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Prima che cada la notte
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Prima che cada la notte
E-book162 pagine2 ore

Prima che cada la notte

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Info su questo ebook

Sebastiano Mancini è un vinto, sconfitto nella lotta contro un dolore profondo dal quale fugge fin dall’infanzia. Convinto di aver trovato finalmente pace rifugiandosi su di una piccola isola, la sua illusione sfuma quando riceve una mail in codice: inizia per lui una caccia in cui non si capisce chi sia preda e chi predatore. Fra le strade di Roma, sua città d’origine, dovrà affrontare il suo passato recente e le sue antiche angosce. Preda dei suoi dubbi, alimentati dall’incontro con Anna, vedrà cadere una dopo l’altra le sue certezze. Quando capirà di aver perso tutto, Sebastiano si avvierà verso la resa dei conti. Ma la vita saprà ancora una volta sorprenderlo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2020
ISBN9788835892724
Prima che cada la notte

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    Anteprima del libro

    Prima che cada la notte - Federico Saccomandi

    padre.

    0.

    Ar-Rutbah, Iraq, estate 2011

    Scostando la tenda videro arrivare un grosso Hummer nel cortile adiacente il magazzino. Ne scesero Tarek El-Hasni col suo braccio destro Chadi Al Hussain, il fido guardaspalle Ali Dahoud e l’autista. I quattro entrarono spediti nel magazzino, dove ad attenderli c’era Mahmoud Mohamad, il contabile del gruppo, con due miliziani che subito uscirono e si misero di guardia.

    Dopo pochi secondi i microfoni piazzati la notte precedente iniziarono a funzionare:

    Che cazzo sta succedendo, Mahmoud?

    Non lo so, Tarek. È da ore che provo a capirci qualcosa. È impossibile accedere ai conti svizzeri e a quelli in Lussemburgo. Anche in Liechtenstein lo stesso: conti bloccati.

    Hai chiamato Vaduz?

    Non rispondono. La linea è staccata.

    Chadi … notizie da Londra?

    Niente, linee mute. Ma cosa significa?

    Che vogliono fregarci, maledizione.

    Ma chi? Gli americani, i sauditi?

    In questo momento non mi importa. Lo scopriremo a tempo debito, adesso dobbiamo andarcene alla svelta. Prendiamo solo l’Hummer e il pick-up. Chiama Damasco: voglio strada libera fino a Beirut. Poi da lì ci imbarchiamo per Il Cairo.

    Tom diede il segnale d’attacco: con un fucile di precisione silenziato abbatté il miliziano che sorvegliava l’ingresso del cortile, contemporaneamente Patrick fece lo stesso con il secondo uomo di guardia e si fiondò all’interno, seguito da Seb e Francisco che uscirono dal loro nascondiglio. Tom scavalcò il muro di cinta servendosi della carcassa di un’auto bruciata e si mise in posizione.

    Dopo alcuni secondi dalla porta del capannone uscirono El-Hasni e i suoi luogotenenti. Appena mossi i primi passi furono investiti da una tempesta di proiettili. Dahoud e Al Hussain caddero subito, mentre Mohamad fece involontariamente da scudo a El-Hasni che rispose al fuoco, correndo verso un secondo ingresso che stava discosto alcuni metri. Nel frattempo l’autista, preso dal panico, sfondò la saracinesca cercando di darsi alla fuga con il pick-up. Seb lo vide e sparò nella sua direzione. L’uomo si accasciò sul volante e il furgone andò lentamente ad arrestarsi contro alcuni bidoni vuoti.

    Approfittando dell’imprevisto El-Hasni riuscì a rifugiarsi nel locale al lato del magazzino, ma da lì non aveva scampo. Patrick e Francisco fecero per andare a stanarlo, ma Tom li richiamò:

    Via, via, non c’è tempo … tutti via, maledizione.

    E con Patrick saltò sul pick-up, scaraventando giù il cadavere dell’autista. Seb e Francisco presero l’Hummer e sfondarono la recinzione, seguiti dal mezzo guidato da Tom

    Fecero appena in tempo a svoltare in una via laterale e a dirigersi verso il deserto che tutto il complesso esplose con un boato fortissimo, centrato da un missile lanciato da un drone americano.

    Appena usciti dalla cittadina, come previsto, i due mezzi si divisero: l’Hummer verso la Giordania, il pick-up verso il confine Saudita.

    "Ok, – disse Tom via radio – il piano ha funzionato. Proseguiamo come previsto.

    "Siamo sicuri che sia morto? – domandò Seb – Io non l’ho più visto.

    "Ti garantisco che nessuno può essere sopravvissuto a quel botto – lo rassicurò Tom – comunque ormai non è più un nostro problema.

    Il pick-up si diresse a gran velocità verso un’area militare dismessa alla periferia della cittadina, mentre l’Hummer proseguì in direzione di Amman.

    Tom percorse alcune vie deserte addentrandosi in una zona isolata, costellata di costruzioni semidistrutte. In una via laterale si avvicinò lentamente a un grosso furgone, che sembrava abbandonato. Sgasò tre volte il motore e a quel segnale le porte posteriori del furgone si aprirono e da uno stabile vicino uscirono due uomini: uno dei due, alto e muscoloso, portava uno zaino scuro di discrete dimensioni ed era armato; l’altro era più basso, tarchiato e non aveva armi con sé.

    I due si avvicinarono, Tom e Patrick smontarono dal furgone. Tom strinse la mano all’uomo più basso, mentre l’altro restò distante qualche metro guardandosi attorno.

    Felice di vederti, Petar.

    Hmm … senza offesa, ma io sono molto più contento di vedere quello.

    E con il mignolo della mano sinistra, guarnito di un’unghia lunghissima e appuntita, indicò il pick-up.

    C’è tutto?

    Certo: duecentocinquanta chili di morfina base purissima.

    Non te la prendere, amico mio … so che di te mi posso fidare, dicevo per dire …

    Lo so. E tu capirai che sono un po’ nervoso e ho fretta di concludere l’affare.

    Con un gesto del mento indicò il grosso zaino, che nel frattempo Petar si era fatto consegnare.

    Più che giusto.

    Così dicendo Petar poggiò lo zaino sul cofano del furgone e fece un passo indietro. Patrick era molto nervoso e osservava la scena tenendo la mano sul calcio della pistola.

    Tom slegò l’imboccatura dello zaino, sbirciò dentro e annuì serio. Petar commentò:

    Sei milioni in banconote usate di medio e piccolo taglio, come concordato. Ora posso esaminare anch’io la merce?

    Tom con la mano gli fece cenno di accomodarsi. L’uomo si avvicinò al vano posteriore, scostò leggermente uno dei teli e conficcò la lunga unghia del mignolo in uno degli involucri di iuta ricoperti di cellophane nero. Ne estrasse una piccola quantità di polvere bianca, che prima annusò e poi assaggiò con la punta della lingua.

    Con un’espressione di estrema soddisfazione commentò:

    Hmm … ottima qualità. Non avevi esagerato.

    Ad un suo segnale i due uomini che stavano all’interno del furgone cominciarono velocemente a trasbordare il carico. La tensione iniziò ad allentarsi, Tom richiuse lo zaino e lo affidò a Patrick, poi si rivolse di nuovo a Petar:

    Come farai a portarla fuori di qui?

    Il grosso bulgaro rise di gusto:

    Dimentichi che ufficialmente lavoro per la cooperazione internazionale?

    Ma certo! I convogli umanitari non passano la dogana, soprattutto se risultano vuoti. Amico mio, sei veramente un gran figlio di puttana.

    Petar annuì soddisfatto.

    E tu? Come farai a giustificare la scomparsa del carico?

    "Non hai sentito che botto? – gli rispose Tom – Il carico è bruciato in quell’inferno …

    "Amico mio – concluse Petar – credo proprio che io e te abbiamo avuto la stessa madre!

    I due si fecero una grossa risata. Nel frattempo il trasbordo della merce era terminato.

    "Bene amici miei, è arrivato il momento di separarci – disse Petar tendendo la mano a Tom – spero di poter fare ancora affari con te, Tom.

    Con piacere.

    I due si diedero gran pacche sulle spalle, poi si voltarono e si separarono. Tom e Patrick risalirono sul pick-up. I due mezzi partirono di gran carriera diretti in direzioni opposte.

    "Ci possiamo fidare del bulgaro? – chiese Patrick.

    Petar è una delle persone più affidabili che conosco. Gli piace fare lo sbruffone e ha visto troppi film americani, ma non mancherebbe la parola data per nulla al mondo.

    "Speriamo … – commentò Patrick che guardava imbronciato fuori dal finestrino.

    "Merde! – esclamò poi all’improvviso.

    Che succede?

    Guarda nello specchietto.

    Dietro di loro un mezzo militare avanzava a gran velocità.

    "Chi cazzo sono? – chiese Patrick prendendo la Glock.

    Una pattuglia della coalizione, questa è zona di addestramento.

    Che facciamo?

    Resta calmo e tieniti pronto.

    Tom accelerò guadagnando vantaggio e sterzò di colpo in una stradina laterale. Arrestò il furgone e scesero, lasciando le porte aperte ed il motore acceso. Patrick fece alcune decine di metri a ritroso di corsa, andandosi ad appostare in un rudere. Tom saltò sul cassone e si nascose sotto il telo.

    Il mezzo militare, un Lince dell’Esercito Italiano, arrivò pochi secondi dopo e si fermò a una ventina di metri dal furgone.

    La pattuglia era composta da due aspiranti ufficiali di polizia iracheni e da due addestratori dei Carabinieri, il Capitano Giovanni Clarich e il Maresciallo Attilio Ponzellini.

    "Sono scappati? – chiese il Maresciallo.

    "Adesso andiamo a vedere – disse Clarich, facendo segno ai due iracheni di scendere.

    Capita’, mi piace poco. Avvisiamo il comando?

    E se poi è una minchiata? Magari sono solo due stronzi che hanno rubato un furgone. Te l’immagini i cazziatoni?

    Eh, me l’immagino sì ...

    Clarich cominciò a muoversi lentamente verso il furgone imbracciando il 70/90, la recluta irakena dietro di lui. Ponzellini si era messo di guardia dietro al mezzo, ma continuava a voltarsi nervosamente verso i due soldati avanzanti.

    Il Capitano metteva un piede davanti all’altro e controllava continuamente di lato con la coda dell’occhio. Il luogo pareva deserto, il caldo insopportabile. Giunti alle spalle del furgone fece cenno all’allievo ufficiale di girare attorno al mezzo. L’iracheno eseguì il controllo rispettando scrupolosamente la procedura. All’altezza della cabina di guida si mise in posizione con il fucile puntato. Dopo un secondo indietreggiò e segnalò che era vuota. Completò il giro e raggiunse Clarich.

    "Non c’è nessuno. Si sono allontanati – disse.

    Molto bene, torniamo al Lince e avvisiamo il comando.

    Ebbe appena il tempo di fare un passo, poi tutto accadde in un attimo: dietro di loro avvertirono un tonfo sordo, come di un corpo che cade. Si voltarono istintivamente e videro l’autista del Lince riverso a terra a faccia in giù. Dietro al mezzo anche Ponzellini era steso e con le mani si stringeva la gola, da cui zampillavano fiotti di sangue.

    Era ciò che aspettava Tom: approfittando di quel brevissimo attimo di smarrimento, il gigante dai capelli rossi si alzò di scatto impugnando una pistola silenziata.

    Clarich riuscì appena a vedere i lampi dei colpi, che centrarono l’allievo iracheno poco sotto la tempia destra e lui proprio in mezzo agli occhi.

    Seb e Francisco attendevano in una piccola base militare poco al di là del confine giordano. Da ore Tom e Patrick non davano notizie e, come se non fosse bastato, poco prima le radio militari erano letteralmente impazzite: una pattuglia di militari italiani era caduta in un’imboscata e c’erano stati dei morti. Tutte le basi erano in allarme. Francisco era terribilmente nervoso.

    "Non mi piace – commentò – sono in ritardo e questo silenzio mi preoccupa. Spero non abbiano a che fare con quella storia dei militari …

    Seb cercava di tenerlo calmo, ma la notizia dell’imboscata teneva in ansia anche lui. In quel momento la radio finalmente gracchiò:

    In avvicinamento al rendez-vous. Scusate ragazzi, c’è stato un piccolo ritardo.

    Seb afferrò un potente binocolo e si arrampicò sul tettuccio dell’Hummer: da lì poté distinguere il pick-up distante alcune miglia.

    Eccoli … sono soli, nessuno li segue. Puoi stare tranquillo.

    Francisco però non era convinto:

    Cosa avrà voluto dire Tom?

    "Chiedilo a loro – disse Seb saltando giù dal mezzo.

    Appena Tom e Patrick si fermarono, Francisco quasi li aggredì:

    Che diavolo è successo? Perché questo ritardo?

    Tom lo affrontò:

    Che ti credi, che arriviamo da una gita? C’erano pattuglie dappertutto…

    "Problemi coi militari? La radio parlava di un’imboscata agli Italiani … – chiese Seb.

    "No, tutto liscio – mentì Tom con tono più calmo – ma abbiamo dovuto girare alla larga e per questo abbiamo perso tempo.

    "Quindi voi non

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