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Un castello per il conte: Harmony History
Un castello per il conte: Harmony History
Un castello per il conte: Harmony History
E-book247 pagine4 ore

Un castello per il conte: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816
Miss Madelyn Aylmer, erede del castello di Beaupierre, non ha mai vissuto come una fanciulla del proprio tempo. Incoraggiata dal padre a seguire gli usi e i costumi medievali, alla sua morte si trova costretta a esaudire anche il suo ultimo desiderio: sposare un uomo di antico lignaggio. La scelta della giovane cade su Jack Ransome, Conte di Dersington, titolo conferito alla famiglia da Enrico VIII in persona. Jack è nobile, ma ha perso tutto e si mantiene lavorando come investigatore privato. Il matrimonio sembra quindi l'opzione migliore per entrambi: Madelyn erediterà il titolo e Jack avrà finalmente terre e ricchezza. Ma i loro stili di vita tanto diversi sembrano gettare acqua su un fuoco che prometteva di fare scintille...
LinguaItaliano
Data di uscita20 mar 2020
ISBN9788830512177
Un castello per il conte: Harmony History
Autore

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un castello per il conte - Louise Allen

    successivo.

    1

    Castello di Beaupierre, Kent, 10 luglio 1816

    Jack Ransome fermò il cavallo in cima alla salita e guardò in basso, a quella visione del XIV Secolo trasportata nell'era degli Hannover. L'Inghilterra era ancora cosparsa di castelli, grandi e piccoli. Alcuni erano in rovina, altri convertiti da lungo tempo in case più o meno confortevoli, ma nessuno adempiva tuttora alla funzione per cui era stato costruito.

    Eccetto quello, a quanto sembrava.

    Certo, se si era ricchi e più che un po' eccentrici, come era stato il defunto Peregrine Aylmer, si potevano sprecare migliaia di sterline e una vita da studioso per creare il proprio mondo di fantasia.

    Jack tentò di stimare il denaro e il tempo impiegati nel ripulire e riparare quelle mura e i tetti, ma fallì miseramente.

    Il castello di Beaupierre sembrava crogiolarsi al sole che si rifletteva sulle lucide lastre di ardesia dei tetti, sulle perfette pareti rocciose color crema. Dalla torre centrale si agitava una grande bandiera nera, circondata da vessilli più leggeri, rossi, blu e oro. Sul fossato che circondava il castello una dozzina di cigni bianchi scivolava in formazione, oltre il ponte levatoio. Che era sollevato.

    «Lei mi ha invitato, Altair» pronunciò Jack. Il grande castrato nero agitò un orecchio e poi batté uno zoccolo, disponendosi ad aspettare. «Il minimo che potrebbe fare è abbassare il ponte levatoio. Forse ci si aspetta che io mandi un paggio su una barca a remi o abbia un araldo che annunci il mio arrivo con la tromba. Quale sarà l'etichetta per andare in visita a gente che si illude di vivere nel Medioevo?»

    Riprese le redini e mandò il cavallo al passo giù per la discesa, verso quella costruzione fiabesca. Quando furono a mezza strada, il ponte levatoio iniziò a calare lentamente, finché non raggiunse il fossato con un tonfo.

    Qualcuno lo stava osservando.

    «Il che mi lascia ad affrontare una saracinesca» borbottò Jack. «Che diavolo ha quella donna? Era suo padre il lunatico che voleva giocare ai cavalieri in armatura, e lui è morto da quasi un anno.» Il motivo, pensò, della bandiera nera.

    Mentre parlava vi fu uno sferragliare di catene dall'interno delle mura, e la grata di legno e ferro salì cigolando. Trovandosi davanti a una doppia porta di quercia, cosparsa di punzoni di metallo sufficienti a respingere la carica di un elefante, Jack si sentì allo stesso tempo divertito e a corto di pazienza.

    «Avrei dovuto portare una qualche macchina da assedio, ovviamente. Se Madama Madelyn Aylmer mi vuole, può aprire le sue dannate porte, perché io non andrò a bussare. Non mi sono trascinato fino al Kent nel periodo della corsa del Newmarket July per fare dei giochetti.» Schioccò la lingua e Altair avanzò sul ponte, si bloccò all'improvviso rumore di vuoto sotto gli zoccoli e poi proseguì. Finalmente le grandi porte si aprirono.

    Le ombre erano fitte, quando Jack passò sotto l'alto portale. Nella corte, il sole era nascosto oltre una seconda entrata. Adesso si trovava nella zona pericolosa, dove gli aggressori potevano essere ingabbiati e assaliti dall'alto da tutti i lati. Jack sentì un brivido di preoccupazione corrergli giù per la schiena, mentre avanzava verso la luce. Di nuovo, qualcuno lo stava osservando. Fece girare il cavallo e guardò verso una finestra in alto sulla parete. Un lampo di bianco, il pallido ovale di un volto, una visione di oro filato, e la figura sparì.

    Se me ne tornassi da dove sono venuto le starebbe bene.

    Si trattava di un incarico, però, il che significava denaro, e almeno Miss Aylmer non si era aspettata che lui indossasse abiti medievali, per quell'incontro. L'orgoglio era una bella cosa, ma era anche una moneta falsa che non comprava pane né ferri per il cavallo.

    Jack fece girare di nuovo Altair e passò nella corte, dove, finalmente, qualcuno gli venne incontro.

    Fu sorpreso che i domestici non indossassero mantelli, anche se il farsetto di pelle e le braghe dello stalliere che prese le redini di Altair avevano un aspetto senza tempo. Quanto all'individuo vestito di nero che avanzò verso di lui, poteva provenire da ogni periodo del passato. «Mi...»

    «Mr. Jack Ransome, devo vedere Miss Aylmer. Mi sta aspettando.»

    «Madame Madelyn vi riceverà nella sala grande» replicò l'uomo con la stessa enfasi usata da Jack e senza un lampo di divertimento, o fastidio. «Da questa parte, signore.»

    Lo seguì per dei gradini di pietra, lungo dei passaggi ricoperti di arazzi che risplendevano come il giorno in cui erano stati realizzati. Il che significava, probabilmente, gli ultimi venti anni, pensò con un po' di cinismo. Sospettava che l'apparenza fosse tutto, in quel mondo di fantasia.

    Il maggiordomo, se quello era, aprì una doppia porta e si fece di lato per permettergli di entrare. Le porte si richiusero dietro di lui con un tonfo sordo.

    Il nome sala grande era ben meritato. Walter Scott avrebbe adorato quell'ambiente. Quanto a lui, preferiva qualcosa con meno spifferi e più mobili confortevoli. Il tetto era una capriata con travi a martello e contò due... no, tre camini in grado di arrostire un bue. Sospirò alla vista di una serie di armature e proseguì, superando altri arazzi.

    Almeno non ci sono arpe e menestrelli...

    All'estremità della sala c'era una lunga tavola di quercia che sembrava costruita per sorreggere il bue arrostito nei camini. Sul ripiano era poggiato un forziere di legno intagliato. E lì, in piedi dietro il forziere, c'era un'alta, snella figura in blu. La luce spiovente da una finestra traeva lampi dorati dai suoi capelli.

    Jack avanzò verso la sua nuova cliente, i tacchi degli stivali che battevano contro le lastre di pietra. Anche con tutti i fuochi accesi, in inverno il posto doveva essere una ghiacciaia, e la maggior parte del calore doveva andarsene diritto su per i camini. Probabilmente il mercante di carbone locale si strofinava le mani per la felicità.

    Forse Miss Aylmer pensava di metterlo in condizione di svantaggio, facendolo camminare verso di lei da quella distanza. Jack mantenne la faccia seria e il passo tranquillo e si esibì in un sorriso convenzionale solo quando fu a circa sei piedi dal tavolo. Ora che si trovava davanti alla sua cliente, sentì l'irritazione aumentare.

    Non che la donna di fronte a lui fosse una vista spiacevole, anche se il suo aspetto era decisamente insolito. Indossava un abito di un blu profondo, fermato sotto il busto da un'intricata plissettatura. Le lunghe maniche le arrivavano fino alle nocche, con i bordi delicatamente ricamati a fiori che richiamavano quelli sotto i suoi seni. Anche adesso la moda imponeva la vita alta, ma lo stile di quell'abito era decisamente non moderno. Né alcuna donna sotto i quindici anni avrebbe portato i capelli sciolti sulle spalle, e Miss Aylmer doveva essere sulla ventina.

    La liscia cascata di pallido oro era tenuta indietro da pettini. Immaginò che lo stile dovesse segnalare la sua verginità. Alcuni uomini potevano vederla come una sfida, altri un'affettazione. Jack si disse di rimandare il giudizio. Dopotutto, quella donna stava per offrirgli un impiego, e a lui serviva il denaro.

    «Miss Aylmer.»

    «Lord Dersington.» Lei non sorrise né gli porse la mano. I suoi occhi erano del colore grigioblu di un fiume invernale, nel volto pallido.

    Jack si ritrovò stranamente a corto di fiato. Non era graziosa o bella, ma aveva qualcosa... qualcosa a cui non riusciva a dare un nome. Un che di etereo, una fredda serenità, come se stesse guardando attraverso un vetro da un altro mondo. Gli ricordò le incisioni di sante che aveva visto nelle cattedrali. Aveva lo stesso naso un po' lungo e il volto ovale, e quegli occhi che guardavano tranquillamente agli orrori del mondo dei peccatori. Insignificante, per i canoni attuali, tuttavia in qualche modo adorabile e remota.

    «Non volete sedere?»

    Lui non usava il suo titolo, Madelyn lo sapeva, ma era importante vedere come affrontava il fastidio. Bene, sembrava, almeno in superficie. Intrecciò le mani davanti a sé e ingiunse loro di non tremare. «Milord...»

    «Jack Ransome» la corresse il quinto Conte di Dersington, amabilmente, mentre tirava a sé una sedia e aspettava che lei sedesse prima di farlo a sua volta. «Solo Mr. Ransome.» Mise cappello e guanti sul tavolo e si passò una mano tra i capelli scomposti, del colore della quercia antica che ricopriva la sala da pranzo del castello.

    «Perché non usate il vostro titolo, signore?»

    «Perché... e sono sicuro che lo sappiate, a meno che non abbiate fatto nessuna domanda su di me, cosa di cui dubito... non possiedo né terre né una casa. Che cos'è un conte senza terra?» Aveva fatto la domanda come se stessero dibattendo una questione accademica, non qualcosa di così personale, per lui. Gli occhi blu, però, non erano divertiti.

    «Un conte senza terra è sempre un conte.» Sembrava che avesse fatto una mossa con un pezzo di scacchi. Che cosa avrebbe dovuto rispondere?

    «L'intera ragion d'essere dei conti e di tutto il resto dell'aristocrazia era di dare sostegno alla Corona, di mantenere dei lavoranti, in modo da poter portare uomini in campo per la guerra. Negli anni recenti il ruolo è diventato economico. Uomini titolati siedono nella Camera dei Pari per assistere il governo e contribuire alla ricchezza della nazione con la gestione delle loro tenute. Senza questo, logicamente, un aristocratico non ha scopo.»

    «Voi potete ancora sedere nella Camera dei Pari» osservò Madelyn, ancora più curiosa adesso che aveva udito la spiegazione dalle sue labbra. Erano labbra ferme, che incorniciavano una bocca che non sembrava disegnata per l'esitazione.

    «Ho scelto di non sprecare il mio tempo in un luogo in cui posso solo fingere di avere uno scopo. Voi potete considerarlo orgoglio, Miss Aylmer, e potreste avere ragione. I miei pari mi chiamano Senza Terra, il che rivela la misura della loro mancanza di rispetto per la mia posizione, non credete? Preferisco impiegare tempo ed energie in ciò che posso ottenere.»

    «Re Giovanni si guadagnò il titolo di Senza Terra perdendo tutte le terre in Inghilterra e in Francia. A quanto ne so, voi non avete fatto niente per meritare di perdere il vostro diritto di nascita.» Madelyn era abituata ad avere a che fare con uomini difficili e si era fatta forza per affrontare Mr. Ransome. Avrebbe continuato a metterlo alla prova finché non avesse capito chi aveva di fronte. C'era troppo, in ballo.

    «No» ammise lui, «ma questo non mi rende più disponibile a comportarmi come se stessi gestendo acri di terreno. Io preferisco la realtà, e non mi piacciono le fantasie.»

    Madelyn notò che non si guardava intorno mentre lo diceva. Chiaramente si aspettava che lei fosse in grado di cogliere il punto. Sembrava che disprezzasse la creazione di suo padre.

    «Ho scelto di costruire il mio posto nel mondo con i miei sforzi» continuò Jack Ransome. «E suppongo che sia per questo che mi avete convocato, piuttosto che per avere una conversazione sulle mie proprietà. O sulla mancanza di esse.»

    Era meglio smetterla di metterlo alla prova, prima che si alzasse e se ne andasse, concluse Madelyn. O perdesse la pazienza. Lisciò una piega nella stoffa sul ginocchio finché le dita non tornarono ferme e si costrinse a continuare. «Voi siete un agente investigativo.» Lo sapeva, naturalmente, ma era interessata a capire come l'uomo descrivesse se stesso.

    «Agisco come intermediario di altri, per un compenso. Faccio succedere le cose o impedisco che succedano. Spesso questo include fare investigazioni» replicò lui.

    Il fermo sguardo blu non mostrava risentimento né impazienza, ma neppure piacere all'invito a parlare di se stesso. Una novità... Era un uomo intrigante, il che aiutò Madelyn a calmare i suoi nervi.

    «Se dei figli si ritrovano invischiati con donne inadatte o con qualche truffatore, io li libero. Se il pretendente alla mano di una figlia sembra troppo buono per essere vero, verifico la sua affidabilità. Se della corrispondenza delicata va perduta, o arrivano lettere anonime, vado in fondo alla faccenda per voi. Se volete una scorta sicura per qualche posto, ve la procuro. Se voleste sparire, potrei sistemare la cosa. O forse siete ricattata. Io tolgo di mezzo i ricattatori.»

    Madelyn si chiese se dovesse chiedere in che modo lo facesse. Resistette alla tentazione. Non aveva bisogno di nessuno di quei servizi.

    Mr. Ransome si appoggiò indietro sulla sedia, incrociò una gamba calzata di stivale sull'altra e sollevò un interrogativo sopracciglio scuro. «Cosa volete che faccia per voi, Miss Aylmer?»

    Madelyn scoprì di non essere ancora pronta a dirglielo. Prima doveva trovare il coraggio. O forse aveva bisogno di seppellire ancora più in profondità i dubbi riguardo alle volontà paterne. «Voi sapete chi sono, chi era mio padre, perché vivo in un castello?» chiese.

    Avvertì, più che vedere, che adesso aveva la sua piena attenzione. Sembrava che Ransome avesse fatto i suoi compiti.

    «Vostro padre, Mr. Peregrine Aylmer, era ossessionato da due cose: il Medioevo e il suo lignaggio, non necessariamente in quest'ordine. Ereditò una grande fortuna e la usò per restaurare questo castello, per creare e immergersi in un mondo fantastico che, immagino, poteva permettersi, vista l'estensione della sua eredità e i suoi fortunati investimenti. È morto di recente, e voi siete la sua unica erede.»

    Madelyn annuì. «Sì, è tutto corretto. Non sono rimasti uomini con il nostro nome, che deriva dall'anglosassone aethelmaer, che significa famoso nobile. Il nostro lignaggio precede ogni re inglese noto, ogni titolo di nobiltà sopravvissuto in data odierna.»

    «Tutte le famiglie, anche le più umili, potrebbero essere tracciate dall'inizio del tempo, se solo esistessero le registrazioni» osservò l'uomo il cui titolo era una creazione dei Tudor. Madelyn sospettava di conoscere il suo albero genealogico meglio di lui. «Tutti noi discendiamo da Adamo. Alcuni conoscono meglio di altri la propria storia... o le fantasie che la circondano, tutto qui.»

    «Il nostro lignaggio è documentato. Tutto quello che mio padre voleva era un figlio a cui trasmettere il nome per continuare la linea di sangue, continuare il suo lavoro. Mia madre morì insieme a mio fratello neonato sei anni fa. Io sono l'unica sopravvissuta di sei figli da due mogli. Quella morte gli spezzò il cuore.»

    «Fu allora che l'ossessione per questo castello aumentò?» domandò Ransome in tono freddo.

    «Mio padre non era ossessionato» protestò lei. Tutti avevano dei pregiudizi sul suo conto. Perfino io, a volte, pensò colpevolmente. Aveva inteso scuotere la compostezza di Ransome, ma sembrava che lui avesse rovesciato le carte in tavola.

    Madelyn abbassò la voce, costringendosi a tornare alla solita calma. «Il castello di Beaupierre è un lavoro di grande sapienza, una creazione artistica, che riporta indietro un mondo perduto. Mio padre vi ha dedicato l'intera vita.» Di sicuro chiunque poteva vederlo. Anche lei, che ne conosceva il prezzo, non aveva dubbi sul risultato, e Jack Ransome era un uomo istruito: avrebbe compreso quanto era costato in tempo, denaro e dedizione.

    «E anche voi eravate un lavoro di sapienza, un pezzo d'arte, per vostro padre, Miss Aylmer?»

    Io ero una delusione. Una ragazza. Di certo non un pezzo d'arte. Io ero... sono... un fallimento.

    «Naturalmente io sostenevo mio padre. Lui scelse di vivere in un'epoca di cavalleria e bellezza. Un mondo immerso nella campagna, basato sulla maestria umana. Non un mondo moderno di velocità e città, di povertà e brutture.» Conosceva tutti gli argomenti a memoria.

    La faccia di Ransome era atteggiata a un'espressione severa, che probabilmente nascondeva la voglia di ridere. Madelyn non desiderava essere una fonte di divertimento, per lui. Al contrario, lo temeva, sebbene non quanto temesse la sua collera. C'era così tanto di cui essere spaventata, ma non si sarebbe tirata indietro adesso.

    Controllò il respiro e si costrinse a fissare con fermezza Jack Ransome. Ogni informazione sul suo conto lodava la sua intelligenza, nessuna parlava di un temperamento violento o irrazionale, o di maltrattamenti sui domestici – non che ne avesse molti – e neppure di ubriachezza o dissolutezza. Era in buona salute, un uomo atletico. Aveva voltato le spalle alla società e in cambio la società lo prendeva in giro chiamandolo Senza Terra e disapprovando con veemenza il suo rifiuto del titolo. Tuttavia, molti dei suoi membri si rivolgevano a lui quando avevano bisogno di aiuto.

    Mr. Ransome aveva amici, alcuni non convenzionali, altri molto ambigui. Era pericoloso, dicevano i resoconti, ma restando nel vago su chi ricadesse il pericolo, a parte i ricattatori che aveva menzionato. Era giudicato spietato ma onesto. Testardo, difficile e indipendente. Nessun resoconto parlava dell'aspetto di Jack Ransome, del suo naso diritto o della mascella decisa, piuttosto appuntita, che gli conferiva un aspetto vagamente felino. Non c'erano stati accenni a una bocca che rivelava appena una traccia di sensuale indulgenza, nella sua severa espressione.

    Così distante, così... adatto.

    «Non mostrate curiosità sul motivo per cui ho richiesto i vostri servigi, Lord... Mr. Ransome.»

    «Non dubito che mi informerete, al momento opportuno. Che decidiate di assumermi o meno, presenterò al vostro amministratore la mia parcella per oggi e per il tempo che ho impiegato viaggiando avanti e indietro da Newmarket e per le spese che ho sostenuto nel viaggio. Se intendete spendere quel denaro in chiacchiere, è una vostra prerogativa, Miss Aylmer.»

    Molto freddo. Molto professionale, suppongo.

    Madelyn non aveva esperienza nel trattare con uomini che avessero una professione, a parte Mr. Lansing, l'amministratore di suo padre, il quale riusciva a fatica a comunicare con lei. Era sconvolto nel ritrovarsi a dover rispondere a una donna.

    Si alzò, felice che il bordo del tavolo la sostenesse. Anche lui si alzò, una buona testa più alto di lei, nonostante fosse una donna alta.

    «Per piacere, sedete.» Il coperchio del forziere cigolò nell'aprirsi, finché fu fermato da una catena, restando come uno schermo tra Mr. Ransome e il suo contenuto. Madelyn sollevò i rotoli e i fasci di carte che conteneva e li piazzò in una pila sul tavolo alla sua sinistra, a parte uno, parzialmente aperto. Mantenne la mano destra su quello, mentre tornava a sedere.

    «Quello che richiedo, Mr. Ransome, è un marito.»

    Si era esercitata nel dirlo, e la sua voce tremò appena. In qualche strano modo, quella situazione andava oltre la paura, sconfinava nell'incubo, e gli incubi non erano reali.

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