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Il Figlio del Caos
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E-book208 pagine2 ore

Il Figlio del Caos

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Info su questo ebook

Un dark fantasy romance dalle atmosfere fatali, un viaggio ultraterreno tra il bene e il male, un destino da portare a compimento e un Oscuro potere che minaccia di distruggere il mondo. Il Figlio del Caos è un angelo tormentato, passionale, seducente, proprio come l'entità a cui è votato. La Figlia della Morte è impalcabile, vendicativa e bellissima. Insieme, sono inarrestabili. Cosa succede quando le ombre si allungano fino al Paradiso? Sarà la Luce o il Caos a disperderle?
LinguaItaliano
Data di uscita30 mag 2022
ISBN9791220702782
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    Anteprima del libro

    Il Figlio del Caos - Lexi C. Foss

    1

    L’INFERNO HA BISOGNO DI NUOVI SCAGNOZZI

    «Approssimativa.»

    Lanciai un pugnale in direzione del bastardo che aveva pronunciato quella frecciatina e imprecai quando glielo vidi bloccare, afferrandolo per l’estremità affilata. Con un movimento del polso, Xai gettò il coltello di lato.

    «Davvero irrispettoso da parte tua,» lo accusai. Sulla Terra l’argento non esisteva, quindi la mia lama aveva un valore inestimabile. Meritava di essere riposta con cura e non trattata come un rifiuto.

    Il mio angelo oscuro scrollò le spalle. «Forse, allora, dovresti pensare a migliorare la tua mira.»

    Strinsi gli occhi. «Se volevi sanguinare, non dovevi fare altro che chiedere.»

    Xai non sorrise. «Smettila di flirtare e affrontami, Evangeline.»

    Coglione arrogante.

    Afferrai altri due pugnali e presi a girare attorno al mio avversario alto, atletico e sensuale come il peccato. Il suo completo nero rappresentava una provocazione… un modo per dire che non credeva potessi rovinare il suo costoso guardaroba.

    Che peccato, avrei dovuto dimostrargli che si sbagliava.

    Lui reagì alla mia spazzata con un balzo, proprio come avevo previsto. Vibrai il pugnale verso l’alto, mirando alla coscia, e sorrisi quando vidi la lama squarciare la stoffa dei suoi pantaloni sartoriali.

    Trionfante, scattai all’indietro; poi emisi un grugnito, quando il palmo della mano di Xai mi colpì in mezzo al petto. Atterrai sulle chiappe in modo inglorioso, avvertendo il morso del cemento sulla schiena.

    «Merda,» sospirai, rivolta alle stelle che mi danzavano davanti agli occhi.

    «Se hai intenzione di rovinarmi i pantaloni, tanto vale che miri all’arteria femorale,» mi rimproverò lui. «Credevo che allenarti con i Nefilim ti avesse fatta migliorare in combattimento, amore. Non peggiorare.»

    «Va’ a farti fottere,» riuscii a dire, prima che lui si mettesse a cavalcioni dei miei fianchi.

    «Oh, magari più tardi,» replicò, con una luce divertita nei seducenti occhi d’ebano.

    Mi tolse i pugnali dalle mani e li mise da parte, quindi mi infilò le mani sotto la maglietta, in cerca delle altre due lame che tenevo assicurate contro le costole. L’ultima volta che avevamo fatto una cosa del genere, Xai non mi aveva disarmata e io avevo distrutto una delle sue camicie preferite. A quanto pareva, non voleva ripetere l’esperienza.

    «Tu giochi sporco,» osservai, mentre mi si schiariva la vista.

    «Quale sarebbe il divertimento, altrimenti?» mi domandò. Con la punta di una lama d’argento mi tracciò una linea al centro del petto. «E poi me lo hai chiesto tu di non trattenermi.»

    Sbuffai una risata. «Stronzo.»

    «Chi è adesso quella che si comporta in modo irrispettoso?» mi domandò lui con un sorriso. «Hai avuto l’occasione perfetta per dissanguarmi e hai preferito rovinarmi i pantaloni. Io invece ho tentato di ucciderti, come avrebbe fatto chiunque altro di fronte alla Figlia della Morte.»

    «Adulatore,» mormorai, divertita. Perché aveva ragione. Grazie al mio letale retaggio e alla passione per i giocattoli affilati, in combattimento potevo avere la meglio su praticamente qualsiasi avversario. Ciononostante, Xai riusciva quasi sempre a sopraffarmi. C’erano stati momenti, nella nostra lunga storia insieme, in cui ero riuscita a sconfiggerlo. E, anche se erano stati rari, mi andava benissimo così.

    Xai mi premette il pugnale alla gola, quindi si chinò per sfiorarmi le labbra con le sue. «Credo che i Nefilim potrebbero avere bisogno di un insegnante più severo, amore.»

    «Tu ne uccideresti la metà.»

    «Si riprenderebbero. In teoria, dico,» non sembrava affatto preoccupato. Ma, d’altro canto, non era mai stato un tipo molto altruista. Una conseguenza dell’aver trascorso più di duemila anni su quel piano di realtà.

    «Mietek ha detto che siamo qui per guidarli, non per massacrarli,» gli ricordai.

    Xai si rimise seduto dritto, continuando a tenermi la lama contro la gola. «È il loro destino…» lasciò vagare le iridi scure sui boschi che circondavano la nostra casa. Un istante più tardi, un pizzico di energia fece vibrare l’aria della notte.

    Un demone.

    No, non uno qualsiasi.

    Un Arcidiavolo.

    Xai si alzò in piedi e si mise in guardia. Io mi unii a lui, la schiena appoggiata alla sua e le lame in pugno. Avevamo scelto quel rifugio perché era isolato e si trovava ad una altitudine elevata; un posto in grado di garantirci un vantaggio, in caso degli ospiti indesiderati avessero scelto di invadere il nostro regno.

    Avvertii un fruscio di stoffa alla mia sinistra e, un attimo dopo, vidi comparire alcuni membri della Guardia Reale. L’emblema impresso sui loro manti blu scuro era quello di Ashmedai. L’Arcidiavolo apparve alle loro spalle, con i capelli biondo pallido scintillanti alla luce della luna, il torace nudo e scolpito e un paio di bermuda da surfista calati sui fianchi.

    Xai era senza dubbio magnifico, ma Ashmedai sfidava ogni comprensione. I mortali non avevano possibilità in sua presenza. Diavolo, perfino a me veniva voglia di piangere alla sua vista. E il modo in cui le stelle sembravano risplendere su di lui, mentre incedeva, non era di alcun aiuto.

    «Cazzo, fa freddo quassù,» esordì, inarcando le sopracciglia. «Preferisco di gran lunga Miami.»

    «Perché allora non ci vai?» replicai con un sorriso. «A noi non importa.»

    Xai grugnì una risata, quindi incrociò le braccia. «Per quale motivo ti trovi qui, Ashmedai?»

    «Sei proprio come tuo padre,» mormorò l’Arcidiavolo. «Preferisci sempre anteporre gli affari al piacere,» fece guizzare la lingua, poi guardò dritto verso di me. Era chiaro a cosa si riferisse. Tuttavia, Xai non abboccò all’amo: quando si trattava di fascino e bellezza, la sicurezza che nutriva in se stesso era pari a quella di Ashmedai. L’arroganza emanata da quei due insieme era quasi soffocante.

    Quasi.

    «Arriva al punto, prima che qualcun altro decida di unirsi a noi,» dissi, facendomi roteare la lama d’argento tra le dita. «Sai che non hai il permesso di stare su questo piano.»

    Lui scrollò le spalle, le mani infilate nelle tasche dei bermuda. Di solito gli Arcidiavoli indossavano delle vesti cerimoniali, ma lui no. Somigliava a un surfista pronto a cavalcare le onde. «È molto più facile per me ascendere, che per loro discendere.»

    Si fermò di fronte a noi, l’aura grondante di potere. La Guardia Reale alle sue spalle era solo per fare scena. Gli Arcidiavoli non necessitavano di aiuto quando volevano distruggere qualcosa, e di solito non si presentavano in compagnia di alcuna forza armata. Ashmedai doveva avere bisogno di qualcosa.

    «Kalida è scappata,» mormorò, come se mi avesse letto nel pensiero. Diavolo, probabilmente era in grado di farlo. Ecco perché non reputai necessario mostrarmi sorpresa alle sue parole.

    «In che modo?» domandò Xai.

    «Un mistero che sto ancora cercando di risolvere,» Ashmedai sollevò le spalle e le lasciò ricadere. «Al momento, mi interessa di più riacciuffarla, dato che è fuggita su questo piano di realtà. Voi due mi aiuterete.»

    Quanta arroganza.

    Non avevamo alcuna intenzione di metterci sulle sue tracce.

    Avevo ritrovato Kalida quando lei mi aveva incastrata per un omicidio che non avevo commesso (il suo) e quell’esperienza mi era bastata per tutta l’eternità. Se i demoni se l’erano lasciata sfuggire, allora toccava a loro rimediare, non a me.

    Rivolsi ad Ashmedai il mio sorriso più educato. «Abbiamo già un impegno questo fine settimana. Ma grazie comunque.»

    Lui rispose con un sorriso abbagliante. «Tu mi piaci, Evangeline. Metti sempre in discussione l’autorità, credendo di avere una scelta.»

    «Anche tu mi piaci, Ash. Sempre a dare ordini, convinto che scatterò sull’attenti. Sei adorabile.»

    Quel nomignolo e il mio tono misero in agitazione la Guardia Reale: era evidente che non approvassero, ma fecero aumentare il divertimento di Ashmedai.

    «Kalida è scappata ventisette ore terrestri fa, e io ho ristretto le ricerche a questa zona del pianeta. Questo dovrebbe fornirvi un ragionevole punto di partenza, ma vi suggerisco di smettere di perdere tempo con me e iniziare le ricerche.»

    «A quanto pare, mi hai fraintesa. Quando ho detto che abbiamo un impegno, stavo respingendo la tua richiesta.»

    «Il mio ordine,» mi corresse lui.

    «La tua richiesta,» ripetei. «Ascolta, io l’ho acciuffata la prima volta e tu l’hai fatta fuggire. Tocca a te risolvere questo bel casino, non a noi.»

    Inarcò una delle sue altezzose sopracciglia. «Nemmeno se ti offro la possibilità di ucciderla?»

    Emisi una risata nasale. «Come se potessi insozzare una lama con il suo sangue,» avevo avuto l’occasione di farlo vent’anni prima e avevo scelto di passare. Per quale motivo avrei dovuto cambiare idea?

    «E che mi dici dei tuoi preziosi umani?» insistette Ashmedai in tono strascicato. «Pensa al caos che potrebbe seminare tra loro come Succubo affamato…»

    «Cerchi di far leva sul senso di colpa, Ash? Che delusione.»

    Vidi che si sforzava di trattenere un sorriso. «Ti serve un altro incentivo, allora?»

    «Un incentivo implica dell’interesse, e io non ne ho. Usa uno dei tuoi lacchè demoniaci per rintracciarla.» Avevo cose migliori da fare… come allenare un esercito di Nefilim per mantenere l’equilibrio sulla Terra.

    «Non ha nessun altro,» mormorò Xai, le iridi d’ebano colme di antica consapevolezza. «L’aura di Kalida è scomparsa di nuovo, vero?»

    Ashmedai si limitò a fissarlo. La sua non-risposta valeva più di mille parole.

    Xai sogghignò. «Senza un’aura, sono pochissimi quelli in grado di localizzare Kalida e tu hai bisogno di chiudere i conti con il tuo traditore all’Inferno prima di poterle dare la caccia. È per questo che ti trovi qui.»

    L’Arcidiavolo si limitò a scrollare le spalle, senza confermare, né smentire quell’accusa.

    «Ancora non capisco perché debba essere un problema mio,» gli feci notare. L’Inferno doveva imparare a gestirsi da solo, senza fare affidamento sugli Angeli Caduti del mondo. Mi ero ritirata per una ragione.

    Vidi Ashmedai incurvare le labbra. Il sinistro bagliore nei suoi occhi violetti mi provocò un brivido lungo la schiena. «Sapevo che lo avresti detto, Evangeline.» Trovai quelle parole per niente rassicuranti, come lo schiocco di dita che ne seguì. «Quindi ho deciso di procurarti un po’ di motivazione. Sai, per fare in modo che questo diventi anche un problema tuo, come dici tu.»

    Una Crea-Portali apparve dal nulla: teneva stretta tra le braccia una donna dai folti riccioli castani, con indosso un paio di jeans e un maglione. La nuova arrivata fissò Ashmedai con gli occhi nocciola ridotti a due fessure, biascicando imprecazioni attraverso il bavaglio infilato tra le labbra carnose.

    Trudy…

    Oh, fanculo.

    Rinserrai la presa sui miei pugnali. «Ti suggerisco di lasciarla andare, Ash, prima che ti costringa a farlo io.» Poteva anche essere un Arcidiavolo, ma quella Nefilim apparteneva a me. Feci un passo avanti e mi ritrovai con i piedi incollati a terra. Fottuta telecinesi. Esisteva un potere che quel demone non possedesse?

    Ashmedai ridacchiò: «Su, su, prometto di trattarla bene. Volevo soltanto darti una ragione per collaborare con me e credo di esserci riuscito, vero?» lanciò un’occhiata divertita a Trudy, che continuava a dibattersi. «Quando i miei consiglieri mi hanno parlato dell’istinto di protezione che nutri verso questa donna, ho avuto dei dubbi. Perché affezionarsi a una Nefilim? Forse però, tenerla prigioniera nel mio regno, mi darà la risposta.»

    «È una bambina, Ashmedai.» Xai sembrava molto più calmo di quanto non richiedesse la situazione. Sapevo di non dover credere a quella facciata. Il mio angelo oscuro era più letale proprio quando fingeva disinteresse.

    «Una bambina?» il Principe degli Inferi studiò con eccessivo interesse la sua furibonda prigioniera. «Con tutte quelle curve? Hmm, non credo proprio.» Lentamente, riportò le iridi violette su di me. «Evangeline, rintraccia Kalida e portala da me… preferibilmente viva, ma non è obbligatorio. E io, in cambio, ti restituirò la tua protetta. D’accordo?»

    «D’accordo?» ripetei, mentre l’ira mi si insinuava nella voce. «Tu hai davvero un desiderio di morte.» Trudy non era soltanto la mia protetta, ma anche l’allieva preferita di mio padre. «Azrael vorrà la tua testa per questo.»

    Ashmedai fece un sorrisetto. «Solo se riesce a trovarmi all’Inferno, zuccherino. Buona caccia.»

    Scomparve in un lampo, insieme a Trudy e alla sua Guardia.

    Rimasi a fissare a bocca aperta il punto in cui erano spariti, mentre le mie gambe, a poco a poco, riprendevano a funzionare. «Cazzo.»

    Xai ridacchiò, quindi mi accarezzò la schiena. «Mi piacerebbe molto dartelo, tesoro. Ma a quanto pare dobbiamo trovare un demone.»

    «Potrei ucciderla,» ringhiai, riferendomi a Kalida. «Solo per il disturbo che ci ha procurato.» E probabilmente avrei pugnalato anche Ashmedai, per buona misura. Meglio se con una lama d’argento.

    «Uno spettacolo a cui adorerei assistere.»

    «Dico sul serio,» mi voltai a guardarlo. «E sarà meglio che quell’Arcidiavolo non faccia del male a Trudy.»

    «Non ne ha motivo, amore. Gli serve come incentivo.»

    «Però lei è una Nefilim, Xai,» e l’Inferno non era gentile con gli esseri celesti.

    Mi prese una guancia nella mano e mi rivolse uno sguardo colmo d’intensità. «Sa badare a se stessa. Credi in lei, Evangeline. È stata allenata dai migliori.»

    Mio padre.

    Me.

    Xai.

    Non avrebbe potuto chiedere di meglio. «Ma come faceva Ashmedai a sapere di lei?»

    «Come fanno i demoni a sapere sempre tutto?» ribatté lui. «Starà bene, tesoro. Ci impegneremo a trovare Kalida, quindi la tortureremo e la uccideremo. E riavremo indietro Trudy in un batter d’occhio.» Mi cinse la vita con un braccio e mi attirò a sé. «Ora, andiamo all’arsenale?»

    Sospirai, prima di appoggiargli la testa alla spalla. «Dici sempre cose così dolci.»

    Lui mi baciò la fronte. «Oh, e Gleason ha accennato a dei nuovi giocattoli.»

    «Ora stai cercando di sedurmi,»

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