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Spy Glass - Magia di sangue: eLit
Spy Glass - Magia di sangue: eLit
Spy Glass - Magia di sangue: eLit
E-book443 pagine6 ore

Spy Glass - Magia di sangue: eLit

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Info su questo ebook

GLASS SERIES - Opale ha rinunciato alla magia e ha acquisito una sorta di immunità che la rende impermeabile a qualunque sortilegio. L'unica persona a possedere la stessa capacità è la spia più famosa del suo mondo, Valek, ed è proprio a lui che la fanciulla si affida nella speranza che l'aiuti a recuperare il sangue che qualcuno le ha rubato e che potrebbe permetterle di riappropriarsi dei poteri perduti. Ma la ricerca è impegnativa e presto mette in crisi il suo legame con Kade, il fascinoso Danzatore delle Tempeste che la vorrebbe tutta per sé. Mentre il pensiero di Devlen a poco a poco torna a farsi spazio nel suo cuore...



Titoli collegati:

1)Glass magic - La donna di sabbia - Glass series vol. 1

2)Sea glass - Cuore di diamante - Glass series vol. 2

3)Spy glass - Magia di sangue - Glass series vol. 3
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2016
ISBN9788858959152
Spy Glass - Magia di sangue: eLit

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    Anteprima del libro

    Spy Glass - Magia di sangue - Maria V. Snyder

    successivo.

    1

    Rannicchiata nel buio dell'armadio, mi immobilizzai quando dei passi si avvicinarono. Fissai il sottile nastro di luce sotto la porta, mentre l'istinto mi urlava di scappare. Ombre di scarpe si fermarono. In silenzio ordinai loro di andarsene. Tutto ciò che volevo era un giorno di pace, solo uno. La maniglia girò, e con uno sbuffo d'aria fresca il mio nascondiglio fu svelato.

    «Santa sabbia, Opale, che cosa ci fai lì dentro?» chiese mia madre.

    Ingoiai un sospiro. La verità – che mi stavo nascondendo da lei – non avrebbe aiutato. «Cercando i miei stivali?»

    Lei aggrottò ancora di più la fronte scostandosi dal viso una ciocca di capelli grigi. «Li hai ai piedi.»

    Mi rizzai. «Ah... sì... be'...»

    «Vieni. Ci sono un migliaio di cose che dobbiamo fare, e stai sprecando tempo.» Mi spinse fuori dalla mia camera e giù per le scale, fino in cucina. «Siediti e leggimi la lista degli invitati mentre cucino.»

    Percorsi con lo sguardo il lungo tavolo di legno ingombro di carta, campioni di tessuto, merletti, perline, cartamodelli e decorazioni varie... tanto disordinato da costringerci a mangiare in sala da pranzo. Sottovoce maledissi mia sorella. Prima di tornare a lavorare alla vetreria del Mastio, Mara aveva chiesto a nostra madre di organizzare il suo matrimonio con Leif, e aveva lasciato tutto nelle sue mani. Ragazza sveglia. Lei se ne stava in salvo a cinque giorni di viaggio da casa.

    Vedendo che non mi ero seduta, mia madre puntò un cucchiaio verso la sedia. «Lista degli ospiti, Opale.»

    «L'hai letta almeno un centinaio di volte.»

    «Voglio essere sicura...»

    «Non hai dimenticato nessuno. È perfetta. Smettila di preoccuparti.»

    Si asciugò le mani nel grembiule macchiato che le copriva il petto e la lunga gonna. «Hai di meglio da fare? Ho interrotto il tuo piangerti addosso?»

    «Non mi sto piangendo addosso.» La voce mi uscì lamentosa, e non era un buon segno.

    «Riposare, riprendersi, piangersi addosso, è lo stesso.» Posò un bollitore d'acqua sui carboni.

    «No che non lo è. Sono successe tante cose...»

    «Smettila di rivangare il passato. Quel che è stato è stato. Concentrati sul futuro. Mancano solo centocinquantatré giorni al matrimonio! Dopodiché sarà solo questione di tempo per i nipotini, e magari anche tu e Kade...?»

    Mi sedetti, estraendo la sedia da sotto il tavolo strisciandola per terra in modo che facesse rumore. Sfilai la lista dal mucchio e lessi a voce alta i nomi mentre mia madre continuava ad affaccendarsi per la cucina. Aveva nominato Kade in pratica ogni giorno da quando ero arrivata. Sessantatré giorni passati a struggermi di nostalgia per lui, a schivare le domande di mia madre e a farmi trascinare nei preparativi per un evento a cui mancavano ancora tre stagioni. Per un secondo desiderai un'altra famiglia. Una sensata, senza tutta questa... roba, come il Clan Sanguerosa, che viveva in austero isolamento.

    «Opale, smettila di fare quella smorfia.»

    Alzai gli occhi, ma lei mi voltava la schiena, continuando a lavorare la pasta con rapida efficienza. Lunghe ciocche di capelli erano sfuggite al nodo che si era fatta quella mattina.

    «Come facevi a saperlo?»

    «Sono tua madre. Vedo tutto. Sento tutto. So tutto.»

    Risi. «Perché allora mi fai tante domande?» Aha! Beccata!

    Le sue mani si bloccarono. Si girò verso di me. «Perché tu hai bisogno di sentire le risposte.»

    L'arrivo di mio padre mi evitò di ribattere, il che era una fortuna perché non avrei saputo cosa dire. Riempì la stanza con la sua figura massiccia. Pur avendo i capelli quasi completamente grigi, appariva ancora giovane. Mio fratello Ahir entrò ciondolando dietro di lui. Era l'immagine speculare di mio padre, a parte il fatto che i suoi capelli erano folti, neri e gli sfioravano le spalle.

    «Ehi, testa di ramazza» lo salutai.

    «Che c'è, nocciolina?» rispose mio fratello con un sorrisetto.

    Un tempo torreggiavo su di lui, che però adesso mi superava di almeno una spanna anche se ero piuttosto alta per essere una donna.

    Mi porse un vaso di vetro color acquamarina. «Nuova ricetta. Guarda che limpidezza. Uno schianto.»

    Il freddo cristallo era come morto nelle mie mani. Nessun pulsare di potenziale. Nessun canto mi vibrava nel petto. La mia magia del vetro era svanita. Benché penosamente consapevole di quella perdita, una piccola parte di me sperava sempre di avvertire una scintilla.

    «Lavorare con questo miscuglio è gioia pura» continuò Ahir. «Andiamo alla vetreria, ti raccoglierò un bolo di vetro per provare.»

    Gli rivolsi un sorriso tirato, facendogli capire che avevo colto il suo sfacciato tentativo di interessarmi di nuovo alla creazione del vetro. Prima che Yelena scoprisse le mie capacità, la magia era stata mascherata dal mio desiderio di creare. Ora, la massa inerte nella mia mano non faceva che rammentarmi una volta ancora la mia inutile esistenza.

    «Preferisco andare a fare una galoppata.» Restituii il vaso ad Ahir e lasciai la cucina. La voce di mia madre che protestava perché avrei saltato il pranzo mi seguì fino alla tettoia.

    La mia famiglia possedeva otto fornaci, ma non cavalli. Così, quando avevo deciso di restare per un po' a Booruby, mio padre aveva sgombrato la rimessa, convertendola in una stalla temporanea, dove c'era spazio a sufficienza per appendere sella e finimenti, e per mettere Quartz al riparo dal brutto tempo. Essendo un cavallo Semedisabbia, lei preferiva pascolare nelle Pianure Avibiane, che costeggiavano le nostre terre.

    Nessuno avrebbe osato dare noia a un cavallo Semedisabbia nelle pianure. Guardai le alte erbe che ondeggiavano al vento. I rossi, gialli e arancioni della stagione fresca erano sfumati nell'opacità grigia e marrone della stagione fredda. Rabbrividii, ma avevo atteso con ansia questo periodo dell'anno. Le feroci tempeste sulla costa erano cessate, e Kade progettava di passare qualche settimana con me...

    Finché il Comandante di Ixia non l'aveva convocato perché gli desse dimostrazione dei suoi poteri domando le bufere assassine che soffiavano dalla banchisa di ghiaccio settentrionale. Kade mi aveva invitato ad andare con lui, ma io odiavo il freddo e preferivo non avvicinarmi neanche alla calotta polare. E poi, non avrei avuto altra occupazione, lassù, che tenergli caldo il letto. Sorrisi, ma tornai subito seria. Malgrado le intenzioni di mia madre, non ero tornata a casa per aiutare a organizzare le nozze di Mara e Leif, ma perché avevo delle decisioni da prendere.

    L'ansia tornò a mordermi. Le mie decisioni sbagliate superavano quelle giuste di due a una. Avevo il trentatré per cento di possibilità di imbroccarla. Licenziando quegli inutili pensieri, entrai nelle pianure in cerca di Quartz.

    Dopo un centinaio di passi, la magia mi premette sulla pelle come se spingessi contro una gigantesca spugna. Attesi che la pressione si dissolvesse. Sarebbe stato un suicidio inoltrarmi tanto senza il permesso del Clan Semedisabbia. La loro magia protettiva mi avrebbe confuso, facendomi precipitare nel panico, convinta di essermi persa. La mia nuova immunità tuttavia bloccava la protezione Semedisabbia, ed era una novità anche essere in grado di percepire la magia. Bei vantaggi, certo, eppure...

    Senza la mia magia del vetro, mi sentivo come se un pezzo della mia anima fosse stato tagliato via. Non avevo rimpianti: sacrificare i miei poteri era stata la scelta giusta. Allora perché quel dolore? Perché mi sentivo come intrappolata nel mondo delle ombre?

    Ogni pensiero malinconico svanì quando Quartz si avvicinò trotterellando. Le balzai in groppa e mi lasciai alle spalle le mie ansie e i piani matrimoniali di mamma.

    Passai la serata seduta in soggiorno, a scrivere indirizzi sulle buste. Mia madre aveva fatto leva sul mio amor proprio lodando la mia calligrafia, e sul mio stomaco preparando la mia torta preferita, quella ai lamponi neri.

    Calore e luce pulsavano dal focolare. Mi sentivo meglio dopo la cavalcata. Mamma sedeva nella sua poltrona prediletta, cucendo il velo di Mara. Ahir stava stravaccato sul pavimento a russare, e papà metteva in ordine le fatture. Un vero momento di pace famigliare. E come tutti questi momenti, era troppo bello per durare.

    Un bussare alla porta ruppe il silenzio. Mamma mi guardò perplessa, poi si illuminò. «È il tipografo! Ha detto che forse avrebbe finito stasera con gli inviti, e io gli ho detto di portarli subito.»

    Seta e merletto le occupavano il grembo. Prima che potesse districarsi, mi offrii di andare alla porta. Soffocai un sospiro. Se erano davvero gli inviti, avrei dovuto metterli nelle buste e sigillarle con la ceralacca. Un compito stancante.

    Sbirciai dallo spioncino. Le ombre coprivano il viso di un uomo che reggeva una bottiglia. Non era il tipografo. Probabilmente era il vinaio. Mamma gli aveva commissionato lo speciale vino nuziale. Non aveva badato a spese e di questo ero contenta.

    Quando avevo sacrificato la mia magia, il potere si era trasformato in diamanti. Il Consiglio di Sitia me li aveva restituiti tutti, e avevo denaro in abbondanza per pagare tutte le spese del matrimonio: il mio dono a Mara e Leif.

    Aprii la porta e raggelai per il terrore.

    Era Valek, il sicario personale del Comandante di Ixia. Poteva esserci una sola ragione per la sua presenza.

    «Salve, Opale. Scusa per la visita a sorpresa. È un brutto momento?» chiese con tono amabile e un sorriso interrogativo.

    È sempre un brutto momento per morire.

    2

    «Opale» la voce di mia madre penetrò attraverso il mio panico. «Non startene lì come una tonta, invita il nostro ospite a entrare.»

    Balbettai poche parole e arretrai con gambe tremanti. Il sorriso di Valek si allargò quando si avvicinò mia madre. La necessità di avvertirla mi attanagliò il petto. Ma era come se il mio corpo e la mia mente fossero slegati.

    «Lei dev'essere la madre di Opale» disse Valek. Le strinse la mano. «Le sue capacità culinarie sono leggendarie, signora Cowan. Non sarei sorpreso se il Comandante la invitasse a cucinare per lui a Ixia.»

    Le increspature sul viso di mia madre si distesero quando arrossì, cancellando anni di preoccupazioni e fatiche. «Prego, mi chiami Vyncenza, signor...?»

    «Valek.» Il nome eruppe dalla mia bocca. «Che cosa ci fai qui?»

    «Opale, non essere sgarbata.»

    «Mamma, questo è Valek.» Gesticolai. «Il...»

    «Capo della Sicurezza del Comandante» completò lui. «E questa è una delle nostre annate migliori per il Vino dei Ghiacci ixiano.» Offrì la bottiglia a mia madre.

    «Grazie. Questo è mio marito, Jaymes.»

    Mio padre gli strinse la mano. Ahir si svegliò e balzò in piedi. Sorrise con reverenza a Valek mentre gli scrollava il braccio.

    «Ma, madre, Valek è...» balbettai mentre quella scena surreale mi turbinava davanti agli occhi come fiocchi di neve.

    «Praticamente di famiglia. Venga dentro, venga dentro. Dev'essere affamato. Jaymes, apri quel cognac che ci ha mandato tuo fratello. Ahir, porta i bicchieri buoni.» Mamma accompagnò Valek al divano e poi si precipitò in cucina mentre Ahir e mio padre si affrettavano a eseguire i suoi ordini.

    Valek si rese conto che lo stavo fissando e mi sorrise. «Rilassati, Opale. Non sono qui in missione ufficiale

    Il mio cuore riprese a battere. «Allora perché?»

    «Dal momento che sono praticamente di famiglia, ho pensato di dover conoscere i tuoi genitori.»

    Una stiracchiata verità a cui solo mia madre poteva credere. Valek era il compagno di Yelena, e Yelena era la sorella di Leif; ergo, una volta che Leif avesse sposato Mara, la sua famiglia, Valek incluso, sarebbe stata parte della nostra. «Qual è il vero motivo?»

    «Più tardi» rispose mentre mia madre irrompeva nella stanza con un vassoio colmo di cibo.

    Mio padre versò da bere e tutti si misero comodi. Frastornata, ascoltai la conversazione fluire leggera tra la mia famiglia e Valek. La reputazione di quell'uomo non sembrava turbare nessuno, tranne me. Ma perché il Comandante avrebbe dovuto ordinare il mio assassinio se era ormai noto a tutti che la mia magia se ne era andata? A meno che non sapesse della mia immunità... Solo un'altra persona al mondo poteva vantare quel dono. E mi sedeva accanto in quel preciso istante, sorseggiando il cognac di mio zio.

    Ma Yelena aveva promesso di non dire a nessuno della mia protezione. A parte Kade, Zitora e Leif, nessun altro lo sapeva. Né i parenti né i fratelli o gli amici. Nemmeno Valek. E io mi fidavo di Yelena. Ma allora perché lui era lì?

    Un'eternità più tardi, mia madre infine smise di offrire a Valek la nostra camera degli ospiti quando lui promise di tornare il giorno seguente per fare il giro della vetreria. Lo accompagnai fino al cancello.

    «Sputa il rospo» ordinai.

    Un'aria divertita gli lampeggiò negli occhi azzurri mentre sulle sue labbra spuntava un sorriso che gli addolcì i lineamenti taglienti. La sua pelle chiarissima quasi luccicava nell'oscurità, in palese contrasto con la carnagione scura dei Sitiani, me compresa. Con addosso una corta cappa grigia e calzoni neri, non si confondeva del tutto nell'ombra, ma neanche spiccava. Dall'assenza di un travestimento dedussi che non stava lavorando sotto copertura.

    Valek scrutò la strada deserta prima di rispondere. «Yelena mi ha mandato ad aiutarti.»

    «Aiutarmi con che cosa?»

    «Non ne ho idea. Tutto ciò che ha detto è che ti serviva aiuto. Sei in missione per il Consiglio?»

    Risi. «No. A meno che tu non consideri organizzare un matrimonio come un atto di spionaggio.»

    «Mmh... La mia bravura a piegare tovaglioli è rinomata. So fare un cigno in pochi secondi.»

    «Non dirlo a mia madre o piegherai tovaglioli per giorni.»

    «Giorni?» Il sopracciglio sinistro di Valek si alzò.

    «La lista degli invitati ha raggiunto i cinquecento nomi, e se ne aggiungono altri di ora in ora.»

    «Sembra una gran festa. Tuttavia non è la ragione per cui Yelena mi ha mandato.»

    Sospettavo di sapere il perché, ma volevo esserne sicura. «Quali sono state le sue parole esatte

    «Ha detto: Opale ha bisogno del tuo aiuto

    «Tutto qui? Hai fatto tutta questa strada senza chiederle altri dettagli?»

    «Certo.» Che dolce. Aveva totale fiducia nella sua compagna. Quando il silenzio si prolungò, chiese: «Ha a che vedere con il fatto che hai perso la tua magia?».

    Perché tutti insistevano a usare quel termine? Perdere qualcosa implicava la possibilità di ritrovarla. Come se tutto ciò che dovevo fare fosse cercarla. No. Se ne era andata. Per non tornare mai più. A meno che non avessi usato la magia di sangue. Ma oltre al fatto che era illegale, era molto meglio essere privo di potere che dipendente da essa. O uccidere per essa.

    «Opale?»

    La voce di Valek mi costrinse a tornare al presente. Yelena lo aveva mandato lì per una precisa ragione. Non aveva condiviso con lui il mio segreto, ma riteneva che dovessi farlo. «Mi serve un po' di tempo. Possiamo parlarne domani?»

    «Ma certo.» Mi augurò la buonanotte e scomparve tra le ombre.

    La nottata fu tutt'altro che riposante. La decisione se informare il Consiglio della mia immunità dalla magia passava dal sì al no e ritorno. I miei trascorsi con il Consiglio erano stati a dir poco ruvidi. I maghi che si diplomavano al Mastio di solito lavoravano per il Consiglio, ma io avevo rotto la tradizione andandomene per i fatti miei. Non sarebbe stato un problema se non mi fossi portata via i miei messaggeri di vetro. Quelli che permettevano ai maghi di comunicare tra loro su ampie distanze in un istante, e che non avevo più il potere di creare, rendendo obsoleta la rete di stazioni trasmittenti.

    La mia nuova immunità avrebbe potuto apportare benefici al Consiglio, se si fossero fidati di me e io di loro. La mia tendenza a tenere per me certe capacità aveva causato parecchi guai, sfociati nelle dimissioni del Maestro Mago Zitora Cowan; il che lasciava il Consiglio con due soli Maestri.

    La scelta migliore era stare alla larga da loro, ma cosa potevo fare? Niente magia del vetro e nessun desiderio di modellare vasi e piatti. Organizzare il matrimonio di Mara e Leif per le prossime due stagioni sarebbe stato una tortura. E io lo sapevo, avendo personale esperienza con la tortura.

    Dovevo farmene una ragione: non ero in grado di prendere quella decisione da sola. Yelena l'aveva capito, ma perché non era venuta lei ad aiutarmi? Era la figura di collegamento tra Sitia e Ixia: una terza parte neutrale e amica mia. Invece lei aveva mandato Valek. L'uomo più pericoloso del mondo.

    E in quel momento un'idea bizzarra prese forma nella mia mente. Io ero la donna più pericolosa al mondo?

    Al mattino non mi era venuta nessuna idea. Immaginai di dover fare affidamento sull'istinto... una prospettiva davvero terrificante!

    Valek arrivò puntuale e fu un perfetto gentiluomo mentre mio padre gli mostrava la vetreria. Gli esperimenti in corso nel laboratorio lo affascinarono. Fece molte domande e, sul finire del giro, papà lo aiutò a raccogliere un bolo di vetro fuso. Brandendo le pinze metalliche con mani esperte, Valek modellò una margheritina che sembrava vera. Mi ero dimenticata della sua abilità di scultore.

    Gli occhi blu accesi di entusiasmo, disse: «Opale, non mi hai mai detto quanto è straordinario il vetro».

    Le poche volte che avevamo avuto contatti erano state durante situazioni di crisi, ma non era il caso di ricordarglielo, con i miei genitori in giro. Dopo che mia madre corse a preparare il pranzo e papà tornò in laboratorio, Valek e io facemmo una passeggiata.

    «Hai pensato al perché Yelena ha mandato me?»

    «Tutta la notte.»

    «Questo spiega le occhiaie...» Ci avrei scommesso che l'avrebbe notato. «... ma non perché sembri così... stanca. Hai ancora incubi su di loro

    Loro, quelli chiusi nelle sette prigioni di vetro. Pur avendo intrappolato nel vetro quelle anime malvagie, le loro voci avevano infestato i miei sogni. Più vicino andavo a una di esse, più forte era l'influenza che esercitavano su di me. Valek le aveva nascoste, ma io potevo trovarle. Ora non più.

    «No. Senza la magia la connessione è svanita. Ma l'incidente a Hubal... Mi sto ancora riprendendo.»

    «Capisco.» Continuò a camminare con andatura fluida. «Ho letto i rapporti. Brutta faccenda.»

    «I rapporti dovrebbero essere secretati. Come...»

    «Per via del disgraziato e illegale coinvolgimento di Janco, vi ho avuto pieno accesso.» L'irritazione coloriva il suo tono. Janco era uno dei suoi secondi in comando.

    «Non dovrebbe finire nei guai. Ho chiesto io il suo aiuto. Non è...»

    «Colpa sua?» Annuii. «Aver chiesto aiuto non è il problema. Non lo è mai. Janco avrebbe dovuto sottoporre il tuo messaggio alla mia attenzione e avremmo deciso il miglior modo di intervenire. Invece è partito senza permesso e senza dirci dove andasse. In più ha passato il confine illegalmente.»

    «Spero non lo rimuoverai.»

    «Quello che gli è successo a Hubal è una punizione sufficiente. Quella magia di sangue è estremamente potente. Yelena mi ha spiegato come funziona, ma non capisco bene perché a Ulrick e Scaltro servisse il tuo sangue.» Stava fingendo? Non c'era modo di dirlo.

    «Quando avevo ancora i miei poteri, se un mago mi attaccava potevo trasformare la sua magia in vetro. Anche se non attaccava, potevo risucchiar... rubargliela tutta, se così mi garbava. Ma Scaltro scoprì che non potevo prosciugare lui perché aveva usato il mio sangue per accrescere i propri poteri.»

    «Il tuo sangue li proteggeva dalla tua magia?»

    «Sì. Ma quando Zitora stava morendo e io ero disperata, mi resi conto che il mio sangue tatuato nella loro pelle ci connetteva. Per estrarre tutti i loro poteri, dovetti prosciugare anche i miei.» Mi massaggiai le cicatrici sulle braccia.

    «Quanto sangue ti hanno preso?»

    «Non lo so. Persi il conto dei giorni. Ma venivano ogni giorno con un arnese per succhiare. Per lo più svenivo prima che avessero finito.»

    «Secondo Janco, ti trattennero per sei giorni.» Il commento parve detto a suo beneficio, anziché mio. «Almeno dal tuo sacrificio è venuto qualcosa di buono. Niente più incubi. E dal momento che non puoi più udire le anime nelle prigioni di vetro, sarebbe prudente che io le recuperassi e le nascondessi di nuovo, così tu non sarai più in pericolo.»

    Sorpresa, dissi: «Faresti questo? Per me?».

    «Certo, sei praticamente di famiglia.» Sorrise. «Inoltre, la mia decisione di dislocarle per tutta Sitia e Ixia non è stata una buona idea. Tenendo le prigioni insieme, posso controllarle meglio.»

    Mi finsi inorridita. «Tu? Una decisione sbagliata?»

    Lui rise. «Sempre. Perché pensi sia così esperto nello sfuggire a situazioni difficili? Perché mi ci trovo di continuo.»

    Era esperto in così tante cose. Invidiavo la sua capacità e sicurezza. «La migliore decisione che hai preso è nascondere la prigione di Gede nella tana del gatto delle nevi. Nessuno è così coraggioso o così stupido da entrarci.»

    Valek sbuffò divertito. «Allora io cosa sono? Coraggioso o stupido?»

    «Non intendevo...»

    «In effetti fu facile piazzarla. Lasciai un manzo appena ucciso a mezzo miglio e aspettai che i gatti uscissero.» Incrociò le braccia e picchiettò con un dito. «Mi serve un posto migliore per tutte e sette.»

    Il nostro vagare senza meta ci portò nelle Pianure Avibiane, e io scrutai l'area in cerca di Quartz.

    «Torniamo all'argomento originario» disse Valek. «Perché Yelena ha mandato me. Qualche idea?»

    Il mio cuore volle fidarsi di lui. «Penso ti abbia mandato qui per aiutarmi a prendere una decisione.»

    «Verde smeraldo.»

    «Cosa?»

    «Dovresti indossare un abito verde smeraldo per il matrimonio di tua sorella.»

    «Valek, sono seria

    «Anch'io. Con i tuoi capelli e occhi scuri, dovresti fare un figurone con quel colore.»

    Ci eravamo inoltrati abbastanza nelle pianure da far attivare la protezione magica dei Semedisabbia. Valek mi studiò mentre il potere montava e poi si spegneva. Quando la magia non mi mandò nel panico, domandò: «Sei imparentata con il Clan Semedisabbia?».

    «Non ancora.» Una volta che Mara avesse sposato Leif, lontano cugino dei Semedisabbia, lo sarei stata, se consideravano il matrimonio una parentela legittima. Forse no. In quel caso, prima o poi tutti a Sitia avrebbero avuto il permesso di scorrazzare nelle Pianure a volontà. «Non penso.»

    Lui seguì la logica. «Hai uno speciale permesso per viaggiare nelle pianure?»

    «Senza Quartz, no.»

    «Capisco.» Il suo sguardo si fece introspettivo. «Il Consiglio di Sitia lo sa?»

    «Macché.»

    «Chi altri lo sa?»

    «Zitora, Leif e Kade.»

    «Mio consiglio: non dire al Consiglio della tua immunità. Vieni invece a lavorare per me.»

    3

    Un silenzio attonito si prolungò, ma non riuscii a formulare una risposta coerente. Lui rimase serio e non parve avere fretta di ottenere una risposta.

    Ero sorpresa e lusingata che mi avesse chiesto di far parte dei suoi corpi speciali. Curiosa, domandai: «Che cosa potrei fare per te? Spiare Sitia?».

    «No. Quello è il mio lavoro.» Sogghignò. «Mi piacerebbe che tu proteggessi il Comandante da eventuali attacchi magici quando io sono via. E che dessi una mano con gli incidenti contaminati da magia.»

    «Questo è piuttosto vago.»

    Lui alzò le spalle. «Vedersela con la magia è imprevedibile e ogni volta è stato... istruttivo. Inoltre i problemi magici tendono ad arrivare quando io sono fuori città, e lascio Ari e Janco ad affrontarli.»

    Risi alla sua smorfia schifata. Janco odiava tutto ciò che era magico. Ero diventata la sua nuova migliore amica nell'istante in cui non avevo più avuto accesso alla fonte del potere.

    «Il Comandante viene attaccato spesso?» chiesi.

    «No. Non succede da anni, ma mi preoccupo lo stesso. E conosci il proverbio: meglio prevenire...»

    ... che curare. Un buon motto. Avrei dovuto tenerlo a mente. Anche se l'offerta di Valek mi tentava, e nonostante i miei problemi con il Consiglio dei Maghi, il loro obiettivo di tenere Sitia al sicuro combaciava con il mio.

    Valek mi osservava. «Hai preso una decisione.»

    «Sono onorata per la proposta, ma devo declinarla.»

    Lui annuì come se si aspettasse quella risposta. «Se cambi idea, fammelo sapere. Non c'è tempo limite.»

    Buono a sapersi. «Grazie.»

    «Che cosa farai, dunque?»

    «Lo dirò a Maestro Buonsangue e vedrò che cosa suggerisce.»

    «Lui informerà il Consiglio e potrebbe andare in due modi. Dibatteranno per stagioni, o capiranno in fretta quanto utile sei e ti metteranno subito al lavoro. In entrambi i casi...» La malizia gli danzò negli occhi. «Potrei richiedere il tuo speciale aiuto di tanto in tanto. Tramite Collegamento Yelena, naturalmente. Non vorrei irritare il Consiglio... per amor tuo.»

    «Li irriteresti volentieri per un'altra ragione?»

    «Certo. Mi piace quando mormorano preoccupati e litigano tra loro. Non dirlo a Yelena, però, o sarò nei guai.»

    Tornammo verso casa. A metà strada lui domandò: «Hai in progetto di dirlo a famigliari e amici?».

    Riflettei. «Avrei bisogno di ridurre al minimo il numero di persone che lo sa, per essere più efficace quando aiuterò il Consiglio.»

    «Una valida strategia, ma non appena interagirai con un mago, lui saprà della tua immunità. È inevitabile che con il tempo la notizia si diffonda. Un'altra cosa da tenere presente è che se ti ammali o vieni ferita, un guaritore non potrà aiutarti.» L'altra faccia della medaglia. «Ti suggerirei di mandarmi un messaggio se fossi davvero in cattiva forma. Manderò un medico. Sono molto competenti nel guarire senza magia. I vostri guaritori sono inutili se i loro poteri non funzionano.»

    La sua osservazione mi fece capire che non avevo esaminato tutti i risvolti della mia nuova situazione. «Di cos'altro dovrei essere consapevole?»

    Lui scrutò l'orizzonte. Il terreno ondulato copriva il paesaggio come una coperta. Quartz pascolava, masticando i lunghi steli d'erba. Ci guardava spesso, ma rimase sulla collinetta, come se intuisse che non avevo bisogno di lei. «Frustrazione» rispose infine Valek. «Sapere che mi viene indirizzata della magia, ma non sapere di che tipo, mi fa impazzire.»

    «Perché?»

    «In alcune situazioni, non ho capito se un mago stava cercando di uccidermi, avvertirmi o aiutarmi. È importante per decidere come reagire. Se la persona accanto a te si raggela di colpo, non è difficile capire che cosa le passa per la mente. È quando sono solo che è dura. Altro aspetto frustrante è non poter cogliere da dove stia arrivando la magia. A meno che il mago sia nella stanza, non so individuare la fonte. Magari tu avrai più fortuna.»

    Ne dubitavo. «Altri problemi?»

    «Può essere sfiancante quando ti viene indirizzata contro una magia potente. È come avanzare in uno sciroppo denso. Ti si attacca addosso. È difficile muoversi e respirare.» Mi posò una mano sulla spalla. «Ci sono anche dei benefici. Saprai chi è mago e chi no. Non verrai ingannata da un'illusione o controllata fisicamente o mentalmente da altri. Nessuno potrà leggere i tuoi pensieri. Tuttavia...» Sorrise. «Per trarne davvero vantaggio, dovrai imparare a non lasciar trapelare sul tuo viso i tuoi sentimenti.»

    «Sono così evidenti?»

    «Per me, sì. Forse qualche lezione di recitazione ti aiuterebbe. Fingere di essere soggetta alla magia potrebbe andare a tuo vantaggio. Quando torni alla Cittadella, parla con Fisk, ti troverà l'insegnante ideale.»

    Perfino Valek conosceva Fisk, il piccolo mendicante diventato capo della Gilda degli Aiutanti.

    «Altri consigli?»

    «Chiedimi di mantenere il tuo segreto.»

    Mi fermai. «Perché?»

    «Altrimenti lo dirò al Comandante.»

    «Glielo dirai comunque.»

    «Solo se avesse necessità di saperlo.»

    «Oh. D'accordo. Valek, vorresti per favore tenere per te la conoscenza della mia immunità?»

    «Sì. E io ti chiederò di tenere segreta la ragione per cui siamo immuni dalla magia.»

    Secondo Yelena, quando avevo prosciugato Ulrick e Scaltro della magia di sangue, avevo attirato a me il loro scudo-nulla, ma non ero stata capace di espellerlo come avevo fatto con il resto della magia, inclusa la mia. Diceva anche che un'esperienza traumatica nella vita di Valek gli aveva fatto attirare uno scudo-nulla che si era legato con la sua anima. Kade, Leif e Zitora sapevano dell'immunità, ma non dello scudo-nulla.

    «Il Comandante sa perché sei immune?» chiesi.

    «No. Solo noi tre lo sappiamo, e desidero resti così.»

    Tenere segreti mi aveva già messo nei guai. «Non lo dirò a nessuno a meno che non gli occorra saperlo.»

    «Potresti farmi un esempio?»

    Ripercorsi gli eventi che avevano condotto alla mia situazione presente. Se Zitora avesse saputo che gli scudi-nulla potevano venire inseriti in oggetti come reti, pareti e abiti, non sarebbe entrata nella vetreria rischiando di morire.

    «Non voglio essere legata a una promessa in una situazione che comporta rischi per la vita. O se avessi bisogno di dire a Kade perché sono immune.»

    «Abbastanza onesto» concordò Valek.

    Quando tornammo a casa, mia madre insistette perché Valek restasse per cena. Cercò di mettermi in imbarazzo raccontando le mie disavventure infantili, ma smisi presto di ascoltare. Ripercorsi invece la conversazione con Valek. Qualcosa che lui aveva detto mi rodeva, ma non riuscivo a individuare la frase esatta. Fino a dopo che lui se ne fu andato e tutti erano andati a letto. Quando mi svegliai nel cuore della notte con il cuore che mi martellava nel petto e la camicia da notte zuppa di sudore, infine la ragione mi scattò nel cervello.

    Scaltro mi aveva dissanguato ogni giorno per sei giorni. Mi aveva preso più sangue di quanto potesse venirne usato in quel breve periodo, visto che solo una piccola parte viene miscelata all'inchiostro dei tatuaggi. Valek aveva detto persino che la magia di sangue era estremamente potente.

    Cos'era accaduto a tutto il mio sangue? Valek sospettava che ce ne fosse dell'altro là fuori? Stava cercando di ritrovarlo? Yelena sapeva che cos'aveva in mente Valek? O perfino dove fosse il mio sangue?

    Scaltro lo sapeva. Ma era in prigione a Fulgor con i suoi tre scagnozzi e Ulrick, in attesa che il Consiglio decidesse della loro sorte. Dubitavo che uno di loro me lo avrebbe detto, a meno che...

    «Sei appena arrivata. Perché scappi via?» chiese mia madre per la quarta volta.

    «Mamma, sono stata qui per due mesi.» Sessantacinque giorni di preparativi per il matrimonio, per essere esatti. Ero sorpresa di aver resistito tanto. «Dato che non sto aiutando papà in vetreria...»

    «Non importa, stai aiutando me.»

    Infilai un'altra camicia nella sacca e la guardai. Stava sulla soglia della mia stanza, stropicciando il grembiule. Mara aveva lo stesso tic nervoso. «Qual è realmente il problema?»

    Lei strinse la stoffa bianca, poi la lisciò. «Quest'anno è stato difficile per te. Rapita, torturata...» Abbassò lo sguardo a terra. «Pensi di essere pronta? Non hai neppure più la magia a proteggerti.»

    La tentazione di informarla della mia immunità mi pulsò in petto, ma sapevo che non avrebbe tratto conforto dalla notizia. Le avrebbe dato un'altra ragione per agitarsi. Mi ero confidata con mio padre la notte prima, e lui aveva promesso di mantenere il segreto.

    «Sto solo andando al Mastio.» Mentii a mia madre, e nessun fulmine mi colpì, almeno per il momento. «Ci sono un sacco di viaggiatori per strada, e so difendermi. In più ho Quartz. Se troviamo guai, ci infileremo nelle Pianure. Nessuno ci seguirà, là.» Lei si ammorbidì un poco. Era l'ora di giocare la carta vincente. «E vedrò Mara. Posso portarmi qualche campione da mostrarle.»

    La delizia sostituì la preoccupazione, e mamma corse fuori a prendere i campioni per l'abito nuziale, permettendomi di finire i bagagli. Lasciando a casa la maggior parte di ciò che possedevo, portai le bisacce al capanno. Non aveva senso portarsi dietro tutto, non sapendo dove sarei finita.

    Quartz trottò fuori dalla rimessa come se fosse stata ad aspettarmi. Mi chiesi se l'avesse attirata la presenza delle bisacce da sella, o se avesse percepito che intendevo partire.

    Mi ero preoccupata per il mio legame con lei dopo che i miei poteri erano svaniti. Yelena mi aveva detto che i

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