Ti ricordi di McKenna?
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Se mi ricordo di McKenna? Come potrei dimenticarmene!
Lui è il responsabile della mia ossessione per quelli con i capelli rossi e per tutto quello che ha a che fare con la Scozia. È stato il mio primo amore quando avevo solo sedici anni, e si sa, il primo amore non si scorda mai. Voi siete riuscite a farlo? Io no.
Mi ha spezzato il cuore in mille pezzettini e adesso, a una settimana dal matrimonio di una delle mie migliori amiche, vengo a sapere che non solo è invitato, ma che è anche il testimone dello sposo.
Meno male che la settimana scorsa ho comprato un calendario con delle frasi per dare un po’di saggezza alla mia vita (sapete a cosa mi riferisco); spero solo che quella che mi è toccata oggi non sia vera:
«Mai dire mai; la vita ha dei modi molto divertenti per dimostrarti che ti sbagli».
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Anteprima del libro
Ti ricordi di McKenna? - Maria Ferrer Payeras
Per gli amici che rimangono al mio fianco
anche quando divento insopportabile.
ÍNDICE
––––––––
Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre
Capitolo quattro
Capitolo cinque
Capitolo sei
Capitolo sette
Capitolo otto
Capitolo nove
Capitolo dieci
Capitolo undici
Capitolo dodici
Capitolo tredici
Capitolo quattordici
Capitolo quindici
Capitolo sedici
Capitolo diciassette
Capitolo diciotto
Capitolo diciannove
Capitolo venti
Capitolo ventuno
Capitolo ventidue
Capitolo ventitre
Capitolo ventiquattro
Capitolo venticinque
Capitolo ventisei
Capitolo ventisette
Capitolo ventotto
Capitolo ventinove
Capitolo trenta
Capitolo trentuno
Capitolo trentadue
Capitolo trentatre
Capitolo trentaquattro
Capitolo trentacinque
Capitolo trentasei
Capitolo trentasette
Capitolo trentotto
Capitolo trentanove
Capitolo quaranta
Epilogo
Ringraziamenti
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CAPITOLO UNO
––––––––
Mi chiamo Laura, ho appena compiuto trent’anni e credo di aver trovato la soluzione ai miei problemi. Ho comprato una cosa che cambierà la mia vita!
Non vedo l’ora di tornare a casa e farla vedere alle ragazze.
Vivo in un appartamento in una zona abbastanza centrale, l’Obelisco, il nostro quartiere preferito da tutta la vita. Ovviamente, non me lo sarei mai potuto permettere da sola, la casa appartiene ad una delle mie migliori amiche, Merce, e la condivido con lei e con Claudia, l’altra mia migliore amica.
—Ragazze, sono a casa! —canticchio appena entro.
Vado nella mia stanza, che si trova vicino all’entrata, e lascio lì la mia borsa, mi tolgo le scarpe e vado direttamente nel bagno in fondo al corridoio. Loro sono sedute in salone, a guardare una serie tv con cui si sono fissate, e non mi salutano neanche quando mi vedono correre come un lampo verso il bagno.
Mia madre mi ha fatto venire questa abitudine quando ero piccola: appena entravamo in casa, mi obbligava ad andare in bagno, che ne sentissi il bisogno o no, e adesso, non appena infilo la chiave nella serratura, sento che devo correre per non farmela sotto, dico sul serio! Per questo Claudia e Merce non si muovono neanche; ormai sono abituate a questa scenetta.
Quando esco dal bagno, il mio livello di comfort è aumentato del duecento per cento. Mancano cinque minuti alla fine della serie e non voglio disturbarle, così mi dirigo verso la cucina e preparo il caffè. Ci sono due cose che non mancano mai in questa casa: caffé e semi di girasole. Sì, so già che sembra una strana combinazione, ma ognuno ha i suoi gusti, no?
Appena la telenovela finisce, vengono entrambe verso la cucina sospirando per il protagonista, anche se per motivi diversi.
—Non riesco a spiegarmi come un tipo come lui, a cui non manca niente, possa fare una serie così monotona. Io la seguo solo per vedere lui, eh, perché la trama è noiosa da far paura! —La voce di Merce arriva alle mie orecchie attraverso il corridoio.
—Non è una trama noiosa, tutto il contrario, è super romantica, e spero che un giorno tu ti possa innamorare tanto quanto i due protagonisti, così ti rimangerai quello che hai detto e io potrò ridere di te fino all’infinito e oltre. —Claudia è più simile a me, siamo innamorate dell’idea dell’amore, anche se da questo punto di vista lei è avanti a me.
Fisicamente, non potremmo essere più diverse. Claudia è bionda, con i capelli
lisci che le arrivano alle spalle, è bassa e un po’ rotondetta, Merce è mora, con i capelli stile afro, più lunghi di un giorno senza cibo. E io, la terza incomoda, sono castana e ho i capelli da topo. Sì, di quelli che non sono né lisci né ricci, difficili da pettinare e che non vengono mai del tutto bene. Per quanto riguarda la forma fisica, beh, sono nella media. Non sono una ragazza che se la crede, anche se il mio fisico non mi dispiace, ad eccezione del seno, su cui ho dei complessi (è per una cosa che è successa a scuola e che adesso non ho voglia di raccontare). Quello che mi piace di più di me stessa sono le mie lentiggini; ne ho milioni, mi sono sempre piaciute tantissimo. Suppongo che mia madre si sia preoccupata di farmele piacere da subito per evitare che mi lamentassi di averle in futuro.
—Il caffè é pronto! —le interrompo per far smettere la cantilena che iniziano ogni giorno a quest’ora, quando escono i titoli di cosa della fortunata telenovela.
—A te piacerebbe, Laura. È una serie sull’amore vero, ma vederla con questa ingrata le toglie tutto il fascino —mi dice Claudia appena entra in cucina.
Merce grugnisce, mostrando leggermente i denti, mentre si avvicina a me e mi prende la tazza dalle mani. Non mette mai lo zucchero nel caffé, aspetta sempre che lo facciamo io o Claudia, e poi ce lo ruba.
—Dov’eri? —mi chiede Claudia—. Mi sono sorpresa quando sono tornata e non ti ho trovata.
—Non sono tornata a casa prima perché sono andata a mangiare con Berta, la mia collega. Mi ha accompagnato a comprare una cosa che vi farà uscire fuori di testa non appena la vedrete. —Abbasso il tono di voce e con la bocca socchiusa aggiungo—: E perché non avevo voglia di lenticchie.
—Non mangi mai i legumi, Laura, e sai che fanno bene.
—E se lo dice l’infermiera...! —dico a Claudia per scherzare. So che lo dice per il mio bene, ma non mi piacciono le lenticchie; mi si forma una massa in bocca quando le mangio e non c’è modo di farla scendere giù.
—Che cosa hai comprato? —chiede Merce imboccando il corridoio, diretta in camera mia.
Claudia ed io la seguiamo e quando entriamo nella stanza ha già sparso la metà del contenuto della mia borsa sul letto.
—È lì, in quella busta di plastica.
Merce è una pettegola; non le piace che la gente parli di lei alle sue spalle, ma lei deve sempre sapere tutto di tutti.
—Che cos’è questo?
—È un calendario?
Sì, è un calendario di quelli che si mettono sul tavolo, che si usavano negli uffici, con le pagine fine e degli anelli per cambiare i giorni. Avete capito a quale mi riferisco? Sì? Beh, è carinissimo e me ne sono innamorata. Ma non sembra che le mie amiche ne siano rimaste impressionate.
—La cosa interessante non è il calendario in sé, ma il fatto che su ogni giorno c’è scritta una frase motivazionale. —Il termine «auto-aiuto» non mi piace per niente: ho bisogno di aiuto, ma non lo chiederò a me stessa, non siete d’accordo?—. Penso di seguire le indicazioni alla lettera.
—Che vuol dire che seguirai le indicazioni? Laura, qui ci sono solo frasi di
«incoraggiamento» —mi dice Merce con tono di rimprovero mentre scorre le pagine avanti e indietro senza nessuna delicatezza.
—Cosa c’è di sbagliato nell’auto-motivarsi? Avanti, parla!
—Va bene, non c’è niente di sbagliato, quello che voglio sapere è cosa ti ha fatto pensare che sia un libretto delle istruzioni sulla vita. Vediamo.
—È stata Berta —dico, con la bocca di nuovo semichiusa; so che la mia risposta non gli piacerà per niente.
—Ti sei lasciata influenzare di nuovo da quella pazza!
—Non è pazza, è solo che vive la vita in modo diverso. E, se non consideriamo il suo lato esoterico, vi somigliate molto più di quanto pensi.
Merce abbassa la testa e mi guarda al di sopra degli occhiali. A proposito, li porta solo quando è in casa. Lei è molto pragmatica, per questo classifica tutte queste cose come delle cavolate. E io che pensavo che sarebbero rimaste meravigliate dal mio acquisto!
—Non capisco perché non vi piaccia —dico, frustrata—. È bellissimo e questo è il genere di cose che piace a me. Inoltre, non c’è gente che legge l’oroscopo e poi si comporta secondo quello che dice per tutta la settimana? Beh, perché io non posso fare lo stesso con una frase motivazionale?
—Beh, non è una cattiva idea —interviene Claudia, già si capisce che stiamo per iniziare una discussione—. In fondo in fondo, un po’ di positività non farà male a Laura; è da molto tempo che ha lo stato d’animo sotto i piedi.
Merce sbuffa. Lei sa perché da qualche mese sono particolarmente sensibile, ma a Claudia non gliel’ho raccontato perché non voglio che pensi che lei sia la causa.
Insomma, non che la mia amica mi abbia fatto niente di male, ma si sta per sposare; la prossima settimana, per essere più precisa.
Sono molto felice per Claudia, le voglio bene come se fosse mia sorella; di più, perché se avessi una sorella non le racconterei tutti i miei segreti, come faccio con lei, ma...
Il fatto è che io pensavo che quando fossi arrivata ai trenta, avrei già smesso da tempo di fare lavori saltuari, avrei avuto un posto fisso, un appartamento tutto mio e, ovviamente, un marito e dei figli. Quest’ultima fissazione ce l’ho per colpa di mia madre. Ha avuto me a quarant’anni e passa e le sue idee sono, diciamo, un po’
«antiquate». Era follemente innamorata di mio padre e siccome non hanno avuto figli prima di me e io sono arrivata quando i miei genitori avevano già perso le speranze, la loro relazione era molto stretta. Erano amici, amanti e confidenti (quel tipo di legame che ci fanno vedere nei film e che esiste soltanto in un matrimonio su cinque). È questo il tipo di amore che cerco per me. Un uomo al quale voler bene, che mi guardi con adorazione e che mi ami più di qualunque cosa al mondo.
Beh, a dire la verità, non avevo bisogno di sposarmi fino a qualche mese fa (va bene, forse la parola giusta non è «avere bisogno»), ma il matrimonio di Claudia sarà così bello che mi emoziono ogni volta che penso alle cose bellissime che abbiamo preparato in questi mesi. Oltre al suo vestito, mammamiasantissima. Dovreste vederlo. Non ho il coraggio di spiegarvi com’è perché, solo a pensare alla faccia che farà il suo fidanzato Felix, considerando quanto è innamorato di lei, mi si riempiono gli occhi di lacrime. A parte gli scherzi, so che non sarei in grado di descrivere la sua bellezza e quanto Claudia sia supersplendida quando lo indossa. Ed è anche di seconda mano. Non che l’abbia comprato in un negozio di abiti scontati, ma è lo stesso vestito che sua sorella ha usato quando si è sposata, diciassette anni fa. Aveva invitato me e Merce al suo matrimonio e eravamo rimaste tutte e tre affascinate da quell’abito (ovviamente avevamo solo quattordici anni, ma ci sembrò perfetto e super romantico; Claudia aveva deciso, in quello stesso istante, che lei l’avrebbe indossato quando si fosse sposata, e non c’è stato niente che le abbia fatto cambiare idea).
Vi dico solo che da quando, a gennaio, io e Merce abbiamo iniziato ad aiutarla con i preparativi del matrimonio, mi è presa un’invidia assurda. Lo sapete, la storia del
«si desidera sempre quel che non si ha».
Sì, so già che invece di lamentarmi dovrei ringraziare perché ho un lavoro che mi piace, vivo con le mie migliori amiche ed ho una famiglia che mi adora e mi vuole bene. Ma il tema del matrimonio di Claudia mi ha fatto diventare un po’ paranoica, e mi ha fatto pensare che rimarrò sola per sempre, circondata da gatti, e che passerò la mia vita a dare da mangiare ai piccioni nel parco.
Dato che le mie amiche continuano a guardarmi con sospetto, dico:
—Ho già cominciato a mettere in pratica i consigli. La signora del negozio mi guardava un po’ male quando ha visto che stavo sfogliando i libri e i calendari; si vede che non le piace quando toccano le cose.
Merce sbuffa.
—A chi piace che si mettano a curiosare senza comprare?
—Ero sul punto di consigliarle di comprarne uno anche per lei. —Continuo per la mia strada senza farle caso—. Magari l’avrebbe aiutata a cambiare la faccia da acida che aveva. Ma poi ho pensato ad una delle frasi che avevo letto per caso: «Prima di dire qualcosa devi farti tre domande: è vero? È necessario? È qualcosa di carino?». Quindi mi sono dovuta mordere la lingua perché, anche se era vero e necessario (almeno se la signora vuole avere dei clienti) non era per niente carino.
Quando finisco il mio discorsetto, Merce si butta sul letto, ridendo.
—Perché ridi?
—Temo che da oggi parlerai poco se devi farti queste tre domande ogni volta che apri bocca. Considerando quanto ti piace parlare...
Anche Claudia inizia a ridere ma, mentre mi accarezza sulla spalla, da un piccolo calcio a Merce per farle capire che deve lasciarmi stare. Mi mancherà molto quando se ne andrà la prossima settimana.
Se devo essere sincera, Merce ha ragione nel dire che è stata Berta a mettermi in testa l’idea delle frasi. Mentre mangiavamo mi ha detto:
—Laura, questa stupidaggine che a trent’anni non hai ancora niente «di tuo» — lo ha messo tra virgolette facendo il gesto con le mani. Perché la gente lo fa? Una volta può essere divertente, ma farlo sempre... Insomma... —deve finire. Sei una donna giovane, bella, di classe, laureata. In sintesi, non ti manca niente.
—Ti sei dimenticata di dire che non ho un fidanzato...
—E neanche ne hai bisogno; non sai quanto si sta bene da sole. L’unica cosa che fanno gli uomini nel letto di mattina è disturbare.
—È la stessa cosa che dici a Merce e Claudia ogni volta che parliamo del suo matrimonio...
—Ti dico io cosa ti sta succedendo, Lauretta: Claudia si sposa e sei invidiosa.
—Grazie sorella, un secondo fa mi facevi i complimenti e adesso mi insulti. Per fortuna ci sono amiche come te...
—Co, co, co! — La mia amica fa sempre i versi con la bocca; sono molto divertenti, è un peccato che non possiate sentirla—. Sai, una delle mie cugine mi ha raccontato che qualcuno, al lavoro, aveva comprato un libro di auto-aiuto; prima di uscire da casa, sceglieva una frase del libro come mantra e la ripeteva tutto il giorno. Da quando lo fa, è molto più felice, perché pensa sempre positivo. Credo che questa sia l’unica cosa di cui tu abbia bisogno.
È per questo che sono andata a curiosare nella cartoleria che hanno aperto vicino al nostro appartamento, e così ho trovato questa meraviglia che Merce ha in mano.
—L’unica cosa che non so è che metodo usare per scegliere una frase al giorno. Considerando quanto sono insicura, ci metterò mezz’ora a decidere quale sia la più giusta.
Merce e Claudia si guardano e scuotono la testa. Non lo dicono ad alta voce, ma stanno pensando: «Non c’è speranza». Come se non le conoscessi!
—Sono arrivata alla conclusione che ho diverse opzioni: la prima è seguire l’ordine cronologico del calendario; sarebbe comodo, ma siamo già a giugno, che faccio con tutte le frasi dei giorni precedenti?
—Niente, non le prendere in considerazione e basta, come dovresti fare con tutte le altre —dice Merce con la poca pazienza che le è rimasta.
—La seconda sarebbe aprire a caso il calendario ogni mattina, ma se poi non mi piace la frase, già mi vedo a provarci un’altra volta, e ancora, e ancora, fino a quando non ne trovi una che mi piaccia.
Claudia, che è più comprensiva, inclina un po’ la testa per assimilare le informazioni che sto snocciolando.
—La terza, che mi sembra la più fattibile, è che sia Merce a scegliere, perché, delle tre, è la più saggia e quella che ha più intelligenza emotiva.
Merce si mette seduta in meno di un millisecondo.
—Sono la più saggia! Hai sentito bene, Claudia? La più saggia! Claudia ed io scuotiamo la testa alzando gli occhi al cielo.
CAPITOLO DUE
––––––––
Sono sicura che la frase che Merce ha scelto per me oggi non è nient’altro che una vendetta per essermi lamentata a lungo di non aver incontrato nessuno che mi ami come si deve.
La felicità è dentro di noi, non al lato di qualcuno.
E la cosa peggiore non è stata la frase, ma il sermone che l’ha accompagnata:
—Non ti è bastata l’esperienza con José? Mi sembra assurdo che dopo il calvario che quello stupido ti ha fatto passare tu creda ancora nell’amore. Tu e Claudia non siete nient’altro che delle illuse.
—Merce, non essere così cinica. Oltretutto, il passato è passato; non significa che tutti gli uomini che incontrerò nella mia vita siano stronzi come lui.
—Non aggiungerò nient’altro, ma già sai quello che penso: «Meglio sola che male accompagnata». E non credo che quell’Enrique con il quale flirti al lavoro sia meglio di lui.
—Lo terrò in considerazione —le rispondo con un grugnito—. Ma credo proprio che, delle due, sarai tu la pazza con i gatti, vai dicendo che gli uomini sono come dei fazzoletti usa e getta da quando andavamo a scuola.
Lei fa segno di sì con la testa mentre muove la mano, togliendo importanza al
tema.
––––––––
Lavoro a La Misericordia, uno spazio culturale in pieno centro di Palma. Quando l’edificio fu costruito, alla fine del milleseicento, era un istituto di beneficenza per donne, ma oggi ospita la sede dell’Assessorato alla Cultura. La struttura mi piace molto e accoglie anche l’Archivio del Suono e dell’Immagine, la Biblioteca della Cultura Artigianale e la Biblioteca Lluís Alemany. Io mi occupo di promuovere la lettura in quest’ultima. Organizzo eventi per bambini e adulti. È molto divertente, non cambiarei questo lavoro per niente al mondo. La cosa peggiore è che ancora non ho ottenuto il posto fisso; neanche ne ho avuto l’occasione, è da molto tempo che non indicono dei concorsi.
Faccio un orario che mi piace e da casa mia ci metto non più di cinque minuti ad arrivare. Si può chiedere di più?
Anche se il sole oggi comincia a scottare, cammino contenta per la strada, riflettendo sulla frase del giorno: La felicità è dentro di noi, non al lato di qualcuno.
È da una settimana che uno dei bibliotecari del turno di mattina mi fa gli occhi dolci, è un ragazzo carino, ma non è il mio tipo. Merce si sbaglia a pensare che mi piaccia. Ha un handicap importante: non ha i capelli rossi.
Mi piacciono i rossi, è una cosa che non posso controllare; guardo ogni singolo ragazzo con i capelli rossi che incontro per strada, che non sono molti, a dirla tutta. Quindi: mi fa piacere che un ragazzo a lavoro sospiri quando mi veda e mi lanci dei sorrisi incantevoli? Chi dice che non le farebbe piacere mente come Pinocchio. È possibile che succeda qualcosa tra di noi? Improbabile. È vero che ne ho parlato spesso, ma lui non mi piace, ciò che mi piace è il flirt innocente che si è instaurato e che mi risveglia qualcosa dentro. Oltretutto, se penso alla massima di oggi, avere a che fare con qualcuno come lui sarebbe un errore.
Arrivo nella sala comune e la prima cosa che faccio è preparare la caffettiera; è la parte che mi piace di più di tutto il processo che bere il caffè implica. L’odore di chicchi in polvere mi riempie le narici non appena apro la busta; credo che valga la pena prepararmelo da sola solo per questo. Nel momento in cui il liquido scuro inizia ad uscire dal tubo centrale (non ho idea di quale sia la forma corretta di chiamarlo), i miei colleghi escono dal nostro ufficio come le mosche attratte dallo zucchero.
Enrique mi sorride dalla porta e io mi preparo a parlare seriamente con lui. Devo cercare la felicità da sola, ripeto a me stessa.
Sta arrivando. Glielo dirò, sicuramente glielo dirò.
—Ciao, bellissima. Come stai oggi? —mi chiede non appena si avvicina. Il suo sguardo tenero mi accarezza e mi riscalda il cuore, ma devo farla finita.
—Molto bene, Enrique. Credo che dovremmo parlare.
Lui alza le sopracciglia mentre versa il caffè in uno dei bicchieri. Quando finisce, lo tiro per la manica. Voglio che mi segua, per allontanarci un po’ dagli altri e poter parlare con tranquillità. Lo porto dalla parte opposta, verso le scale.
—Enrique —comincio—, mi lusinga che tu sia attratto da me, ma io non provo la stessa cosa. Se incoraggiassi una relazione tra noi due, sarebbe solo per non rimanere sola, e questo non è né sano né corretto per nessuno dei due.
Lui arrossisce fino alla punta dei capelli e la verità è che mi dispiace di avergli fatto un torto, è così carino! Ma questa cosa doveva finire. Mi faccio i complimenti per essere stata così diplomatica.
—Ma... —balbetta Enrique.
—Non c’è bisogno che tu dica niente, l’unica cosa che voglio è che la tua infatuazione per me non peggiori —lo interrompo—. Noi, come coppia... —dico mentre ci indico alternativamente—, non siamo fatti per stare insieme.
Lui stringe le labbra con forza e io decido di mettere il carico da quindici.
—La felicità è dentro