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Il Paese Celtico: Il Paese Celtico, #3
Il Paese Celtico: Il Paese Celtico, #3
Il Paese Celtico: Il Paese Celtico, #3
E-book153 pagine2 ore

Il Paese Celtico: Il Paese Celtico, #3

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Info su questo ebook

La trilogia è un romanzo iniziatico concepito come un almanacco dove mese dopo mese l'eroina scopre un'antica cultura ravvivata dalla pratica di attività, feste e racconti, che variano a seconda delle stagioni.
Lania, in Britannia, entra nel mondo celtico e nei suoi dei, in una visione moderna che si intreccia con storie e leggende ancestrali.
Riscopre la saggezza della natura che la vita parigina le aveva fatto dimenticare.
Onorerà la terra dopo una lunga iniziazione, e rendenderà la sacralità, parte integrante della sua vita quotidiana accogliendo l'incanto dello Spirito celtico.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita19 nov 2020
ISBN9781071520628
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    Anteprima del libro

    Il Paese Celtico - Delenn Harper

    Capitolo Primo

    I giorni che seguirono furono tranquilli e silenziosi. Come in un'immagine, il paesaggio era fisso, gli uccelli non cantavano, il silenzio s’era imposto nella natura. Non c'era più baccano nelle case del paese. Nessuna campana fu udita in lontananza, nessuna gru gridò. Non c'era più alcun rumore. Mio nonno doveva essere stato accolto dall'altra parte e l'Ankou aveva messo a tacere l’Armorica.

    Da Broceliande, i corvi erano partiti per annunciare la notizia. La Foresta lo aveva accettato, ora era tornato a casa. La pioggia dei miei occhi celebrò la sua partenza verso l'altro mondo, accompagnandolo così nel suo ultimo viaggio. Era il giorno più caldo del suo mese preferito.

    Guardavo quel paesaggio bretone, che in precedenza mi era così familiare, e oggi mi sembrava così estraneo, quasi ostile. Quel giorno capii come il tempo della vita fosse passato senza che io vi prestassi attenzione.

    Quando ero ancora bambina, mio nonno mi aveva insegnato a guardare i segni del paesaggio e del cielo per conoscere il tempo, prevedere la prossima pioggia o il sereno.

    «Seguendo la posizione del sole non avrai mai bisogno di un orologio».

    Mi aveva detto.

    Adesso mi rendevo conto che quelli erano divenuti automatismi per me, e con tenerezza e gratitudine ricordai i suoi insegnamenti che non mi erano apparsi tali al momento. La mia mente, sempre all’erta, stava ascoltando parole da una fonte sconosciuta, che la mia bocca riprendeva allegramente. Non conoscevo né le parole né la provenienza, ma il mio corpo non mi obbediva più e mi unii a loro.

    Avevo sentito mio zio parlare di una resistenza pagana bretone sotterranea, che gli antichi perseguivano tenacemente per non perdere i tesori della nostra saggezza. Io però non l'avevo mai sentito dalla bocca di mio nonno.

    Appena dopo la sua sepoltura, tre volte, tre uomini del gruppo di anziani del clan si erano radunati in silenzio per non scioccare i cristiani, per salutarlo e accompagnarlo per l'ultima volta in terra armoricana seguendo i nostri costumi.

    C'erano nove ragazzi, avrebbe detto mio nonno, sorrisi a quel ricordo. Il più anziano del gruppo suonava la cornamusa per dare ritmo alla sua omelia, o forse per risvegliare i ricordi sepolti e far piangere i cuori.


    «Era un leader supremo, dal polso fermo e dalla guida amorevole per le sue truppe. Né un amico né un compagno mi placheranno, non posso rimanere indifferente alla morte di un uomo che era un'ancora nel mare immenso e profondo. Il mio cuore brucia nel grande ricordo, come il fuoco consuma le fiaccole».

    I suoi amici, i suoi fratelli, i suoi compagni gli resero l’ultimo omaggio e l'estremo saluto, insieme, come un esercito ben ordinato e allineato, misero le loro cornamuse sotto la spalla e l’aria vibrò.

    Una nota epica e commovente riempì lo spazio e molti altri uomini cantarono.


    Lania pianse e le lacrime fluirono silenziosamente al ricordo di suo nonno. Non c'erano donne, era l'unica iniziata in quel piccolo gruppo improvvisato, ma si sentiva in diritto di rimanere tra le memorie sempre vive del suo clan. Pian piano, Lania cantò il Canto della Partenza dei Druidi, perché sapeva che la stava ascoltando.


    «Tutto ciò che nasce deve vivere

    Tutto ciò che vive alla fine muore.

    Tutto ciò che muore riprenderà forma

    Noi veniamo dalla Terra

    Ritorneremo nella terra

    Rinasceremo dalla terra».


    La stagione dell'amore si era conclusa con la fine di una vita.

    La sua vita era finita, la Ruota aveva girato. Non avrebbe visto il raccolto. In novant'anni per la prima volta. Come Karl Lagerfeld non avrebbe partecipato alla sua ultima sfilata.

    Il mio insegnamento mi diceva che la morte era solo un passaggio, ma ora che era arrivato il suo ultimo momento, avevo compreso che una parte di me sarebbe morta con lui. Grazie a lui ero lì. Era il padre di mia madre. Senza di lui, mia madre non sarebbe esistita e quindi neanche io.

    L'amore che ci univa una catena. Una delle maglie stava per cedere, tutti dovevamo unirci in modo che non si spezzasse. Questa catena era la nostra famiglia da secoli, i miei antenati erano con noi in quel momento.

    I legami familiari mi apparvero chiari da questa prospettiva e la continuità della vita assunse il suo pieno significato. Se amor e mors erano in un certo senso affini in italiano, avrebbe potuto essere perché erano due facce inseparabili della stessa medaglia.

    Lania lo vedeva bene, la stagione dell'amore era finita. Quella stagione appena iniziata, stava vedendo partire molti anziani del suo entourage. E tutto ciò era troppo per lei, quella stagione aveva avuto virtù salutari ma anche traumatiche.

    Lania però conosceva un vecchio modo di eseguire un rituale veloce quando ne sentiva il bisogno. Si trattava di avere delle erbe e una buona concentrazione. Durante il tempo necessario alla tisana, suggerita per le grandi cerimonie, di condensarsi nella cucina bretone, preparò le cose per raccogliersi in giardino. La bevve tutta in una volta per non ricordare troppo a lungo il suo gusto amaro. La luna era così nuova nel cielo scuro da non vedersi.

    Si sistemò fuori, al centro del cerchio e cominciò a meditare:


    «Ti chiamo, Madre, nel mio cerchio».


    L'effetto della tisana amara fu davvero efficace per aprire le porte delle percezioni. La tisana infiammò il flusso del mio sangue facendolo ribollire. La testa mi girava, piangevo, ma continuavo a concentrarmi. L'effetto raggiunse il suo apice. Nella mia testa un ronzio sordo e interminabile poi in un attimo la sua voce risuonò forte e chiara:


    «Sento nel tuo cuore dolore e lutto, ma so che tutto è fatto per morire e rinascere. Questa regola immutabile è valida per tutto ciò che esiste qui sotto. Tutto ciò che inizia deve finire, l'esistenza ovviamente, ma anche idee, eventi buoni o cattivi, tutto cambia ed evolve. E per evolvere, dobbiamo terminare la vecchia situazione. Nulla dura, tutto cambia, questa è la regola, perché qualunque cosa accada la Ruota continua a girare.

    Sappi anche che la vita è sacra e la morte altrettanto, ciò che è nelle tenebre scatena la scintilla di luce, perché tutto il tuo corpo è materia spirituale. Se riesci a ricordare e a usare ciò che l'Universo ti ha dato, non hai bisogno di diventare spirituale, ricorda che la donna è naturalmente spirituale».


    Nella voce ormai evanescente, potei ancora udire:


    «Tutte le donne sono sacre. Lo sono tutte. Perché siete l'energia ricettiva del divino, la forza lunare. La vera natura del ricettacolo è di essere riempita e svuotata in modo ripetitivo».

    Lania era sul treno che passava attraverso il tunnel sotto il mare; nei primi secondi di oscurità, prima che il vagone si accendesse, vide il suo riflesso nel vetro come fosse una sconosciuta. Tutto in rosso, quel treno era diventato la barca del suo immram (viaggio n.d.t.), per andare nell'altro mondo celtico. Avalon era anche l'Isola dei Morti. Avalon, l'Isola di Ghiaccio di Pays d’Été. Una volta presa la sua decisione, si sentì pronta ad apprendere i Misteri che una Sacerdotessa doveva conoscere. Era stabilito, avrebbe espresso il suo desiderio durante l'equinozio d'autunno.

    Il treno lasciò improvvisamente il tunnel e Lania le sue riflessioni. Seduta sul treno, proiettato fuori dal tunnel buio, come dalla sua vecchia vita, il suo posto nel mondo divenne chiaro nella sua testa. Con un ultimo movimento di scatto in avanti, il treno lasciò completamente il tunnel, passò dal lato francese a quello Bretone, e Lania dall'oscurità alla luce. Alla sinistra, come un fiero stendardo inciso sulle colline, per affermare il suo nome e il suo paganesimo, si ergeva il Cavallo Bianco di Folkestone, l'ingresso nella terra della Britannia.


    Capitolo Secondo

    Arrivando ad Avalonia, si sorprese nel vedere così tante persone in una città così piccola. Tamara le ricordò il motivo, l'inizio imminente del festival di Glastonbury. La folla radunata in gruppi nella città presa d'assalto, era più numerosa delle stelle nel cielo e più pigiata dell’uva. In occasione del Glastonbury Festival, tutti i pagani venivano in pellegrinaggio per ascoltare musica rock nelle pianure della cittadina di Pays d’Été, attraversando il confine per un fine settimana.

    Lania stava cercando dappertutto, ma non riusciva a trovare Luam. Non era né nel refettorio, né in studio o in biblioteca. Dopo aver trascorso un'intera mattinata a cercarlo nei luoghi noti della scuola, decise di avventurarsi a Bangor, il collegio dei Druidi.

    L'ingresso era diverso e al contempo simile a quello delle Sacerdotesse. Sopra la porta, scritto con lettere d'oro, c'era il motto dei Druidi:

    la verità al cospetto del mondo

    Vagai in silenzio attraverso i corridoi dai muri ecrù del grande edificio. Cercai la sua classe a caso, un nuovo modo di orientarmi, che mi era sconosciuto ma risvegliava tutti i miei sensi, per cercare di scoprire dietro quale porta si trovasse Luam. Scelsi una porta alla mia destra, sulla quale poggiai delicatamente l'orecchio, con la stessa cautela di un agente segreto, e ascoltai il corso dei druidi. La porta chiusa attenuava i suoni lasciandomi udire solo frammenti di alcune parole:

    «Awen... Ricerca... Studio».

    L'accento dell'insegnante, molto pronunciato, mi impediva di comprendere bene tutto quanto.

    «Ecco la vostra prima grande lezione».

    Tesi i l'orecchio attaccandolo contro il legno della porta per ascoltare la lezione maschile.

    «Qual è la natura del cosmo?»

    Sfortunatamente, di quel nuovo insegnamento, non sentii nulla. Un uomo alto e magro, tutto vestito di bianco, arrivò e mi interruppe nel mio spiare l'insegnamento druidico. Rimasi ignara di quelle questioni così importanti. Mi fissò chiedendomi con gli occhi perché non vestivo nei colori regolamentari, ma quelli dell'Altro Mondo, segno di lutto. Indossavo un top rosso con spalline sottili e un giubbotto nero. Ovviamente non si aspettava una risposta e la sua domanda parve una mera formalità.

    Sembrava divertito dalla mia intrusione, o probabilmente dalla mia posizione accovacciata per incollarmi meglio alla porta.

    «Posso aiutarla? Mi chiamo Helori, dirigo la Casa e il college dei Druidi, desidera forse frequentare un corso?»

    Helori aveva i capelli totalmente bianchi e abbastanza lunghi da ricadergli leggermente sul collo. Alto e magro, sembrava un grande asparago bianco.

    «Sì, cioè no. Ne ho già abbastanza delle mie

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