Amori degli oceani
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Anteprima del libro
Amori degli oceani - Remigio Starz
twitter.com/youcanprintit
Nota d’Autore
Non è la tecnica che fa attraversare gli oceani, ma lo spirito; è la volontà di andare avanti, perché negli oceani, come nella vita, non si può tornare indietro.
Credo che la nostra esistenza sia come un lungo viaggio in barca a vela dove non possiamo dirigere il vento, ma solo regolare finemente le vele.
Nel viaggio che racconto in questo libro, sono stato alla ricerca di colei che potesse essere l’ultima compagna della mia vita, ma il destino non lo ha voluto.
Ho incontrato solo giovani donne, salite a bordo per realizzare un sogno: il passaggio verso una meta che neanche loro sapevano dove fosse; alcune volevano aiutarmi nelle manovre difficili, ma non me ne sono accorto e altre volte ancora mi sono trovato da solo al timone. Infine ci sono state alcune persone che avrei voluto avere a bordo, ma non se la sono sentita.
Partire per un giro del mondo in barca a vela aveva un significato preciso: ritirarmi dalla vita attiva ma ora, che tutto è compiuto mi sono chiesto quale sia stata la decisione più difficile da prendere prima di salpare anche se, una volta presa, sapevo che, qualsiasi cosa fosse accaduta, non sarei tornato indietro, difendendo la scelta con tutte le mie forze… Non mi frenava la paura dei pericoli né quello che mi aspettava, come la furia dei lontani mari del Sud o l’incontro degli oceani a Capo Horn.
Durante il lungo viaggio non mi è mai capitato di voler mollare tutto, neanche dopo burrasche con pioggia scrosciante, vento a quaranta nodi e onde alte dieci metri. Ero artefice della mia scelta e l’orgoglio per difenderla è stato sempre più forte della rinuncia.
Prima di partire preparavo sempre accuratamente Arcadia e al largo ho imparato presto che, quando ti trovi a gestire un’emergenza, la prima cosa da dominare è la paura per concentrarti sulla soluzione del problema. Se hai paura sei perduto e puoi permettertela solo prima di partire pensando a quello che ti aspetta. Dopo, restano soltanto i pericoli.
C’è sempre un tempo per ogni cosa e per tutto c’è sempre il suo momento, un tempo per piangere e uno per ridere, un tempo per soffrire e uno per gioire. C’è un tempo per distruggere, uno per creare e uno per odiare ma, quello vero che riempie l’anima è quello per amare.
CAPITOLO PRIMO
Il sogno si avvera
2 maggio 2017, Arcadia avanza a vele spiegate; è il mattino del dodicesimo giorno di navigazione quando squilla il satellitare.
- Avvocato Gomez, che piacere sentire la sua voce. Ma sono le sei del mattino!
- No, dottor Starz, qui a Las Palmas sono le 9.00, ma lei dove si trova?
- In mezzo all'Atlantico, 1.800 miglia da Las Palmas, prua allo Stretto di Bering.
- Allo Stretto di Bering? Ne è sicuro? Da solo non ce la farà! Come mai le è venuta una idea così folle? La chiamo per dirle che ieri abbiamo notificato l'atto di divorzio e che la signora Yami López è stata rimpatriata. Con questo cala definitivamente il sipario sull’ inganno del suo matrimonio. Le auguro buona navigazione e, occhi aperti agli icebergs!
- Grazie avvocato, buona giornata!
Un pesce volante cade sulla tuga. Il tempo è buono ed il vento costante. Sto per scendere in quadrato a prendere il libro di Soldini, ma rinuncio e, guardando l’orizzonte, seguo i ricordi di tredici anni prima.
5 ottobre 2004, Fiumara, cantiere Tecnomar, nella darsena, da mesi era ormeggiato il mio Moody 47; la notte del 4, vigilia della partenza, erano venuti diversi amici e avevamo cenato da Chiaraluce.
A mezzanotte con i più affezionati ci eravamo trasferiti a bordo di Arcadia.
Antonio aveva portato la fisarmonica e, tra stornelli, serenate e le note di Arrivederci Roma
, avevamo cantato fino a notte fonda.
Sentivo il peso di quella società che stavo lasciando, conscio di avventurarmi verso una meta piena di incertezze e, mentre gli altri, aiutati dalle libagioni, si lasciavano andare a battute piccanti e ridanciane, io guardavo il fiume che sotto la luna scorreva verso la foce.
- Qualche dubbio, Remi? – Matilde aveva poggiato la mano sulla mia spalla.
- Solo momenti di ritorno al passato.
- Hai ragione, pensi a quando passasti la frontiera di Bertoki, rischiando la vita?
- Corsi e ricorsi storici, secondo Vico.
- Ma lui era un filosofo mentre tu sei combattente ed è questo che mi è sempre piaciuto del tuo carattere.
- Il guerriero che china il capo e rinuncia?
- Non direi, stai per affrontare una nuova prova, forse più fisica rispetto ad altre sostenute fino ad oggi, ma non per questo meno impegnativa!
- Venti, tempeste, onde alte dieci metri ed una solitudine che non sarà diversa da quella che provavo, dietro la scrivania, quando prendevo decisioni in nome di un’azienda della quale ero responsabile.
Le due: all’orizzonte la luna toccava il mare, punto d’acqua
che i pescatori di lenza attendono perché le mormore mangiano. Matilde, professoressa di lingue orientali alla Sapienza e che era stata consulente nei rapporti con la Cina quando avevo presentato ai giornalisti italiani l’Opel Corsa in un viaggio verso la Grande Muraglia, teneva la mano sulla mia spalla e il marito si era addormentato in pozzetto abbracciato alla bottiglia vuota di Moët et Chandon.
- Sei una delle poche donne che mi abbia capito e, se non fossi stata la moglie di uno dei miei migliori amici, ti avrei chiesto di accompagnarmi…
- Ti avrei risposto di no, lo sai! Elisa sarà la compagna giusta: falla sentire amata!
In Cina, durante il viaggio, con lei avevo avuto una bella storia, appassionata, ma era finita lì e, al ritorno a Roma, dimenticata.
Alle 9.30 del 5 ottobre, Elisa ed io avevamo mollato gli ormeggi ed eravamo usciti a motore da Fiumara mentre uno stuolo di gabbiani che, in cerca di preda volava sulla foce, sembrava volerci augurare buon vento.
- Cari pennuti, voi siete liberi da sempre, ma ora anch’io lo sono e sto veleggiando verso quella meta, di viaggio e di vita, che sarà la mia terza e forse ultima grande sfida! Un viaggio, breve, o lungo migliaia di miglia, inizia sempre con il primo passo ed io non ho paura della vastità dell’universo, perché in essa sono certo che troverò il mio posto! Ho sempre saputo, da che mondo è mondo, che sono le scelte che facciamo che tracciano il percorso della nostra vita.
Lo rivedrò questo faro?
– mi ero chiesto.
Al largo c’erano venticinque nodi di vento e il mare mosso. Con l’apertura della randa e con il genoa a farfalla, Arcadia avanzava veloce, sulla rotta che ci avrebbe portato alle Bocche di Bonifacio, lo stretto di mare che separa la Sardegna dalla Corsica e conosciuto dai naviganti per l’insidiosità delle acque disseminate di scogli affioranti e traversate da forti correnti. Chissà, – pensavo – quando, e come approderò
. Accanto a me, sul materassino del pozzetto, la mia compagna mi guardava perplessa, quasi a chiedersi come questa partenza l’avesse potuta coinvolgere. Partiva per amore di Remi o affrontava anche lei una sfida, questa volta con il mare e con la vita?
Avevo conosciuto Elisa alla presentazione del libro di Vespa Il Cavaliere e il Professore
. Le avevo parlato della mia idea e tra noi era nata una storia che ci vedeva interessati ad una nuova opportunità nella nostra vita, senza però sapere cosa ci sarebbe potuto accadere in uno sconosciuto futuro. La mattina del 5, mentre Arcadia lasciava la foce del Tevere e dirigeva al largo, guardavo lei, seduta accanto a me, chiedendomi cosa le avesse fatto decidere di accompagnarmi: due sconosciuti verso un mare sconosciuto.
Prima tappa del viaggio: Bonifacio.
Un giro del mondo in barca a vela! Il sogno di un uomo che vedeva avvicinarsi il tramonto? Solo il tempo avrebbe potuto confermarlo e non avevo nessuna idea di quante miglia avrei percorso né quanti anni avrei navigato.
Come avevo maturato un’idea così audace?
Da tempo mi assillava un pensiero: Cosa farò al ritiro dalla vita attiva? Seduto in giardino aspetterò, leggendo un libro, che un giorno arrivi l’ambulanza a prendermi o passeggerò lungo l’Appia Antica immaginando i carri che la percorrevano diretti o provenienti dal sud-est
. Avevo ancora energie per programmare e forse vincere la terza sfida: quella con il mare. La prima l’avevo vinta nel ’57, a diciotto anni superando il confine della mia terra ostile per arrivare in Italia e la seconda al ritorno da Londra per andare all’università.
Mi ritornano in mente le righe dei navigatori della collana del mare Mursia, compagni delle mie notti insonni quando ero dirigente e consigliere d’amministrazione della General Motors; tra loro Sir Francis Chichester con il suo Gipsy Moth, Alex Rose, Yoshua Slocum, Bernard Moitessier e tanti altri. Leggere i loro racconti, immaginarli di fronte ad onde alte dieci metri o nelle lunghe bonacce a cavallo dell’Equatore, mi faceva dimenticare il tormento del dare, che ogni dirigente ha in obbligo verso l’azienda che lo sostiene. Proprio durante quelle notti si faceva strada in me l’idea di partire per un viaggio in barca a vela intorno al mondo, anche se ancora non osavo pensare di poterlo veramente fare.
Con un amico giornalista, parlavo spesso di mare e lui mi aveva invitato diverse volte a bordo della sua barca, sotto la luna e lungo la costa della baia d’Argento, per pescare le mormore, ma il mare, quello vero, in bonaccia o tempesta con onde alte che ti frustano il volto, era il mio sogno! Passavo i fine settimana con Silvio, un tipografo in pensione che si autodefiniva vagabondo del mare
, a bordo del suo sloop Free Life
ormeggiato in Tecnomar, per fare qualche uscita e soprattutto parlare di mare. Al rientro lo invitavo a cena da Chiaraluce, la trattoria prescelta dai diportisti ormeggiati a Fiumara Grande, per ascoltarlo parlare del tipo di imbarcazione che avrei dovuto scegliere e soprattutto di come attrezzarla in previsione di un viaggio intorno al mondo. Lui quel giro lo aveva fatto navigando con il Moana, uno sloop di 21 piedi della Comar. Davanti ad una spigola arrosto parlavamo e il tempo passava finché il cameriere si presentava con il conto per dirci che stavano chiudendo. Ricordo che un sabato, seduti nel pozzetto, parlando del più e del meno, si era interrotto per dirmi:
- I tuoi occhi sono pieni di entusiasmo, è una passione passeggera o la ricerca di una nuova meta di Remigio? Cosa ti spinge verso l’orizzonte che conquista l’animo del grande navigatore?
- Sono stupito – avevo risposto – dal tuo viaggio con il Moana alla ricerca dell’io. La tua storia sembra un romanzo!
- Partire per il giro del mondo in barca a vela
– aveva risposto Silvio – significa prendere decisioni importanti!
Cominciavo a rendermi conto di quale effetto pratico avrebbe significato il ritirarmi dalla vita attiva. A sessantacinque anni, tanti ne avevo in quel momento, non era facile decidere di tagliare i ponti con il passato senza possibilità di ritorno. Perché così sarebbe stato! Il mio fisico avrebbe sopportato il trauma di proporsi ad un tipo di vita a dir poco avventurosa? Superato questo problema ne rimaneva un altro, non meno importante: il denaro. In banca avevo centomila euro investiti in vari fondi e trentamila in contanti. La casa era l’unica proprietà che, unita agli oggetti di valore, avrebbe potuto farmi realizzare una cifra intorno ai cinquecentomila euro.
E se un giorno dovessi ritornare dal viaggio, – mi ero chiesto – dove andrei a vivere?
Quella del ritorno era solo un’ipotesi remota perché, una volta partito, se mi fosse successo qualcosa sarei finito in qualche ospedale straniero o perito in una burrasca. Se torno, – mi dicevo – continuerò a vivere sulla barca, per questo devo sceglierla non solo robusta e tecnologica, ma confortevole.
Su consiglio di Silvio, avevo scelto il Moody 47 costruito dall’International Princess Yachts, che attrezzata costava mezzo milione di sterline.
Nove anni dopo, il 14 dicembre entravo nel marina di Las Palmas di Gran Canaria, portando nel cuore il profumo di Yami.
A Bonifacio mancavano 32 miglia.
Durante la notte il vento era calato fino a otto nodi e Arcadia, con l’autopilota inserito, aveva proseguito la rotta permettendomi di riposare a ore alterne. Il vento all’alba aveva ripreso a soffiare da nord-est e dovetti solo aggiustare la rotta.
Ora che tutto è compiuto mi sono chiesto spesso quale sia stata la decisione più difficile da prendere per partire; quella del 5 ottobre 2004 da Fiumicino o questa del 20 aprile 2017 da Las Palmas? Allora non mi aveva frenato lo spavento dei pericoli per quello che mi avrebbe atteso né trovare il coraggio per affrontare la furia dei lontani mari del Sud o la paura dell’incognito. La decisione più difficile era quella di decidere di partire ma, una volta presa, avrei difeso la scelta con tutte le mie forze e così è stato. Durante il viaggio non mi è mai capitato di voler mollare tutto, neanche dopo burrasche di 4/5 giorni, provocate dalle code delle perturbazioni provenienti dall’Antartide, con pioggia, vento a