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Cum Sanctis tuis: Profili di santi
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E-book186 pagine2 ore

Cum Sanctis tuis: Profili di santi

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Info su questo ebook

Per molti anni il prof. Plinio Corrêa de Oliveira ha fatto brevi commenti alla vita dei santi del calendario liturgico. Prima delle conferenze dottrinali per soci e cooperatori della TFP brasiliana (Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição Família e Propriedade), gli veniva presentata una scheda sul santo o sulla festa liturgica corrispondente a quel giorno, che egli quindi commentava. Purtroppo, solo una minima parte di questa importante opera è stata tradotta all’italiano.
Siamo lieti di poter presentare al lettore, per la prima volta, una raccolta di cinquanta commenti ai “Santi del giorno”.
Plinio Corrêa de Oliveira si definiva fondamentalmente un apostolo. I suoi commenti erano perciò orientati soprattutto al bene delle anime. Dalla vita del santo egli cercava di trarre lezioni concrete per l’apostolato nei giorni nostri, mettendo quindi l’accento su quei punti che più si scontravano con gli errori e con le cattive tendenze del momento. In questo senso, oltre all’intrinseco valore apologetico, i suoi commenti hanno un carattere marcatamente “militante”.
In particolare, Plinio Corrêa de Oliveira si adoperava per incutere nei suoi discepoli un amore sempre crescente per la Santa Chiesa cattolica, per la Madonna, per Dio Nostro Signore. Il tutto in contrasto con l’agnosticismo ed i laicismo dei nostri tempi. “Io non voglio altro che essere figlio della Santa Chiesa, membro della Chiesa e obbediente alla Chiesa. Questa è la mia definizione”, soleva ripetere. E si sentiva soddisfatto quando una sua riunione era riuscita ad avvicinare di più i partecipanti alla Chiesa.
Donde quel calore che emanano i suoi commenti, quella sensazione di essere toccato nel più intimo, quella gioia di essere spronato alla pratica della virtù.
LinguaItaliano
EditoreChorabooks
Data di uscita24 mar 2021
ISBN9789887529590
Cum Sanctis tuis: Profili di santi

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    Anteprima del libro

    Cum Sanctis tuis - Plinio Corrêa de Oliveira

    Tuis

    Introduzione

    Julio Loredo

    Per molti anni il prof. Plinio Corrêa de Oliveira ha fatto brevi commenti alla vita dei santi del calendario liturgico. Prima delle conferenze dottrinali per soci e cooperatori della TFP brasiliana ( Sociedade Brasileira de Defesa da Tradição Família e Propriedade ), gli veniva presentata una scheda sul santo o sulla festa liturgica corrispondente a quel giorno, che egli quindi commentava. Purtroppo, solo una minima parte di questa importante opera è stata tradotta all’italiano.

    Siamo lieti di poter presentare al lettore, per la prima volta, una raccolta di cinquanta commenti ai Santi del giorno.

    Plinio Corrêa de Oliveira si definiva fondamentalmente un apostolo. I suoi commenti erano perciò orientati soprattutto al bene delle anime. Dalla vita del santo egli cercava di trarre lezioni concrete per l’apostolato nei giorni nostri, mettendo quindi l’accento su quei punti che più si scontravano con gli errori e con le cattive tendenze del momento. In questo senso, oltre all’intrinseco valore apologetico, i suoi commenti hanno un carattere marcatamente militante.

    In particolare, Plinio Corrêa de Oliveira si adoperava per incutere nei suoi discepoli un amore sempre crescente per la Santa Chiesa cattolica, per la Madonna, per Dio Nostro Signore. Il tutto in contrasto con l’agnosticismo ed i laicismo dei nostri tempi. Io non voglio altro che essere figlio della Santa Chiesa, membro della Chiesa e obbediente alla Chiesa. Questa è la mia definizione, soleva ripetere. E si sentiva soddisfatto quando una sua riunione era riuscita ad avvicinare di più i partecipanti alla Chiesa.

    Donde quel calore che emanano i suoi commenti, quella sensazione di essere toccato nel più intimo, quella gioia di essere spronato alla pratica della virtù.

    Ci auguriamo che le pagine che seguono possano, a quasi venticinque anni dalla sua scomparsa, riverberare le parole di questo grande maestro.

    Cum Sanctis Tuis

    12 gennaio

    San Benedetto Biscop

    San Benedetto Biscop (628-690), nobile inglese e soldato, diventa religioso e benedettino e dedica la vita a un grande programma di abbellimento della vita cattolica in Inghilterra attraverso la cura della liturgia e la diffusione dell’arte romanica, facendo appello ad artisti italiani. È interessante considerare la speciale missione di San Benedetto Biscop nel suo periodo storico. Viene dopo l’epoca dei santi che fondano nazioni. A questi succedono i santi che abbelliscono le nazioni. San Benedetto Biscop è uno dei santi che rendono le nazioni più belle.

    È alle origini della diffusione dello stile romanico nell’arte e nell’architettura in Inghilterra. Con vero spirito cattolico fa venire nel suo Paese artisti italiani. Importa vetrate per le cattedrali così come libri liturgici e di musica. Mette ordine nelle feste religiose - che a quell’epoca sono quasi tutte le feste celebrate. Introduce dunque elementi di bellezza nella vita della religione. In seguito questi elementi si diffonderanno dalla sfera religiosa a quella temporale. Succede di solito così nella storia della Chiesa: la bellezza nasce nella vita religiosa, ma non vi rimane confinata e si espande nella sfera temporale. Per questa ragione si può dire di San Benedetto Biscop che ha portato la bellezza del suo tempo in Inghilterra.

    Ma questo santo consacrato alla bellezza non era un debole, privo di spina dorsale o poco virile. Le sue opere hanno due grandi elementi d’ispirazione necessari alla vera promozione della bellezza. In primo luogo, riflettono la meditazione, la serietà e la profondità di un’anima contemplativa che opera per la bellezza con grande rigore di pensiero. Un’anima di questo tipo dà alla bellezza una ricchezza di contenuto e di espressione la quale ne fa qualcosa che non solo diletta gli occhi e le orecchie ma è capace di parlare alla mente.

    In secondo luogo, San Benedetto Biscop lavora per la bellezza con qualcosa dello spirito del guerriero che è stato. Questi guerrieri sono uomini forti e virili, uomini che sanno combattere e comandare. Spesso ritroviamo uomini come questi all’origine della fioritura artistica delle nazioni. Gli uomini molli e deboli, timorosi di fronte al combattimento, producono invece nell'arte le epoche di decadenza.

    I santi che sanno come meditare profondamente e anche come essere guerrieri sono pure capaci di far nascere un vero sviluppo artistico. È questa la lezione che possiamo trarre dalla vita di San Benedetto Biscop.

    13 gennaio

    San Remigio

    Il 13 gennaio festeggiamo San Remigio (440-533), il santo che è alle origini della monarchia francese con la conversione e il battesimo del re Clodoveo a Reims nel 500 (secondo altri, nel 497). All’epoca della nascita di San Remigio la Francia è devastata dalle invasioni barbariche. Un eremita cieco, che la tradizione ha chiamato Montano (Montain), predice alla madre del futuro San Remigio, Celina, che avrà un figlio da cui la Francia rinascerà alla gloria cristiana.

    A causa dell’invasione dei barbari, la Francia si ritrova in una misera situazione. Prima dell’invasione molti gallo-romani erano cattolici, ma cattolici tiepidi, senza carattere e senza merito. Così era fatale che soccombessero a diverse ondate di barbari, che erano o pagani oppure eretici che avevano accolto la predicazione di un vescovo ariano, Ulfila.

    Così, è in una situazione tragica che troviamo il povero eremita cieco in preghiera per la Chiesa Cattolica. Le fonti ci dicono che pregava di notte, aggiungendo il buio della notte al buio della sua cecità. Non ci dicono per quanto avesse pregato: per giorni, mesi o anni. Ma la sua situazione storica assomiglia alla nostra, Anche a noi può sembrare che Dio abbia volto le spalle all’umanità e non si preoccupi più delle miserie del mondo. Ma non è mai così.

    In effetti nel duplice buio della sua lunga preghiera l’eremita riceve un messaggio celeste che comincia con queste parole: Dio ha ascoltato la tua preghiera. È la sua ricompensa per avere aspettato e sperato. Il messaggio continua: Dio ha deciso di volgere il suo sguardo al mondo. Possiamo intenderlo come un incoraggiamento anche per noi, perché continuiamo a pregare affinché la Chiesa Cattolica sia restaurata nella pienezza del suo ruolo pubblico.

    L’eremita riceve il messaggio che Celina avrà un figlio, Remigio: Dio lo userà per regnare di nuovo sul mondo, e i potenti troveranno il loro onore nel servire Dio. Un magnifico messaggio: in effetti a Celina è annunciata la nascita della Cristianità.

    La differenza fra la situazione della Chiesa negli anni finali dell’Impero Romano e la Chiesa nel Medioevo è che, in epoca imperiale, i potenti di rado trovavano il loro onore nel servire Dio. Ci sono ben pochi re santi nel periodo imperiale. Al contrario nel Medioevo notiamo che i potenti e i grandi della Terra spesso sono i cattolici più zelanti, e l’impulso alla santificazione delle anime viene dal vertice della società temporale. Si tratta di un cambiamento davvero notevole. Quando Cristo regna tramite i re della Terra, siamo vicini a qualcosa che si può chiamare il Regno di Cristo. Così quella che l’eremita annuncia è l’instaurazione di un Regno di Cristo.

    28 gennaio

    Carlo Magno Imperatore

    Carlo Magno, Re dei Franchi, Patrizio Romano, Imperatore del Sacro Romano Impero (742-814). Dopo alterne vicende storiche, oggi il culto di Carlomagno si celebra solo ad Aachen, con rito doppio di prima classe, il 28 gennaio con ottava. La solennità è fissata alla prima domenica dopo la festa di S. Anna. A Metten ed a Munster il culto è tollerato per indulto della S. Congregazione dei Riti.

    J.B. Weiss, autorevole storico, nella História Universal ci ha lasciato un ritratto su Carlo Magno:

    «A trent’anni, nel 722, Carlo assurse al Regno dei Franchi. Giustamente Carlo fu chiamato Magno. Meritò questo titolo come condottiero e conquistatore, come ordinatore e legislatore del suo immenso impero, e come fervente promotore di tutta la vita spirituale dell’Occidente. Per il suo imperio, il Cristianesimo riportò vittorie sui barbari. La sua esistenza fu una lotta costante contro l’inciviltà e la barbarie che minacciavano la Religione Cattolica e la nuova, nascente cultura.

    «Intraprese non meno di cinquantatre campagne militari: diciotto contro i Sassoni, una contro l’Aquitania, cinque contro i Longobardi, sette contro gli Arabi di Spagna, una contro i Turingi, quattro contro gli Ávari, due contro i Britanni, una contro i Bàvari, quattro contro gli Slavi, cinque contro i Saraceni d’Italia, tre contro i Danesi e due contro i Greci.

    «Il Papa San Leone III, nel Natale dell’anno 800, lo elevò alla dignità di Imperatore, fondando così la più nobile istituzione temporale della Cristianità: il Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca. Dopo aver ricevuto la Santa Comunione, Carlo spirò il 29 Febbraio 814. Vuole una leggenda che fosse sepolto in maestà, seduto su un trono, la spada al fianco e fra le mani il Libro dei Vangeli.

    «Modello degli Imperatori cattolici, prototipo del Cavaliere, è la figura centrale della maggioranza delle Chansons de geste medievali».

    Non saprei perché quando si parla di Carlo Magno, delle sue gesta e della sua grandezza, mi si presenta alla mente la straordinaria figura di Mosè, anch’egli con le sue gesta e la sua grandezza. Mosè stabilì l’ordine nel popolo eletto, che era prefigurazione della Cristianità. Egli ricevette la rivelazione dei Dieci della Legge; egli condusse il popolo eletto fino alle porte della Terra Promessa, liberandolo dalla cattività e stabilendo, in tal modo, le fondamenta affinché il popolo eletto si consolidasse e vi potesse nascere il Salvatore.

    Il compito di Carlo Magno, considerato nella sua essenza, fu analogo a quello di Mosè. Egli radunò la Cattolicità, minacciata di schiavitù imminente dai suoi peggiori avversari, e con un’immane lotta, tutti li vinse, e stabilì i fondamenti della Civiltà Cristiana.

    Per rendersi minimamente conto di qual fu la missione di Carlo Magno, occorre considerare le condizioni del suo tempo.

    Ben sappiamo che fino al V secolo della nostra era, l’Impero Romano d’Occidente si estendeva su tutta l’Europa occidentale. E, a grandi linee, i suoi confini spaziavano dal Reno e dal Danubio fino al Portogallo, verso occidente; a settentrione, fino all’Inghilterra, e fino all’Italia verso meridione: era, pertanto, un’immensa unità.

    E se possibile, smisurata: le vie di comunicazione, assai più lente a quel tempo che non ai nostri giorni, rendevano molto difficoltoso il governo di un Imperatore su tutta questa vastità; tanto che in rapporto all’apparato amministrativo e politico che doveva governarlo, le dimensioni dell’Impero erano veramente gigantesche.

    Questo Impero fu travolto dalla valanga delle invasioni barbariche. Costoro erano ariani o pagani. L’arianesimo era un’eresia vagamente assimilabile al protestantesimo: un ariano era tanto anticattolico quanto lo è un protestante. Un Vescovo ariano, Ulfila, aveva pervertito i barbari pagani all’eresia ariana, tanto che la maggioranza dei barbari che invadevano l’Impero Romano (cattolico) era ariana, e avanzava con l’intenzione di imporre la propria religione. Altri invece erano pagani, e si prefiggevano di imporre l’idolatria. Gli uni e gli altri erano dunque barbari: e come barbari, erano incompatibili con la civiltà per costumi, per mentalità, per tendenze naturali. Stabilitisi nell’Impero Romano, volenti o nolenti, ne ferirono mortalmente la civiltà.

    Perché ci si possa fare un’idea della truce realtà di questi popoli invasori, è sufficiente considerare come non comprendessero la necessità di dormire in una casa: ne soffrivano, come claustrofobici! Dormivano dunque sulle pubbliche piazze. Addirittura, a una di queste tribù barbare mancava l’aria al solo dormire entro le mura della città: giunta la notte, aprivano le porte della città, e si coricavano nel bosco, perché avevano difficoltà nel respirare. Credo non occorra aggiunger nulla…

    Altro grave dilemma che attanagliava i barbari, era se valesse o meno la pena di alfabetizzarsi. Osservando stupiti i romani che erano sì alfabetizzati, ma anche molto decadenti, corrotti e molli, ritenevano che la causa della situazione fosse l’alfabetizzazione: per questo disprezzavano al sommo grado un uomo che imparasse a leggere e a scrivere. Un tale uomo era considerato come un effeminato: si comprendono così le idee strampalate di queste genti.

    Quando i barbari cominciarono a stabilirsi in terra d’Europa, e a imporre la loro tirannide, nell’Impero ormai allo sbando rimase salda la Chiesa: l’Impero Romano d’Occidente sparì, ma la Chiesa, con le sue Diocesi, con i suoi monasteri, rimase in piedi.

    V’era, dunque, una sola ancora di salvezza per tentare di risalire dall’abisso: rinvigorire l’influenza della Chiesa, e con ciò rialzarsi dalla miserevole situazione in cui l’Europa era precipitata.

    Nel frattempo, una nuova catastrofe si abbatté sull’Europa: la Penisola Iberica venne invasa dall’Islam, complice la mollezza e l’accondiscendenza degli Ostrogoti, che abitavano la Spagna.

    Ne conseguì la sua quasi totale occupazione, e a cominciare dai Pirenei, l’orda araba si intraprese l’invasione d’Europa, ormai romano-barbarica. I maomettani, via mare, cominciavano altre invasioni sbarcando in Italia e nel sud della Francia.

    L’Europa, ancora con ferite aperte, cominciò anche a subire i colpi dell’Islam.

    Quando tutto sembrava perduto, fu proprio in quel momento che Dio suscitò questo grande uomo che fu Carlo Magno. Un uomo, che mio vedere, fu un profeta, ossia: un uomo che realizzò il Regno di Dio, poiché aveva i doni per comprendere in cosa tal Regno consistesse, e la capacità di condurre gli altri a uno sforzo comune per la sua realizzazione. In più sapeva superare e vincere gli ostacoli che potevano opporsi a quest’opera.

    Figlio di una stirpe che già da circa due generazioni regnava sui Franchi, essa stessa non immune da lotte intestine e guerre interne, e che tuttavia aveva un’ascendenza sui Franchi, una delle popolazioni barbariche d’Europa.

    Carlo Magno, quando era Re dei Franchi, organizzò – come già detto – oltre cinquanta spedizioni militari, sottomettendo completamente le altre popolazioni; successivamente, contenne anche l’espansionismo islamico.

    Con ciò, mutò il corso della Storia, che sembrava aver condannato irrimediabilmente il mondo latino a soccombere sotto la pressione germanica e la pressione maomettana. Carlo Magno salvò la latinità, e con essa, la Cristianità.

    I racconti coevi ci descrivono come erculeo quest’uomo che compì gesta tanto straordinarie: di alta statura, con tratti molto regolari e ben fatti, conservò fino alla vecchiaia qualcosa di giovanile; e contemporaneamente, quando era ragazzo, aveva qualcosa della maturità di un vegliardo: da giovane incuteva rispetto, come fosse anziano. E nella canizie, sapeva infondere entusiasmo come fosse un giovane.

    Fu tanto amabile e gentile, che una leggenda popolare narrava che ad ogni sorriso, sulla sua lunga barba bianca nascessero fiori, tanto la sua barba era tutta fiorita: per questo era soprannominato re dalla barba fiorita.

    Possiamo immaginare la magnanimità di questa personalità: terribile nel combattimento – quando sapevano che Carlo Magno era schierato in battaglia, i nemici già davano per persa metà della pugna – ma contemporaneamente tanto amabile e tanto gentile da far credere agli altri che dalla sua barba nascessero fiori.

    Grande guerriero, costui fu anche grande formatore di uomini. Raccolse un gruppo di uomini, che passò alla storia come il gruppo per antonomasia: i Dodici Pari (o Paladini) di Carlo Magno. Quando si parla di un Pari di Carlo Magno, si parla di una relazione ideale: Mai, nell’ordine temporale – beninteso! – la relazione fra un capo e

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