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Siamo in grado di farci vedere?
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E-book150 pagine1 ora

Siamo in grado di farci vedere?

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Info su questo ebook

Un essere umano può essere percepito, sentito nel proprio modo di essere nella sua prima immagine? È in grado di mostrare la sua reale identità azzerando le sue maschere?

Attraverso il testo volto all'introspezione della persona viene posto un interrogativo costantemente presente nella lettura.

Siamo esseri individuali con lo scopo di accrescere il nostro animo attraverso la consapevolezza di quei segreti mantenuti all'oscuro, anche a noi stessi.

Viene messo in luce il tema dei rapporti relazionali come ulteriore fonte di accrescimento personale, uno status di introspezione che porti la persona a riconoscere una quotidianità oggi divenuta irriconoscibile. Discutiamo di un essere umano contemporaneo, che condizionato dall'odierna società, rimane rinchiuso nel suo limbo di irreale identità, bloccato tra l'esprimere sé stesso in ogni forma ed il focale bisogno di renderlo tale.

'L'infelicità dell'uomo proviene dall'inconsapevolezza dello stesso'
LinguaItaliano
Data di uscita7 lug 2020
ISBN9788831683791
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    Anteprima del libro

    Siamo in grado di farci vedere? - Veronica Pecorilli

    di­mo­ra.’

    Parte Prima

    I

    Sia­mo na­ti vuo­ti per es­se­re in­glo­ba­ti dal mon­do, na­ti vuo­ti per po­ter­ci riem­pi­re. Par­tia­mo si­mi­li ad un nu­me­ro ze­ro, che già nel­la di­stan­za di po­che ore si rin­no­ve­rà pren­den­do la for­ma di un uno, e sce­glie­rà lui stes­so l’evol­ver­si in cre­sci­ta la­scian­do fin da su­bi­to un’ere­di­tà.

    Ogni ini­zio è ca­rat­te­riz­za­to da par­ten­ze pri­ve di ma­te­ria, pri­vo di un si­ste­ma o ca­rat­te­ri, un ini­zio al suo in­ter­no non pos­sie­de né ani­ma né san­gue. Al­cu­na for­ma di espe­rien­za pre­gres­sa, ver­so la crea­zio­ne di una for­ma d’os­ser­va­zio­ne.

    Ac­ca­de in que­sto mo­do, ci vie­ne af­fi­da­to un no­me che ci ac­com­pa­gne­rà per tut­to il cor­so del­le no­stre in­fi­ni­te emo­zio­ni e tra­va­gli, che avran­no sfo­go in du­pli­ci sen­sa­zio­ni, po­si­ti­ve o ne­ga­ti­ve. Mo­men­ti di fe­li­ci­tà, an­che im­prov­vi­sa, al­tre si­tua­zio­ni in cui in­ve­ce met­te­re­mo a con­fron­to il no­stro bi­so­gno di cam­bia­re per­cor­so con la vo­glia di sbia­di­re la no­stra im­ma­gi­ne; tutt’al più ci sa­ran­no af­fi­da­te del­le ca­rat­te­ri­sti­che pre­de­fi­ni­te, in ba­se al­la ge­ne­ti­ca, un co­lo­re del­la pel­le.

    Ad ogni mo­do, si spe­ra sem­pre che il tut­to sia per noi ge­ne­ri­ca­men­te di buon gu­sto, nel po­sto giu­sto e nel mo­do giu­sto. Avre­mo in suc­ces­sio­ne mo­do di ca­pi­re che, for­tu­na­ta­men­te, sen­za trop­pe pre­oc­cu­pa­zio­ni sia­mo in pos­ses­so di car­te da po­ter gio­ca­re nel mo­do che pre­di­li­gia­mo, que­sto che ol­tre all’elen­co pre­de­fi­ni­to po­co fa scan­di­to è af­fian­ca­to da un im­por­tan­te pun­to, che ne fa la dif­fe­ren­za, l’es­se­re uma­no pos­sie­de il do­no dell’ul­ti­ma pa­ro­la.

    È no­stro il com­pi­to di ren­der­lo un no­stro van­tag­gio.

    Pos­se­dia­mo il do­no del­le pa­ro­le, per cui il do­no del­la scel­ta, e ten­go a spe­ci­fi­ca­re l’ar­co tem­po­ra­le di cui pen­so og­gi l’uo­mo ab­bia una più fa­ci­li­ta­ta ge­stio­ne del­la pro­pria vi­ta e del­le pro­prie scel­te. Si­cu­ra­men­te più che in qual­sia­si al­tra epo­ca sto­ri­ca:

    og­gi.

    L’an­no che fug­ge e cor­re ve­lo­ce sot­to il no­stro sguar­do, e co­mun­que non del tut­to ni­ti­do, de­no­mi­nia­mo­lo an­che pro­gres­so. Noi cit­ta­di­ni, in una na­zio­ne Ita­lia­na ci tro­via­mo da­van­ti ad una con­di­zio­ne di pos­si­bi­le li­ber­tà do­na­ta­ci. Cer­can­do di com­pren­de­re me­glio, la li­ber­tà è un prin­ci­pio uni­co pro­prio dell’es­se­re uma­no, le­ga­to al­la so­cie­tà ed al­la mo­ra­li­tà dell’in­di­vi­duo. Sap­pia­mo che per un pro­gres­so ge­ne­ra­le, ogni in­di­vi­duo deb­ba pos­se­de­re il di­rit­to nel rea­liz­zar­si co­me me­glio cre­de ed in­vo­chi.

    Im­pa­ria­mo a vi­ve­re in uno sta­to di li­ber­tà, la­scian­do pro­ce­de­re ogni per­cor­so al­trui. Ognu­no pos­sie­de un’ele­va­zio­ne al­la vi­ta che sa­rà di­ver­sa da un’al­tra.

    Nel mo­men­to in cui ogni es­se­re uma­no sa­rà in gra­do di con­tem­pla­re il mon­do ad es­so cir­co­stan­te com­pren­si­vo di ri­spet­to al­trui, co­me per se stes­so, po­tre­mo inor­go­glir­ci, pro­cla­man­do­ci una buo­na so­cie­tà. Av­va­len­do­ci di un re­ci­pro­co ri­spet­to.

    Cer­can­do di mo­stra­re un’am­pia for­ma di ra­zio­na­li­tà ed es­se­re per­so­ne co­scien­zio­se ed as­so­lu­ta­men­te obiet­ti­ve, sap­pia­mo non po­ter uti­liz­za­re pur­trop­po que­sta sa­lu­ta­re no­zio­ne co­me pen­sa­ta e pos­si­bi­le a li­vel­lo mon­dia­le.

    L’uo­mo crea, l’uo­mo di­strug­ge,

    l’uo­mo crea­to­re, l’uo­mo di­strut­ti­vo

    Es­se­re del­le per­so­ne li­be­re è in­clu­si­vo di ogni re­spon­sa­bi­li­tà e de­ter­mi­nan­te d’ogni rea­zio­ne uma­na. Pro­prio co­sì. Ogni uo­mo pos­sie­de in egual mo­do il di­rit­to al­la li­ber­tà, l’uo­mo li­be­ro crea le re­go­le, a vol­te con stu­pi­da e cre­du­ta on­ni­po­ten­za ri­vo­lu­zio­na­ria.

    Ma una do­man­da im­por­tan­te, eb­be la me­glio su di me. Sap­pia­mo di pos­se­de­re un’in­vio­la­bi­le di­rit­to? Nel­la mag­gior par­te dei ca­si ci si di­men­ti­ca di mol­te co­se im­por­tan­ti, lo sa­prai be­ne an­che tu.

    Tor­nan­do a noi, par­la­va­mo quin­di di un’ere­di­tà, di qual­co­sa che con pras­si na­tu­ra­le ci vie­ne la­scia­to tra le ma­ni con­ce­den­do­ce­ne il li­be­ro ar­bi­trio. So­no dell’opi­nio­ne che que­sta per noi sia una lus­suo­sis­si­ma re­spon­sa­bi­li­tà. Non è mai fa­ci­le cu­rar­si dei no­stri ca­ri nu­me­ri che gior­no per gior­no mu­ta­no al­la lu­ce, ed ine­vi­ta­bil­men­te cre­sco­no.

    La no­stra re­spon­sa­bi­li­tà, la li­ber­tà.

    Do­ve ci por­ta que­sta pa­ro­la?

    Pen­so all’am­piez­za de­gli even­ti, al­le mol­ti­tu­di­ni di im­ma­gi­ni che la men­te mi re­ga­la ri­pen­san­do al­la va­sti­tà di sen­tie­ri che pos­so­no in­fran­ger­si di­nan­zi la no­stra stra­da. Ci si la­scia pren­de­re cu­ra da ciò che po­treb­be ac­ca­de­re, pen­san­do che sa­rà ge­sti­bi­le dal mo­men­to in cui sta ac­ca­den­do.

    Lo ab­bia­mo scel­to op­pu­re ab­bia­mo at­te­so il fa­to, la­scian­do che un sen­tie­ro va­les­se l’al­tro?

    Vor­rei in­nan­zi­tut­to tro­va­re un si­no­ni­mo per que­sto ter­mi­ne, qual­co­sa di mol­to vi­ci­no che ci pos­sa apri­re ul­te­rio­ri pas­sag­gi di im­ma­gi­na­zio­ne; li­ber­tà.

    Una de­fi­ni­zio­ne che pos­sa far­ci in­ten­de­re nel mi­glior mo­do l’im­por­tan­za di pos­se­de­re una scel­ta, la pro­pria scel­ta. La li­ber­tà di pos­se­de­re una vo­ce, che non sa­rà quel­la di qual­cun al­tro, ma sa­rà so­la­men­te la no­stra. Non un suo­no che per noi non ha nes­su­na ri­le­van­za, a pre­scin­de­re dal­la sua for­ma o gra­do di co­no­scen­za. Pos­se­dia­mo il do­no dell’ul­ti­ma pa­ro­la se­gui­to dal­la scel­ta pre­sa, sce­glia­mo per noi do­nan­do­ci la li­ber­tà di spe­ri­men­ta­re chi real­men­te sia­mo. Tut­to que­sto sen­za al­cu­na con­di­zio­ne mo­ra­le o fi­si­ca. De­ci­dia­mo di por­ta­re nel­le ta­sche la bus­so­la del­le no­stre ca­rat­te­ri­sti­che, del­le no­stre vo­lon­tà e dei no­stri pia­ce­ri.

    Se por­tas­si al­la men­te l’im­ma­gi­ne tra­dot­ta dell’es­se­re uma­no sen­za vin­co­li, pen­se­rei ad un ele­va­to con­tra­sto tra even­ti e sta­to esi­sten­zia­le.

    Lo col­le­ghe­rei ad un ter­re­no dis­se­sta­to, ster­ra­to. Un pia­no di ter­ra qua­si asciut­to, con si­tua­zio­ni al­ta­le­nan­ti e fan­go­se. Un car­ro ar­ma­to si fa stra­da co­me rin­cor­res­se qual­co­sa che lo di­stur­ba, non sa be­ne a co­sa sta an­dan­do in con­tro, il suo istin­to gli pro­nun­cia che la mi­glior co­sa è ren­der­lo vin­ci­to­re, eli­mi­nan­do qual­sia­si pre­sen­za at­tor­no ad es­so.

    Non c'è buon odo­re, il fu­mo è acre, tos­si­co che ir­rom­pe nell’eso­fa­go. Il ru­mo­re as­sor­dan­te del me­tal­lo bat­te ad ogni rial­zo del ter­re­no sca­te­nan­do in aria re­si­dui di ciò che tro­va. Tut­to som­ma­to, a pen­sar­ci, que­sto non è pia­ce­vo­le.

    Po­co più in là de­no­to un' ul­te­rio­re im­ma­gi­ne, so­mi­glia ad un pac­co di for­ma qua­dra­ta, al suo api­ce os­ser­vo un gra­zio­so fioc­co ros­so.

    Un bel fioc­co.

    In­tra­ve­do co­sì con chia­rez­za, la no­stra for­ma at­tor­no al­le

    pic­co­le gran­di, ma­ce­rie del­la so­cie­tà.

    Na­scia­mo con de­gli ele­men­ti di­stin­ti­vi cui ab­bia­mo la fa­col­tà di po­ter mu­ta­re a se­con­da del­le ne­ces­si­tà, pre­fe­ren­ze e sen­sa­zio­ni.

    Par­lo di quel­le vi­bra­zio­ni che ci por­ta­no sul­la giu­sta stra­da, la no­stra stra­da. Vi­bra­zio­ni che so­la­men­te la no­stra pel­le è in­dot­ta a per­ce­pi­re, qua­si fos­se­ro even­ti so­pran­na­tu­ra­li che pe­rò han­no noi co­me uni­ci su­per­sti­ti. Mi ri­fe­ri­sco all’uni­ci­tà di un sen­ti­men­to, al­la per­ce­zio­ne di ciò cui non pos­so­no es­se­re af­fi­da­te pa­ro­le per una spie­ga­zio­ne. L’as­so­lu­to vi­bra sot­to lo stra­to del­la pel­le la­scian­do uni­ca­men­te a noi il lus­so del suo vi­ve­re.

    Mi col­le­go ad una con­di­zio­ne, quel­la in cui un gior­no sa­re­mo noi a sce­glie­re la no­stra re­li­gio­ne d’ap­par­te­nen­za. È una scel­ta im­por­tan­te al­la qua­le bi­so­gna af­fi­da­re il giu­sto pe­so d'una ri­fles­sio­ne con men­te ca­pa­ce di ciò. Avre­mo la vo­lon­tà di non con­ce­der­ci nes­su­na re­li­gio­ne, se in cam­bio, di­ver­se vol­te, ne ot­te­nia­mo uc­ci­sio­ni e pe­do­fi­lia. Sta­di che al­le­gra­men­te al­ber­ga­no nel­le lo­ro san­te ca­se. Al fi­ne d'ogni scel­ta con­ce­dia­mo­ci la li­ber­tà del­la no­stra!

    Pen­san­do­ci be­ne que­sto ter­mi­ne, li­ber­tà, mi pia­ce­reb­be po­si­zio­nar­lo ac­can­to ad op­por­tu­ni­tà.

    La iden­ti­fi­che­rei co­me un’op­por­tu­ni­tà che ci vie­ne con­ces­sa, quel­la di pos­se­de­re una scel­ta, ed al suo con­tem­po ave­re la li­ber­tà di pren­der­la. La no­stra op­por­tu­ni­tà di riu­sci­ta, giun­ge­re ad una com­ple­tez­za dell’esse­re, se­gui­to dal­la ca­pa­ci­tà di os­ser­va­re in uno spec­chio i no­stri oc­chi e riu­sci­re ad os­ser­var­ne all'in­ter­no mo­stri e ve­ri­tà.

    Per­so­nal­men­te pen­so che con que­sta pra­ti­ca si pos­sa­no com­pie­re gran­di pas­si, si rea­liz­za di aver da sem­pre pos­se­du­to sen­sa­zio­ni na­sco­ste, in spa­zi del no­stro cor­po e del­la men­te. For­me di co­rag­gio in­con­clu­se che pos­so­no es­se­re ti­ra­te fuo­ri so­la­men­te met­ten­do­le di­fron­te i no­stri oc­chi, os­ser­van­do­le, met­ten­do­le un po' a di­sa­gio. Non han­no l’abi­tu­di­ne d’es­ser te­nu­te d’oc­chio, co­me non bia­si­mar­le! Met­ten­do­le un po’ in dif­fi­col­tà, è co­si' quan­do si os­ser­va qual­co­sa in mo­do osten­ta­to.

    Ma po­treb­be be­nis­si­mo non ri­ve­lar­si un di­sa­gio, an­zi può es­se­re un estre­mo pia­ce­re. La de­sti­na­zio­ne è una no­stra scel­ta. Av­vie­ne co­sì, ci si os­ser­va in un ri­fles­so e ci si tro­va. So­no dei per­cor­si im­por­tan­ti che han­no bi­so­gno di un ini­zio, un vis­su­to ed una fi­ne. Non esi­ste un pre­ci­so gior­no o un pre­ci­so mo­men­to per far­lo na­sce­re, è il no­stro com­pi­to che as­sie­me all'istin­to pren­de for­ma in con­sa­pe­vo­lez­za.

    Di quel mon­do at­tor­no con­nes­so ai no­stri istin­ti ed al­le no­stre vo­lon­tà.

    Ini­zia­mo a com­pie­re il pri­mo pas­so per ca­pi­re al me­glio chi sia­mo. Si giun­ge al­la con­sa­pe­vo­lez­za del no­stro io, del sé; ini­zian­do a per­ce­pi­re gli even­ti at­tor­no a noi in ogni lo­ro par­ti­cel­la, l’aria che re­spi­ria­mo, ren­den­do­la pian pia­no par­te del no­stro cor­po.

    Ini­zia­mo ad ave­re in que­sto mo­do una per­ce­zio­ne di­ver­sa su ciò che ci ac­ca­de, de­gli oc­chi che ci per­met­to­no di ana­liz­za­re nel mo­do an­cor più con­for­me a noi il mon­do cir­co­stan­te, pro­prio co­me a pos­se­de­re una con­sa­pe­vo­lez­za in più. Una vi­sio­ne più ap­pro­fon­di­ta di ciò che ac­ca­de, con mo­ti­vi e nuo­ve giu­sti­fi­ca­zio­ni a muo­ver­ci.

    Os­ser­via­mo di­ver­sa­men­te la no­stra per­so­na com­pre­se le al­tre cir­co­stan­ti.

    È im­por­tan­te e ne­ces­sa­rio po­ter co­no­sce­re per co­no­scer­ci.

    Ab­bia­mo que­sta con­si­de­re­vo­le op­por­tu­ni­tà di po­ter fa­re del no­stro cor­po e co­scien­za dei pun­ti for­ti, di­ver­si e dis­si­mi­li, uni­ci nel pro­prio fil­tro. Sce­glia­mo gra­da­ta­men­te dei

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