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Come ho sedotto il capo: Harmony Jolly
Come ho sedotto il capo: Harmony Jolly
Come ho sedotto il capo: Harmony Jolly
E-book150 pagine1 ora

Come ho sedotto il capo: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!

Becca Taylor è finalmente felice! Forse il suo grande sogno di diventare una nota cinofila professionista si sta per realizzare. Gertie Fairchild, sua datrice di lavoro, le ha appena comunicato che farà parte del team che dovrà realizzare una nuova linea di prodotti cosmetici per la cura del cane. Questo potrebbe essere il trampolino di lancio, ma... Purtroppo c'è sempre un "ma" e nel caso specifico ha le fattezze dell'affascinante quanto spocchioso Caleb Fairchild, nipote di Gertie e amministratore delegato della società. Caleb la reputa un'arrampicatrice sociale, pronta a tutto, anche a sedurlo. E forse ha ragione!

LinguaItaliano
Data di uscita21 lug 2014
ISBN9788858924358
Come ho sedotto il capo: Harmony Jolly
Autore

Melissa Mcclone

Laureata alla Stanford University, ha lasciato il lavoro di ingegnere meccanico per scrivere.

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    Anteprima del libro

    Come ho sedotto il capo - Melissa Mcclone

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Man Behind the Pinstripes

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2013 Melissa Martinez McClone

    Traduzione di Silvia Paci

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5892-435-8

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    L’abbaiare incessante che proveniva dal giardino sul retro della lussuosa tenuta di famiglia confermò la paura di Caleb Fairchild. Sua nonna era con i cani.

    Imprecando sottovoce, suonò il campanello.

    Dimenticate Mozart. Dimenticate Bach. Solo il brano di un apprezzato compositore di New York faceva al caso di Gertrude Fairchild, fondatrice, insieme al marito ormai defunto, di un’azienda cosmetica miliardaria a Boise, Idaho.

    Caleb era qui per porre fine alla sua ridicola infatuazione per il migliore amico dell’uomo. Era l’unico modo per far sì che la Fair Face, l’azienda di famiglia, continuasse a essere redditizia e a farsi apprezzare.

    La porta d’ingresso si aprì, salutandolo con una folata d’aria fresca e la fragranza floreale di sua nonna.

    Nonna.

    Corti riccioli bianchi si agitavano in ogni direzione. Dimostrava cinquantasette anni, non settantasette, grazie a decenni di uso dei suoi prodotti per la cura della pelle.

    «Caleb! Cosa ci fai qui? La tua assistente mi ha detto che non avevi tempo questa settimana. Per questo ti ho inviato i campioni dei prodotti per cani per posta.»

    Non si aspettava che la nonna fosse tanto entusiasta della sua visita. La baciò sulla guancia. «Non sono mai troppo impegnato, per te.»

    «Questa è una bellissima sorpresa.»

    Si sistemò la cravatta gialla, quindi si lisciò la giacca del completo. Ma per quanto professionale potesse apparire, a sua nonna non sarebbe piaciuto cosa aveva da dirle. «Non sono qui nelle vesti di nipote. Ho bisogno di parlarti in qualità di amministratore delegato della Fair Face

    «Oh, tesoro.» Il calore nella sua voce lo mise ancora più a disagio. «Ti ho cresciuto. Sarai sempre prima mio nipote.»

    Spalancò la porta.

    Entrò.

    «Andiamo nel patio a fare una chiacchierata.»

    Chiacchierare, non parlare o discutere o conversare. Brutto segno.

    Caleb si diede un’occhiata intorno. Qualcosa... mancava.

    Opere d’arte degne di un museo appese allo stesso posto. Ma l’unica cosa che si aspettava di vedere, che voleva vedere, che desiderava vedere, non era al solito posto.

    Gli venne un nodo in gola. «Dove sono le...»

    «In salotto.»

    Caleb girò l’angolo, e vide le riproduzioni delle portaerei della Marina statunitense esposte in una vetrina di legno nuova di zecca. Toccò il ponte della USS Ronald Reagan.

    Familiare. Rassicurante. Casa.

    «Ho fatto un po’ di cambiamenti» disse la nonna.

    La guardò. «Al nonno piacerebbe.»

    «L’ho pensato anch’io. Hai mangiato?»

    «Qualcosa al volo mentre venivo qui.»

    «Allora ti manca il dessert. C’è la torta. Fatta da me.» La nonna sentiva sempre il bisogno di nutrirlo. Sapeva che avrebbe insistito fino a quando non avesse accettato di assaggiarla. «Ne prendo un po’ prima di andare via.»

    Un sorriso soddisfatto le abbellì le labbra lucide.

    Si mise una mano sul cuore. «Santo cielo. Ogni volta che ti vedo, mi ricordi sempre più tuo padre. Pace all’anima sua.»

    Caleb sentì lo stomaco rimescolarsi, come se avesse mangiato troppo. Si impegnava a fondo per non essere come quell’inetto di suo padre. Un uomo che non aveva voluto avere niente a che fare con la Fair Face. Un uomo che aveva buttato il denaro al vento. Un uomo che era morto in un incidente al largo della Costa Azzurra, con la fidanzatina di turno.

    La nonna lo scrutò dalla testa ai piedi. «Ma devi smettere di vestirti come un becchino di classe.»

    «Non ricominciamo.» Caleb sollevò il mento, impassibile, e la seguì fuori dall’ingresso. «Mi vorresti vestito come uno di quegli attori muscolosi dei film d’azione a torso nudo, a giudicare dalle foto che condividi su Facebook.»

    «Sei un bell’uomo» disse lei. «Metti in mostra le tue doti.»

    «Sono un amministratore delegato. Ho un’immagine professionale da mantenere.»

    «Nessuna politica aziendale dice che i capelli non possono arrivarti alle spalle.»

    «Questo taglio si addice alla mia immagine.»

    «La tua immagine è un’altra faccenda ancora.» Indicò il torace di Caleb. «Questa cravatta è troppo discreta. Andremo insieme a fare shopping. Oggi, le ragazze cercano il pacchetto completo. Che comprende avere un taglio alla moda e abiti chic.»

    E non seguire i consigli di tua nonna.

    «Alle donne interessa solo il mio conto in banca» disse Caleb.

    «A qualcuna. Non a tutte.» Si fermò, gli strinse la mano, come aveva sempre fatto, da quando poteva ricordare. Il suo tocco delicato e i suoi caldi abbracci lo avevano accompagnato attraverso la morte, il dolore e la vita di tutti i giorni. «Troverai una donna che tiene solo a te.»

    Difficile, visto che non la stava cercando, ma non era il momento di dirglielo. Una brutta notizia al giorno era il limite massimo. «Essere single mi piace.»

    «Avrai dei rapporti occasionali, o delle amiche di letto.»

    Caleb sussultò.

    Constatò con fastidio una cosa. Discutere di sesso con la nonna doveva essere più facile che parlarle dei suoi prodotti di bellezza per cani.

    Si mise le mani sui fianchi. «Mi piacerebbe avere dei pronipoti, uno di questi giorni, quando ancora riesco a giocare con loro. Perché credi abbia creato quella linea di prodotti per bambini?»

    «Tutti, in azienda, sanno che vuoi avere dei pronipoti.»

    Alzò i palmi delle mani. «Tu e tua sorella non avete alcuna fretta di darmi dei nipoti mentre ancora respiro.»

    «Ti immagini Courtney mamma?»

    «Deve crescere un po’» ammise lei, senza alcun tono accusatorio, né delusione. Entrò nel soggiorno. «Nonostante debba ammettere che, almeno, ti sei proposto a quella sgualdrina mangia-soldi di Cassa-andra.»

    Fu sommerso da ricordi indesiderati. «Cassandra.»

    Quella donna gli si era presentata a una cena di beneficenza. Maledettamente arguta e sexy, Cassandra lo aveva fatto sentire più un guerriero che un uomo d’affari. Il matrimonio non era nei suoi piani, ma quando lei gli aveva dato l’ultimatum, lui le aveva chiesto di sposarlo, e le aveva regalato uno stupendo anello di fidanzamento da tre carati, solo per scoprire la verità su di lei e la loro relazione: era stata una truffa, un inganno, una bugia.

    «Cassa-andra le si addice.» La nonna sollevò tre dita. «Rifiutare di firmare l’accordo prematrimoniale. Darti una scadenza, prendere un avvocato divorzista prima di pronunciare il sì. Non c’è da meravigliarsi che tu sia spaventato di uscire con una ragazza.»

    Raddrizzò le spalle. «Non sono spaventato.»

    Non era spaventato da Cassandra.

    Non era spaventato dalle donne.

    Ma era... cauto.

    Dopo che Cassandra aveva detto che non avrebbe firmato l’accordo, Caleb aveva annullato il matrimonio e l’aveva lasciata. Lei lo aveva implorato di darle una seconda chance, ed era stato tentato di riconciliarsi, finché un investigatore privato aveva trovato le prove che era una truffatrice.

    La nonna agitò una mano in aria, come se potesse allontanare le brutte cose del mondo. «Non avrei dovuto nominare il diavolo.»

    Per lo meno, Caleb ne era uscito indenne, a parte il suo ego ferito e il cuore a pezzi. Diversamente da suo padre, che si era ritrovato con due figli, senza averli mai voluti.

    La nonna uscì nel patio.

    Caleb la seguì.

    Il sole di giugno picchiava. Fece accomodare la nonna.

    Caleb sedette a sua volta.

    «Cosa ne pensi dei miei prodotti per cani?» chiese Gertie.

    Nessun uccello cinguettava. Anche i grilli sembravano sonnecchiare. Udì solo l’abbaiare isolato di un cane e la voce di suo nonno.

    Fa’ quel che è giusto. Per Fair Face. Per tua nonna.

    Caleb avrebbe preferito tornare in ufficio a occuparsi dei risultati di fine trimestre. Chi stava prendendo in giro? Avrebbe preferito essere in qualunque altro posto, in quel momento.

    «Prototipi interessanti» ammise. «Fragranza e consistenza accattivanti.»

    Gertie fischiò. «Aspetta di vederli all’opera.»

    I cani arrivarono a tutta velocità da dietro l’angolo. Un’ondata di grigio, marrone, e nero. I tre animali si fermarono ai piedi dell’anziana, ansando e agitando le code.

    «Senti come sono morbidi.» La sua voce era piena di orgoglio.

    Mise le mani sul tavolo, senza alcuna intenzione di toccare gli animali. «Quasi tutti i cani hanno il pelo morbido, quando sono puliti.»

    «Non Dozer.» Prese in braccio il piccolo cane marrone, a cui mancava l’occhio destro. «Aveva il pelo ispido e pieno di scaglie secche.»

    «Forfora canina?»

    «Allergie.

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