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Lettere: In tempo di guerra
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E-book246 pagine3 ore

Lettere: In tempo di guerra

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Info su questo ebook

Papa Benedetto XV, nato Giacomo Paolo Giovanni Battista della Chiesa (Genova, 21 novembre 1854 – Roma, 22 gennaio 1922) è stato il 258º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (il 257º successore di Pietro), dal 1914 fino alla morte. Fu fermo oppositore della prima guerra mondiale. Benedetto XV fu eletto papa poche settimane dopo l'inizio della prima guerra mondiale. L'elezione a papa di un cardinale nominato da soli tre mesi fu un evento eccezionale. Probabilmente fu la situazione bellica a favorire la sua elezione, avendo egli lavorato nella diplomazia con valenti segretari di Stato, quali Rampolla e Merry del Val, ed essendo considerato più super partes rispetto ad altri papabili. Consapevole della gravità del momento, decise che l'incoronazione si tenesse non nella Basilica di San Pietro ma, più modestamente, nella Cappella Sistina. Durante la prima guerra mondiale elaborò diverse proposte di pace. Nella sua prima enciclica, Ad Beatissimi Apostolorum principis, pubblicata già il 1º novembre 1914, si appellò ai governanti delle nazioni per far tacere le armi e mettere fine allo spargimento di tanto sangue umano. Con l'entrata in guerra anche del Regno d'Italia il 24 maggio 1915, la Santa Sede, chiusa e «prigioniera» in Vaticano, rimase ulteriormente isolata con la dipartita degli ambasciatori degli Stati esteri. Benedetto XV soffrì molto negli anni a venire per questa reclusione, che visse come una sorta di penitenza per la pace. Egli non poté far altro che constatare amaramente l'ulteriore allargamento del conflitto internazionale, la cui causa ultima era − a suo dire, e secondo un'interpretazione largamente diffusa all'interno della curia − la diffusione dell'individualismo liberale e quel processo di secolarizzazione che vedeva l'abbandono da parte delle società contemporanee delle linee guida della Chiesa cattolica. La guerra mondiale rappresentava infatti, per Benedetto XV così come per i suoi predecessori, un vero e proprio castigo divino, tanto che lo paragonò al terremoto di Reggio Calabria e Messina.
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita2 apr 2020
ISBN9788835399629
Lettere: In tempo di guerra

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    Lettere - Benedetto XV

    Benedetto XV

    Lettere

    In tempo di guerra

    UUID: 4dcae4bb-f62c-40ea-8326-9f2c64db209b

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    COMMUNES LITTERAS

    C’EST AVEC UN

    GRATUM EQUIDEM

    PONTIFICATUM SECRETO

    NOBIS, AD CATHOLICAM

    EX QUO PONTIFICATUM

    CUM DE FIDELIBUS

    SUL NOSTRO CUORE

    OPINIONEM QUAM

    ALLATUM NUPER

    CERTIORES QUOTIDIE

    ERA NOSTRO PROPOSITO

    AL COMPIERSI DEL DECIMO

    CI GODE L’ANIMO

    LETTERA ALL'ARCIVESCOVO DI ERACLEA

    HAERENT ANIMO

    FULDAE, SICUT VOBIS

    NON SOLUM

    DI ALTISSIMO PREGIO

    QUONIAM AFRICANARUM

    EPISTOLA AL TREMENDO CONFLITTO

    IL DEVOTO INDIRIZZO

    ACCEPIMUS VOS

    COMMISSO DIVINITUS

    LEGENTES VESTRAM

    I NUOVI MOTIVI

    PIETÀ PROFONDA

    COMPLURIBUS QUIDEM

    IL 27 APRILE 1915

    DUM ACERBAE LACRIMAE

    QUOD NUNTIAS

    AI CAPI DEI POPOLI BELLIGERANTI

    NATALIS TRECENTESIMI

    LITTERIS, QUIBUS

    ADMODUM DELECTARUNT

    IN MAXIMIS

    SALESIANI INSTITUTI

    MAXIMAS INTER

    DUM TANTA POPULORUM

    LITTERIS APOSTOLICIS

    NEL GRAVE PERIODO

    ANIMUS TUUS

    DOPO GLI ULTIMI

    INTER EGREGIAS

    QUUM ANNUS COMPLERETUR

    MULTIPLICES QUIDEM

    Lettera al Presidente tedesco, Friedrich Ebert (2 aprile 1919)

    COMMUNES LITTERAS

    QUAM QUOAD

    DIUTURNI LUCTUOSISSIMIQUE

    NEL DECORSO

    EGREGIAM PIETATEM

    QUOAD HUNGARIA

    AMOR ILLE SINGULARIS

    CON VIVA SODDISFAZIONE

    CELEBERRIMA EVENISSE

    QUANDOQUIDEM NON

    PAR L’INTERMÉDIAIRE

    CUM IN CATHOLICAE

    SOLITI NOS

    QUAMQUAM SATIS

    LA NOTIZIA

    INTELLEXIMUS EX IIS

    GRATIS VOS

    OPTIME PROFECTO

    CON VIVO COMPIACIMENTO

    LIBENTER ADMODUM

    CUM DE POLONIAE

    PLANE INTELLIGIMUS

    LA SINGOLARE

    CUM SEMPER ROMANI

    CUM SEMPER, UT IPSI

    IL DOLORE

    UBI PRIMUM

    OPTIMUM SANE

    EX IIS LITTERIS

    INDULGENZA

    NON SENZA VIVO

    LE NOTIZIE

    AL PRINCIPE CAMILLO FRANCESCO MASSIMO

    SAEPE NOBIS

    A BARTOLO LONGO

    Benedetto XV

    Lettere

    In tempo di guerra

    (1914-1922)

    *

    Digital Edition 2020

    Passerino Editore (a cura di)

    Gaeta 2020

    COMMUNES LITTERAS

    al Cardinale Francesco di Paola Cassetta, sull'importanza della lettura e del commento dei libri sacri all'interno delle famiglie (8 ottobre 1914)

    Venerabile Fratello Nostro,

    salute e Apostolica Benedizione.

    La lettera collettiva e le attestazioni di affetto che, su tua iniziativa, gli egregi membri della Pia Società di San Girolamo, che tu dirigi con zelo, Ci hanno inviato nell’annua ricorrenza del loro celeste Patrono sono state ricevute da Noi, con Nostro grande piacere, il giorno stesso di San Girolamo, e ne abbiamo provato vivissima gioia. Infatti, se Ci sono care le opere di religione e di carità cristiana che fioriscono in tutto il mondo, e specialmente a Roma, graditissime invero giungono quelle di coloro con i quali abbiamo cooperato Noi stessi o all’inizio o nel successivo sviluppo.

    Peraltro, non soltanto per questo titolo Ci è caro raccomandare la Società di San Girolamo, ma particolarmente per il suo fine, utile senza dubbio in ogni epoca, ma, come è ben evidente, soprattutto nel tempo presente. Infatti l’esperienza insegna, più di quanto occorra farne menzione, che tutti gli errori dell’umana società hanno origine dal fatto che la vita, la dottrina e le opere di Gesù Cristo sono cadute nel più profondo oblìo, e gli uomini omettono di ispirare ad esse le loro azioni quotidiane.

    Non può dunque esservi dubbio alcuno che fanno opera sommamente vantaggiosa per formare gli animi alla cristiana perfezione coloro i quali, come voi fate, attendono alacremente alla diffusione dei santi Vangeli di Dio, ed abbiamo quindi motivo di rallegrarCi con tutti voi e con te principalmente, Venerabile Fratello Nostro, non solo dell’impresa ottima in sé, e a Noi graditissima, ma anche dello zelo con cui in questi anni, come vediamo, vi siete impegnati per diffondere i libri santi in quantità maggiore e in edizione più accurata. Desideriamo ardentemente e auspichiamo che dalla vostra attiva solerzia non ricaviate soltanto questo frutto, ossia una larghissima diffusione dei libri dei Vangeli, ma possiate anche ottenere il vantaggio, che è fra i principali Nostri ideali, che i libri sacri entrino nel seno delle famiglie cristiane, ed ivi siano come la dramma evangelica, che tutti cerchino attentamente e gelosamente custodiscano, in modo che tutti i fedeli si abituino a leggere i santi Vangeli e a commentarli ogni giorno, imparando bene « a vivere degnamente, in tutto conformi alla volontà di Dio ».

    Auspice dei doni celesti e pegno della Nostra benevolenza sia l’Apostolica Benedizione che, con vivo affetto nel Signore, impartiamo a te, Venerabile Fratello Nostro, ed ai membri della Società sopra ricordata.

    Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 ottobre 1914, anno primo del Nostro Pontificato.

    C’EST AVEC UN

    al Cardinale Luigi Luçon, Arcivescovo di Reims, in segno di partecipazione al dolore della popolazione di Reims, occupata dalle truppe tedesche (16 ottobre 1914)

    Caro Figlio,

    salute e Benedizione Apostolica.

    È con un interesse tutto particolare che abbiamo preso conoscenza della lettera che avete avuto la cortesia d’indirizzarCi il 3 ottobre, e della quale vi ringraziamo vivamente.

    Se è motivo di profonda angoscia per la Nostra anima assistere, dall’inizio del Nostro Pontificato, ai tristi avvenimenti dell’ora presente, è per Noi altrettanto penoso averne udito da voi, caro Figlio Nostro, un’eco dolorosa, e lo scrivervi, per la prima volta, in circostanze e per motivi così poco confortanti.

    Noi non abbiamo mancato di seguire, con una particolare attenzione, le notizie dei gravi avvenimenti dei quali l’antica ed illustre città di Reims, vostra Sede episcopale, è stata recentemente il teatro; Noi vi siamo grati di averCi dato una relazione dettagliata di tali avvenimenti e di averli esposti esattamente.

    Siate assolutamente certo, caro Figlio Nostro, della Nostra vivissima partecipazione al profondo dolore che vi causano la vista di tanti mali e la preoccupazione delle funeste conseguenze della guerra sotto il profilo religioso ed artistico, nonché dal punto di vista materiale della vostra cara diocesi, tanto provata.

    Implorando sulla vostra persona, sul clero e sui fedeli affidati alla vostra cura pastorale, abbondanti favori e consolazioni celesti, tanto necessari e desiderati in mezzo alle presenti angosce, Noi impartiamo a tutti, con effusione di cuore, e a Voi in particolare, caro Figlio Nostro, la Benedizione Apostolica.

    Roma, dal Vaticano, il 16 ottobre 1914.

    GRATUM EQUIDEM

    al Cardinale Felice De Hartmann, Arcivescovo di Colonia, in occasione dell'equiparazione del trattamento riservato ai sacerdoti francesi prigionieri di guerra, a quello previsto per gli ufficiali dell'esercito (18 ottobre 1914)

    Diletto Figlio Nostro,

    salute e Apostolica Benedizione.

    Abbiamo ricevuto da te il gradito annuncio che Sua Maestà l’Imperatore di Germania, accogliendo le tue preghiere, ha stabilito che i sacerdoti di Dio appartenenti all’esercito francese i quali si trovano prigionieri in Germania siano trattati come gli ufficiali dell’esercito.

    Per la verità, in questi tempi di amarezza, mentre vediamo che quasi tutta l’Europa, devastata dal fuoco e dal ferro, rosseggia del sangue dei Cristiani, e lo spettacolo immane di questa guerra pervade d’indicibile dolore il Nostro animo, quanto Ci hai segnalato recentemente Ci ha recato non lieve conforto. Da queste notizie abbiamo infatti compreso chiaramente di quale amore di carità sia animato il tuo animo verso coloro che sono uniti a te dal vincolo del sacerdozio. Ciò Ci persuade che la tua insigne carità non si estenderà soltanto ai sacerdoti francesi prigionieri ma, per quanto sarà possibile, a tutti coloro che, senza eccezione di religione o di nazionalità, sono detenuti nel tuo paese, e principalmente a quanti sono malati o feriti, affinché le loro sofferenze siano alleviate e si provveda alla loro salute spirituale.

    Quest’opera di carità, se evidentemente è propria di tutti gli uomini, in particolare appartiene ai ministri di Dio e a tutti i religiosi. Pertanto Noi confidiamo che il tuo preclaro esempio sia imitato da tutti coloro che si gloriano del nome cristiano, soprattutto dai vescovi e dai sacerdoti cattolici, e che questo avvenga non solo in Germania, ma nelle altre regioni dove possono giungere profughi e prigionieri, specialmente se ammalati o feriti.

    Frattanto, quale auspicio dei premi celesti e quale testimonianza della Nostra benevolenza, a te, diletto Figlio Nostro, al clero e al popolo affidato alle tue cure impartiamo affettuosamente nel Signore l’Apostolica Benedizione.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 ottobre 1914, anno primo del Nostro Pontificato.

    PONTIFICATUM SECRETO

    al R.P.D. Giuseppe Mora y Del Rio, a proposito del grave stato della Chiesa Messicana (25 ottobre 1914)

    Venerabile Fratello,

    salute e Apostolica Benedizione.

    Prendendo possesso del Pontificato per arcana volontà di Dio, abbiamo provato una profonda angoscia per quella orribile guerra che già da tempo irrora di sangue umano i campi di quasi tutta l’Europa; tuttavia, come se già non fossimo afflitti oltre misura, Ci giungono tante notizie da codeste lontanissime regioni, circa lo stato della Chiesa Messicana, che a Noi procurano grandi preoccupazioni. Certamente abbracciamo te, Venerabile Fratello, e gli altri Vescovi di codesta Repubblica con quell’affetto per il quale abbiamo in comune con voi le tribolazioni che sopportate. Uniamo pertanto di cuore le Nostre preci alle vostre affinché, per grazia di Dio misericordioso e per intercessione della Beata Vergine di Guadalupa, si compongano una buona volta presso di voi le discordie intestine, e possiate tutti godere di una pacifica convivenza civile. Non abbiamo alcun dubbio che tale possa essere l’imminente futuro se i vostri concittadini, e in primo luogo il clero, affineranno in qualche modo i loro sentimenti cristiani e cercheranno di placare Dio sopportando con umiltà le sventure.

    Poiché in verità è inevitabile che grandi calamità facciano seguito a tanto sconvolgimento, non vogliamo che a voi venga a mancare la testimonianza della Nostra solidarietà. Spiacenti che la condizione presente della Sede Apostolica Ci vieti una maggiore liberalità, abbiamo deciso di ridurre in parte il vostro pesante onere e perciò vi mandiamo una certa somma di denaro che voi stessi destinerete a favore del culto divino e a sostegno sia del clero e delle congregazioni religiose, sia delle opere cattoliche, a vostra discrezione.

    Aggiungiamo i Nostri voti, con i quali auspichiamo che quanto prima una pace ristoratrice arrida a codeste regioni. Per propiziarla, e come testimonianza della Nostra benevolenza, impartiamo affettuosamente a te, Venerabile Fratello, agli altri Vescovi della Chiesa Messicana, al clero e ai vostri fedeli l’Apostolica Benedizione.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 ottobre 1914, nel primo anno del Nostro Pontificato.

    NOBIS, AD CATHOLICAM

    al reverendo padre don Pasquale Morganti, in occasione del VI centenario della morte di Dante Alighieri (28 ottobre 1914)

    Venerabile Fratello,

    salute e Apostolica Benedizione.

    A Noi, chiamati recentemente al governo della Chiesa cattolica (per quanto immeritamente) dall’eterno Fondatore della Chiesa stessa, tu hai voluto offrire una testimonianza di devozione e di deferenza, anche a nome del Comitato che sta preparando le solenni celebrazioni in onore del divino Alighieri, mentre sta per compiersi il sesto secolo da quando quella splendida luce dei poeti si è spenta in codesta antichissima città. Proprio questa prova di venerazione e di amore verso di Noi richiede che da Noi sia espressa la profonda soddisfazione dell’animo Nostro, derivante dalla tua cortesissima lettera e che a te e ai membri della stessa commissione porgiamo molti ringraziamenti. Per quanto riguarda la vostra nobile iniziativa, pensiamo che anzitutto sia doveroso riconoscere che i Nostri illustri Predecessori, di cui cerchiamo di seguire le orme, hanno sempre protetto le belle arti e le lettere, e hanno colmato di meritate lodi e di onori quegli uomini che per acume d’ingegno e per vastità di cultura diedero lustro al loro secolo e affidarono all’eternità il loro nome.

    Nel numero di costoro è da ascrivere certamente l’Alighieri, cui non sappiamo se alcun poeta può essere paragonato dopo quell’Omero degli antichissimi tempi.

    Ma inoltre (e ciò è più importante) si aggiunge una certa particolare ragione per cui riteniamo che sia da celebrare il suo solenne anniversario con memore riconoscenza e con grande concorso di popolo, per il fatto che l’Alighieri è nostro. Infatti il poeta fiorentino, come ognuno sa, congiunse l’amore per la natura all’amore per la religione e conformò la sua mente ai precetti desunti dall’intima fede cattolica e nutrì il suo animo con i più puri ed elevati sensi di umanità e di giustizia. Che se poi, afflitto dalle amarezze e dalle tribolazioni dell’esilio e sospinto dallo spirito di parte, parve talora allontanarsi dalla equanimità di giudizio, tuttavia non avvenne mai ch’egli deflettesse dalle verità della dottrina cristiana. Infatti chi potrà negare che il nostro Dante abbia alimentato e rafforzato la fiamma dell’ingegno e la virtù poetica traendo ispirazione dalla fede cattolica, a tal segno che cantò in un poema quasi divino i sublimi misteri della religione? Non vi è dunque alcuno che non riconosca il dovere di celebrare un nome così insigne con una riconoscente commemorazione e con la massima ammirazione da parte di tutti i cattolici ovunque si estende la terra. Il programma delle celebrazioni che Ci hai sottoposto, elaborato dal predetto Comitato con lo scopo di commemorare degnamente, da parte dei cattolici, il sesto centenario della morte dell’Alighieri, è di tale importanza che non si può immaginare nulla di più degno. Infatti, per onorare giustamente la memoria del poeta, che per l’eccellenza del suo canto meritò il titolo di divino, e che in versi, né prima né poi uditi, tramandò altissime verità di fede, che cosa vi può essere di più appropriato che restaurare e decorare con maestria il tempio dove egli, negli ultimi momenti della sua vita, innalzò l’animo a Dio, dove furono resi giusti onori alla sua salma, dove le sue gloriosissime spoglie riposano in pace?

    Dunque, per due motivi approviamo caldamente quel programma di celebrazione e di onoranze che voi avete elaborato; essendo esso strettamente congiunto alla fede cattolica, non solo si accorda del tutto con i cattolici, ma corrisponde perfettamente alla religiosità dell’immortale poeta. Perciò facciamo sinceri voti perché tra tutti i cattolici, anche se dispersi in lontane regioni, sorga una nobile e generosa gara per celebrare la memoria del sommo vate; e questo giovi al nome cristiano e risulti degno dell’immortale poeta. Per quanto Ci riguarda, non vogliamo che manchi al vostro proposito e alla vostra iniziativa, intesa a preparare le celebrazioni dell’Alighieri con grande e adeguata solennità, quel consenso che recentemente avete ottenuto anche dal Nostro Predecessore Pio X di felice memoria. Ma siccome abbiamo intenzione di offrire il nostro obolo (secondo le possibilità della Sede Apostolica) per restaurare la casa di San Francesco in modo che essa, restituita all’antica dignità esteriore e allo splendore dell’arte originaria, diventi più maestosa e più degna delle ceneri di un uomo tanto grande, abbiamo deciso di erogare dieci mila lire italiane e abbiamo disposto che ti siano inviate. Frattanto, come propiziatrice dei doni celesti e come testimonianza della Nostra benevolenza, a te, venerabile Fratello, al clero e a tutti i fedeli a te affidati impartiamo con amore nel Signore l’Apostolica Benedizione.

    Dato a Roma, presso San Pietro, il 28 ottobre 1914, nel primo anno del Nostro Pontificato.

    EX QUO PONTIFICATUM

    al reverendo padre don Nicola Dobrecic per prestare soccorso ai prigionieri di guerra nella Diocesi di Antivari (8 novembre 1914)

    Venerabile Fratello,

    salute e Apostolica Benedizione.

    Da quando iniziammo il Pontificato, Ci impegnammo, nei limiti delle Nostre forze, di suggerire qualche rimedio alle sciagure di questo amarissimo conflitto. In proposito, saprai certamente che di recente abbiamo inviato una lettera al Nostro diletto Figlio il Cardinale presbitero di S.R.C. Felice De Hartmann, Arcivescovo di Colonia, con la quale non solo attribuimmo a sua lode il fatto di aver ottenuto dall’Imperatore di Germania che i sacerdoti francesi prigionieri fossero trattati in modo conforme alla loro dignità, ma lo abbiamo anche esortato caldamente ad assistere, secondo gli obblighi della carità, tutti i prigionieri senza distinzione di religione, nazionalità e grado, e in particolare gli ammalati o i feriti. Ora poi vogliamo che tu, secondo le tue forze, assuma costì questo stesso impegno, in quanto, venerabile Fratello, ti si apre un uguale campo in cui puoi esercitare la tua pietà. Fa in modo dunque, imitando l’amore di Cristo, Principe dei Pastori, che « passò beneficando e risanando tutti », di rivolgere lo sguardo e di aiutare affettuosamente i soldati che sono detenuti presso di voi come prigionieri di guerra, e soprattutto coloro che richiedono per

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