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Chaòs o Kosmos
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E-book161 pagine1 ora

Chaòs o Kosmos

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Info su questo ebook

Max vive a Parigi. La sua vita si muove tra gli studi, l’insegnamento universitario e i caffè dove si intrecciano incontri che lo spingono a profonde riflessioni. Da qui, l’autore, con saggia empatia per il protagonista, trascina il lettore in un viaggio filosofico, attraverso colte citazioni. Frammenti di sapere che si dipanano nel romanzo e che vanno alla ricerca dell’enigma primordiale: Chaòs o Kosmos?

Laureato in filosofia e storia presso l’università degli studi di Firenze. Pubblicazioni: ricerche storiche e saggi su riviste on-line. Musicista. Moderatore in diversi convegni. Docente presso scuola secondaria superiore.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2020
ISBN9788830621732
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    Anteprima del libro

    Chaòs o Kosmos - Massimiliano Guidicelli

    Guidicelli

    Chaòs o Kosmos La pesantezza

    Albatros

    Nuove Voci

    Ebook

    © 2020 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma

    www.gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-2173-2

    I edizione elettronica aprile 2020

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Un ringraziamento a Paola, Giulia e Giorgia

    «La noia. Un pigro pianto per oscuro

    fardello sfumacchia il narghilè sopra

    morti e patiboli. Di quel mostro

    impalpabile tu sai, lettore, i triboli,

    ipocrita lettore, mio simile, fratello.

    Baudelaire

    (Traduzione di Antonio Prete, Ed. E. Feltrinelli,

    Allodole, pag.10.-pag. 12)

    Premessa

    A volte il narratore di questa storia si immedesima nel protagonista, oppure il protagonista diventa narratore, quasi che un unico ruolo, per ambedue, rimanesse stretto. Nessuna iperbolica, fantasiosa, violenta lotta contro la lingua italiana. Solo che in certi casi il linguaggio soggiace alla fantastica impossibilità dell’essere, dell’esprimersi.

    Aforismi per non udenti, dunque immagini, sequenze, stati di cose, nessuna trama, nessuna storia; la storia se è storia è tempo già passato quindi è inutile, la vita non è storia, la vita si fa o si subisce nella sua incessante durata.

    Chi legge, se per leggere ha bisogno di occhiali non legga, qualcuno legga per lui e ascolti.

    Se è anche sordo lasci perdere e si sdrai!

    Mi riesce scrivere solo quando non ho la penna.

    È come se l’inchiostro uccidesse il pensiero.

    È senza dubbio fondamentale non tralasciare alcunché nel momento in cui si decide di scrivere qualcosa, qualunque cosa. Anche i fatti, gli avvenimenti, le circostanze, che in un primo momento possono sembrare insignificanti, molto probabilmente, in seguito, assumeranno un’importanza del tutto evidente e del tutto ascrivibile al contesto generale. La nostra mente possiede una mirabile qualità: l’economia. Essa riesce ad organizzarsi al meglio per non invadere troppo il nostro io: quindi sceglie, cataloga, colloca, classifica. A seconda del livello di significato che essa decide di attribuire ad ogni cosa o evento si muove di conseguenza, il più delle volte si rifugia nell’oblio. Certo tutto è e rimane nel magazzino della nostra coscienza, ma occultato, nascosto, privo di consistenza: almeno a prima vista. Occorre un notevole sforzo di memoria e di coraggio per riuscire a ricordare il fatto privo di significato: ma esso c’è, c’è stato, è stato vissuto, ha provocato emozioni, in sostanza è esistito.

    Questo come punto di partenza.

    «Dunque, per primo fu il Chaos, e poi Gaia dall’ampio petto, sede sempre sicura di tutti gli immortali che tengono le vette dell’olimpo nevoso e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade. E poi Eros, il più bello fra gli dei e di tutti gli uomini, doma nel petto il cuore e il saggio consiglio».

    Poi arrivò Kosmos, l’ordine apollineo delle cose. Ma il Chaos altro non è che l’inizio, l’abisso o la voragine dove l’essere può perdersi.

    Il nulla scomparve, almeno così sembrò. Per molto tempo.

    La domanda

    Potremmo chiederci cosa possa essere uno stato dell’essere definito normalità? Molte risposte, molte certezze. Ma in definitiva la definizione più probabile potrebbe essere questa: la normalità consisterebbe, semplicemente, nel passaggio dal «chaòs» al «kosmos», in sostanza all’ordine. Una sorta di metodica organizzazione predefinita dell’essere. In definitiva un cammino mai reso evidentemente chiaro, che permetta, il più delle volte inconsapevolmente, un passaggio dall’immensità del disordine al completo ed armonico accordo delle parti. Potrebbe! Il dubbio però rimane. Perché le parti dovrebbero armonizzarsi?

    Capitolo 1

    Justin la cameriera

    Max se lo era sempre chiesto. Il quesito aveva e avrebbe sempre attirato la sua attenzione ogni qualvolta se ne fosse presentata l’occasione. Una sorta di «carpe diem» ante litteram. Squallore!

    Eppure nonostante tentasse ogni volta di trovare una soluzione e ovviamente maledicesse all’infinito le turpi conseguenze di ogni verità che si presentasse plausibile, Max non si trovava a proprio agio. Ogni giustificazione, ogni qualsivoglia risposta, persino scomodando l’etica, l’estetica o addirittura la filosofia, non lo accontentava. Sembrava che nessuna definizione, nemmeno la più evidente, lo soddisfacesse. Nemmeno l’eterna diatriba tra il Don Giovanni di Kierkegaard e il seguente Johannes del Diario. Tutto si riduceva a puro espediente; sfruttare ogni possibile occasione; ogni cosa, essere, accadimento, non aveva valore in sé. Anzi. Tutto poteva essere tranquillamente sostituito con qualcos’altro, di simile, ma non uguale. Era una pura verità l’ammonimento che l’uomo ragionevole, etico, buon marito poteva rivolgere al dissoluto esteta? «Tu non aspiri a nulla non desideri nulla. L’unica cosa che potresti desiderare è una bacchetta magica che ti potesse dare tutto, e poi la useresti per pulirti la pipa». Sarebbe pura follia pensare di trovare un valore estetico come principio di una nuova etica? Sarebbe improbabile. Tutto ciò avrebbe portato inesorabilmente nel mare della malinconia, dell’angoscia, come recitavano i romantici?

    Al modo dell’anima bella di Schiller?

    O invece, modernamente, la domanda poteva avere un senso?

    Justin

    «Lei non sorride mai, Max, eppure avrebbe un così bel sorriso, l’ho notato!» diceva Justin, anche lei sorridendo, la cameriera dell’Hotel Lumiere, il mio alloggio preferito quando avevo da concentrarmi nelle ricerche o in qualche studio di particolare rilevanza per la mia casa editrice. Preferito perché vicino Montmartre, un quartiere parigino che mi ha sempre affascinato. Seduta accanto a me, a fine cena, mentre il resto del locale si era quasi completamente svuotato, iniziava a parlare. Non ricordo bene di cosa si occupasse Justin al di là del lavoro che svolgeva in Hotel. Non mi importava granché. Ma a volte i suoi ragionamenti colpivano nel segno. Forse perché dettati da una puerile intuizione, oppure soltanto da semplici deduzioni ricavate dalle più disparate e confusionali letture. Non saprei. A volte non riuscivo nemmeno a cogliere il senso delle sue parole perché distratto dal suo viso. In effetti quando Justin sorrideva sulle sue guance comparivano due piccole fossette. Non è chiaro cosa possano avere di così erotico delle guance anche se munite di fossette. Comunque non era poi così incredibile che una semplice cameriera avesse così tanta voglia di parlare di arte, filosofia, o quant’altro si adduca a delle persone colte. Non è l’abito che fa il monaco. Un proverbio essenziale nella crisi culturale dei nostri tempi. In sostanza l’idea di Justin era solo quella di parlare con più o meno cognizione di causa. Justin parlava, sorrideva, ogni tanto chiedeva con lo sguardo un consenso che tardava ad arrivare. Ma nonostante tutto continuava a parlare, ininterrottamente. Quella sera però le sue parole mi stavano incuriosendo.

    Stava sforzandosi di farmi comprendere ciò che lei riteneva fosse l’adulterio.

    La cosa strana è che sembrava crederci realmente.

    «Ogni azione non è né buona né cattiva, semplicemente è. Se non c’è intenzione, se non c’è premeditazione non c’è peccato». Ingenuità di una giovane ragazza? Traducendo si potrebbe dire che ogni azione non premeditata sembrerebbe condurre l’uomo verso qualcosa che, in

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