I rompicoglioni non muoiono mai
Di Chiara Poli
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I rompicoglioni non muoiono mai - Chiara Poli
Chiara Poli
I rompicoglioni non muoiono mai
Ringraziamenti
L’autrice desidera ringraziare i suoi due lettori tester
: suo marito Nicola Feretti e la sua amica Ivana Bonzi, che si sono prestati a fare da giudici durante la stesura di questo romanzo breve. L’autrice si scusa per le eventuali pressioni lievemente isteriche sulle tempistiche: ha scritto senza pause e si era temporaneamente trasferita giorno e notte a Cazzano di Sopra, dove il tempo ha tutto un altro significato. Rientrata dalla sua vacanza, vorrebbe ringraziare anche Cristina Brondoni per la preziosa consulenza criminologica e il caro Paolo Franchini per aver accettato di scrivere la prefazione. E per averlo fatto sottoponendosi alle pressioni lievemente isteriche di cui sopra.
Questo romanzo è opera di fantasia. Ogni riferimento a fatti, luoghi o persone reali è puramente casuale.
Introduzione
Sarò sincera: non pensavo di scrivere un romanzo. Non pensavo di scrivere alcunché, in realtà, nel momento in cui è nata la storia di Cazzano di Sopra. Negli ultimi undici anni ho scritto migliaia di articoli, diversi saggi e un libro comico autobiografico a scopo di beneficenza.
Ho curato anche una raccolta di racconti a tema zombie insieme a Paolo Franchini, sempre a scopo benefico, ma posso dire che questo è il mio primo confronto con la narrativa pura
. Ho chiesto a Paolo, brillante scrittore (e autore, e blogger, e musicista, e attore…) di scrivermi una prefazione. Siccome è un gentiluomo, ha accettato e mi ha regalato delle parole commoventi. Forse anche per questo, per farmi scrivere la prefazione da Franchini, un giorno ho aperto un nuovo file di Pages e ho cominciato a scrivere. Non ho fatto altro per tutto il tempo necessario a mettere la parola fine
alla mia storia.
La storia di Cazzano di Sopra era dentro di me, da qualche parte. Ha avuto la meglio sulle mie resistenze e vista l’urgenza con la quale si è fatta strada nella mia vita e sulla tastiera del mio Mac, ho optato ancora una volta per la via del self-publishing, perché oltre alla tastiera Cazzano vedesse in fretta anche la luce.
La storia che state per leggere è costellata di personaggi dai nomi bizzarri: un omaggio alle opere di Andrea Vitali, arricchite da nomi inusuali che io mi sono divertita a usare nel gioco dell’esagerazione. Ho poi scoperto che molti dei nomi che ho scelto esistono realmente. Mi fa piacere: magari da qualche parte c’è una signora Rosamunda Vattelapesca con una storia da raccontare.
Scrivere questo libro mi ha rasserenata. Mi ha permesso di conoscere un lato di me che finora avevo volutamente lasciato inesplorato. Mi ha divertita.
Spero diverta anche voi.
Chiara Poli
Prefazione
Per scrivere basta una biro e un taccuino, la questione è piuttosto semplice. È una cosa che può fare chiunque. Serve solo avere tempo libero e un po’ di costanza. Raccontare, invece, è tutt’altro affare. L’inchiostro non conta e il quaderno che si usa ancora meno. Si può disporre di tutto il tempo e di tutta la perseveranza di questo mondo, ma poco cambia. Narrare non è scrivere. È anche avere cento occhi e mille orecchie. E un cuore grande così.
Prendete Chiara Poli, per esempio: lei è la conferma immediata a questa mia bizzarra teoria. Chiara è nata per raccontare, per trascinare chi legge in quello che scrive. Prendete un suo qualsiasi articolo o intervento e ve ne renderete conto senza alcuna difficoltà. Ogni frase funziona
, ogni virgola è indispensabile, ogni parola è messa lì perché lì deve stare. Sembrano banalità, le mie, ma non lo sono affatto. Come non è un’ovvietà il romanzo che state per leggere.
I rompicoglioni non muoiono mai
- per quanto una nota iniziale ci avverta che si tratta di una storia di assoluta fantasia - è una vicenda che tutti, in un modo o nell’altro, in maniera volontaria o meno, rendendocene conto oppure no, conosciamo bene, quasi l’avessimo vissuta sulla nostra pelle, nemmeno appartenesse al nostro quotidiano. E sapete perché? Semplice: perché Chiara - già alla sua prima, vera avventura narrativa - è riuscita a sviluppare e a confezionare una storia di grande ironia e di notevole impatto, rendendola viva, vibrante e molto più che plausibile dalla prima all’ultima pagina. Talmente plausibile che ognuno di voi, alla fine, sarà tentato di rivelare agli amici: Sentite un po’ cosa mi è successo qualche tempo fa a Cazzano
.
E queste sono cose che riesce a far dire solo chi sa davvero raccontare.
Paolo Franchini
Al mio fratellone.
Mi manchi.
I
Ciascuno ha il proprio talento. Mio zio Ermes, per esempio, spezzava sempre le chiavi nelle serrature. Vantava una rispettabilissima media di una chiave ogni tre giorni e sono certa che se avessimo chiamato il Guinness, lo zio Ermes ci avrebbe dato delle soddisfazioni. Era davvero un mago: porte, portoni, cancelli, cancelletti, lucchetti, serrande del garage, cassette della posta. Non temeva alcun rivale nello spezzare chiavi di qualsivoglia dimensione in qualsivoglia tipo di serratura.
Quando trascorrevamo le vacanze nella sua casa al lago, per quanto ci provassimo, noi bambini non ci riuscivamo mai. Lo zio Ermes invece aveva proprio un talento, perché ciascuno ne ha uno e questo era il suo: spezzava chiavi in continuazione. Una volta, rimasto chiuso in casa per aver rotto la chiave nella serratura della porta principale, si era armato di cacciavite e martello, aveva spostato il divano, accostato una sedia alla finestra e scavalcato il davanzale. Con la pazienza e l’esperienza acquisita negli anni, un colpetto dopo l’altro era riuscito a sfilare da fuori la chiave rotta, picchiettando delicatamente col martello sul cacciavite per farla uscire. La zia Gaudenzia a quel punto aveva potuto usare le sue chiavi e aveva aperto la porta per far rientrare il marito. Ma lo zio Ermes, fuori, non c’era. Dopo aver controllato con cura a destra e a manca, la zia Gaudenzia l’aveva scorto a cavalcioni della finestra che aveva usato per uscire, tutto rosso in volto per lo sforzo.
«Che stai facendo?» gli aveva chiesto.
«Rientro, cara» aveva risposto suo marito, serafico.
Aveva senso: lo zio Ermes era rientrato da dov’era uscito. Logico e coerente. Ho sempre pensato che il suo atteggiamento fosse d’esempio per il prossimo. La coerenza è tutto, nella vita.
Io e i suoi figli, i miei sette cugini maschi Giulio, Giorgio, Guido, Guglielmo, Guerino, Gianangelo e Gianbattista, imparavamo sempre tanto dallo zio Ermes. Un’estate, mentre giocavamo agli indiani e io facevo il cowboy legato come un salame allo steccato della casa vuota dei vicini, lo zio Ermes mi disse che non dovevo lasciare che i maschi mi mettessero i piedi in testa. L’avevo guardato con un misto di offesa e perplessità: pensava che mi avessero forzato a farmi insalamare? Ma che razza di opinione aveva di me? Dovetti spiegargli, cercando di mantenere la calma e celando il risentimento, che ero lì per mia volontà. Mi ero offerta di fare il salame per pigrizia. Sono sempre stata pigra, io. Ci sono nata, pigra. Vien da sé che non ne potevo più di correre su e giù per giocare a guardie e ladri. Dovevo correre un sacco, essendo l’unica ladra contro sette guardie, e mi stancavo facilmente. Ero pigra, come mi pare di avervi già accennato: non ero tagliata per macinare tutti quei chilometri di corsa solo per evitare l’arresto, che consisteva nella permanenza forzata in mezzo a un cespuglio di pungitopo mentre gli altri andavano a prendersi una bibita al bar. Offrirmi come cowboy attorniato da indiani che saltellavano su una gamba sola e gridavano picchiettandosi la mano sulla bocca, in attesa di farmi lo scalpo e bollirmi, era molto più riposante che continuare a fingere di scappare! Certe volte agli adulti devi spiegare proprio tutto. Ora che sono grande, ora che sono una mamma e una nonna,