Io resto
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Ma Lei dov'é? Sa che la stanno aspettando? Tra una sigaretta, una Rossana e dell'Amarone servito in un calice, cinque persone attendono la voce di colei che decreterà il loro futuro, chi tra loro potrà restare quella notte e quella dopo ancora.
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Anteprima del libro
Io resto - Valentina Macchiarulo
Valentina Macchiarulo
Io resto
Edizioni Effetto
www.edizionieffetto.it
Valentina Macchiarulo
Io resto
©Edizioni Effetto
tutti i diritti riservati
Prima edizione digitale dicembre 2020
ISBN 9791220240673
Copertina: progetto grafico di Roberta Sanna.
Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto di autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
ISBN: 9791220240673
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
http://write.streetlib.com
Indice dei contenuti
PRIMA PARTE
L’incontro
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
L’attesa
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Seconda parte
Lei
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Note
Ringraziamenti
Nell’agitato mare dell’esistenza,
ci sono parti di noi dormienti
che galleggiano
come burattini di legno
seguendo la corrente
decisionale dell’essere.
Ci sono parti di noi
che fungono da salvagente:
utili quando l’acqua alla gola
comincia a togliere il respiro.
E ci sono parti di noi
che ci appartengono
come fossero braccia e gambe
con cui nuotare
e mantenersi a galla,
in questo mare che è la vita.
A te che hai deciso di restare.
A te che resti, nonostante tutto.
Ad Alice e Cecilia
Non abbiate mai paura
di guardarvi dentro.
PRIMA PARTE
L’incontro
Capitolo 1
Emil
Lei parla.
Io la guardo mentre si muove con sicurezza nello spazio ristretto di una piccola libreria di paese, allestita per l’occasione con panchetti e sedie traballanti. Gli scaffali in legno di noce sono in parte ricoperti di carta crespa colorata, il sole che filtra dall’unica vetrina mostra la polvere danzante per l’aria e le ombre dei presenti sono adagiate sulle copertine sbiadite di vecchi libri invenduti.
Lei parla e gesticola lenta. La camicetta bianca di stoffa leggera che indossa ne accarezza ogni movimento e lascia trasparire le sue rotondità, ed è sinceramente bella, bella e luminosa. La osservo immobile, nascosto dietro gli espositori di biglietti d’auguri e riviste, con le braccia conserte e l’ansia di chi teme d’essere interpellato pur non avendo nulla da dire.
Si tratta di un evento creato appositamente per Lei, per l’uscita del suo primo libro pubblicato con un’importante casa editrice, e io sono completamente rapito dalle sue movenze da rischiare di perdere il filo di ogni discorso. Parla di sé, della sua storia, del suo modo di guardare le cose e del suo esordio come scrittrice. Dice che i nuovi panni di cui si è vestita le piacciono davvero tanto. Io rido piano, e non posso non crederle. È davvero convincente e a tratti divertente, proprio lei che per natura è così insicura e seria. Sto scoprendo un luccichio nuovo nei suoi occhi, e credo sia la voglia del cambiamento, della novità. Quel bagliore li fa apparire diversi e invincibili allo sguardo degli altri, una scintilla di un fuoco che sapevo sarebbe presto divampato, lasciando tutti a bocca aperta. Un fuoco che avrebbe disarmato anche me.
Che fosse una donna passionale ne sono sempre stato consapevole, ma oggi ha davvero qualcosa di diverso dal solito: una parte del suo essere, rimasta nel buio per troppo tempo, è riuscita finalmente a evadere, a trovare spazio tra la folla delle sue personalità e a mostrarsi con determinazione, come mai aveva fatto prima. Se Bukowski fosse qui accanto a me ad ascoltarla mi direbbe: "Guardala e impara... Resistere significa semplicemente tirare fuori i coglioni, e meno sono le chance più dolce è la vita, mio caro Emil [¹] ." Io mi sarei abbassato sugli occhi il fido cappello, la coppola che indosso da anni, e avrei vergognosamente taciuto, consapevole di quanto amara, invece, sia la mia vita.
Ho approfittato di un momento in cui Lei era presa dai sorrisi del suo pubblico, dalle parole di elogio e di ringraziamento arrivate a fine presentazione, per lasciarle di nascosto un bigliettino tra le pagine del libro, la copia staffetta da cui non si separa mai. Sono sicuro che non ha notato il mio gesto. Ho voluto che si godesse fino in fondo il pomeriggio da adulta affermata, senza farmi vedere. Io ci sono, e questo deve riuscire a bastarmi.
Io c’ero. Ci sono sempre stato, anche quando ha deciso di sparire, di togliermi voce e respiro. Ero disperatamente presente nel suo tentativo di dimenticarmi o di rinnegarmi. Ho fottutamente bisogno di sentirmi parte di lei, maledetto me! Perché ogni atomo che appartiene a me appartiene davvero anche a te.
Ho imparato sulla mia pelle che si può amare anche solo col pensiero, lasciando a poche e precise parole il ruolo delle ambasciatrici di quell'interesse puro e sincero.
Ho imparato che lei sa prenderti le viscere e legarsele strette alla bocca, così che ogni movimento sembra dipendere dal suo parlare e, a guardar bene, la stessa libraia che le gironzola intorno pare pendere dalle sue labbra come una marionetta. Mi diverte pensare che abbia assunto questo atteggiamento assertivo e accondiscendente per timore che la sua ospite possa scegliere di andare via di punto in bianco dalla sua libreria, abbandonandola con la consapevolezza di non essere stata all’altezza della situazione. Potrei continuare, inventare, raccontare a me stesso che questo suo modo di fare derivi da un trauma che la poverina ha subito quando il marito ha deciso di non tornare mai più. E poiché mi diverte creare storie, direi che lui, dopo averla velocemente posseduta nel retrobottega, tra i libri da schedare e le scatole da svuotare, spogliandola nei punti essenziali e muovendola a suo piacimento, perché autorizzato dal continuo gemere di lei e dal suo provocante sussurro affermativo, rialzandosi i pantaloni l'abbia guardata con sufficienza e le abbia detto: «Non mi basti più.»
Ma queste sono solo stravaganze della mia mente, del mio amore per le sceneggiate da palcoscenico.
Lei parla, e io mi dico che devo smetterla una volta per tutte di fantasticare sulle vite altrui, e concentrarmi sulla mia.
Inspiro profondamente il profumo della carta e dell’inchiostro che mi circonda, come se fossero droga da sniffare per assecondare il mio estro con eccitanti viaggi immaginari e, mentre aspetto il momento giusto per allontanarmi senza farmi vedere, ripenso al suo discorso di presentazione appena fatto.
Le è sempre piaciuto parlare di lei. Con me lo faceva spesso e con devozione, senza trascurare alcun dettaglio, in maniera così intima e riflessiva, da convincermi che potevo anche non essere lì ad ascoltarla. Come se stesse parlando solo a se stessa. Potrei descrivere le sue pause, il tono di voce basso e attento, le risatine improvvise accompagnate da un cenno delle spalle come per accentuare la segretezza di quel suo ridacchiare. I sottili capelli intrecciati tra le dita, le sue e le mie, lo sguardo profondo, che in un attimo spiccava il volo, fissava in alto e, repentinamente, ritornava a guardare davanti a sé. Poi gli occhi, di cui non ho ancora capito bene il colore ma che appaiono sempre più potenti e con una forza di attrazione incontrollabile. Se qualcuno dovesse pormi la domanda, faticherei a trovare la giusta risposta: saranno marroni o verdi? La lingua si blocca su questo dubbio, come se entrambe le opzioni non le rendessero giustizia. Cambiano al sole, ricordano il legno di palissandro; il perimetro dell’iride assume lentamente il colore del miele di acacia, e se una luce improvvisa li colpisce diventano come le foglie dal verde più intenso di fine estate. E nell'imbarazzo affermerei in modo convincente, come saprebbe fare il migliore dei bugiardi: «Marroni. Lei ha gli occhi marroni.»
Non voglio che mi veda mentre esce. Cerco di perdere alcuni minuti leggendo i nomi di autori e titoli di romanzi già famosi al mondo letterario, che si sono garantiti un posto fisso tra gli scaffali di questa libreria e di tutte le librerie d’Italia, minacciando il fato infame affinché anche il suo libro possa avere lo stesso glorioso destino.
Metto piede fuori dalla colorata bottega di pagine e parole che, nello stile, tanto somiglia al vestito esuberante e quasi carnevalesco della sua proprietaria, quando le sedie traballanti sono ormai state accatastate le une sulle altre per essere portate via e i panchetti riposizionati nell’area dedicata alla lettura per bambini. La libraia è tornata a occupare il suo posto dietro il bancone, tutta presa dai conti, soddisfatta del buon incasso e della bella figura fatta. Tutti i clienti sono usciti, e quelli che hanno l’anima ancora da saziare, poiché non si vive di sole parole, si dirigono velocemente in un bar a soddisfare almeno la sete provocata da questo caldo d’inizio estate. Io, invece, sono qui vicino alla mia auto, logorato dalla sete di sapere quali nuovi pensieri le si affollano nella testa e con la convinzione di essere costretto dalla necessità a dover capire ancora molte cose di Lei.
La osservo dirigersi col marito verso la macchina. Presto andrà via. Tornerà a casa. Ha in braccio la sua bambina più piccola, mentre la sorellina di qualche anno più grande le tira la gonna per avere un po’ di attenzione, la borsa piena di ogni occorrente appesa all’avambraccio e, stretto in una mano, il suo libro.
Spero non scivoli via il mio biglietto. Mi auguro che quelle pagine lo tengano prigioniero per lasciarlo andare al momento giusto: è necessario che sia proprio lei a leggerlo, e nessun altro. Potrei scatenare uno tsunami di eventi irreversibili e nel gioco di precisione che ho iniziato, perdere l'unica possibilità di centrare il bersaglio.
Sono un coglione, lo so . Faccio flanella, come al mio solito. Ho bene a mente che gli accordi presi con i miei compagni erano altri, ma io non so rispettare le regole. Sono un anarchico. L’istinto mi porta sempre a fare di testa mia, e come re Claudio nell’Amleto, io mi chiedo se mai imparerò a pentirmi. Tutto può il pentimento. Ma che può mai quando uno non riesce a pentirsi? O miseria di me! Anima nel mio petto, nera come la morte! E tu, mio cuore, fibra d'acciaio, fatti morbido e tenero come le carni del neonato. C'è ancora una speranza.
[²]
Ma quale speranza posso avere per me? Quale, se continuo a guardarla restando distante e invisibile?
Osservo la sua famiglia e i suoi amici, il loro bel modo di festeggiare, di farla sentire importante e adesso mi domando se si senta come quando, tempo fa, era insieme a me. Una giovane universitaria che fantasticava sul suo futuro e fiera si ripeteva che sarebbe riuscita a diventare qualcuno; una studentessa che, soddisfatta, tornava a casa dopo un esame e assaporava l’idea che nessun altro giorno sarebbe trascorso invano. Le scarpe, con nella suola tutta la fatica dei passi compiuti, lasciate a terra vicino alla porta della sua stanza, gli abiti formali abbandonati sulla sedia accanto alla scrivania e il corpo adagiato sul letto, vestita solo di un sorriso libero, identico a questo che indossa ora, e della sua pelle bianca, a chiamarmi dolcemente.
Quanto eravamo felici!
Sì, eravamo dannatamente felici insieme. Dannatamente e meravigliosamente completi, più dell’universo con tutte le sue stelle e i suoi pianeti, delle acque dei mari e degli oceani, del caffè nella tazzina e della sigaretta dopo averlo bevuto.
Poi, un pensiero.
No! Lei non è sempre stata così.
Ma, in fondo, chi lo è? Nessuno può sempre essere fiero di sé, dio santo, neanche un folle. Chi può essere sempre convinto di potercela fare e sempre pronto a scommettere sulle proprie capacità? La parola sempre
non si intona con la realtà; ha il sapore dell’errore, del passo falso che si sta