Nel braccio di Orione
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Nel braccio di Orione - Luigi Angelino
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INTRODUZIONE
IL SISTEMA SOLARE
Quando parliamo di sistema solare, ci riferiamo ad un ordine planetario formato da una varietà di corpi celesti che si mantengono in orbita, grazie alla forza gravitazionale del Sole.
Anche il Sole è in movimento, orbitando intorno al centro galattico ad una velocità di 230 km al secondo. Gli studiosi ritengono che il sistema solare impieghi circa 220 milioni di anni per compiere un giro completo intorno al centro galattico.
Soltanto la stella madre possiede il 99,86% dell’intero sistema stellare, facendo apparire i pianeti ed i corpi minori come dei modesti puntini ed abbracciando quella piccola porzione di Via Lattea con il vento solare, un flusso di plasma generato dalla costante espansione della corona solare.
Nello sconfinato universo, è quasi impossibile chiederci dove ci troviamo, con il rischio che una domanda del genere si trasformi più in un interrogativo filosofico che non scientifico. Gli scienziati hanno, con i mezzi attualmente a disposizione, individuato la Via Lattea, una galassia a spirale del diametro di circa 100.000 anni luce, nella quale sarebbero contenute 200.000 stelle circa, tra cui il nostro Sole, situato più precisamente in uno dei bracci esterni della galassia, denominato di Orione
, ad una distanza di circa 30.000 anni luce dal centro galattico. Il nostro sistema solare, durante l’epoca odierna, viaggerebbe in una direzione vicina alla stella Vega, chiamata apice solare
.
La maggior parte degli astrobiologi considera la posizione del nostro sistema solare, nell’ambito della galassia, fondamentale per lo sviluppo della vita sulla Terra, in quanto la sua orbita circolare e la velocità media simile a quella delle stelle vicine, avrebbero evitato che il sistema planetario entrasse in altri bracci della galassia ricchi di supernove. La nota instabilità, infatti, di questi corpi celesti avrebbe potuto pregiudicare il delicato equilibrio delle condizioni necessarie per lo sviluppo delle diverse forme di vita. Nella suggestiva mappa della galassia, il sistema solare si trova incluso nella Nube Interstellare Locale, dove si trovano anche Alfa Centauri ed Antares. Nel raggio di dieci anni luce di distanza, gli astronomi sono stati in grado di distinguere ben sette sistemi stellari, di cui il più vicino è quello di Alfa Centauri, un sistema triplo a poco più di 4 anni luce di distanza. Gli altri sistemi sono meno brillanti, a parte Sirio, un ordine planetario doppio che emerge per essere la stella più luminosa del cielo notturno osservabile dalla Terra.
Sulla formazione del sistema solare sono state avanzate numerose ipotesi, anche se ad oggi le teorie più condivise ritengono che esso sia nato circa 4.6 miliardi di anni fa, a partire dalla frammentazione e dal collasso gravitazionale di un’immensa nube molecolare, stimata del diametro di 65 anni luce. Da questa nube si staccò un frammento di gigantesche proporzioni, costituendo quello che è chiamato il disco protoplanetario
, composto per il 98% da idrogeno, elio e litio primordiali, già originati per nucleosintesi dopo il Bing Bang. A questi elementi si aggiunsero sostanze più pesanti provenienti da stelle esplose nei milioni di anni antecedenti.
Al centro del disco protoplanetario, molto probabilmente collassò una grandissima quantità di gas e polveri per consentire la formazione di una protostella, mentre i pianeti si formarono per accrescimento, configurando un primordiale sistema planetario caotico e confuso. Non possiamo conoscere l’esatto numero iniziale di pianeti, né la loro precisa posizione, ma si può ragionevolmente supporre che essi si scontravano fra loro e attiravano corpi celesti più piccoli presenti nello spazio, formando via via pianeti sempre più grandi e stabili dal punto di vista orbitale.
Il nucleo del Sole, intanto, si scaldava fino a raggiungere temperature così elevate da consentire le reazioni termonucleari, trasformandosi in una stella gialla e stabile.
Durante la prima fase di formazione, le temperature nel sistema solare interno erano così alte che gli elementi più leggeri non riuscivano a condensarsi, determinando il fatto che i pianeti più vicini al Sole iniziarono ad accrescersi con sostanze pesanti e diventando successivamente rocciosi
(Mercurio, Venere, Terra e Marte).
Nella parte esterna del sistema solare, invece, si formarono i giganti gassosi/ghiacciati (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) in quanto, favoriti dalla maggiore distanza dalla stella madre, riuscirono a catturare grandi quantità di gas, soprattutto idrogeno ed elio, sparsi nello spazio.
I corpi celesti del sistema solare definiti pianeti
e la maggior parte degli altri oggetti orbitano nello stesso verso della rotazione del Sole, in senso antiorario, se l’osservatore ipoteticamente prende come riferimento il polo nord solare. Vi sono eccezioni di corpi celesti che ruotano in senso orario, come la famosa cometa di Halley. La rivoluzione scientifica dell’età moderna ha permesso straordinarie rilevazioni fisiche, come le leggi di Keplero che hanno dimostrato come le traiettorie dei corpi celesti, che gravitano intorno al Sole, traccino un percorso approssimativamente ellittico, di cui uno dei due fuochi è appunto l’astro principale del sistema. Le orbite dei pianeti più grandi hanno un aspetto più circolare, mentre quelle degli oggetti di più modeste dimensioni evidenziano una maggiore eccentricità ed un percorso più ellittico.
L’uomo ha osservato i pianeti più vicini alla Terra fin dall’antichità e ci sono indizi di conoscenze più profonde della volta celeste da parte di civiltà ancora per certi versi misteriose, come i Sumeri e gli Egizi. Premesso ciò, è necessario precisare che il concetto stesso di sistema solare
era ignorato, prevalendo l’idea geocentrica che poneva il nostro mondo al centro dell’universo. Fu Aristarco di Samo uno dei primi pensatori ad avanzare l’ipotesi eliocentrica, ma la sua idea fu rifiutata dai filosofi e scienziati della cultura ellenistica. Soltanto nel XVI secolo, Niccolò Copernico inaugurò la visione moderna del sistema solare, anche se i pianeti conosciuti si fermavano al lento Saturno. Con l’invenzione del telescopio di Galileo Galilei, avvenuta il secolo successivo, si scoprirono numerosi oggetti minori, come gli affascinanti anelli di Saturno, i satelliti di Giove ed alcune comete, cominciando a delinearsi un quadro del nostro sistema solare più articolato e complesso. Per circa due secoli la comunità scientifica del tempo considerò improbabile, se non impossibile, che il sistema solare potesse presentare ulteriori sorprese, ma la scoperta di Urano da parte di William Herschel nel 1781 sconfessò questa convinzione, indirizzando gli studiosi verso altre sfide intellettuali. Nel diciannovesimo secolo le scoperte si moltiplicarono: nel 1801 Giuseppe Piazzi scoprì Cerere tra Marte e Giove, aggiungendo la categoria degli asteroidi alle tipologie di corpi celesti già classificate e nel 1846 fu scoperto Nettuno, in maniera del tutto rivoluzionaria, cioè calcolando le perturbazioni dell’orbita di Urano. L’ulteriore individuazione di Plutone nel 1930 rese ancora più ampia l’idea del nostro sistema solare, favorendo l’ulteriore ricerca di oggetti transnettuniani, al punto che, con l’avvento di sistemi automatici di analisi, si è riusciti negli ultimi decenni a distinguere migliaia di oggetti tra i 50 ed i 2500 km di diametro situati nella zona di Plutone, chiamata fascia di Kuiper dal nome di uno dei più insigni osservatori. La scoperta di Eris, dalle dimensioni più o meno simili a quelle di Plutone, ha messo in discussione la stessa idea di pianeta, inducendo la comunità scientifica a creare una nuova categoria tassonomica, quella dei pianeti nani
, nella quale lo stesso Plutone è stato inserito dal 2006.
A ciò si aggiunge l’approfondimento dell’idea avanzata da Jan Oort verso la metà del secolo scorso, secondo la quale in una zona distante decine di migliaia di Unità Astronomiche dal Sole, vi fosse un immenso serbatoio sferico contenente un vivaio di comete, chiamata appunto la nube di Oort
.
Anche con i mezzi più sofisticati a disposizione, gli scienziati non sono ancora in grado di determinare con esattezza il punto dove termina il sistema solare ed inizia lo spazio interstellare. Vi sono due parametri che possono essere utilizzati per individuare la zona dove termina l’influenza della nostra stella: il vento solare e la sua capacità gravitazionale. Secondo gli scienziati il limite esterno, dove arriverebbe il vento solare, sarebbe stimabile in una distanza quattro volte superiore a quella tra il Sole e Plutone, mentre il raggio effettivo della influenza gravitazionale del nostro astro potrebbe estendersi fino a mille volte più lontano. Gli astronomi, comunque, considerano utile il primo dei due parametri descritti, quello cioè relativo al vento solare, per individuare la cosiddetta eliopausa
ed il conseguente inizio dello spazio interstellare. Una vasta zona del nostro sistema stellare è ancora sconosciuta e, nonostante le continue scoperte di nuovi corpi celesti, come Sedna, la sconfinata regione tra la fascia di Kuiper e la nube di Oort non è stata ancora mappata.
La sonda Voyager 2, lanciata nel 1977, circa due anni fa ha compiuto il grande balzo oltre il sistema solare, ad una distanza circa 120 volte superiore a quella che separa la Terra dal Sole (circa 18 miliardi di chilometri). Secondo le informazioni inviate dalla sonda, la zona di confine tra il sistema solare e lo spazio esterno sarebbe molto sottile e quasi compressa da un forte campo magnetico interstellare. I dati ricevuti dimostrerebbero che l’eliopausa è caratterizzata da un’intensa interazione tra il vento solare e quello interstellare. La sonda Voyager 1, che aveva lasciato il sistema solare nel 2012, quindi sei anni prima rispetto alla gemella, durante il transito nello spazio interstellare aveva fornito dati diversi. Secondo gli esperti, la discrepanza delle informazioni è da attribuire alla differente traiettoria seguita dalle due sonde, oppure alle variazioni sensibili delle attività solari. Mi piace ricordare che nelle due sonde è conservato il famoso disco d’oro
che contiene un ritratto sintetico della civiltà umana, elaborato da un comitato scientifico. Si tratta di 115 immagini che descrivono le più significative esperienze della civiltà umana, nonché offrono dettagli sul nostro pianeta e sull’intero sistema solare. Gli emissari di un’eventuale civiltà extraterrestre trovando il disco, avrebbero la possibilità di ascoltare una serie di suoni naturali, come il rumore del vento, del tuono o il verso di alcune specie animali, come anche potrebbero apprezzare una selezione di novanta brani musicali di ogni epoca e cultura, unitamente ad un certo numero di saluti cordiali espressi in ben 55 lingue.
E ritorna sempre l’annoso dilemma: siamo l’unica forma di vita intelligente nell’universo? Statisticamente sembrerebbe di no, considerando che ci troviamo in un sistema planetario, situato alla periferia di una galassia, comprendente un altissimo numero di stelle. A sua volta la Via Lattea è una delle migliaia di galassie che compongono l’universo, con la conseguenza che vi potrebbero essere migliaia di pianeti simili alla Terra. Questo è il ragionamento che ci suggeriscono i calcoli matematici, ma al giorno d’oggi non vi è stato alcun contatto scientificamente accertato con intelligenze extraterrestri. Ciò si potrebbe spiegare con le enormi distanze siderali che rendono proibitivo ogni viaggio interstellare, almeno con i mezzi attualmente a disposizione, anche se lo studio della fisica quantistica sta aprendo nuove prospettive che rivoluzionano la tradizionale concezione dell’universo.
Ci sono anche scienziati che affermano che sulla Terra si siano formate casualmente condizioni così uniche e straordinarie, da renderci l’unica specie intelligente esistente, almeno nel senso da noi ritenuto tale. E’ un’ipotesi forse un po’ troppo oltranzista, ma non per questo impossibile. Preferisco pensare che non siamo soli nell’universo e che il progresso scientifico ci possa consentire di entrare in contatto con altre specie intelligenti, magari diverse dallo stereotipo presentato dalla letteratura e dalla cinematografia fantascientifica, troppo antropomorfa perfino nel proiettare le ombre dei nostri mostri interiori.
Restringendo il campo della ricerca di forme di vita al nostro sistema solare, come vedremo nei seguenti capitoli, gli scienziati sono ormai pressoché concordi nel ritenere che siamo la sola forma di vita intelligente, anche se lo studio non si è mai fermato e negli ultimi anni sono emersi nuovi elementi che hanno fatto sospettare la possibilità dell’esistenza di microorganismi su altri pianeti, e più ancora su alcuni dei rispettivi satelliti. Una minoranza di studiosi si è spinta oltre, ipotizzando la colonizzazione del sistema solare da parte di una civiltà aliena in un passato molto lontano, poi scomparsa o ripartita in direzione del suo pianeta d’origine in un punto imprecisato dello spazio siderale.
Dalla Terra, con uno sforzo di immaginazione, passando per l’amata Luna, ci dirigeremo verso il Sole, considerato fonte di vita per ogni specie vivente fin dall’antichità. Saremo pronti, allora, per visitare Mercurio, il pianeta giallo, il più vicino al Sole, eppure il meno conosciuto; Venere, la stella del mattino e della sera, per dimensioni il corpo celeste più simile alla Terra, ora diventato un inferno bollente, ma in un tempo remoto forse rigoglioso ed ospitale; Marte, l’enigmatico pianeta rosso, con i suoi canali misteriosi e le numerose leggende che lo circondano, così care all’ambiente fantascientifico; il paterno Giove, il gigante gassoso che ci protegge, evitando che un gran numero di asteroidi e di comete si diriga verso il nostro mondo, ricco di satelliti sotto la cui gelida superficie forse si nasconde la vita; il lento e saggio Saturno, adorno dei suoi colorati anelli, dal movimento lento, ma che inesorabilmente, come Kronos, misura il passare del tempo; Urano, il gigante sdraiato, originale e stravagante come la sua orbita bizzarra; l’azzurro Nettuno, algido ed elegante, così importante da definire tutto ciò che si trova oltre, come transnettuniano
. Ci spingeremo anche più lontano, sfiorando Plutone, il signore degli inferi, così lontano dalla stella madre, eppure così colorato, circondato da altri corpi celesti nella vasta regione, chiamata fascia di Kuiper
, per poi arrivare ai confini del sistema solare, nell’oscura nube di Oort, la misteriosa sfera che comprende un numero impressionante di comete e forse anche altre sorprese.
Dovremo stare attenti a non incrociare il leggendario pianeta X e la mitica nana bruna Nemesis, la stella che periodicamente tornerebbe per vendicarsi del Sole, il potente gemello, portando distruzione ed estinzioni di massa.
Buon viaggio!
Alcuni brani inseriti nel testo sono stati pubblicati dall’autore sul noto sito di cultura www.aurclave.com.
CAPITOLO 1
LA TERRA, IL PIANETA DELLA VITA
La Terra è il nostro meraviglioso mondo, un pianeta ricco di vita vegetale e animale, con lo sviluppo di una specie considerata razionale e cosciente di sé, l’homo sapiens, noi...
La Terra è il terzo pianeta del nostro sistema stellare per distanza dal Sole ed è il più grande dei pianeti rocciosi (essi sono Mercurio, Venere e Marte), sia in termini di massa che di diametro. È l’unico pianeta del sistema solare, sulla cui superficie l’acqua si trova presente in tutti e tre gli stati: solido, liquido e gassoso.
La particolare conformazione dell’atmosfera che avvolge il nostro pianeta, composta per la maggior parte da azoto e da ossigeno, unitamente al forte campo magnetico, lo protegge dai raggi cosmici e dalle radiazioni solari.
Al momento, la Terra è l’unico pianeta dai noi conosciuto dove si sono sviluppate forme di vita per come noi le concepiamo. La formazione della Terra è datata all’incirca intorno ai 4,5 miliardi di anni fa, anche se alcuni studiosi hanno ipotizzato una datazione leggermente più recente. Secondo gli scienziati, il nostro mondo, al momento della sua formazione era liquefatto, poi raffreddandosi