Mondo Inverso
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Antonio Medaglia nasce a Petilia Policastro (KR) il 14 aprile 1944. All’età di undici anni entra nel collegio dei Minimi di Paola, dove frequenta le scuole medie inferiori ed il liceo ginnasio. Collabora con il periodico mensile “Latina Lingua”, fondato dal benemerito latinista padre Nicola Lusito. Dopo gli studi liceali, si iscrive al primo anno accademico della Facoltà di Filosofia presso l’Università Lateranense di Roma. L’anno successivo, si trasferisce a Milano e si iscrive alla Facoltà di Lettere moderne presso l’Università Statale. Dopo il conseguimento della laurea, ottiene l’abilitazione all’insegnamento di materie letterarie e latino nei licei e incomincia così la sua carriera di docente presso il liceo Scientifico Statale “G. Peano” di Cinisello Balsamo (MI), dove si stabilisce con tutta la famiglia. Diventa cogerente e redattore della rivista mensile locale Speaker, che si occupa di argomenti politici e culturali. Nel 1978 si sposa con Maria Altimari; nel 1979 nasce il primo figlio Salvatore, nel 1986 il secondo figlio Valerio. Nel 1984 ottiene il trasferimento di cattedra nel liceo scientifico “L. B. Alberti” di Minturno, importante centro nel golfo di Gaeta e confinante con Castelforte, il comune di residenza. Nel 2012, conclude la sua carriera di docente. Da allora si dedica all’attività poetica e alla narrativa. Nel 2017 pubblica il romanzo Con gli occhi del Sud (Europa Edizioni). Il 7 agosto 2018 gli viene assegnato il premio letterario per la narrativa “Acqua Noir” dall’organizzazione “OMICRON” di Latina.
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Anteprima del libro
Mondo Inverso - Antonio Medaglia
Einstein)
Prefazione di Pamela Michelis
L’aspetto carente che maggiormente si evidenzia oggi nella nostra società è la mancanza: di convinzione, di consapevolezza, la quasi totale assenza di ideali in cui identificarsi. Sembra un discorso retorico, per qualcuno forse anche noioso, ma se ci pensate attentamente cos’è che muove le nostre azioni, in genere? Non è solo il desiderio, o il possibile guadagno – metaforico o reale – come i cinici potrebbero obiettare, bensì qualcosa di più grande, di superiore, potremmo osare dire: una forza che sia capace di echeggiare nel nostro petto e che ci faccia prediligere la via in cui non solo ci riconosciamo, ma in cui crediamo, che ci attrae verso il bene.
Non si tratta di manifesti politici o sociali: è l’intenzionalità di rendere la nostra vita qualcosa di prezioso, non solo per noi, ma anche per chi abbiamo intorno, conoscenti e non... e per chi verrà dopo, proseguendo sulle nostre orme.
Si plagia il bambino appena nato,
suscitando il senso del peccato;
si congeda tristemente l’innocenza
con dogmi, misteri e catechesi.
Le statue grondanti sangue umano
seducono lo spirito e le menti.
Si assiste all’impotenza della scienza
dei discendenti di Bruno e Galilei;
contro lo studio delle staminali
si organizza l’evento sovrumano
con programmi in tv e telegiornali.
Ne sono complici politici svenduti,
che si bagnano in pubblico le dita
in acqua putrida di grigie acquasantiere.
(Medioevo postmoderno)
In questa raccolta di Antonio Medaglia le sfumature di questa forza sono vive, vibranti: quella – importantissima – di portare avanti un pensiero critico, perché solo ponendoci domande, in continuazione, forse troveremo le risposte giuste; quella che si riflette nell’amore per la propria famiglia, quella importantissima per i propri figli, anche quelli adottivi (come gli studenti), quelli per un’umanità ampissima, il mondo stesso, sempre più stritolato tra le maglie di una globalità che ha accantonato le sue potenzialità per ignobili certezze individuali.
Ma c’è molto di più: è auto-affermazione, non egoismo, quel desiderio inconscio di mostrarsi sicuri delle proprie espressioni ma senza schiacciare l’altro (lezione fondamentale), con la voglia e il desiderio di portare alla luce la bellezza nascosta nel fango, anzi, sommersa dal fango.
In questo mondo senza valori,
di solitudine in tanto rumore,
noi siamo tristi, noi siamo soli.
Viviamo lo stress tecnologico,
e dei parametri europei;
incombe il pericolo del nucleare,
e di violente guerre locali.
Detriti inerti della fiumana,
passivamente noi tracimiamo;
mangiamo solo cibi transgenici,
ci nutriamo di cronaca nera;
tutti i malesci li mandiamo al potere,
e il masochismo ci fa godere.
Torniamo liberi, torniamo a pensare,
torniamo a vivere, torniamo a sognare.
(Torniamo liberi)
Sono versi quelli qui raccolti potremmo dire declamativi: le parole si impossessano della pagina come incise, a ricordarci quanto peso abbiano, un’altra lezione che scordiamo sovente. Le parole infatti – brutte o buone
, per usare un’espressione forse infantile – hanno un loro enorme peso, non dovremmo mai trascurarlo e soprattutto sottovalutarlo; usarle a sproposito è un male, sempre, perché ne diminuisce l’intrinseco merito, l’importanza e soprattutto possono nuocere, come usando un nome che non è quello corretto, veritiero: è un modo come un altro – gravissimo – per ignorare la realtà.
«È solo una questione di parole. Ma le