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Drenaggio: Come il sistema sfrutta la ricchezza prodotta dal lavoro
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Drenaggio: Come il sistema sfrutta la ricchezza prodotta dal lavoro
E-book94 pagine1 ora

Drenaggio: Come il sistema sfrutta la ricchezza prodotta dal lavoro

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Info su questo ebook

Trattasi di un dialogo fra un vecchio sindacalista e un giovane che si appresta alla vita attraverso il lavoro.
Il ragazzo non capisce la quantità di lavoro che, sotto forma di tassazione,deve dedicare a quelli che per lui sono orpelli a godimento futuribile.
La trama verte tutta su come il sistema o potere costituito riesce attraverso a meccanismi più o meno oscuri ed occultati a drenare risorse da quello che è l’unico generatore di ricchezza vera: IL LAVORO.
L’attempato sindacalista spiega che i canali con i quali si sfrutta il prodotto della fatica del giovane sono diversi ed alcuni ben nascosti.
Si passa dalla trattenuta per la previdenza, dove vige il tentativo di porre tutti i costi a carico del lavoro, agli interessi, tutti, di ogni ordine e grado che inflazionando la moneta , conseguentemente svalutano il prodotto del lavoro.
La tecnologia, che da almeno un terzo di secolo,anziché essere usata per ridurre la fatica con la riduzione del tempo di lavoro finisce per lo più in profitti per pochi.
Infine il debito. Su questo capitolo si impronta gran parte del testo dove viene dimostrato che debito, interessi e mercati, altro non sono che una sofisticata macchina per drenare risorse e dal lavoro, e dal piccolo risparmio, verso i grandi capitali finanziari.
Il tutto viene correlato e supportato da dati e cifre di estrazione certa e verificabile.
LinguaItaliano
Data di uscita19 dic 2019
ISBN9788835348153
Drenaggio: Come il sistema sfrutta la ricchezza prodotta dal lavoro

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    Anteprima del libro

    Drenaggio - Piergiorgio Forti

    Conclusioni

    Introduzione

    Luca è un ragazzo di 20 anni molto sveglio, con mente fervida e libera e, come tutti i ragazzi di quell’età, desideroso di divorare il tempo. Essendo, però, di famiglia povera, dopo la scuola dell’obbligo, anziché proseguire gli studi, ha dovuto mettersi a lavorare. Dopo svariati lavoretti qua e là, trova un contratto di lavoro di 24 mesi in un’azienda metalmeccanica. Sulla prima busta paga di 1.280 euro, nota una notevole quantità di trattenute. Notevole per lui, ovviamente, visto che prima non l’aveva mai notato, vuoi perché i lavori erano di breve durata vuoi perché erano in nero e la busta paga proprio non la vedeva. Un po’ contrariato, ma anche molto curioso, ricorda di avere lo zio Antonio ex sindacalista ora in pensione, però ancora appassionato cultore di norme, cifre ed economia e da lui si reca per avere delucidazioni in merito alla propria paga.

    Da una rapida visione, Antonio constata che è tutto regolare e che quella quota di trattenute sono previste dalle norme di legge. Spiega, inoltre, che servono, a seconda delle voci, per il mantenimento dello stato sociale: infortuni, malattie, break lavorativi ecc., nonché per maturare l’importo della sua futura pensione. Aggiunge pure che quella è solo una quota di tasse sul suo lavoro; un’altra, anche più elevata, viene versata a nome suo dal datore di lavoro. Luca, allibito, non si capacita ma accetta la spiegazione e, sempre più curioso, gela lo zio con una domanda che Antonio non si aspettava.

    Senti, a me non interessa quanto denaro devo versare per questo ipotetico domani. Il denaro è una vostra convenzione, io vivo ora e per me vale il tempo, soprattutto il tempo che mi trovo costretto a dedicare al lavoro. Perciò, voglio sapere quanto tempo lavoro posso poi trasformare in risorse per me, per i miei piaceri e il mio vivere e quanto ne devo sacrificare per questi bisogni futuri e la collettività.

    A questo punto, lo zio capisce cosa il ragazzo vuole e lui stesso considera la domanda giusta e del tutto pertinente. Capisce, inoltre, che per soddisfare le sue curiosità dovrà faticare abbastanza, rispolverando propri scritti, testi, tabelle e che il tutto comporterà un bel po’ di tempo.

    Ok, cercherò di accontentarti. Ma, dimmi un po’, hai per caso letto Mujica ultimamente?

    No, so chi è ma non ho letto nulla di suo. Perché me lo chiedi?

    "Era solo una curiosità, perché questa storia del tempo come valore primario è farina del suo sacco. Ad ogni modo, digressione a parte, è opportuno che tu non abbia grandi aspettative. Io sono o, meglio, ero un sindacalista di frontiera, ossia sempre in mezzo ai lavoratori e quello che so è dato anche dalle mie letture, da tanta vita vissuta in mezzo a queste questioni. Quindi, nessuna particolare sapienza ma solo accumulo di nozioni date dalla mia passione per i conti. Le mie sono analisi alla buona, senza nessuna presunzione di verità assolute. L’assolutismo lo lascio volentieri agli analisti finanziari di estrazione bocconiana, io preferisco ragionare partendo dai macro dati facilmente accessibili nei vari bilanci. È mio parere che le cifre totali segnalino subito l’andamento e l’evoluzione della problematica. Io, se vuoi, ragiono in maniera un po’ grossolana ma alla base ho almeno un paio di saldi principi: il primo è che tutto ciò che vedi in manufatto e che usi o consumi, è frutto del lavoro, null’altro che lavoro; il secondo è la semplicità. Per me tutto deve essere comprensibile e di facile lettura. Tutto va declinato al chiaro, all’accessibile. Sono concorde con chi ha detto che complicare è facile, è semplificare che è difficile. Io ho questi due fari che guidano i miei pensieri e con loro mi orizzonto. Pertanto, se ti dovessero dire che le spiegazioni che ti darò son tutte balle, fatti spiegare perché in maniera comprensibile. Se non lo fanno, diffida tranquillamente di loro."

    Ok, va bene. Io però ricordavo che avevi una particolare predisposizione per i conti e buona memoria per i numeri.

    Ti sbagli. Passione per i conti sì, ma buona memoria per i numeri assolutamente no. Il mio cervello, anziché dati e numeri, preferisce depositare in memoria il pensiero, il concetto. Tutte le cifre che ti spiattellerò sono frutto di ricerche recenti. È da sempre mia opinione che più la mente rimane libera da dati e cifre, oggi facilmente reperibili sia su testi che online, più è in grado di pensare ed elaborare. Ora, però, avrei da fare ma se passi fra qualche giorno farò un po’ di conti e risponderò alla tua domanda.

    Appena il ragazzo se ne va, Antonio comincia a pensare che sì, il denaro altro non è che una convenzione, è stato inventato per superare il baratto. Evitare, cioè, che uno sia costretto a girare con un quintale di patate per avere in cambio magari due polli. Quindi, il denaro altro non è che il controvalore di un bene. E anche di un servizio. Il punto vero è proprio questo: il denaro è il controvalore di un bene materiale. Non è il controvalore di altri assegni, cambiali, titoli e similari o, peggio ancora, di tutti questi messi insieme. Su questo Antonio ci aveva ragionato un sacco di volte, ma mai gli era capitato di prendere a riferimento, come valore, anziché il denaro stesso, il tempo. In particolare, il tempo lavorato.

    Comunque, pensa che non sarà difficile trovare la risposta; si tratta di percentualizzare il lavoro che il ragazzo farà ora e quello che dovrà fare per il domani e per la comunità.

    Passa qualche giorno e Luca si ripresenta.

    Allora, mi hai fatto quei conti?

    "Certo, tieni presente però che il tuo tempo lavoro non è commerciabile, devi in tutti i casi riconvertirlo in qualche altro elemento che sia accettato dal resto della società. La moneta è stata inventata millecinquecento anni fa, nel 685. Oggi noi abbiamo l’euro e un giorno, magari, visto il numero sempre maggiore di scambi online, avremo una valuta digitale. In giro già ci sono i bitcoin, i litecoin ma, finché non saranno accettati da tutti, atteniamoci all’euro.

    Ti dirò dove va la tua ricchezza prodotta dal tuo lavoro. Prima, però, è necessaria una premessa."

    Premessa su sistema

    "Il potere costituito, vale a dire quello economico/politico, ha da sempre tenuto sotto scacco il lavoratore. Ciò è successo perché chi ha detenuto il potere economico è sempre stato lo stesso che deteneva quello politico e, quindi, l’unico che dettava le regole della convivenza comune. In pratica, nel corso dei millenni, un’élite di persone ha, con metodi più o meno coercitivi ma, spesso, anche molto violenti, operato per beneficiare, anche smisuratamente, della ricchezza prodotta dal lavoro. Il trucco più antico era quello del regno, ovvero della proprietà del suolo, che veniva tramandato di generazione in generazione per diritto dinastico. Per farla breve, il succo era questo: il suolo è mio, se però lo lavori e produci lo

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