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Ghirigori
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E-book109 pagine1 ora

Ghirigori

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Info su questo ebook

“Accoglienti” è il primo aggettivo che viene alla mente in relazione a questi quindici racconti. Sì, perché ognuno può ritrovarsi, sentirsi compreso e accettato. Accolto, appunto. Un’umanità varia, ferita ma ottimista, desiderosa di non farsi abbattere, pronta a risorgere, sempre.
Ghirigori ha vinto il Premio Speciale della Giuria al 47° Premio Letterario Casentino 2022.

Genny Sollazzi, laureata in Giurisprudenza a Pisa, lavora presso un istituto bancario, presidente dell’associazione di volontariato ospedaliero AVO Pontedera.
Ha vinto svariati premi e riconoscimenti in concorsi a livello nazionale con poesie e racconti brevi che trovano pubblicazione in raccolte e antologie di autori vari.
Ha pubblicato:
- E se un giorno silloge poetica Scatole Parlanti edizioni.
- Appesa a una nuvola edizioni Scatole Parlanti vincitrice del Premio Speciale Milano Donna 2020 e segnalazione di merito al 43° Premio Letterario Internazionale Ligure. 
- Punto romanzo per bambini collana Coccinella junior Giovane Holden Edizioni. 
- Mimmo pesciolino Jung romanzo Sicrea Edizioni menzione speciale “filosofia per giovani” Concorso letterario Emanuele Ghidini.
- Scacco alle emozioni raccolta di racconti, menzione d’onore Premio internazionale “Metamorfosi” Lupi Editore e finalista al Premio letterario Equilibri.
- Oltre i limiti dell’universo finalista al premio internazionale di letteratura di Sarzana a dicembre 2021 e finalista al premio Letterario La Ginestra - Firenze, edizioni Scatole Parlanti.
LinguaItaliano
Data di uscita7 set 2022
ISBN9788830671461
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    Anteprima del libro

    Ghirigori - Genny Sollazzi

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Nota dell’autrice

    Di pari passo alla mia anima, la punta della penna, i polpastrelli delle dita corrono, tracciano svolazzanti ghirigori.

    Distrattamente li accarezzo; senza far nulla per focalizzare un ricciolo, una curva, un angolo nascosto.

    In questo libro si raccolgono i miei ghirigori: fili intrecciati, matasse dense di sentimento ed emozione, scarabocchi di identità appena abbozzate e non per questo meno sentite.

    Fotografie multiple di un’anima in divenire. La mia

    Genny

    Margherita, piccola sindone

    Di colore olivastro, setosa e morbida le appariva la pelle. Tesa. Le veniva naturale percorrere la pancia in su e in giù con la mano, carezzarla, fermarsi ogni tanto nell’attesa di percepire il battito di un cuore in divenire.

    "Ehi Marghe, ci sei? Che fai, amore?".

    Silenzio. Povera, piccola, inesistente creatura.

    Come poteva darle il carico di una risposta? Difatti lei non lo faceva, non si aspettava nulla. Da Marghe, come da nessuno dei suoi figli, reali o immaginari che fossero. Si limitava a fare una carezza sulla propria pancia, antico covo di vita, nicchia carica d’amore.

    Aveva smesso di cercare un’origine logica per tutte le cose. Ci sono eventi che non si spiegano con la ragione, che rispondono a bisogni interiori, magari folli, ma così potenti e veri, un po’ come i sogni. Ci aveva messo parecchio tempo a capirlo che doveva lasciar perdere, accettare quel rigonfiamento senza fargli la guerra.

    Non era incinta e, alla sua età, sarebbe stato anche un po’ fuori luogo. Allora perché quel cocomero tondo spesso faceva capolino sotto gli abiti? Induceva incauti, insensibili osservatori ad ammiccare contenti: "Allora, c’è qualcosa in arrivo?. Che bello! Incinta? o altre osservazioni dello stesso tenore. Immancabile la sua reazione di dolore interiore. Nascosta la fitta pungente che bersagliava il cuore. A tutti avrebbe voluto dare la stessa risposta: Perché non state zitti? Non sapete quale varco andate ad aprire!".

    Non diceva quasi mai nulla, solo un diniego sconsolato con il capo. A volte si avventurava in spiegazioni sulle sue difficoltà di digestione, ma era un percorso in salita e subito lo abbandonava. Le cause di quel gonfiore erano state più o meno dettagliatamente motivate dal gastroenterologo (bisognerebbe usare il plurale in realtà, perché negli anni, i medici erano stati molti).

    Diete appropriate, medicinali a profusione, tecniche varie. Tutto vano. Il gonfiore restava. Aveva un andamento altalenante, ma non scompariva mai. Così, spesso, si sorprendeva in quella carezza spontanea sul proprio ventre. In fondo, non occorreva essere un genio o un medico brillante. Sarebbe stato sufficiente un po’ di ascolto interiore, senza pregiudizi né vergogna. Ci aveva messo del tempo, ma adesso sapeva. Un lampo e le era venuta in mente la sindone. Pareva un po’ tragica come immagine esplicativa, ma non era del tutto fuori luogo. Cos’era la sindone? Meglio, cosa si pensava che fosse? Tralasciando le spiegazioni di fede, la si poteva definire un ricordo, una traccia di ciò che era stato, una fotografia di vita passata. Stessa cosa poteva dirsi anche del suo ventre prominente. Inutile cercarne l’origine tramite la medicina tradizionale, per poi curarla con i farmaci. Bastava guardarsi dentro, puntare il riflettore sul passato.

    C’era stata sua figlia G ad abitare quella pancia. A pochi anni di distanza, per diversi mesi, l’avevano onorata della loro presenza anche altri due piccoli angeli. Non aveva avuto il piacere di abbracciarli vivi, ma solo di sfiorarli con lo sguardo poggiato sulle paffute membra inerti.

    E adesso? Vuoto, solitudine. Non c’era più nessuno, dentro e fuori di lei. Sua figlia, ormai diciottenne, la teneva a distanza. Forse le voleva bene, ma era affetto non palesato, chiuso in una gabbia di malintesi. Cos’è l’amore quando non è detto? Un fossile, un corpo svuotato. Cos’era il suo ventre gonfio? Una sindone, il ricordo indelebile di un amore, di tanti amori, i più genuini, i più innocenti, quelli che nulla chiedono in cambio.

    "Marghe, tesoro mio! Che fai?".

    Perché negare un dolore? Tanto non passa, inutile seppellirlo. Meglio dargli un volto ed anche un nome: Margherita. Il suo fiore in divenire, quello che avrebbe voluto sbocciasse con lei, con le sue nuove consapevolezze. Intanto le teneva compagnia, ci poteva parlare, a volte le raccontava dei due angeli appena abbozzati, altre, della bellissima ma irraggiungibile G. Comprensione facile, immediata.

    "Ehi Marghe, ci parli tu con G?"

    Scherzava, ironizzava, ma non così tanto. Era un modo diverso di affrontare le cose. Esoterico, fantasioso,

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