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Le seducenti illusioni
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E-book333 pagine4 ore

Le seducenti illusioni

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Info su questo ebook

Tre storie di intensa attualità raccontate con lo stile della narrazione cinematografica, pongono al centro l’individuo nel suo ancestrale scontro con la civiltà. Un sacerdote, un giovane carabiniere ed un soldato delle truppe speciali sono personaggi dalla spiccata individualità, ciascuna segnata dalla propria ferita interiore. Ognuno dei protagonisti agisce nella convinzione di poter cambiare la propria vita o quelle altrui. Nella lotta generata dalla collisione drammatica con una realtà spietata e indifferente, riusciranno a raggiungere i propri obiettivi o scopriranno che per quanto seducenti le loro aspirazioni resteranno confinate nell’àmbito delle illusioni?
LinguaItaliano
Data di uscita9 ott 2019
ISBN9788831639361
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    Anteprima del libro

    Le seducenti illusioni - Albert J. Antonelli

    633/1941.

    GENTE DA POCO

    Si è contenti di non conoscere se stessi, perché niente più di questo disturba il roseo bagliore delle illusioni. Piuttosto che mettersi a confronto con i propri lati oscuri, si preferisce accontentarsi dell’illusione della propria rettitudine morale.

    Carl Gustav JUNG

    La brezza di maggio cala dagli erti pendii immersi nella foschia e vi disperde odorose fragranze di vite e d'acacia. Accarezza sul piano la campagna rischiarata da tenui luci di fine inverno. Tutta la pianura ondeggia in un rigoglio di verzura puntinata di fioriture imperiose. Anche da un poggio modesto nel piatto continuum padano lo sguardo potrebbe spaziare all'infinito contando una ad una, sparse e solitarie cascine divise da gravi distanze.

    Una piccola utilitaria arranca sulla provinciale. Il guidatore incerto è in cerca: di una casa, di qualcuno che la abita. La vettura vira di lato sulla carrareccia farinosa. Il conducente si arresta, lo sportello cigola e il misterioso viaggiatore poggia il piede sull'erba umida che intride l'abito talare della rugiada mattutina. Il prete sa dove andare.

    Aggira la casa e raggiunge la grande aia sul retro dove un vecchio alto e scavato si sorprende al giungere dell'ospite. Nulla lascia trasparire del suo intimo piacere alla vista del nuovo arrivato, degli anni di lontananza e di segreto distacco che a lungo separarono i due. Si fermano l'uno dinanzi all'altro. Il prete solleva un braccio con cautela temendo la reazione altrui. Ma il vegliardo rigido e canuto non si ritrae da quell'abbraccio.

    – Papà. –

    – Adelmo. –

    L'animo indurito del vecchio dagli anni dei crimini scellerati e da oltraggiose infamie di guerra si scioglie nella commozione.

    Non fiatano per alcuni secondi. Lentamente il padrone di casa scioglie l'abbraccio e siede dietro il suo tavolo di quercia. La bianca chioma ondeggia alla brezza ed il prete scruta quel viso, gli occhi come due fessure. – Quello è mio padre – pensa, formulando l'intimità di un pensiero che allude al senso di una ritrovata famiglia.

    Si beano del loro piacere ignorando ciò che il vento sembra portare con sé: il messaggio di un oscuro presagio. Improvvisamente il padrone di casa si leva e proietta il suo sguardo acuto oltre la casa.

    Laggiù si è fatto innanzi un piccolo, vecchio e ossuto pistolero. Quel nonno, indossa giacca e camicia immacolate. Un farfallino ne cinge il collo troppo largo, lo sguardo adombrato dalla falda di un cappello a larghe tese. Ora anche il prete l'ha notato, impugna davvero un'arma e avanza con piglio minaccioso.

    – Sarà per me e per tutti quelli che hai fatto ammazzare, Barbiero! Hai capito chi sono, vecchio? Prima di farti scontare i tuoi crimini voglio che tu sappia che sarà Shlomo Caserta a toglierti la vita. –

    Padre e figlio sono increduli, spaventati. Mentre la giovane età suggerisce al prete una mossa, una reazione disperata che possa risparmiare le loro vite, l'anziano padre si porta le mani al petto e crolla: il suo cuore non ha retto.

    Il figlio s'inginocchia e gli viene in soccorso. È stato troppo duro vedersi d'un colpo tutto il passato dinanzi.

    Anche Shlomo l'ebreo è sorpreso ma non rinuncia a soddisfare la sete di una vendetta privata e quella di tutta una stirpe vecchia di secoli. Solleva l'arma, tremante prende la mira e spara senza colpire. Si volge e fugge come può farlo un anziano sciancato. Il prete d'istinto lo insegue e la sua gioventù ha la meglio. Lo assale e i due s'azzuffano. Un'altra esplosione riempie la campagna e questa volta è l'ebreo a giacere nella mota. La sua camicia immacolata è lorda di sangue dal quale il prete cerca istericamente di mondarsi pur continuando a premere con disperazione quell'insanabile ferita.

    Sono istanti di panico quelli in cui il prete sprofonda. Che fare? Come spiegare o emendarsi? La decisione é presa d’istinto. Il giovane sacerdote ringrazia la buona sorte e le piogge passate per aver reso il terreno più facile a scavarsi. Si terge il sudore della fronte dopo aver ripianato ogni imperfezione dell'oscuro terreno posto sotto la grande quercia. Conosce bene la rapidità con cui madre natura guarisce le proprie ferite. La fossa dell'ebreo Caserta resterà una trascurabile cicatrice sull'epidermide del mondo, ma una ferita incancellabile nell'animo del prete.

    Qualche anno dopo.

    Neppure nella provincia di un piccolo borgo della penisola la vita scorre più con ritmi d'altri tempi.

    Gli echi degli avvenimenti di portata planetaria che un tempo giungevano ovattati, smorzati come prima dell'avvento della globalizzazione mediatica, montavano ora con notizie sempre più incredibili e malsane. Quel clamore intaccava perfino la quieta e sonnolenta monotonia di quei luoghi lasciando intravvedere l'avanzata di cambiamenti che non riguardavano più solo i tumultuosi centri delle grandi capitali europee.

    La strada principale che solca la campagna è quasi sempre punteggiata di piccole case a due piani: il fruttivendolo, la cooperativa di consumo, il barbiere e il bar del paese, di solito l'unico presente, sono i punti di ritrovo delle sparute anime che lo popolano.

    E come in ogni borgo che si rispetti non manca la parrocchia con tanto di prevosto ed annessa perpetua.

    – Don Adelmo, dove sta andando? – Urlò la donna come spesso soleva fare. A metà mattina sbriciava attraverso lo spiraglio della finestra aperta, quella che dava sul cortile della canonica.

    – In paese! – Rispose il parroco di rincorsa aggiustandosi il clergyman.

    – Non scordatevi di passare a prendere il vino dalla cooperativa, altrimenti domenica non potrà dire messa! –

    A lei il prete già alla guida dell'utilitaria: – Si Giannina, stia tranquilla, ho già pensato anche a questo. –

    La donna continuò nelle sue occupazioni mentre la vetturetta accelerava sulla carrareccia in un nugolo di polvere. Il prete era un uomo di bell'aspetto e pur avendo da poco superato la cinquantina, dimostrava un'età significativamente più giovane di quella anagrafica.

    L'abito talare era l'elemento che più di tutti contribuiva ad invecchiarlo un poco. Per questo gli preferiva la giacca, divisa consentita ormai da lunga pezza anche ai ministri di Dio.

    La Giannina rimasta sola si avviò verso lo scomparto alto a destra della cucina in formica ingiallita.

    Dallo scolapiatti prese un bel bicchiere con lo stelo, lo poggiò sul ripiano e gettando un ultimo sguardo alla finestra per assicurarsi di essere rimasta davvero sola, trasse con soddisfazione dallo sportello inferiore della cucina una bottiglia di rosso.

    Lo versò e bevve dal calice fino in fondo concludendo compiaciuta l'operazione con un sonoro schiocco della lingua.

    Il grigio velo di una quotidiana e rassicurante monotonia si stendeva ovunque nel borgo.

    Otello il barbiere si sbracciò dalla bottega al passaggio della macchina del Don:

    – Padre, si ricordi di venire a pranzo da noi domenica! –

    La figlia di Otello era incinta e lui voleva assicurarsi i favori del parroco per l'imminenza del battesimo.

    Don Adelmo aveva fatto un cenno quasi benedicente dal finestrino segnalando che ricordava, poi ansioso e soddisfatto svoltò al bivio in direzione della città.

    Per fare ciò non v'era modo di scansare la maggioranza delle botteghe del borgo e gli sguardi dei loro proprietari. Il droghiere, il fornaio, la ferramenta. I musiduri del Caffè Ricci ciondolavano nelle loro mimetiche dal camouflage urbano puntute qua e là da tragiche svastiche hitleriane. Quegli sconsiderati ignoranti non disdegnavano di fumarsi la mattinata giocando a carte dopo aver marinato la scuola. Ciuffi di capelli biondi scolpiti da un sapiente parrucchiere di città scendevano loro sugli occhi intorbidendo quegli sguardi adolescenziali. La loro presenza inquietava molti dei pacifici villani.

    Don Adelmo non li conosceva molto da vicino e conosceva poco anche le loro famiglie ma sapeva che quei genitori si erano arricchiti col lavoro duro dei campi quando l'agricoltura e l'allevamento del bestiame erano ancora un affare sicuro. I ragazzi per lo più travolti da una ricchezza di cui non avevano compreso la difficile costruzione, vivevano così, ignari e pretenziosi nello scellerato equivoco che tutto fosse loro dovuto, dunque non suscitavano la sua simpatia anche se avrebbe voluto aiutarli.

    Il sacerdote abbandonò quasi subito i suoi accigliati pensieri dedicandosi mentalmente a ciò che maggiormente gli stava a cuore.

    Il paese non disponeva di una libreria fornita, così per potersi accaparrare l'ultimo successo editoriale di Rambaldi, Don Adelmo si sarebbe recato in città.

    Il suo interesse per la letteratura del mistero e del poliziesco aveva spinto il sacerdote a scrivere egli stesso ottenendo null'altro che un miserevole riscontro di pubblico. Il suo primo romanzo datava ai tre anni precedenti la sua assegnazione a quella parrocchia.

    Si fermò lungo la strada perché come spesso faceva, intendeva dare una sbirciatina alla sua creatura: un basso edificio grezzo con le mura ricoperte di pozzolana ancora lungi dall'essere completato. Si ergeva solitario accanto al parco dei giochi del paese. Era l'oggetto per cui si stava battendo nel tentativo di creare un doposcuola per i bambini dall'italiano un po' debole con una sezione per quelli invece con ottime capacità di scrittura da far seguire da un paio di volenterose insegnanti in pensione. Al fondo del suo encomiabile intento filantropico, a dire il vero, il prete covava l'umanissima e volgare ambizione di essere ricordato egli stesso per gloriarsi di tanto merito.

    Comunque visto che non vi era proprio nulla di illecito in ciò che per lui non rappresentava altro che una sana passione, Don Adelmo non vedeva infatti alcuna ragione per dovervi rinunciare. Anzi si entusiasmava incontrando appassionati coi quali poter commentare l'ultimo lavoro di questo o quell'autore che aveva appena avuto la ventura di leggere.

    Così come faceva ad ogni nuova uscita, provava un sottile piacere nell'entrare in possesso di un nuovo capolavoro del brivido. Poterne sfogliare le pagine che sprigionavano seducenti effluvi di buona carta e d'inchiostro e di scoprire pagina dopo pagina, un capitolo dopo l'altro il dipanarsi della trama, degli imprevisti e geniali colpi di scena messi in atto dall'autore per attirare a sé ogni lettore ammaliandolo con inattese svolte della storia e tenerlo inchiodato fino al culmine del racconto per poi condurlo alla sua degna conclusione, rappresentavano piaceri appaganti.

    Un colpo di clacson scosse Don Adelmo dalle fantasie che lo attardarono dinanzi ad un semaforo già verde.

    – Sant'… – Con una delle sue esclamazioni preferite accelerò.

    Si sarebbe recato nella solita libreria del centro dove aveva già comprato molti dei libri che erano poi andati ad occupare un degno spazio nello scaffale della sua biblioteca privata in canonica. Don Adelmo amava particolarmente quella libreria non perché sfoggiasse una particolare architettura, né per la speciale cortesia dei commessi. Il grande pregio del negozio stava nel fatto di trovarsi a poca distanza dallo storico bar pasticceria nel quale era possibile gustare alcune fra le migliori pastarelle di tutta la provincia.

    Questa rappresentava la seconda passione del prelato, non necessariamente in ordine di importanza, s'intende.

    La porta a vetri scorrevoli si era appena spalancata al passaggio di Don Adelmo.

    Il suo sguardo prese a vagare avidamente su e giù per gli espositori alla ricerca dell'ultimo successo letterario del Rambaldi.

    Un'intera catasta formata da numerose copie del libro stava proprio al centro della prima sala, ne raccolse delicatamente una e si mise a leggerne avidamente la recensione sul retro della copertina, cominciando ad avviarsi per il pagamento.

    Elargì alla cassiera un sorriso di soddisfazione e si diresse a grandi passi verso il secondo obiettivo della giornata.

    Il sole abbagliante gettava i suoi raggi esattamente in quell'angolo di piazza dove i tavolini della rinomata pasticceria splendevano sotto la sua luce.

    Data la scarsità degli avventori a quell'ora, il sacerdote che era un tipo puntiglioso, si trovò in imbarazzo nel posizionarsi al meglio. Esaminò velocemente i clienti osservando attentamente dove si fumava e dove no. Poi passò al controllo del livello sonoro ed infine verificò la presenza di bambini decidendo all'ultimo di piazzarsi nell'angolo di sinistra, nel tavolino accanto ad una signora dall'aspetto piuttosto elegante. La donna, che forse aveva superato la quarantina, indossava un bel copricapo bianco con un'ampia tesa ed un paio d'occhiali da sole decisamente vintage. Al prete non sfuggì nemmeno il tubino scuro con la gonna al ginocchio. Una giacca leggera immacolata le ricopriva le spalle. La carrellata si concludeva su di un paio di scarpe nere décolleté con tacco medio. Per poter acquistare scarpe come quelle era necessario essere disposti a sborsare un bel po' di quattrini pensò il sacerdote.

    – Vorrei una millefoglie, di quelle con lo zabaione ed un cannolo alla crema. E anche un bicchiere di albana. Passito l'albana! Grazie. –

    – Bene Padre. – Disse un indolente cameriere allontanandosi.

    Don Adelmo si rilassò aprendo il libro appena acquistato. Non cominciò a leggerlo subito perché l'imbarazzante presenza della bella signora glielo impedì. Fingeva soltanto di concentrarsi. In realtà il suo sguardo scivolava sulle pagine andando a posarsi sulla donna che dopo un po' si tolse il cappello mostrando la bella chioma di capelli scuri raccolti sulla nuca. Era un bel pezzo che agli occhi del prevosto non si mostrava una bellezza simile la cui figura ricordava vagamente Audrey Hepburn, e questo lo turbava.

    – Sono dieci euro e cinquanta. – Disse il cameriere dopo aver depositato il vassoio con le pastarelle ed il vino.

    – Ecco. E… anche i cinquanta centesimi. –

    – Grazie padre. –

    Don Adelmo fece rotolare la monetina poi, con grazia addentò la sfogliata. Questa si scioglieva tra lingua e palato in un trionfo di aromi allo zabaione e mandorle tostate disponendo Don Adelmo in uno stato di beatitudine tale che neppure un coro di cherubini avrebbe potuto sollevare così in alto il suo spirito.

    Chiuse gli occhi e assaporò a lungo i sottili strati di pasta che si sfaldavano sotto la pressione della lingua. Come uno fra i maggiori e raffinati sommelier alla ricerca del più recondito aroma celato in un vino prezioso, egli cercava di trarre da quel manicaretto ogni segreta sfumatura di piacere.

    Inesplicabile contraddizione per un servitore di Dio al quale il suo gregge richiederebbe forse maggior sobrietà e frugalità di comportamento, nonché appetiti più controllati ed austeri.

    Ma la filosofia di Don Adelmo educato com'era al timor di Dio, era anche quella di saper conciliare nella vita, la dedizione alla propria alta missione con gli aspetti umani più prosaici.

    Quando riaprì gli occhi, la signora l'osservava da sopra le lenti da sole. Con una mano reggeva una copia del libro acquistato poco prima anche dal sacerdote.

    – Le piace Rambaldi, padre? – Il parroco si sentì spiazzato quando comprese che la domanda era rivolta proprio a lui che si destò in un amen dalla sua trance di estatico compiacimento, nutrendo una immediata sensazione a mezza via tra l'irritazione e la sorpresa: una piacevole sorpresa.

    Don Adelmo grattò un fazzolettino dal dispensatore e si ripulì.

    La donna realizzò che la propria invadenza avesse distratto il prelato dal suo privatissimo momento di abbandono. In effetti con quella domanda l'aveva brutalmente strappato alla beatitudine di un sogno goloso.

    – Scusi padre. –

    – Non fa nulla signora. – Disse il prete spingendo con un dito anche l'ultima recidiva pralina alla nocciola che rivestiva la millefoglie, fino all'interno delle labbra.

    – Non volevo disturbarla, ma mi è parsa una coincidenza curiosa che avessimo comprato lo stesso libro. – Aveva detto mostrando la copertina del suo.

    La voce della donna gli giunse con quella tonalità aristocratica, calda e decisa nonché priva di ogni inflessione. La voce di una vera gentildonna d'altri tempi.

    – Lei signora è un'appassionata? –

    – Adoro la letteratura e le confesso che mi piace scrivere. –

    – Davvero? Stento a crederlo ma è anche la mia grande passione. –

    – È veramente incredibile! – Esclamò compiaciuta. Poi come si fermasse un istante a riflettere, ebbe quell'ardire cui spesso soltanto a una dama dall'emancipata spregiudicatezza sembra consentito.

    – Padre, sarebbe così gentile da voler accettare un invito? Mi piacerebbe un suo parere su di una piccola storia che ho appena terminato di scrivere. –

    Il prete fu lieto di poter condividere il suo interesse con la signora che pareva anche una donna assai piacevole.

    Don Adelmo fu sorpreso dalle profonde conoscenze sciorinate dalla dama che nel corso della brillante conversazione aveva prodotto collegamenti letterari, storici e filosofici che non mancarono di affascinare il prete.

    Lo scambio aveva raggiunto il suo culmine oltre il quale, come accade talvolta quando ci si ritrova nella necessità fisiologica di una pausa, il discorso spontaneamente cade, si interrompe.

    – E quale sarebbe la sua diocesi padre? – Chiese lei incuriosita.

    – La mia parrocchia non è di questa città. Sono soltanto un umile parroco di campagna. Comunque sono assegnato alla parrocchia di Santo Stefano.

    – Lei è troppo modesto. – Disse la dama con aria di incoraggiamento.

    – Preferirei lasciare ad altri la facoltà di trarre le proprie valutazioni. Sono certa che lei abbia grandi capacità, padre. La sua collocazione decentrata è soltanto un problema politico–religioso. –

    – Questo è possibile. – Disse sorridendo e intimamente compiaciuto il sacerdote che aveva preso a controllare il suo orologio da polso più che altro perché era nervoso e rammaricato sapendo di dover abbandonare la piacevole compagnia.

    – Beh, signora io devo proprio andare. Comunque è stato un vero piacere fare la sua conoscenza. –

    Si era alzato accompagnando il gesto con un galante baciamano, poiché quella era una occasione che richiedeva lo sfoggio di belle maniere.

    – Mi chiamo Elisa e vivo proprio qui, dietro la piazza. – Disse la donna senza scomporsi.

    – Ecco padre. – Dalla sua elegante bustina di pelle scura aveva tratto un biglietto da visita che porse al prete. –

    – Mi chiami verso fine settimana, diciamo venerdì. Così potremo fare ancora conversazione. –

    – Ne sarei lieto, signora. A presto. –

    Don Adelmo, imbarazzato ringraziò e si avviò stringendo fra le dita il biglietto della donna.

    La mattinata volgeva al termine e quando fu abbastanza lontano diede una scorsa a quello che la donna gli aveva consegnato.

    – Maria Elisa Guicciardini… – Scandì lentamente. – Via Matteotti, 27. –

    Il prevosto si sentì riempire di orgoglio. Quell'incontro l'aveva entusiasmato ma anche velato il suo animo da un sottile senso d'inquietudine. Mi chiami la prego, potremo fare ancora conversazione.

    L'appello della donna gli risuonava nella mente come l'irresistibile richiamo delle sirene.

    Di inviti ne aveva ricevuti tanti una volta ordinato sacerdote. Dai notabili del paese, alle famiglie con i giovani che avrebbe unito in matrimonio, e così via. Tuttavia quella fu la prima volta che una donna di quel genere gli rivolse una simile offerta.

    A parte forse quello della bella Ivonne. Se la ricordava bene la mamma di quel bambino che frequentava il catechismo. Una impiegata del comune e una vedova ancora molto giovane divenuta secondo Don Adelmo, un'amicizia pregiudizievole, rischiosa. Compromettente era la parola giusta. Il tentativo della donna di concupire il prelato fu allora sotto gli occhi di tutti in paese. Pur essendo certo di possedere una barriera etica invalicabile, la volta che l'Ivonne lo invitò a pranzo fu presto chiaro il vero motivo della sua offerta. Adelmo cedette miseramente agli argomenti della donna. Non immaginava che da quel momento la sua vita si sarebbe complicata al punto che per salvarsi da quegli assalti il sacerdote dovette chiedere il trasferimento da Villanova a Santo Stefano.

    Fu accontentato e a parte le consuete difficoltà di adattamento ciò gli consentì di salvaguardare almeno in apparenza, la propria onorabilità come immacolato ministro di Dio.

    L' Ivonne Giusti era una donna molto bella, ma anche molto sola.

    Era quasi mezzogiorno e dovette affrettarsi per il pranzo ma non senza prima fare una capatina alla cooperativa sennò la Giannina chi la sentiva?

    Il cartello azzurro gli stava ad indicare che aveva appena varcato il confine del paese e inoltrandosi lungo la strada si era fermato accanto alla Cooperativa scendendo dall'auto per prendere il vino.

    Il titolare, un ometto sulla cinquantina basso e tarchiato gli venne incontro sbuffando da sotto un paio di spessi baffi sale e pepe, aveva preso a traslocare una panciuta damigiana di bianco.

    – Ecco il suo vinello, padre! – L'uomo, con la fronte già imperlata di sudore sospinse il contenitore nel vano del portabagagli con un verso da facchino.

    – Caspita che efficienza! – Zufolò Don Adelmo mettendo mano al portafogli.

    – Lasci fare reverendo, glie l'ho già messa in conto per la fine del mese assieme alla cassa del sangiovese. –

    Il parroco fece un'angelica espressione stupita prima di richiudere il baule dell'utilitaria. Non riusciva a ricordare quando mai avesse ordinato quel vino rosso.

    – D'accordo Agostino. Allora per la mesata le mando Giannina per il saldo e… Sia lodato. –

    In auto, il pensiero di quella cassa di vino che non gli tornava gli propose riflessioni angoscianti sugli anni che passano e sui guasti che l'età produce sugli esseri umani, preti compresi.

    – Giannina! – Chiamò con voce stentorea il sacerdote.

    La donna che aveva sentito la macchina arrivare, gli corse incontro sul cortile della canonica.

    – Giannina mi dia una mano per piacere. – Raccolsero insieme la damigiana e la portarono nel bassocomodo poco distante.

    – Bravo Don Adelmo così sabato può dire la sua messa senza patemi. Eppoi è quasi pronto da mangiare. –

    – Bene Giannina, e cos'ha preparato oggi? – Chiese l'uomo il cui appetito, le due pastarelle per quanto sopraffine non erano certo riuscite a placare.

    – Mi aveva chiesto le tagliatelle!? E quelle ci sono! E per secondo, fiori di zucca e involtini. – Don Adelmo era proprio contento. La Giannina era una massaia rifinita ed in cucina ci sapeva fare. Dunque entrò in casa, si lavò le mani. Poi dalla busta del negozio di libri estrasse il nuovo romanzo in mezzo al quale, quasi fosse una reliquia, infilò il biglietto da visita di Audrey Hepburn. Infine, passò in camera da letto e sul comodino depose il suo nuovo acquisto fresco di stampa.

    – Senta Giannina, quando abbiamo comprato una cassa di sangiovese alla cooperativa? – La donna rivolta ai fornelli, riuscì a dissimulare la sorpresa.

    – Aveva detto che voleva cambiare il solito bianco! – S'inventò la donna.

    – Ho detto questo? –

    – Sicuro. Ha anche detto che il rosso è più sano, così pieno di… poli non so cosa! –

    – Poli fenoli, forse? –

    – Eh. Quelli. –

    Don Adelmo non riusciva affatto a ricordare quei particolari ma se la Giannina li sciorinava così bene doveva essere andata proprio così.

    La giornata del parroco era stata davvero impegnativa. In serata si era dovuto perfino inoltrare in aperta campagna per dare la comunione alla moglie del povero Zvanì Orioli che essendo allettata non poteva assistere alla Santa Messa e prendere i sacramenti.

    Quando si ritirò, la pendola posta nell'ingresso rintoccava le ventuno e trenta.

    Dopo le consuetudini serali il parroco potè

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