Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il mondo intero è una bottiglia: Cinque indagini e una resa dei conti per il detective Mangione
Il mondo intero è una bottiglia: Cinque indagini e una resa dei conti per il detective Mangione
Il mondo intero è una bottiglia: Cinque indagini e una resa dei conti per il detective Mangione
E-book230 pagine2 ore

Il mondo intero è una bottiglia: Cinque indagini e una resa dei conti per il detective Mangione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Gerry Mangione è un detective impro-babile, al quale vengono affidate tutte quelle indagini che nessuno vorrebbe o che, forse, nessuno sarebbe in grado di risolvere. L’aspetto arruffato e l’indolenza di Mangione – dedito all’alcol e al cibo bisunto nei “diner” della provincia americana più che al suo mestiere – lo propongono come il peggior investigatore presente su una scena del crimine... eppure, i vari colleghi che gli s’alterneranno al fianco scopriranno con stupore che quel bizzarro detective, in realtà, possiede non solo un impareggiabile talento investigativo ma, altresì, un’indole nascosta, torbida e persino pericolosa. Chiariamolo subito: Alessio Biagi ha creato un altro personaggio che amerete alla follia.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2020
ISBN9788868153441
Il mondo intero è una bottiglia: Cinque indagini e una resa dei conti per il detective Mangione
Autore

Alessio Biagi

Alessio Biagi è nato nel 1980 a Massa dove vive e lavora. Cresciuto con la passione della poesia, si è dedicato alla narrativa dopo il fortunato incontro con lo scrittore fiorentino Marco Vichi. Nell’ottobre 2006 ha pubblicato, per la casa editrice Pensa, un primo racconto nell’antologia La città che narra ed un secondo, contenuto nell’antologia La legge del desiderio a cura di Giulio Milani, presso la casa editrice Transeuropa. In tutti i respiri che ti ho preso è il suo primo romanzo.Alessio Biagi was born in Massa in 1980 where he lives and works. He grew up with a passion for poetry and devoted himself to writing fiction after the successful meeting with the Florentine writer Marco Vichi. In March 2009 he published the novel “In all breaths i've taken” for the Meligrana Giuseppe Editore Publishing House, the novel “Never loved enough” in December 2010, the novel "Let me be your eyes" in July 2012 and the last "Take everything I have" in november 2013.

Leggi altro di Alessio Biagi

Correlato a Il mondo intero è una bottiglia

Ebook correlati

Articoli correlati

Recensioni su Il mondo intero è una bottiglia

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il mondo intero è una bottiglia - Alessio Biagi

    Il mondo intero è una bottiglia

    Cinque indagini e una resa dei conti per il detective Mangione

    Alessio Biagi

    Meligrana Editore

    Copyright Meligrana Editore, 2020

    Copyright Alessio Biagi, 2020

    Tutti i diritti riservati

    ISBN: 9788868153441

    Illustrazione di copertina © Chiara Giannini Mannarà

    chiaramannaracm.wixsite.com/ilmiosito

    Redazione: Giulia Baldini

    Meligrana Editore

    Via della Vittoria, 14 – 89861, Tropea (VV)

    Tel. (+ 39) 338 6157041

    www.meligranaeditore.com

    info@meligranaeditore.com

    Segui la Meligrana su:

    Facebook

    Twitter

    INDICE

    Frontespizio

    Colophon

    Licenza d’uso

    Alessio Biagi

    Copertina

    Dedica

    Il mondo intero è una bottiglia

    Testa di pollo

    Fede nuziale

    Messicani

    Vendicare

    La variabile di Fuller

    Ringraziamenti

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

    Se si desidera condividere questo ebook con un’altra persona, acquista una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, si prega di acquistare la propria copia.

    Grazie per il rispetto al duro lavoro di quest’autore.

    Alessio Biagi

    Alessio Biagi è nato nel 1980 a Massa dove vive e lavora. Cresciuto con la passione della poesia, si è dedicato alla narrativa dopo il fortunato incontro con lo scrittore fiorentino Marco Vichi. Nell’ottobre 2006 ha pubblicato, per la casa editrice Pensa, un primo racconto nell’antologia La città che narra ed un secondo, contenuto nell’antologia La legge del desiderio a cura di Giulio Milani, per l’editore Transeuropa. Con Meligrana ha pubblicato i romanzi: In tutti i respiri che ti ho preso (2009); Mai amato abbastanza (2010); Lascia che sia io i tuoi occhi (2012); Prenditi tutto quello che ho (2013), Non so più dove cercarti (2015); È tutta una follia Raymond Bosco (2017) e le antologie di racconti: Tirando calci al vento e Il cuore in tasca. È Vicepresidente dell’Associazione Culturale Viva! in memoria di Cristina Biagi. Cofondatore di Freedom Writers | Scuola di Scrittura Creativa e Storytelling, nonché collaboratore di Sail (Storytelling Agency) ed uno dei narratori ufficiali dell’Associazione Filodrammatica FaBuLa.

    Contattalo:

    biagi.alessio@libero.it

    Seguilo su:

    Facebook

    www.alessiobiagi.com

    A mio padre.

    Fai ciò che è giusto, sebbene il mondo possa perire.

    Immanuel Kant

    Io amo i coraggiosi: ma non basta essere bravi guerrieri,

    si deve anche sapere chi colpire.

    E spesso c’è maggior coraggio nel trattenersi e passare oltre,

    per risparmiarsi per il nemico più degno.

    Friedrich Nietzsche

    Testa di pollo

    Giorno 1

    A primo impatto il rinvenimento d’un cadavere non sembrò una notizia così allarmante per il detective Gerry Mangione (che va letto Gherri e non Jerry come il comico Jerry Lewis per esempio), fintantoché venne a sapere che la testa di un pollo era ficcata nel punto esatto dove ci sarebbe dovuta essere la testa del morto.

    Mangione arrivò alla baia, area occidentale, soltanto nel tardo pomeriggio. Il cadavere fu scoperto casualmente in un tratto della costa di lago ad est, contraddistinto da falesie di argilla.

    La polizia locale, dopo la segnalazione del pescatore che scoprì la salma, avvisò il comando centrale che subito inviò il detective Mangione sul posto. Quella faccenda richiedeva la massima attenzione, nonché immediata priorità sugli altri casi ai quali stava lavorando in quel momento il detective Mangione. Nessuno sapeva che fare tranne uno: Gerry Mangione, che sembrò avere subito le idee piuttosto chiare.

    «Penso proprio si tratti di una sorta di rito dell’occulto» affermò dopo una rapida ispezione del cadavere.

    «Occulto?» borbottò uno degli sbirri, togliendo il copricapo per grattare la testa.

    «Bisogna chiamare un esperto del settore per aiutarci con il caso» sentenziò Mngione.

    «Un esperto?» bofonchiarono tra loro. Nessuno sapeva esattamente che fare.

    «Dov’è il bar più vicino?» domandò Mangione e per quella domanda ebbero tutti una risposta da dare.

    «Che facciamo col corpo?»

    «Dell’uomo o del pollo?» scherzò Mangione, ma nessuno comprese la battuta.

    * * *

    Gerry Mangione di origini siciliane, crebbe nel quartiere oggi chiamato comunemente Mount Allegro. Mangione fu un bambino malaticcio e solitario, che passò la giovinezza leggendo. Il libro preferito fu sempre il dizionario. In famiglia vollero conservare le tradizioni siciliane e che si parlasse l’italiano; proprio per questa ragione Mangione parlava correttamente entrambe le lingue; caratteristica che gli tornerà parecchio utile in futuro.

    Il detective Gerry Mangione assunse la postura tipica, tutta ricurva sullo sgabello del bar, dopo una lunga telefonata col diretto superiore.

    «Che ti servo, forestiero?» domandò la barista. Trucco pesante, chewing-gum tra i denti.

    «Quello lì» indicò Mangione, rivolgendo l’indice verso lo scaffale dei liquori. Barbour.

    «Scommetto che bevi forte».

    «Hai vinto».

    «Come lo preferisci?»

    «Nella bottiglia» rispose Mangione, facendo segno di spicciarsi. Gliela avvicinò e Mangione rifiutò il bicchiere. Il Barbour preferiva trangugiarlo così, come il campione degli ubriachi. La barista lo guardò sconvolta; nonostante di figli di puttana ne avesse visti passare a centinaia, nessuno era come il detective Gerry Mangione (che va letto Gherri e non Jerry come il comico Jerry Lewis per esempio).

    «Da dove arrivi?» domandò quando Mangione posò il Barbour.

    «Da parecchi posti» rispose per poi riallacciare le labbra alla bottiglia.

    «Avrai guai con la polizia se continui a bere in questa maniera» commentò la barista, incrociando le braccia sul petto, sollevando un po’ le mammelle smunte e entrambe tatuate.

    «Sono io la polizia».

    «Sul serio?»

    Mangione annuì ingurgitando un altro sorso, grattando una guancia ruvida della barba di qualche giorno e spostando l’impermeabile per mostrare il distintivo.

    «Che fai qui?»

    «Un omicidio».

    «Chi hanno ammazzato?» domandò sbigottita la barista.

    «Non lo so».

    «Devi essere proprio un bravo poliziotto» ridacchiò. La dentatura ingrigita e storta.

    «Già...» brontolò Mangione, pagando per la bottiglia e aggiungendo una mancia generosa. «C’è un motel nei paraggi?»

    «In città» rispose e Mangione smontò dallo sgabello come dalla groppa d’un mulo, dopodiché salutò.

    «Ti rivedremo ancora nei paraggi?»

    «Fossi in voialtri, spererei di no» grugnì. «Io sono come gli avvoltoi: quando ne avvisti uno significa che c’è una carogna nei dintorni».

    * * *

    «Una singola» chiese Mangione al tizio in canottiera unta alla reception. La vestaglia aperta e pesante, la faccia come scoppiata.

    «Soltanto per stanotte?»

    «Per adesso...»

    Prendendo il portafoglio, l’uomo notò il calcio della pistola. Mangione lo rassicurò.

    «Sono un poliziotto».

    «Fossi il primo che inventa questa cazzata» mormorò tirando su col naso. A quel punto Mangione mostrò anche il distintivo. Quello lo fissò qualche secondo per poi grugnire:

    «Detective?»

    «Per l’esattezza».

    «Che onore» biascicò per nulla impressionato. «La soddisferebbe la stanza numero 8, detective Jerry... Mangione?» domandò «È la giusta pronuncia? Mangione?»

    «È Gherri non Jerry. L’ha scelto mamma. Ci tengo sia pronunciato giusto. Sì, la pronuncia è corretta: Mangione».

    «E Gherri sia...» sospirò l’uomo appuntando nome e cognome sul registro dei clienti. «Per caso è di origini Messicane? Spagnole?»

    «Italiane».

    «Una firma per esteso».

    Mangione siglò e quello, ripreso il libro, protestò:

    «Qui c’è scritto: Jerry».

    «Si scrive Gerry ma si pronuncia Gherri con la H».

    «È proprio sicuro?»

    «Lo era mamma e credo sia sufficiente».

    Mangione tossì chiedendo all’uomo il favore di avvertire il comando di polizia che avrebbe soggiornato lì e l’altro assentì.

    Il motel era niente più della solita cuccia per randagi dalle lenzuola consunte, la moquette bruciacchiata dai mozziconi di sigarette e la carta da parati sbiadita. In quante camere simili aveva soggiornato Gerry Mangione? Centinaia? Migliaia? Probabilmente. Smise di contarle parecchio tempo fa.

    Poggiò il ferro del mestiere, un libro e il distintivo sul comodino. Come d’abitudine smontò l’impermeabile. Tolse dalla busta di plastica e indossò l’accappatoio che comprava in ogni nuova città, per ogni nuovo caso e che si portava sempre appresso. Dopodiché si distese supino, allentò la cravatta e sbottonò qualche bottone della camicia fissando il soffitto, riflettendo su quella testa di pollo finché s’addormentò.

    Giorno 2

    Il trillo del telefono svegliò Mangione infagottato nell’accappatoio, le braccia conserte sul petto.

    «Sì?» grugnì.

    «Detective Jerry Mangione».

    «È Gherri non Jerry, con la H. L’ha scelto mamma. Ci tengo sia pronunciato giusto».

    «Ok»

    «Chi parla?»

    «Mi chiamo José Martí, l’esperto occultista. Ho ricevuto l’incarico dal capo della polizia per un’indagine di omicidio».

    La voce dell’esperto che gracchiava dall’altro lato della cornetta, apparì molto più squillante di quanto Mangione s’aspettasse in realtà. Le origini cubane dell’occultista gli avevano fatto immaginare un tono roco, qualcosa di molto simile ad un jazzista.

    «Dov’è in questo momento?»

    «Sulla statale. Chiamo dal telefono pubblico di una stazione di benzina. Conto di raggiungerla tra circa un’ora».

    «Vada alla stazione di polizia. C’incontreremo lì».

    «D’accordo» approvò Martí che prima d’agganciare, aggiunse: «Detective?»

    «Sì».

    «Posso sapere di che si tratta? Nessuno ha voluto darmi informazioni. Ho ricevuto solo una destinazione e nient’altro».

    «E rovinarle così la sorpresa?» commentò Mangione riagganciando la cornetta.

    * * *

    Le uova strapazzate e la pancetta croccante non erano affatto male. Il pane forse un po’ troppo tostato. Il caffè una brodaglia insipida e nemmeno così calda come doveva essere. Mangione ordinò un bicchiere di latte nell’esatto momento in cui s’avvicinò al tavolo un afroamericano scortato da un paio di poliziotti.

    «Detective Mangione?» domandò il nero dentro un bell’abito fumé, forse soltanto un po’ stropicciato.

    «S’accomodi».

    «Sono il dottor José Martí».

    «Lo so».

    «Ah» balbettò sorpreso Martí senza domandare il motivo. «L’aspettavo alla stazione di polizia».

    «Già» masticò Mangione impedito dal cibo che deglutì assieme ad un sorso di latte.

    «È solito dare appuntamenti che poi dimentica?»

    «Ho l’abitudine di stendere una meticolosa lista di priorità» ribatté Mangione. Martí poggiò la valigetta sul pavimento. Lo sguardo severo fisso sul detective, convinto fosse il solito cafone spigoloso tutto testosterone e pallottole, pizza fredda e cicche di sigarette, mentre ripuliva gli angoli della bocca con un tovagliolo.

    «Lista che comprende?» domandò.

    «Svegliarsi. Raccogliere le idee. Cagare. Igiene personale. Consumare un’abbondante colazione e soltanto a quel punto cominciare a lavorare».

    «L’aspetto da più di un’ora» commentò infastidito Martí. Mangione ingurgitò tutto il latte che avanzava nel bicchiere, tolse alcuni dollari dal portafoglio che poi sistemò sotto al piatto.

    «Pronto» bofonchiò scivolando da sotto al tavolo e una volta di fronte a Martí, riallacciando la cintura sbottonata dei pantaloni, chiese: «Accetta un passaggio?», dopodiché s’avviò all’uscita.

    * * *

    La vettura della polizia locale con gli agenti a bordo procedeva speditamente in direzione dell’obitorio. L’automobile di Mangione seguiva. Martí osservava la strada scivolare sotto al cofano della Ford Granada Coupé in rispettoso silenzio, in attesa che fosse il detective Mangione a proferire parola per primo.

    «Ha fatto colazione?» domandò difatti poco dopo.

    «Certamente. All’incirca un’ora fa» rimandò infastidito Martí.

    «Che ha ordinato?»

    «È importante?»

    «Potrebbe».

    «Ciambelle e caffè».

    «Quante tazze?»

    «Che razza di detective è?»

    «Una? Due?» insistette Mangione.

    «Due».

    «Zucchero? Latte?»

    «Latte e zucchero. Ha qualche altra curiosità, per caso? Che tipo di biancheria indosso?»

    Mangione a quel punto fece una specie di ghigno, dando una sbirciata alla faccia contrita di Martí, giunto oramai al limite della pazienza.

    Gli agenti di polizia fecero strada anche all’interno dell’obitorio. Mangione e Martí firmarono il registro e prima di entrare nel locale refrigerato attiguo al corridoio principale, Mangione prese il recipiente della spazzatura all’angolo, tolse la busta di plastica che consegnò ad uno degli agenti di polizia, trattenendo il cestino sotto al braccio. I presenti lo presero per pazzo, tuttavia un serafico Mangione proseguì senza badare troppo agli altri.

    Tra gli alloggiamenti delle celle frigorifere, un corpo attendeva sotto un telo e quando Mangione e Martí gli furono di fronte, il coroner lo scoperchiò. Martí provò a trattenere un conato di vomito e prontamente Mangione gli passò proprio quel secchio, che Martí abbracciò come un figlio per poi spostarsi, vomitando tutto ciò che conteneva nello stomaco. Impiegò qualche minuto per riprendersi. Mangione ed il coroner, nel frattempo, parlottarono di alcuni dettagli evidenziati dall’autopsia.

    «Tutto apposto?» domandò Mangione. Martí annuì pallido in volto. Il coroner proseguì:

    «Gli hanno staccato la testa con un’accetta o un machete. Un colpo netto. La testa di pollo l’hanno inserita forzatamente spingendola il più possibile all’interno».

    «Testa di pollo?» esclamò Martí coprendo la faccia con un fazzoletto.

    «Le impronte non hanno dato alcun riscontro» aggiunse il coroner. «Soltanto profondi segni sui polsi».

    «Denunce di scomparsa?» domandò Mangione.

    «Nessuna corrispondente con la vittima».

    «Suppongo sia un qualche rituale...» affermò Mangione rivolgendo lo sguardo a Martí, che nel frattempo fissava il corpo decapitato con i bulbi oculari di fuori. «Martí?»

    «Possiamo...» chiese l’occultista indicando l’uscita.

    «Grazie» disse Mangione al coroner, il quale soltanto quando i due furono usciti, si accorse del secchio pieno di vomito maleodorante che gli avevano lasciato lì.

    * * *

    «L’assassino o gli assassini probabilmente erano intenzionati ad invocare una divinità della Palo Mayombe, una religione africana» sostenne Martí, accanto a Mangione, mentre prendevano una boccata d’aria fuori dall’edificio.

    «Che altro?»

    «Se questo fosse vero...» aggiunse. «L’assassino o gli assassini avrebbero poi fatto una sorta di zuppa con le cervella, proprio dentro la testa della vittima».

    «Quindi presume che abbiamo tenuto la testa?»

    «Esattamente» sospirò Martí allentando il nodo della cravatta.

    «Dovremmo trovare una comunità o un nucleo familiare d’origini africane?»

    «La Palo Mayombe è una tradizione che proviene dal Congo, portata a Cuba nel periodo della tratta degli schiavi».

    «D’accordo. La riaccompagno alla stazione di polizia» enunciò Mangione avviandosi verso l’automobile, impaziente di iniziare le indagini il prima possibile e apparentemente con una rapida soluzione.

    «Detective?» chiamò Martí. «C’è dell’altro...»

    «Ovvero?»

    «Terminato il rituale, l’assassino o gli assassini, restituiranno la testa».

    Mangione impiccò lo sguardo sull’occultista che recuperò la valigetta poggiata sul marciapiede.

    «Quanto dura il rituale?»

    «Quarantadue giorni».

    * * *

    La ricerca purtroppo non portò a nulla. Nessuna comunità di origini africane, tanto meno cubane. Nessun caso o precedenti riti di Santeria in zona, neppure sugli animali. Un buco nell’acqua. Il detective Mangione, ad un punto morto dell’indagine, come in altre situazioni identiche a questa, procedette nel solito modo: mangiò la bistecca più grande che potesse offrire quella città. Martí gli fece compagnia. Finì ubriaco sul sedile posteriore della propria automobile con Martí, che fu costretto a riaccompagnarlo al motel ed a spalla fino alla stanza.

    Giorno 3

    I colpi vigorosi sul legno fecero sobbalzare Martí, che col batticuore andò ad aprire. Mangione lo scrutò attentamente:

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1