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Alla corte di un miliardario: Harmony Collezione
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Alla corte di un miliardario: Harmony Collezione
E-book148 pagine2 ore

Alla corte di un miliardario: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Non ne aveva ancora abbastanza, di uomini che di cognome fanno Harper? Nel cuore di Samantha Duggan è appena suonato l'allarme, sotto forma dell'irresistibile milionario che ha bussato alla sua porta. Avrebbe mille motivi per tenerlo alla massima distanza di sicurezza, invece... ha finito per accettare un appuntamento.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788858963326
Alla corte di un miliardario: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Alla corte di un miliardario - Susanne Mccarthy

    successivo.

    1

    «C'è qualcuno?»

    Aidan Harper si fermò in attesa, tenendo aperta la porta del ricovero barche a fianco della vecchia baracca: benché l'esperienza gli avesse insegnato a fronteggiare le più disparate situazioni, in questo caso ritenne opportuno muoversi con un minimo di cautela.

    Lo stato di abbandono pressoché totale in cui versava il cottage, insieme alla dislocazione isolata su quella ventosa lingua di terra a qualche miglio da Land's End, dimostravano che Sam Duggan, l'inquilino ancora sconosciuto, fosse come minimo un essere scontroso e tutt'altro che entusiasta di ricevere la visita di estranei. Aidan non voleva trovarsi nella spiacevole situazione di essere accolto da un fucile spianato.

    «Signor Duggan?» Dovette alzare il tono di voce per aver qualche speranza di essere udito al di sopra del rumore sordo della saldatrice. «Il signor Sam Duggan?»

    La reazione fu del tutto imprevista. La saldatrice cadde sul pavimento e la figura china sul bancone si eresse immediatamente ma, ancora prima che si togliesse la maschera che aveva a protezione del viso, Aidan seppe di aver commesso un errore.

    Sam Duggan non era un vecchio originale, era... una donna!

    La ragazza slanciata, con una figura sottile infilata in un paio di pantaloni di tela grezza che avevano visto tempi migliori, sembrava del tutto fuori posto nel bel mezzo di quella attrezzatura per saldare.

    Ma se lui era sorpreso, lei era addirittura sconvolta. Gli occhi che lo fissavano erano sgranati per lo shock: sembrava che avesse visto un fantasma.

    «Mi scusi, non intendevo spaventarla.» Aidan aveva usato un tono gentile e le stava rivolgendo un sorriso rassicurante. Non voleva certo che gli svenisse ai piedi. «La signorina Duggan, immagino...»

    «Chi è lei?» gli domandò con la voce tremante.

    «Sono Aidan Harper, il nuovo proprietario dell'Hotel Treloar.» Fece un gesto vago nella direzione dell'albergo, a circa mezzo miglio dal cottage «e quindi anche il proprietario di questo cottage. Anche se, per essere onesto, fino a poco fa ne ignoravo l'esistenza. Quando ho scoperto dalle mie carte di possedere questa casa, ho deciso di far due passi e venire a vederla. Avrei voluto telefonare prima» aggiunse con un sorriso deliberatamente affascinante nel tentativo di attenuare la sua reazione terrorizzata. «Ma, evidentemente, non c'è telefono...»

    «No, non c'è.» Lei scosse il capo cercando di riprendersi. «Mi scusi... mi ha un po' spaventata. Sa, non sono abituata a ricevere visite.»

    Poi si chinò a spegnere l'interruttore della saldatrice, mentre Aidan ammirava il suo posteriore che il movimento, tendendo la stoffa, aveva messo in evidenza. Questo suo compiacimento, che gli aveva causato una stretta allo stomaco, lo colse alla sprovvista: da tempo aveva superato l'età dell'adolescenza e pensava ormai di poter esercitare un maggior controllo sui propri istinti. Quando lei si tolse i pesanti guanti e la maschera che precedentemente aveva alzato sulla fronte, una cascata di capelli corvini le scivolò sulle spalle.

    Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, mentre con la fantasia immaginava cosa potesse celare quell'abbigliamento così tipicamente maschile.

    Lei gli stava porgendo la mano, ormai perfettamente padrona di sé. «Piacere, sono Samantha Duggan.» Il tono era educato e formale ma quegli occhi che avevano il colore dell'ametista, ombreggiati da ciglia incredibilmente lunghe, gli stavano facendo perdere del tutto il controllo. «Cosa desidera?»

    Aidan, lievemente divertito, si limitò a inarcare le sopracciglia. Così la piccola Occhi Blu non si rende va conto dell'attrazione che esercitava sugli uomini, o forse non se ne curava! Eppure non era una scolaretta. Avrebbe dovuto avere almeno quel minimo di esperienza per sapere che, nascondendo il corpo perfetto sotto quegli abiti informi, non faceva altro che provocare l'interesse maschile.

    La risposta ovvia che lui avrebbe potuto dare l'avrebbe irrigidita ancora di più. «Mi ero chiesto perché ricevessi un affitto così irrisorio» si limitò quindi a rispondere. «Non vale neanche la pena di ritirarlo. Ma ora che ho visto il posto me ne rendo conto. Questa baracca sta in piedi per miracolo.»

    Si guardò intorno. Due camere affacciate sulla scogliera, flagellate dalle onde impetuose dell'Atlantico che lambisce quella parte della Cornovaglia.

    «Una tempesta potrebbe scoperchiarlo, visto lo stato del tetto» considerò alla fine. «L'ardesia è tutta rotta.»

    «Per me va bene così!» gli rispose subito Sam Duggan mentre gli passava accanto, con un'espressione di sfida dipinta sul viso. Spinse la porta che conduceva nella baracca e sparì all'interno.

    Aidan provò attrazione per una donna come non gli succedeva da tempo. Non riusciva a ricordare che qualcuna l'avesse trattato con tale sufficienza. Anche una dalla bellezza rara come Imogen, la sua attuale fiamma, non si sarebbe mai permessa un tale comportamento nei suoi confronti. Pensandoci bene, la relazione cominciava ad annoiarlo un po'.

    Si fermò sulla soglia guardando la stanza senza interesse. Si trattava di una specie di soggiorno-cucina abbastanza piccolo, che le travi a vista del soffitto facevano apparire ancora più angusto. Il pavimento era in lastre d'ardesia coperte da un tappeto. Nel mezzo della stanza troneggiava un tavolo circondato da sedie spaiate. Sotto la finestra un lavandino in pietra e, di fronte, un caminetto.

    L'insieme, squallido e logoro, era estremamente pulito, con qualche tocco femminile come le tendine alle finestre, qualche cuscino sparso intorno e mazzi di fiori selvatici.

    Lei gli diede un'occhiata gelida.

    «Se vuole del caffè, ho solo quello solubile» gli offrì a denti stretti.

    Aidan frenò a stento un sorriso divertito alla vista di lei che maneggiava il bollitore dell'acqua. Sarebbe stata sufficiente la minima provocazione e gliel'avrebbe tirato in testa. «Grazie» rispose educatamente. «Il caffè solubile va benissimo.»

    Prese una sedia e sedette osservandola mentre posava il bollitore sul fornello elettrico: almeno c'era qualche traccia di modernità. Lei prese due tazze dalla credenza richiudendo le antine con eccessiva violenza.

    Che carattere! commentò fra sé divertito. Era un peccato che lui avesse tanto lavoro da svolgere. Avrebbe preferito restare più a lungo con la signorina Duggan!

    Doveva avere circa la stessa età di Imogen, trentatré o trentaquattro anni. Forse non poteva competere con la bellezza statuaria della sua compagna, ma aveva le curve al posto giusto e l'insieme era decisamente apprezzabile. La cascata di capelli neri sulle spalle, poi, sembrava invitare un uomo a immergervi le mani... E c'erano quegli splendidi occhi color ametista.

    Secondo le riviste illustrate, lui era un sincero estimatore del fascino femminile, ma la donna che aveva appena visto Sam avrebbe fatto girare la testa a qualsiasi uomo. Che cosa diavolo faceva, seppellita in questo angolo della Cornovaglia? si chiese seguendo la logica.

    «È un'artista?» le chiese nel tentativo di avviare una conversazione.

    «Sono una scultrice.»

    «Davvero?» La guardò con curiosità mista a sorpresa. «Pensavo fosse indispensabile avere un fisico robusto e muscoloso per essere scultori, maneggiare il marmo e...»

    L'ametista dei suoi occhi era gelida come il ghiaccio. «Non sono Michelangelo» ribadì sostenuta. «E comunque, io non uso il marmo: costa troppo.»

    «E allora quale materiale usa?» insistette lui, deciso a farla chiacchierare. Era diventata ormai un sfida con se stesso, per abbattere la barriera di ostilità che lei aveva innalzato.

    Sam alzò le spalle. «Per la maggior parte materiale di recupero» ammise. «Avanzi di metallo, plastica... E altre cose simili.»

    «Capisco...» Lui riprovò a interrogarla, con il suo sorriso più incantevole stampato sulle labbra. «Mi chiedo a che cosa stesse lavorando poco fa, qui fuori.»

    Lo sforzo fu premiato da un riluttante tentativo di sorriso che svelò un pizzico di vulnerabilità nella curva delle labbra di Sam. «Si tratta di un pezzo della serie Volare in libertà. Sono cinque pezzi in tutto, e questo è il terzo. Li vendo tramite una Galleria d'arte a St. Ives.»

    «Le rende bene, questo lavoro?»

    «Guadagno abbastanza per vivere. A me basta poco.» Posò le due tazze sul tavolo e sedette di fronte a lui. «Il latte è sotto il lavandino.» Indicò una bacinella colma d'acqua fredda nella quale erano immersi due contenitori di latte, un pacchetto di burro e uno di salsicce.

    «Le comodità moderne!» commentò lui con pesante umorismo.

    «I cibi si mantengono freschi come in frigorifero. Anzi, meglio. La corrente elettrica, del resto, qui è poco affidabile.»

    «È un grave inconveniente» considerò lui facendo attenzione a non irritarla. «Perché ha scelto di vivere qui e non in paese, vista la situazione?»

    «Avevo bisogno di un posto dove scolpire» rispose lei con glaciale indifferenza. «Questa casa va benissimo. Le villette in paese, d'estate, sono affittate ai turisti e comunque io non posso permettermi di pagare un affitto elevato.»

    Lui annuì. Quello che pagava per il cottage era non più di un quarto di quello che avrebbero chiesto per una sola camera in paese. Bisognava ammettere, però, che il cottage era ridotto in condizioni ben peggiori di quanto avesse immaginato. «Posso dare un'occhiata in giro?»

    «Se vuole. Non ci vorrà molto tempo: c'è un'altra stanza e un gabinetto all'esterno.» Alzò il mento, molto grazioso e ben modellato, che faceva intuire un'intensa determinazione. «Non credo che sia adatto alla media dei suoi inquilini.»

    «No, credo di no» ammise lui con affabilità. «A meno che non si spenda molto denaro per ristrutturarlo. Forse la cosa migliore sarebbe demolirlo.»

    «Demolirlo!?» I suoi occhi lampeggiavano. «Ma non... non può farlo! Sarebbe puro e semplice vandalismo. È qui da... e non sarei sorpresa se tra duecento anni esistesse ancora, mentre forse l'albergo...»

    Aidan corrugò la fronte alla strenua difesa di quella che, in effetti, si poteva solo definire una topaia. «Va bene, ma prima mi lasci dare un'occhiata» temporeggiò. «Le pareti sembrano abbastanza solide...»

    Sam aprì la bocca per replicare. Acidamente, immaginò lui, ma presto rinunciò rendendosi conto di trovarsi in una posizione di evidente svantaggio per sostenere una discussione. Lui la osservò in silenzio, e lei emise un sospiro di rassegnazione.

    «Come può vedere, questa è la cucina» declamò lei con la professionalità dell'agente immobiliare. «Lavandino con acqua corrente... quasi sempre. Fornelli elettrici.» Fece un cenno verso una cucina che risaliva presumibilmente all'epoca di Edison. «Si possono usare quando c'è corrente elettrica. Frigorifero: rotto. Questo è tutto.»

    Lui annuì continuando a seguirla: si intuiva chiaramente che, secondo lui, l'affitto richiesto era troppo alto.

    «La stufa funziona?»

    «Sì, ma d'estate non l'accendo mai... A meno che non mi serva l'acqua calda.»

    «E quando vuole fare il bagno?»

    «Io... Io vado all'albergo.» Ebbe il buon gusto di abbassare gli occhi, ammettendo quella

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