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La Leggenda di Ron Anejo
La Leggenda di Ron Anejo
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E-book177 pagine2 ore

La Leggenda di Ron Anejo

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Info su questo ebook

Questa è la storia quasi vera del miglior barbone dei Caraibi al mondo.

Segui Ron Añejo mentre naviga la sua barca di legno a malapena navigabile da un lavoro rischioso all'altro cercando di guadagnare abbastanza per rimanere a galla. Il lavoro legale può essere difficile da ottenere, anche se in realtà hai un permesso di lavoro. Ron non è grande in termini di formalità, ma il suo approccio ottimista alla vita di solito riesce a convincere se stesso, il suo equipaggio e Groucho, il suo spaniel d'acqua Kayakoo da un giorno all'altro.

LinguaItaliano
Data di uscita11 gen 2020
ISBN9781547539710
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    Anteprima del libro

    La Leggenda di Ron Anejo - Ed Teja

    LA LEGENDA DI Ron Añejo

    di

    ed teja

    CAPITOLO PRIMO: COME FU CHE INCONTRAI IL CAPITANO RON  Añejo

    Quando arrivai per la prima volta sull'isola, che si raggiunge viaggiando sulla rotta che porta dagli Stati Uniti verso sud, seguendo la catena delle isole caraibiche, ero più o meno diretto verso Trinidad. 

    Stavo navigando solo, su una sloop in vetroresina lunga una decina di metri; in solitaria, come si dice in gergo.  Non era stato un bel viaggio, era stato un supplizio, questa è l'espressione corretta.

    Non era stato per nulla un bel viaggio.

    Avevo acquistato l'imbarcazione da un improbabile rivenditore di barche di seconda mano a Fort Lauderdale. Se solo immaginaste... beh, non importa, devo addossarmi parte della colpa. E' sempre così quando succedono queste cose.

    Avevo ereditato da poco una piccola somma di denaro, non era una fortuna, ma, se fossi stato prudente, sarebbe stata abbastanza da poterci campare per un po' di anni senza dover lavorare.

    Questo se (e non fu così) non mi fosse servita una macchina, non li avessi spesi in un appartamento costoso, una batteria, dei vestiti stravaganti. Perché la verità è che sono profondamente pigro, la sola idea di fare un piccolo passo verso una vita semplice mi attrae. Riflettei quindi su questa possibilità e il mio cervello, non così brillante, decise che il mio destino era di passare il resto della mia vita in un paese tropicale.

    Che visione romantica!

    Cosa avrei potuto chiedere di meglio di un paese tropicale! E cosa c'è di meglio di una barca a vela per essere felice, navigando intorno alle incontaminate isole tropicali! Il vento era gratis dopotutto. O così la pensavo allora.

    Nella mia impazienza di trovare una barca che potevo permettermi, così da abbandonare la parte civilizzata del pianeta e navigare giù verso i Caraibi, violai inavvertitamente una delle regole più importanti nella compravendita di una barca: mai comprare da un tipo che si comporta come il tuo migliore amico dal primo momento in cui vi conoscete, e che indossa sempre vestiti con cui tu non vorresti essere visto nemmeno morto. E' una buona regola, ma difficile da seguire a volte. In questo caso, immagino che mi lasciai convincere del fatto che, se la barca stava splendidamente a galla, questa piccola perla fosse assolutamente idonea per la navigazione e fosse esattamente ciò che stavo cercando (A quel prezzo non la tirerò per le lunghe, perché sono sorpreso che nessuno l'abbia ancora comprata!).

    Ad essere sincero, la barca era in buono stato ed era probabilmente una magnifica barca per l'uso per cui era stata progettata. Aveva una prua benfatta, una chiglia piena, aveva molte vele. Veloce e agile, aveva un timone delicato; chiaramente se fossi stato pratico di barche avrei capito che si trattava di una purosangue, pensata per navigare nella brezza leggera in acque tranquille. Si governava con disinvoltura vicino alla costa, andava bene e sarebbe stata perfetta per una giornata in barca o per una regata, ma non era adatta alle traversate. Sfortunatamente non lo sapevo. Infatti, devo ammettere adesso che non avevo nessuna idea di cosa rendesse una imbarcazione adatta a alle traversate e neppure immaginavo che non tutte le barche sono adatte ad affrontare traversate.

    Il suo nome era Karma. Questo nome mi suonava così bene, così felicemente anni sessanta, che mi scordai di chiedere se si chiamasse così perché aveva un buon o un cattivo karma, o anche solo per sapere di chi fosse il karma.

    Di sicuro filava bene sul mare durante il nostro giro di prova, o almeno ai miei occhi inesperti sembrava perfetta. La mia esperienza in barche a vela, come avrete notato, era molto limitata. Avevo letto molto al riguardo e avevo sempre creduto fermamente nella mia capacità di imparare dalle pagine di un libro. Dopotutto, non era per questo che avevo speso così tanti soldi per andare al college? E il venditore concordava con me riguardo al suo potenziale. Ripensandoci adesso, lui concordava con me praticamente su ogni stupidaggine che dicevo, e ha lasciato che fossi io a propormi di comprarla. Era facile da governare, diceva, e proseguiva con il dimostrare le sue buone qualità. Procedeva bene sia sopravento che sottovento; il suo motore la portava dentro e fuori dallo scalo; il frigo teneva le birre fresche; il barometro indicava la pressione atmosferica, in poche parole era perfetta.

    Così accadde che, poche settimane più tardi, provvisto di numerosi libri sulla vela e sulla navigazione per il valore di un centinaio di sterline, mi dirigevo a sud, verso il paradiso terrestre.

    Ogni anfratto di quella povera piccola barca era stipato di equipaggiamenti di sopravvivenza di ogni tipo: chili in scatola, carne in scatola, lattine di birra, e una riserva a vita di burro di arachidi e gelatina (Ero sicuro non si potesse trovare in nessuna delle remote isole su cui mi sarei crogiolato). Fui sorpreso di vedere quanto velocemente si esaurì lo spazio per le provviste. La piccola imbarcazione semplicemente non aveva abbastanza scaffali e armadietti per contenere una riserve di cibo e ricambi sufficienti per diverse settimane.

    Questo era certamente un chiaro indizio sulle intenzioni con cui questa piccola barchetta era stata progettata. Ma ero troppo esaltato e non prestavo molta attenzione a questi presagi. Quando fui pronto a partire, nello scalo di fianco al mio, un vecchio che aveva una barca in legno che era un relitto, mi invitò a salire a bordo per un brindisi prima della partenza. Era rimasto pazientemente a sentire il racconto dei miei progetti, offrendomi qualche utile consiglio su cosa portarmi dietro e dove trovarlo, mi aveva guardato caricare la mia imbarcazione di bagagli, come per esempio qualche valigia a buon mercato, e aveva continuato a scuotere la testa in segno di disapprovazione per tutto il tempo. La mia ultima notte a terra nei cari vecchi Stati Uniti d'America brindò a me con dello scotch a buon mercato e mi disse: "Ecco qui una piccola somma di denaro per te, se qualcosa andasse storto mentre sei nelle isole, beh disgraziato, mettiti in contatto con Ron Añejo. Lui saprà cosa fare.

    Ron Añejo? Mai sentito, dissi

    Resta nelle Windward Islands per un po', e lo incontrerai disse. E' da un po' che gira da quelle parti ormai.

    Dove posso trovarlo?

    Scrollo le spalle Non saprei, nei posti più disgraziati. Ma se mai capiterà che hai bisogno d'aiuto, chiedi in giro del Capitano Ron Añejo. C'è sempre qualcuno che sa dove trovarlo, anche se ti trovassi nelle Honduras.

    Memorizzai il nome di questo utile salvatore dei marinai ribelli disponibile sul mercato, in fondo alla mia testa, nella categoria informazioni inutili, serie: miti-e-storie-di-mare e ritornai con la mente al mio viaggio. Beh, per essere onesti, stavo pensando per lo più alle nere e affascinanti donne delle isole che mi sarebbe piaciuto incontrare, a quegli alti rinfrescanti coicktails con l'ombrellino. E non pensavo proprio che avrei avuto bisogno di alcun aiuto per nessuna di queste cose.

    Inutile dirlo, fin dal primo tratto verso le Bermuda, il viaggio si spogliò di ogni mia fantasia.

    Da prima pensai che il tempo doveva essere insolitamente orribile. Le onde sballottavano Karma e me di qua e di là. Fummo sballottati su e giù e sommersi dalle onde che la fecero tremare. Andai avanti proseguendo sempre più piano, ma benchè questo fosse un po' d'aiuto, il problema principale, e la mia disgrazia principale, restavano. Il mare difficile mise fuori uso il pilota automatico e io rimasi incollato al timone tutto il giorno. Freddo, umido e lavorare tutta la giornata non era esattamente come mi ero immaginato quando avevo iniziato la mia nuova vita. Iniziò ad andare così male per me che avrei potuto averne per un bel po'.

    Così non ci misi molto a realizzare che per me e la mia piccola barca la situazione era fuori portata, per così dire, fuori dal tunnel? L'apoteosi di questa epifania alla fine arrivò, non grazie a qualche mistica illuminazione, ma perchè sentii la gente che era sulle altre barche parlare di radio a banda laterale. Mentre stavo per morire, sopraffatto dalle onde, le budella stavano per essermi strappate dalle viscere e gettate poco meno di un miglio lontano da me, mentre mi preparavo ad affrontare l'inferno che mi si prospettava davanti, sentii gente che stava parlando di navigazione veloce e di quanto fosse rinvigorente navigare in questa magnifica turbolenza. Ad un certo punto, il capitano di quello che sembrava una spendida goletta abbastanza grossa mi chiamò via radio per capire cosa diavolo ci facesse una elegante barca da regata fuori in mare aperto. Pensava potessi avere bisogno di aiuto. Ne avevo, ma non quel genere di aiuto che può darti uno sconosciuto di passaggio.

    Lentamente la verità venne a galla. Iniziai a spendere intere lente giornate scrivendo feroci lettere piene di odio a tutte le riviste di navigazione, considerando l'idea di intraprendere una serie di azioni legali per avermi messo in pericolo con affermazioni presuntuose e ingannevole sulla navigazione descrivendol come qualcosa di divertente. Dopo due settimane della mia nuova, tranquilla vita ero ridotto ad un relitto e terrorizzato. Avevo paura che se fossi rimasto a terra avrei visto volatilizzarsi tutti i miei soldi, e paura di avventurarmi fuori dal porto se solo vedevo in cielo il più piccolo accenno di una nuvola all'orizzonte.

    Una dopo l'altra ogni cosa a bordo smise di funzionare. I verricelli si incepparono, pezzi del materiale del ponte si rivelarono niente di più che scarti indistriali, e, una volta che li tirai via, il ponte fece acqua. l frigo iniziò a pedere colpi e la mia birra diventò calda. Tentai senza alcun successo di ripararlo. Poi iniziai a cercare qualcuno che sapesse aggiustarlo, ma non riuscì a trovare nessuno nelle isole che avesse mai visto una marca qualsiasi di frigoriferi né tantomeno qualcuno che volesse almeno dargli un'occhiata. C'era dovunque gente che cercava però di vendermi un frigo nuovo e affrontai la realta che le birre si sarebbero riscaldate, le tirai fuori.

    Comunque sia non mi sarei aspettato che il mio palazzo galleggiante del diporto si disintegrasse in così poco tempo. Infatti, tornato in Florida mi resi conto di quanto fosse stato comico quando il venditore mi aveva dato in omaggio un kit per riparare la barca. Ripensandoci, l'idea di me seduto a ricucire la vela mi sembrò così ridicola da farmi ridacchiare. Di certo non sapevo che il rullo per rovinare le vele (che in realtà sarebbe il rullo per ammainare le vele, ma non secondo l'esperienza che ne ho avuto io) si inceppa, che è matematico che mette a repentaglio la tua stessa vita; persino una vela ragionevolmente buona finirà per strapparsi. Non essendoci di strada nessun pratico centro riparazione vele tra le isole, avevo imparato a cucire e non era stato affatto divertente. E' un mondo duro quello che mi torna in mente. Non avevo pensato che potesse servirmi una palma per vele nel mio equipaggiamento,

    ma se provi a riparare una vela senza capisci invece che lo è assolutamente. Ancora una volta , restai decisamente sconvolto.

    Stupidamente, mi convinsi di averci preso ormai la mano con tutto questo una volta approdato alla romanzesca isola di St. Elsewhere.

    Fu lì che il mio motore andò fuori giri.

    Produsse un suono nefando appena entrai nel porto principale, un fumo nero mi accompagnò, come una nube di sciagura, fin dentro ad un ormeggio del porticciolo.

    Sentii un secco rumore metallico appena lo spensi.

    Avevo lavorato come meccanico in passato e l'aspetto industriale del mio motore mi aveva rassicurato. Fino ad ora aveva rombato bene e mi ero convinto che i motori delle barche fossero persino più potenti di quelli delle auto e dei camion. Ora, la portata enorme della stupidaggine di questo pensiero mi appare chiara. NAUTICO non significa per forza, come si potrebbe essere tentati di pensare, costruito robusto in modo da poter resistere agli ambienti marini più ostili.

    No, significava soltanto CARO.

    Con i pochi attrezzi che avevo a bordo ho dato un occhiata nel motore e quello che ci trovai non mi piacque affatto. Mi è piaciuto ancora meno quando fui costretto a chiamare un meccanico esperto di motori di barche del posto chiamato Lucius e scoprì che quello era un modello che un'azienda italiana aveva prodotto solo per un anno per poi chiudere la produzione. Il resto dei loro prodotti consisteva in scarpe.

    Così non esistevano parti di ricambio disponibili. Nè Italia, nè negli Stati Uniti e, certamente, non sulle isole.

    Così, invece di essermi concesso il privilegio di pagare a qualcuno una cifra esorbitante per farlo aggiustare, come si fa dalle mie parti, tutto ciò che ottenni fu che il meccanico alla fine scosse lentamente la testa e sentenziò tristemente: E' andato.

    Nuovo alle espressioni isolane, ci misi un po' a capire chiaramente la triste diagnosi. Infatti non ne fui completamente convinto finchè non sospirò: Devi prenderne un'altro, che naturalmente significava uno nuovo.

    Andai a fare il check-in dagli ufficiali del posto e, fu in quel lussureggiante scenario tropicale, in una baracca con il tetto in lamiera situata nel bel mezzo di un palmeto e un nuovo McDonald, che imparai quali sono le due cose più importanti per chi vive su un isola: primo, molte isole hanno tasse di sdoganamento molto forti

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