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Prigioniera dei fae: Prigioniera dei fae, #1
Prigioniera dei fae: Prigioniera dei fae, #1
Prigioniera dei fae: Prigioniera dei fae, #1
E-book120 pagine1 ora

Prigioniera dei fae: Prigioniera dei fae, #1

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Info su questo ebook

La mia compagna di stanza al college è il peggio che potesse capitarmi. Cecile ruba il mio cibo, rimorchia ragazzi a qualsiasi ora e preferisce andare alle feste che studiare. Ma questo è nulla rispetto al resto. Mi droga e mi risveglio prigioniera in un universo alternativo, pieno di creature terrificanti. Ora, la creatura più grande e più spaventosa di tutte – un re fae – crede che io sia la sua anima gemella. Mi ha liberata dalla prigione ma mi tiene vicina. Così vicina che inizia a piacermi il suo sguardo gelido e il suo corpo scolpito nel ghiaccio. Ma in questo nuovo mondo si celano segreti e personaggi malvagi e non so se riuscirò a sopravvivere abbastanza a lungo per scoprire come tornare a casa.  

Nota dell'autrice: Prigioniera dei fae è il primo libro di una serie che infiammerà la vostra immaginazione, ma anche altre parti di voi. State tranquilli: il secondo volume è già in vendita.

LinguaItaliano
Data di uscita15 nov 2019
ISBN9781643660721
Prigioniera dei fae: Prigioniera dei fae, #1

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    Anteprima del libro

    Prigioniera dei fae - Lily Archer

    CAPITOLO 1

    TAYLOR

    La mia compagna di stanza è un vero disastro. Rientra incespicando a qualsiasi ora della notte con strani uomini al seguito, fa razzie nel frigo e divora il mio cibo, lascia i vestiti dappertutto, partecipa raramente alle lezioni e si rifiuta di fare le pulizie.

    Ma perché mai avrà deciso di andare al college? borbotto mentre raccolgo gli abiti che ha lasciato in giro e li butto nel cesto della biancheria da lavare.

    Non è stata una mia idea.

    La sua voce mi fa sobbalzare. Entra nella stanza a grandi falcate, sbattendosi la porta alle spalle.

    Mio padre ha insistito. Con uno sbadiglio, si lascia cadere sul letto, completamente vestita e senza neanche sfilarsi le scarpe col tacco a spillo. I suoi lunghi capelli biondi si allargano sul cuscino, mentre appoggia pigramente il suo esile braccio sugli occhi. Potresti stare un po’ ferma per favore? Sono stanca.

    È mezzogiorno. La fisso. Una mia compagna di corso verrà a studiare con me. Hai visto la mia giacca nera con lo stemma del Grifondoro? Non riesco a trovarla…

    Un forte ronfo proviene dal suo nasino delicato.

    Mi passo una mano tra i capelli castano chiaro e li tiro con forza. Quando l’avevo accettata come compagna di stanza, ero disperata. Non potevo permettermi una stanza singola e sulla carta, Cecile sembrava perfetta – una studentessa del terzo anno che condivideva molti dei miei interessi. Ecco perché l’avevo scelta. Grosso errore. Non mi ci è voluto molto per capire che aveva copiato l’intero questionario da qualcun altro – qualcuno che avrebbe dovuto essere la mia compagna di stanza. Al suo posto, avevo ottenuto Cecile, con i suoi vizi, il suo assoluto disprezzo per me e le sue strane manie.

    Ehi!

    Mi ha fatta sobbalzare di nuovo. Ha aperto un occhio e mi fissa.

    Sì?

    Che giorno è oggi?

    Martedì.

    Strabuzza gli occhi. No, stupidotta. Intendevo la data.

    Non chiamarmi in quel modo! Digrigno i denti, ma le rispondo: Il 27 ottobre.

    Spalanca gli occhi. Di già?

    Cosa dovrei dire adesso?

    È passato in fretta. Si solleva a sedere. Il suo attillato abito rosso ha una macchia scura davanti. A giudicare dall’odore, direi che si tratta di vino.

    Sì, di solito è così che fa il tempo. Butto nella spazzatura l’incarto del mio ultimo Hot Pocket, naturalmente divorato da Cecile. Passa.

    Sì. Mi guarda con un sorriso. Strano. Cosa fai stasera?

    Cosa? Io? Sono occupata. Faccio un passo indietro e afferro il cellulare per annullare l’incontro con la mia compagna. Non posso permettere a Cecile di fare un’altra vittima.

    Usciamo! Le si illuminano gli occhi, i postumi della sbornia sembrano improvvisamente svaniti.

    Sollevo la testa e la fisso. Non credo di aver sentito bene. Uscire?

    Sì! Il sorriso si allarga. Andiamo a divertirci un po’.

    Io non vado a divertirmi. Io studio. Lavoro all’associazione studentesca. Nel poco tempo libero che ho a disposizione, do ripetizioni. Il mio unico scopo, al momento, è ottenere buoni voti e guadagnare abbastanza per poter mangiare. Divertirmi non fa parte del pacchetto, e Cecile lo sa benissimo. No, grazie.

    Dai, andiamo! Si sfrega le mani. Ci divertiremo. Possiamo cominciare qui e poi andare al club studentesco maschile.

    martedì." Prendo il mio logoro zaino grigio poggiato sul letto.

    E allora? Si solleva a sedere, con i grandi occhi grigi puntati su di me, per la prima volta da mesi. Possiamo divertirci ugualmente.

    No, grazie lo stesso. Afferro la maniglia della porta.

    Il suo tono cambia, diventa più freddo. Ti pago.

    Cosa? Mi volto a guardarla.

    Ho detto che ti pago. Il suo tono si rilassa, ma in modo forzato. Se mi farai da autista.

    Da quando ti preoccupa guidare ubriaca? Metà delle volte mi chiedo come abbia fatto a tornare sana e salva. L’altra metà, vedo le sue auto sportive rosse parcheggiate in tripla fila davanti all’edificio.

    Da adesso. La sicurezza prima di tutto. E come ho detto, sono disposta a pagarti. Si attorciglia un boccolo biondo intorno a un dito. Ti darò un centinaio di dollari per portarmi alla festa e per riportarmi indietro.

    Vorrei girare la maniglia e lasciare la stanza. Ma il denaro è denaro. Dovrei dare quattro ore di ripetizioni per guadagnare tanto, mentre Cecile è disposta a pagarmi solo per stare seduta nella sua auto a fare i compiti, mentre lei fa la scema con i ragazzi.

    Facciamo duecento. Afferra la borsetta tempestata di cristalli e la apre, scartando vari scontrini prima di estrarre delle banconote. E te ne do la metà anticipata.

    Non posso rifiutare, e lei lo sa. Cecile è una scapestrata, ma è anche scaltra. L’aveva già notato – quegli occhi grigi non si lasciano scappare nulla, anche quando sono iniettati di sangue.

    Con un sospiro, mi avvicino e prendo i soldi.

    Lei li allontana. Ci troviamo qui fuori alle nove.

    Va bene. Allungo la mano.

    Lei sorride, mostrando i suoi perfetti denti bianchi. Allora, siamo d’accordo!

    Quando prendo le banconote, un brivido mi corre lungo la schiena. È spaventosamente vicina.

    Cecile si lascia cadere nuovamente sul letto, rimettendo il braccio in posizione. Io mi allontano.

    Taylor! mi chiama, con la voce affievolita dal sonno.

    Cosa? Apro la porta.

    Non dimenticartene. Ti aspetto alle nove in punto. Da dove vengo io, la punizione per coloro che vengono meno a un accordo non è per nulla gradevole.

    Vieni da Long Island. Scuoto la testa e indosso lo zaino. Ci sarò.

    Il suo russare, simile al suono prodotto da un treno merci, mi segue lungo il corridoio.

    Andiamo! Cecile indossa una canotta leggera rossa e una minigonna nera. Nient’altro. Anche se ormai è autunno, non sembra preoccuparsi del freddo.

    Pensavo che avrei guidato io protesto, mentre si avvia a lunghe falcate verso il lato del conducente.

    Lo farai, ma dopo la festa. Apre la portiera. Forza, entra.

    Spalanco la portiera e posiziono il mio pesante zaino tra i sedili.

    Lei gira la chiave e l’auto prende vita. Dal rumore, sembra quasi che il motore sia nel bagagliaio. Sei sicura di non volerne? Estrae una bottiglietta argentata dal vano portaoggetti, ne tracanna un sorso, poi me la porge.

    La guardo a occhi spalancati. "Ma stai guidando!"

    Va tutto bene, tranquilla. Fa spallucce e ingrana la retromarcia, con le gomme che stridono mentre arretra.

    Mi attacco alla maniglia della portiera.

    Hai paura? Mi rivolge un sorriso aperto, ma privo di calore.

    Vediamo di arrivare tutte intere alla festa, ok?

    Certo. Esce a tutto gas dal parcheggio del dormitorio e imbocca il vialetto troppo velocemente. L’auto urta contro il marciapiede per un secondo, poi sfreccia in avanti.

    Gesù! Mi aggrappo alla cintura di sicurezza con una mano e alla maniglia della portiera con l’altra.

    Non preoccuparti. Mi servi viva.

    La fisso, attonita. Cosa?

    Niente. Ride. Intendo che mi servi viva, per portarmi a casa.

    Le mie dita cercano la collana e toccano l’opale, l’unico punto fermo della mia vita.

    Perché fai così? Si volta verso di me, anche se sta correndo attraverso il campus con la mano fissa sul cambio. Devi essere nervosa.

    Lascio ricadere la mano sulla cintura. Guidi come una pazza. Certo che sono nervosa!

    La sua risata acuta mi fa venire la pelle d’oca. Non preoccuparti. Siamo quasi arrivate.

    Ha ragione, la fila di dimore georgiane appare alla nostra sinistra, ognuna decorata con una grande insegna a caratteri greci. Anche se è martedì sera, da ogni edificio fuoriesce musica a tutto volume e molti studenti passeggiano con dei bicchieri in mano.

    Parcheggia in doppia fila davanti a Omega Nu e spegne il motore. Fai la brava verginella e aspettami qui, ok? Sogghigna. Vorrei negare, ma è inutile. É una delle sue battute preferite, e ogni volta la mia reazione non fa altro che confermare che ha ragione.

    Si allunga dietro il sedile e prende una bottiglia d’acqua sigillata. Ecco, ti ho portato questa.

    La prendo, con le sopracciglia aggrottate. Cecile non fa mai nulla per gli altri.

    Non puoi rischiare di disidratarti. Devi essere in forma stasera. Si dà una controllata guardandosi nello specchietto, il rossetto è ancora perfetto. Torno subito.

    Mentre scende, metto l’acqua nel porta-bicchiere. Dopo averla sentita

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