Beatrice
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Info su questo ebook
Narrativa - romanzo breve (56 pagine) - Una vita cronologicamente disordinata. Sempre in apnea, mantenendo l’equilibrio, quasi di ordinaria follia. Un mix, tra giornate di sole e altre di forti temporali, come quelli estivi. Bea: poco più che ventenne, solare, forte e autoironica, che ha voglia di raccontarsi.
Una storia tanto bella quanto incasinata. Ogni riga, ogni strofa, ogni pagina.
La storia d’amore di Beatrice, quella che (fino a oggi) è la più bella che stia vivendo.
Il rapporto con sua madre.
Poi c’è la dipendenza di suo fratello dalle droghe, dall’alcol e da tutto ciò che è tossico.
L’abbandono e l’assenza costante di suo padre.
Racconta cosa è stata per lei l’anoressia e descrive le sue insicurezze, un’adolescenza rubata.
Prendono parte al racconto le cose belle che ha, il suo lavoro e le sue colleghe. La maturità e il passaggio dai banchi scolastici a una divisa.
La sua migliore amica, un po’ pazza. Un’amicizia a chilometri di distanza.
I suoi nonni.
La decisione di andare via da casa e vivere da sola a vent’anni.
E tanti sogni nel cassetto.
E poi autoironia, e pessimismo. E ipocondria.
Quindi, armatevi di tisana, o di un buon calice di vino, gelato o caramelle, e fatevi trasportare nella strana, folle e incasinata vita di Beatrice.
Beatrice Zinfollino è nata a Varese e ha ventitré anni.
È una ragazza adulta, curiosa della vita e innamorata delle cose più semplici che la circondano.
Ama leggere e studiare. È stata una studentessa sempre autocritica con se stessa, che ha chiesto il massimo e si è prefissata degli obiettivi da raggiungere.
Nata nel segno della Vergine è precisa, organizza tutto su quelle che lei chiama “liste”. Super razionale, molto spesso troppo analitica e orgogliosa.
Le piace lavorare, e sentirsi indipendente.
È stata una baby-sitter, una barista e anche quella con il berretto di McDonald’s. Si è presa cura di animali domestici, pulito le case e aiutato i bimbi a fare i compiti.
È follemente innamorata dell’amore. La musica, e la scrittura, sono il suo rifugio. Uno dei suoi sogni nel cassetto è viaggiare e vedere il mondo. Le diverse tradizioni, usanze, le mode e i tramonti.
Beatrice ha la caratteristica di essere autoironica per mascherare la sua ipocondria.
Canta a squarciagola in macchina o sotto la doccia. E vive la sua vita come viene, arricchita da sua mamma, le sue colleghe, le amicizie importanti e la parte più incasinata della sua famiglia.
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Anteprima del libro
Beatrice - Beatrice Zinfollino
1
Odio la poggia, da morire.
E il mio essere meteoropatica non aiuta.
Però mi fa pensare a te.
Mi dici sempre che vuoi che siano due gocce d’acqua nel bel mezzo di un acquazzone, mentre cerco di convincerti a venire sotto l’ombrello con me.
Invece tu mi schivi.
E io mi arrendo e ti raggiungo. Infilo la mano nella tua tasca, ti rubo un bacio. E rimaniamo così, con i vestiti fradici e il cuore più leggero.
Quando arriviamo da te, tua mamma ci sgrida perché siamo zuppi, e tu la liquidi con qualche parola indecifrabile. Mentre io con le guance bordeaux mi prendo la colpa.
Sì, sei uno stronzo.
Ci ordina di fare la doccia velocemente e scompare in cucina.
Il tempo di chiudere la porta che la metà dei miei vestiti sono già per terra e le tue labbra sulla mia pelle.
Ti diverti a stuzzicarmi e io impazzisco.
Ogni tua carezza è un colpo al basso ventre e una boccata d’aria al petto.
Invadi il mio spazio off-limits, e se non ci fossero i tuoi nell’altra stanza, lo annullerei molto volentieri. Ma la mia razionalità e l’essere sempre così composta ti fa piagnucolare fino a quando non ti caccio dalla doccia.
Sarei rimasta così per ore.
Invece la cena è pronta e quindi ti limiti a tenermi il muso e ad asciugarti i capelli. Mi fissi mentre mi passo la crema sul corpo e alzi gli occhi al cielo, quando sentiamo l’annuncio che la cena è pronta.
Stamattina invece non va.
Non c’è il tuo buongiorno sul telefono, e so che questa giornata andrà di male in peggio.
Il pessimismo cosmico del signor Leopardi mi caratterizza molto, devo ammetterlo.
Mi trascino giù dal letto, odiando il contatto freddo del pavimento sotto i piedi. E mi domando quando diavolo arriva l’estate.
Non faccio neanche colazione, vomiterei.
Un’altra sbirciata al telefono, ci rinuncio.
Mi infilo la tua felpa, tiro su il cappuccio e lascio che la pioggia bagni ciò che rimane della mia positività.
Odio i treni.
Qui fa tutto schifo, la gente ammassata, l’odore forte e persistente che mi entra nel naso, i sedili sporchi, le cuffie disperse in una delle mille giacche che ho a casa. Mi tocca ascoltare i discorsi insensati di chi è seduto accanto a me.
Ho bisogno di una macchina, penso, e mi rispondo che ho prima bisogno di un lavoro decente.
A scuola, ovviamente, non va meglio, non seguo niente di quello che spiega sui limiti e giovedì ho la verifica.
Il telefono non si illumina, al contrario della mia idea di prenderti a calci nel sedere stasera.
Anche se ho un buco nello stomaco, il pranzo non è cosa. Nonna parla troppo e ho già la testa che mi scoppia.
Mi impegno a ingerire una mela, mentre trascrivo qualche schema di economia.
L’idea della maturità mi sta facendo impazzire.
Non ho voglia di parlare con nessuno. Mia mamma non è della mia stessa idea, così mi ricorda l’incontro con la psicologa alle tre oggi pomeriggio.
Ma chi ha voglia?
Mentre infilo al volo i miei Levi’s preferiti, mi viene voglia di darle buca. Ma non è da me, quindi cancello il messaggio. Mi ritrovo seduta sulla panchina della stazione, con il solito treno in ritardo e lo stomaco che chiede pietà.
Alle tre comincia il gioco del silenzio.
Non so perché mi ostino a dare ascolto a mia madre. Io non ho bisogno di una donna che provi compassione per me, che mi spieghi che tutti i miei incubi sono la conseguenza di un’infanzia da cancellare. Non ho bisogno di sentirmi dire che passerà, che devo mangiare e dormire nove ore al giorno.
Tutte queste cose io le so già. Poteri essere la psicologa di me stessa.
E poi, non mi piace questo posto.
Le pareti bianche bloccano i miei pensieri e il ticchettio dell’orologio mi dà sui nervi.
Il nodo che ho alla gola è sempre più grande, quasi non respiro.
Mi sento una ragazzina con aspirazioni troppo grandi per la vita che ha addosso.
E questo Simona, sopra la sua poltroncina arancione, lo sa.
Odio anche l’arancione.
Che colore è?
Il timer mi fa saltare dalla mia postazione.
Mi avvisa che l’ora d’inferno è finita.
Finalmente tra poco arrivi.
Corro a casa, mangio un quadratino di cioccolato fondente e mi preparo. Ormai i miei pensieri hanno preso vita e io non so fermarli.
Esco dalla doccia, con la consapevolezza che la mia rabbia non mi ha ancora abbandonata, sistemo il ciuffo fastidioso con una forcina.
Opto per un maglione e gli anfibi.
Sei arrivato. Ovviamente, io non sono pronta.
La macchina di tuo padre parcheggiata sotto casa mi fa mancare l’aria.
Stiamo insieme da quasi sette anni e io ancora mi sistemo sempre i capelli, il trucco, mi guardo almeno tre volte allo specchio.
Mi viene la folle idea di cambiarmi, perché mi vedo grassa con tutto. Ma il clacson mi fa saltare in aria.
Salgo e saluto tuo padre.
La tua faccia stordita mi fa sentire in colpa, ma non ti voglio sentire.
Sono venti minuti strazianti, poi finalmente entro in casa, saluto tua mamma e mi nascondo in camera tua.
Sono a casa.
Ti chiudi la porta alle spalle e inizio a urlarti addosso tutte cose che non penso.
Mi guardi, ma non reagisci.
Con le lacrime sulle guance e il petto gonfio ti dico che, oggi, avevo bisogno di te ma tu non c’eri, neanche un messaggio, neanche uno squillo, neanche un ti amo.
Quando finisco il fiato, mi attiri a te e mi stringi. Affondi il naso nei miei capelli e ti sento sul mio collo. So quanto ti piace che profumano di cocco. Ci appoggi un bacio dolce e mi inchiodi al pavimento, ora i tuoi occhi sono dentro i miei.
Sei stanco, esausto. Dopo nove ore di lavoro, sei preoccupato e frustrato.
Mi spieghi che sei rimasto senza soldi nel telefono e io