robert, amore mio, non ho molto tempo per spiegarti. Devi venire a cercare me e il nostro portale, in modo che possiamo stare tutti insieme.

    Elizabeth, disse a fatica lui, sorpreso da quell’apparizione, che era diventata più chiara e che ora gli permetteva di vedere Elizabeth che gli stava sorridendo.

    Non capisco. Dove sei? Sto sognando? farfugliò Robert.

    Elizabeth protese le braccia e ripeté, Amore mio, devi venire a cercare me e il nostro portale. È vicino.

    Robert sembrò emozionato quando l’apparizione svanì, ma si sentiva euforico e non provava più dolore.

    Dopo il contatto con lo spirito di Elizabeth e sebbene pensasse che fosse stato un sogno, Robert capì che doveva trovare il portale di cui Elizabeth gli aveva parlato, con la speranza che, se lo avesse trovato, l’avrebbe rivista. Perlustrò la campagna dello Yorkshire per alcune settimane.

    Una sera limpida e calda, Robert arrivò in un’ampia radura circolare, all’interno della fitta foresta

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