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Una notte alla locanda: André Ermite. Un investigatore nel Medioevo., #1
Una notte alla locanda: André Ermite. Un investigatore nel Medioevo., #1
Una notte alla locanda: André Ermite. Un investigatore nel Medioevo., #1
E-book143 pagine2 ore

Una notte alla locanda: André Ermite. Un investigatore nel Medioevo., #1

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Info su questo ebook

Francia, XVI secolo. In una locanda di provincia si raduna una compagnia a dir poco eterogenea. Il caso vuole che un mercante, un'agiata famiglia di città ed un avventuriero girovago si trovino costretti a pernottare sotto lo stesso tetto. I padroni di casa non sono esattamente amichevoli, l'umore generale si guasta via via e non tutti sopravvivranno alla notte. Quando uno degli ospiti viene trovato morto, i sospetti ricadono su tutti, nessuno escluso. L'avventuriero André Ermite decide di indagare. Prima che la giornata giunga al suo termine, scoprirà molti segreti e smetterà di credere al caso.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita29 lug 2020
ISBN9781071557419
Una notte alla locanda: André Ermite. Un investigatore nel Medioevo., #1

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    Anteprima del libro

    Una notte alla locanda - Emile Costa (Эмиль Коста)

    Nota dell’autore

    Francia, XVI secolo. In una locanda di provincia si raduna una compagnia a dir poco eterogenea. Il caso vuole che un mercante, un’agiata famiglia di città ed un avventuriero girovago si trovino costretti a pernottare sotto lo stesso tetto. I padroni di casa non sono esattamente amichevoli, l’umore generale si guasta via via e non tutti sopravviranno alla notte. Quando uno degli ospiti viene trovato morto, i sospetti ricadono su tutti, nessuno escluso. L’avventuriero André Ermite  decide di indagare. Prima che la giornata giunga al suo termine, scoprirà molti segreti e smetterà di credere al caso...

    Capitolo 1

    La via che da Saint Cloud portava a Bellefontaine era irta di pericoli. Si inerpicava tra le montagne, talvolta in salita, talvolta in ripida discesa, circondata da una selva impenetrabile. Non erano molti quelli che trovavano il coraggio di intraprendere il cammino in solitaria. Eppure, in quel piovoso giorno d’autunno, un uomo arrancava a passi pesanti proprio lungo quella strada, spinto da validissime ragioni.

    Gli stivali sguazzavano nel fango ad ogni passo, il vento gonfiava i lembi del suo mantello. L’acqua gocciolava giù dal cappello nero, colandogli sul viso. L’umore dell’uomo era in sintonia con gli elementi. Lo stomaco brontolava e le gambe dolevano. La locanda, situata nei pressi di Saint Cloud, distava meno di una lega. Con un tale tempaccio sarebbe parso sensato fermarsi lì per la notte; le sue finanze, però, ne avrebbero ricevuto il colpo di grazia.

    Il viandante si accoccolò ai piedi di un macigno che si ergeva sul ciglio della strada. Il vento faceva oscillare violentemente le cime dei pini sopra di lui. Il gelo gli era ormai penetrato nelle ossa, ma, se non altro, in quel punto le fronde degli alberi lo riparavano dalla pioggia. Non era mai stato particolarmente incline a filosofeggiare, ma in quel momento non poté fare a meno di chiedersi dove stesse andando e per quale accidenti di motivo.

    Fu allora che una carrozza, trainata da una coppia di cavalli robusti, comparve da dietro la curva della strada. I finestrini erano completamente oscurati da tende rosse. Le bestie esauste avanzavano a fatica; il cocchiere, col copricapo calato sugli occhi e la testa infossata nelle spalle, a malapena guardava la strada. La vettura gli passò pesantemente davanti e scomparve dietro la curva successiva. Il viandante la seguì con gli occhi dal suo nascondiglio. Sul suo viso, dal colorito bruno, si leggeva un misto di ammirazione e astio.

    «Cari vecchi Clandou! Già pregusto il piacevole incontro» borbottò fra sé e sé.

    Quante volte quella carrozza dalle tende rosse l’aveva condotto per le vie di Bellefontaine. La stimata famiglia gli aveva dato accoglienza e riparo, remunerando i suoi servigi con la più sincera riconoscenza e moneta sonante. O almeno così era stato fino al giorno prima.

    Gli strilli di Madame Clandou gli rimbombavano ancora nelle orecchie. L’uomo ricordava uno per uno tutti gli insulti di cui l’aveva ricoperto l’agguerrita vegliarda, mentre il marito assisteva alla scena con silenziosa disapprovazione. Cosa fosse effettivamente successo il giorno prima era sfuggito al viandante, e tutt’ora continuava a non capirlo.

    Sei mesi prima era giunto in città e, appena arrivato in osteria, aveva subito scoperto che un anziano notaio si era ammalato di podagra. Il giorno seguente era uscito per dirigersi alla dimora dei Clandou, si era presentato come medico e aveva offerto i propri servigi. Non aveva fatto studi in materia, ma le sue conoscenze erano vaste in diversi campi, medicina inclusa, quindi si riteneva assolutamente onesto. Sapeva riconoscere bene le erbe medicinali, mentre non si era mai interessato ai mali più gravi e, se mai prendeva in mano una lama, era solo per affettare un pollo arrosto.

    Il sedicente medico non trafficava panacee, non tormentava i pazienti col clistere e, in generale, era un buon uomo. I suoi modi cortesi, l’aspetto piacevole e l’arguzia di pensiero gli spalancavano praticamente tutte le porte. Di solito tagliava la corda prima che le suddette porte si richiudessero, ma ieri tutto era andato diversamente. La signora aveva dato in escandescenze, mentre l’anziano consorte era rimasto in silenzio; di mademoiselle Marie, invece ... Non c’era traccia.

    Marie. Una leggiadra creatura di ventitre anni. La figlia prediletta dei Clandou. Quando la sorella maggiore si era sposata giovanissima, la famiglia le si era stretta attorno con un affetto incondizionato. Marie aveva preso dal padre sia l’aspetto che lo spirito: era una giovane alta e slanciata, coi tratti del viso delicati e i capelli biondo cenere, silenziosa ai limiti della scontrosità. Non aveva davvero nulla in comune con la madre, piccola e rotondetta. In tutto il tempo trascorso presso la dimora dei Clandou, il dottore aveva scambiato sì e no due parole con mademoiselle Marie. Ma Madame Clandou, per qualche ragione, sembrava convinta del contrario.

    La signora aveva infarcito le sue accuse dei vituperi più svariati, di quelli che risuonavano solo in certi mercati. L’uomo non riuscì nemmeno a capire cosa potesse mai aver combinato. Poté solo afferrare che il fatto riguardava Marie ed era un fattaccio molto brutto per il quale si meritava di esser messo alla porta. Come se ciò non bastasse, proprio quell’estate si erano accordati su dei pagamenti a scadenza mensile, che, a questo punto, si sarebbe ben potuto scordare. Neppure rimanere in città era più un’opzione, ormai.

    Ma qual’era la sua colpa? Davvero la signora pensava che lui avesse messo gli occhi addosso alla figlia? Era chiaro come il sole che un tale pretendente non era di nessun interesse per una famiglia altolocata, ma altrettanto vero era che lui stesso non era interessato a Marie. Le bellezze nordiche non erano mai state il suo tipo: gli erano sempre piaciute le donne mediterranee.

    Ah! Le belle e allegre more del sud! Probabilmente la stessa Madame Clandou lo era stata una trentina d’anni prima. Adesso lo poteva ricordare solo il marito e, a giudicare dalla tenerezza nei loro rapporti, se ne ricordava eccome. Anche quando non era completamente d’accordo con la consorte, Monsieur Clandou non le andava mai contro, né coi fatti, né con le parole. Eppure quest’uomo ormai anziano e taciturno non avrebbe mandato via neppure il diavolo in persona senza averlo pagato.

    Levandosi in piedi, il viandante si caricò in spalla il suo sacco e, con passo deciso, riprese il suo cammino. Adesso sapeva cosa fare. I Clandou avrebbero probabilmente alloggiato alla locanda dov’era diretto egli stesso e, se anche non fosse stato così, li avrebbe comunque raggiunti a Saint Cloud , dove avrebbe preteso quanto gli spettava.

    La locanda apparve dietro la seconda o terza curva. Era troppo preso dai suoi pensieri per contarle; ciò che, invece notò immediatamente fu lo steccato sbilenco che circondava l’edificio. Appena sopra il pesante cancello avevano scritto, in barba all’ortografia: «A ‘Il Maiale e Loca’ ». L’insegna era accompagnata dall’immagine sbiadita di un gagliardo porcellino a cavallo di non era chiaro che tipo di volatile. L’artista che l’aveva realizzata chiaramente non era dotato di grande talento.

    In fondo al cortile si ergeva l’edificio principale; era a due piani, circondato da altre costruzioni tirate su a casaccio dai proprietari. Ancor prima di varcare il cancello, il viandante avvistò la carrozza dei Clandou. Era in sosta sotto la pioggia battente; una ruota anteriore giaceva lì di fianco con i raggi spezzati. Il cocchiere stava rientrando in città, motivo per cui aveva slegato il cavallo meno stanco e vi era salito in groppa. In quel momento si stava dirigendo proprio verso il viandante e, passandogli affianco, lo schizzò di fango dalla testa ai piedi.

    Nel mentre, un uomo alto e biondo si stava occupando, con una certa flemma, di togliere i finimenti al secondo destriero. Lo si sarebbe potuto definire di bell’aspetto, non fosse stato per gli occhi. Avevo lo sguardo obliquo di chi non si aspettava niente di buono da questo mondo. Cercando di non impantanarsi ulteriormente, il viandante si avvicinò all’uomo e domandò con fare amichevole:

    «Qualcosa è andato storto ai signori?».

    «Se si fosse scassata a metà strada, sarebbe andata ancora più storta» bofonchiò l’altro.

    «Ah, su questo non c’è dubbio ... Come si mangia qui? Stanze libere ne avete?».

    «Si mangia. Per le stanze: entra e chiedi. Trova il custode ...» e con fare burbero indicò l’edificio principale. Stringendosi nelle spalle, il viandante se ne tornò da dove era venuto.

    Il portone massiccio si aprì a fatica, liberando una nuvoletta di aria calda. Varcatane la soglia, il viandante si ritrovò in una spaziosa sala da pranzo. Il camino ardeva, diffondendo calore, mentre dalla porta aperta della cucina provenivano di quei profumi che al pover’uomo affamato girò la testa. Passando davanti alla scalinata che portava al piano di sopra, si avvicinò al bancone, dietro al quale si trovava il locandiere.

    Costui era un uomo smilzo, apparentemente sulla cinquantina. Dietro di lui una credenza montata alla buona conteneva bottiglie di vino e piatti puliti. Il locandiere, con poca solerzia, si stava accordando coi Clandou riguardo al pernottamento. Padre e figlia sedevano stanchi e silenziosi sui bauli da viaggio, mentre l’anziana signora dimostrava di non aver perso un goccio del suo consueto vigore. Le sue lamentele si sentivano fino a Parigi:

    «Due soldi[1] per una per una stanza con tre letti! Siete forse impazzito? Mio marito è molto rispettato a Bellefontaine e, in più, è cagionevole di salute! Mia figlia è sfinita dal viaggio! Come potete pensare che tre persone possano stringersi insieme in una gabbietta puzzolente? Non voglio diventare cibo per cimici!».

    «Madame, una delle nostre due camere migliori è stata occupata da un nobile signore, l’altra da un mercante di Saint Cloud. Il bugigattolo della servitù non ve lo propongo nemmeno. Vi resta solo da scegliere se diventare cibo per le mie cimici o per gli orsi del bosco».

    «Ma che ...».

    «Mia cara...» s’intromise il marito a mezza voce «E’ solo per una notte. Domani ripareranno la carrozza e potremo proseguire».

    La donna stava per rispondere al marito con un bel predicozzo, quando notò il viandante. Egli si avvicinò al bancone e poggiò il suo sacco su una panca. Risuonò rumore di vetri. Madame Clandou fissò la sua vecchia conoscenza, dopo di che afferrò le chiavi dal bancone e filò di sopra, tirandosi dietro anche gli altri due.

    Senz’affatto scomporsi, l’oste osservò il nuovo venuto. Trentacinque anni a occhio e croce,

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