South Sea, il segreto della collana di perle
Di Andrea Boldi
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South Sea, il segreto della collana di perle - Andrea Boldi
vita
Prologo, sabato 11 maggio 2019
Giovanni Rossi era stanco. Stanco della sua vita e stanco della sua compagna Valentina. Le troppe incomprensioni nate tra i due avevano fatto sì che la loro storia fosse arrivata al capolinea. Poco male, però. Da quando aveva conosciuto Camilla, tutto era parso migliore. La donna studiava giornalismo a Firenze e Giovanni, con il lavoro che faceva, riusciva a passare informazioni all’amante. Ogni tanto capitava di reperire notizie che contenevano tutti gli ingredienti per un articolo sensazionale. Camilla era giovane e intraprendente e avrebbe fatto carte false pur di sfondare e diventare famosa. Non si faceva scrupoli, anche se scrivere delle cose passate dall’amante, a volte, non era professionalmente corretto.
Dopo la lunga notte di lavoro, Giovanni ciondolava avanti e indietro con le gambe ormai affaticate lungo il corridoio. Diede un’occhiata all’orologio alla parete. Segnava le ventidue. Impossibile biascicò fra sé. Poi si ricordò che era fermo da tempo. La luce che filtrava dai vetri opachi gli rammentò che tra non molto avrebbe finito il suo turno di lavoro. Prese il cellulare dalla tasca per sincerarsi che ore fossero: le 7:17. Ancora tredici minuti e sarebbe stato nella stanza degli inservienti pronto per tornarsene a casa dalla sua compagna, iniziare un nuovo litigio, prendere la macchina e andare da Camilla per farsi una bella scopata.
Diede ancora uno sguardo da entrambi i lati del corridoio. L’orario era quello delle visite mattutine ma, dove era lui, i pazienti non richiedevano poi così tanti consulti se non quello del medico legale. Sinceratosi che il corridoio fosse vuoto, si acquattò alla porta e, dopo aver fatto scattare la serratura, entrò dentro la sala delle autopsie.
L’aria, molto più fredda di quella del corridoio, lo fece rabbrividire ma, in qualche modo, riuscì a portargli una scossa di adrenalina che lo risvegliò da quella sorta di torpore. Si avvicinò alla scrivania del medico legale e iniziò a rovistare tra i fogli appoggiati sul tavolo. Vide qualcosa di interessante e cominciò a leggere.
OSPEDALE SANTA MARIA ALLA GRUCCIA
Dipartimento di medicina legale
A: Di Marino Roberto Sostituto Procuratore c/o il Tribunale di Arezzo
Commissario Olivieri Riccardo Commissariato della P. di S. di Montevarchi
Da: Dott. Mario Bonci medico legale e chirurgo
Data: sabato 11 maggio
Soggetto: referto autoptico giudiziario eseguito sulla salma di Francini Teresa
Età anagrafica: 35 anni
Allegata documentazione fotografica
Il cadavere è stato rinvenuto da due ragazzini nel lago di San Cipriano sito nel comune di Cavriglia nel pomeriggio di venerdì 10 maggio 2019 intorno alle ore 14:45. Dopo l’analisi del corpo da parte della polizia scientifica, quest’ultimo è stato portato presso il reparto di medicina legale per essere sottoposto ad attenta analisi. All’autopsia ha assistito la mia collega la dottoressa Federica Corsi.
Il cadavere non presenta, ad una sommaria ispezione esterna, fungo schiumoso. Il corpo del soggetto presenta un colorito bluastro, ma ancora non è comparso, a prima vista, il fenomeno della saponificazione.
La Tanatologia, a causa della permanenza del cadavere in acqua, è risultata relativamente difficile. In considerazione del fatto che la scomparsa della donna risaliva al 5 maggio, e che la temperatura dell’acqua al momento del ritrovamento era di 13 gradi, abbiamo constatato, con la mia collega, che la donna potrebbe essere deceduta il giorno stesso della scomparsa. La conferma può essere data anche dal livello del distaccamento cutaneo che nei giorni in questione ha interessato il palmo della mano (il primo ad essere colpito da questo fenomeno), per poi interessare anche i piedi. Non è stato possibile stabilire, però, con precisione l’ora della morte.
All’esame del Pink Teeth (colorazione rosa dei denti), io e la collega abbiamo avuto ancora una volta la conferma che la data del decesso può essere quella del 5 di maggio, visto che il fenomeno solitamente si presenta da una a due settimane dopo la morte.
I visceri, così come gli organi, sono stati pesati, campionati e subito dopo rimessi al loro posto. Il dato termico rettale è risultato ininfluente a causa dell’intervallo postmorten troppo prolungato. All’interno della bocca, conficcata nella gola, è stata rinvenuta ancora…
«Ehi, che cosa sta facendo? Se non sbaglio il suo compito è pulire, non rovistare tra le mie cose.»
L’inserviente alzò lo sguardo e incontrò quello severo del medico legale. Non era sicuro di cosa l’uomo stesse facendo, ma la sua presenza vicino alla scrivania, lo aveva quantomeno infastidito. Mario respirò profondamente, mise una mano nella tasca interna della giacca e, dopo aver tirato fuori un pacchettino di caramelle alla menta, si rivolse ancora una volta all’addetto alle pulizie.
«Esca immediatamente. La prossima volta che la vedo sbirciare i referti sarò costretto a fare una nota al suo capo. Sono stato chiaro?»
L’uomo rimase con lo sguardo fisso verso il dottore, poi arrossì, e, quasi a voler fuggire da quella stanza, fissò la parete dalla parte opposta. Chinò la testa e, dopo aver preso il carrello delle pulizie, uscì biascicando poche parole.
«Mi scusi dottore, nel pulire mi erano caduti quei fogli dalla scrivania.»
Mario non rispose, si limitò a sbuffare e ficcarsi una caramella in bocca. Dopodiché, chiuse la porta e si avvicinò alla scrivania.
Lunedì 15 aprile 2019
L’aria primaverile era fredda e pungente. Un po’ in tutta Italia la primavera stava tardando ad arrivare. Gli alberi, l’erba e quasi tutti gli arbusti, però, avevano foglie e fiori in abbondanza. C’era il rischio che una gelata notturna rovinasse gran parte dei raccolti di frutta. Olivieri aveva il deretano appoggiato ad uno dei termosifoni di casa, ed era lì con il figlio nato da poco in braccio. Stava aspettando il ritorno della moglie Cinzia, mentre sua figlia Simona era entrata in bagno a farsi la doccia.
Sembrava che l’inverno non volesse lasciare il posto ad una più tiepida e regolare primavera. Troppe passeggiate erano saltate per la pioggia. Quello che era certo era che, se improvvisamente il tempo avesse preso il dirizzone che la gente si aspettava, i termosifoni si sarebbero spenti e la temperatura sarebbe passata da fresca a insostenibile. Dalla bocca del commissario Olivieri uscì una specie di confessione che pareva sgorgasse dal cuore.
«Come sei bello piccolo mio! Sei tutta la mia gioia.»
Per la seconda volta aveva vissuto la paternità. La figlia Simona, avuta dalla prima moglie, era ormai maggiorenne. Il commissario adesso, non aveva più intorno a sé battaglie legali o avvocati. La figlia aveva deciso. Sarebbe stata con lui.
La nascita del piccolo aveva fatto scaturire sensazioni ormai dimenticate da tempo. Pannolini, notti insonni, discussioni. Di certo, però, tutto impreziosito da un infinito amore. Ogni volta che prendeva in braccio il figlio veniva pervaso da un’emozione che, come era successo per sua figlia, gli sarebbe rimasta per sempre impressa addosso.
Mentre pronunciava quelle parole, Olivieri si spostò dal calorifero. Anche se aveva pochi mesi, dopo poco il peso sulle braccia iniziava a farsi sentire. Si avvicinò al piano della cucina per vedere se nella Moka fosse avanzato del caffè, giusto in tempo per sentire l’acqua della doccia chiudersi. Segno che la figlia aveva finito e che tra poco sarebbe arrivata da lui. Continuando a tenere il piccolo con un braccio avvicinò la mano destra alla maniglia della caffettiera, poi, risoluto, la lasciò andare senza controllare il contenuto. Non appena Simona fosse arrivata in cucina, le avrebbe chiesto di preparagli un caffè, avanzo o non avanzo che ci fosse.
Olivieri girò sui tacchi e si mise seduto sul tavolo di cucina insieme al figlio.
Per il commissario avere il piccolo Dario in braccio rievocava in lui momenti belli avuti con la figlia. Allo stesso tempo, però, gli passava davanti tutta la sua vita passata. Certo, la figlia aveva deciso con chi stare, ma Olivieri non era certo tipo da negare visite fatte dalla madre o dai nonni materni. Aveva sperato di costruire intorno a sé un castello solido e robusto, che avrebbe resistito a chi sa quali attacchi esterni. Invece si sentiva come in una bolla, chiuso in quella piccola realtà fortemente voluta e desiderata, la quale gli aveva dato sì l’amore della moglie Cinzia e del figlio Dario, ma anche tante preoccupazioni.
Il piccoletto gli si era addormentato in braccio, lo adagiò nella culla e dopo averlo baciato sulla fronte, si voltò giusto il tempo di vedere la figlia Simona che lo fissava sulla porta di cucina. Attimi che parvero interminabili. Poi Simona tuonò come una furia.
«Si potrebbe pensare che tra me e lui quello più importante sia lui, non certo io. Quando non c’era, era tutto più bello.»
Il piccolo Dario che si era addormentato da poco fra le braccia del padre riaprì gli occhi scoppiando in un pianto ininterrotto. Olivieri rimase costernato. La sua piccola Simona aveva pronunciato davvero quelle parole?
Non riusciva a credere alle proprie orecchie. L’irritazione scatenata dalla conversazione con la figlia, non sarebbe certo passata velocemente. Fece scorrere lo sguardo tra il piccolo e la ragazza, poi come fosse stato magnetico e appiccicoso, si fermò a fissare Simona. Non avrebbe voluto sentire quelle parole e per un attimo desiderò che la ragazza non fosse stata lì. Pareva che il cuore gli si fosse fermato e che il suo corpo fosse altrove. Lentamente Olivieri ritornò alla realtà e l’esigenza di calmare il piccolo che piangeva a dirotto fece il resto.
«Vai subito via! Guai a te se ti sento dire ancora una volta una cosa come quella che hai detto poco fa. Sì! Vuoi proprio che te lo dica? Adesso è lui quello più importante.»
Mentre lo diceva, Olivieri guardò severo la figlia e prese il piccoletto in braccio. Appena sentì il contatto del padre il pianto si attenuò e gli ultimi singhiozzi si trasformarono in un dolce sorriso. Mentre Riccardo cercava di cullare il figlio camminando qua e là per casa, Simona lanciò l’ultima frecciata.
«Sai che sono maggiorenne? Bene! Vuoi che me ne vada? Me ne vado. Al diavolo tu, mamma, Cinzia e anche quel dannato nanetto. Me lo aspettavo che sarebbe finita così.»
Dopodiché uscì sbattendo la porta di casa, mentre fuori stava diluviando.
Australia occidentale, giovedì 7 gennaio 1993
Jarred Anderson era da anni un imprenditore, uno che aveva avuto la fortuna di sposare Holly Walker, una delle più ricche ereditiere della raccolta di perle di tutta l’Australia. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale la flotta di pescherecci giapponesi si era ritrovata senza navi. La cittadina di Broome aveva approfittato subito dell’occasione diventando ben presto il principale porto in cui veniva praticata la pesca delle ostriche. Dopo la morte del padre di Holly, Freya King, la sua futura suocera lo aveva messo a capo dell’azienda conferendogli la maggior parte dei poteri decisionali. L’azienda, ormai solida, era stata fondata diversi anni prima dalla mamma di Freya.
Jarred non veniva da una famiglia povera, ma mai avrebbe pensato di avere quel tipo di potere su tutti gli operai che lavoravano nella coltivazione delle perle che la Pinctanda Maxima riusciva a produrre. Era uno dei più grandi molluschi al mondo, poteva raggiungere la lunghezza di trenta centimetri e produrre una tra le più pregiate perle di coltivazione.
Jarred era seduto nel suo ufficio che sorgeva sulla spiaggia di Cable Beach. Era intento a controllare uno a uno i fax degli ordini che arrivavano soprattutto dall’Europa e dall’America. Sua mamma dopo che Jarred si era sistemato, si sentiva come se avesse compiuto il suo principale dovere di madre. Dopo essere diventata vedova si era lasciata andare nell’istante in cui il figlio si era sistemato. Lo stesso aveva fatto Jarred. Pian piano aveva diradato le visite alla vecchia e, dopo aver ricevuto la notizia della morte, non si prese neanche la briga di andare al funerale.
Aveva inviato una sufficiente somma di denaro a persone fidate affinché seppellissero la madre e si occupassero della vendita della casa. Così facendo aveva dato il bacio d’addio alla poco compianta mamma e il ben servito alla sua vecchia vita.
Adesso aveva un compito. Quello di comandare un centinaio di operai, ma soprattutto quello di controllare il conto corrente in cui i clienti erano sempre pronti a versare ingenti somme per l’acquisto delle pregiate perle. Per un istante Jarred lasciò gli ordini sul tavolo e si concentrò sulla moglie.
Holly, con l’avanzare della gravidanza, era un po’ appesantita e con i piedi gonfi faceva sempre più fatica. Stava perennemente a casa senza fare nulla. Era stato il padre, morto da tempo, che aveva sempre insistito affinché la figlia restasse a casa. Holly non dimenticava mai le parole del padre. «Le donne sono fatte per stare a casa ad accudire i figli. Gli uomini devono invece andare a lavorare.»
E così aveva fatto. Dopo che aveva conosciuto Jarred, tutto si era svolto secondo i piani. Freya, rimasta vedova, aveva messo a capo dell’azienda Jarred. Di lì e pochi giorni si sarebbero sposati con l’idillio della gravidanza ormai conclusa di Holly.
Appena ebbe lasciato gli ordini sul tavolo, gli parve di vedere la moglie. Se ne stava per lo più sul divano sfiorandosi delicatamente il pancione, e quando la sera Jarred tornava a casa, si metteva lì seduto accanto a lei immaginando. Sognava un maschietto, non gli fregava nulla se avrebbe dovuto lavorare. Ma poi che lavoro? Sarebbe diventato il capo di una grossa azienda e avrebbe comandato un sacco di persone, contato e speso soldi, con macchine e donne a volontà. Era più che sicuro che il figlio, se fosse stato un maschio, lo avrebbe guardato con fiducia e ammirazione.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, all’interno dell’ufficio, fece irruzione uno degli operai addetti al controllo. A Jarred parve quasi che stesse per svenire.
Puzzava di pesce e sudore acido. La temperatura fuori era di trenta gradi, e anche se tirava una delicata brezza, gli operai sudavano non poco a fare il loro lavoro. Dentro l’ufficio l’aria climatizzata fece sì che iniziasse a sudare di più e quel puzzo di marcio che aveva addosso arrivò alle narici di Jarred. L’uomo ansimava cercando con le mani di dire qualcosa che in quel momento la sua bocca non riusciva ad esprimere. Un attimo prima che Jarred lo rimproverasse per essere entrato sporco, puzzolente e soprattutto senza bussare, riuscì a proferire qualche parola.
«Moglie…sua moglie. È passato l’assistente del medico e