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La redenzione di Satana
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E-book319 pagine3 ore

La redenzione di Satana

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Info su questo ebook

Alessandria d’Egitto 229 d.C., il filosofo Origene getta nel mare un antico manoscritto che ha ispirato la sua dottrina sull’apocatastasi, senza sapere che un’altra copia è custodita in una terra molto lontana. Firenze 1489, Lorenzo de’ Medici riesce ad entrare in possesso della copia superstite del manoscritto che fa tradurre ed analizzare, grazie ad illustri membri dell’Accademia neoplatonica, fondata da pochi anni nella città toscana, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Papa Innocenzo VIII ed i suoi consiglieri si adoperano affinché il contenuto del manoscritto non sia divulgato. Roma 2017, due alti prelati vengono misteriosamente assassinati in Vaticano, mentre qualche settimana dopo sono rinvenuti i cadaveri di un giovane teologo e di un’archeologa nella chiesa di S. Andrea della Valle a Roma e nella chiesa della Spina sul lungarno di Pisa. Intanto, su designazione del papa, diventa Capo della Congregazione per la dottrina della fede, l’enigmatico cardinale Ludovico Medici, già arcivescovo di Pisa. E qualche giorno prima di Natale, la notizia della scomparsa del papa, in circostanze inspiegabili, provoca un clima di angoscia collettiva, nell’intero globo, per il grande significato simbolico dell’evento.
Una trama avvincente e ricca di colpi di scena, la prima parte di una trilogia che si muoverà sullo sfondo teologico e filosofico dell’apocatastasi, il ristabilimento finale dell’ordine universale che non può escludere nessuna creatura, nemmeno Satana.
LinguaItaliano
Data di uscita4 giu 2019
ISBN9788869827259
La redenzione di Satana

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    Anteprima del libro

    La redenzione di Satana - Luigi Angelino

    coincidenza"

    INTRODUZIONE

    a cura dell’Avv. Massimiliano Bertolla

    Il titolo del testo, La redenzione di Satana, il primo di una trilogia, potrebbe sembrare una voluta contraddizione rivolta ad impressionare gli eventuali lettori, oppure un romanzo dal contenuto squisitamente horror/noir. In realtà, la possibilità della redenzione del diavolo è una lettura in chiave teologica cristiana della dottrina della apocatastasi, che trae origine dalla filosofia stoica, a sua volta basata sulla visione del mondo fisico di Eraclito. Apocatastasi vuol dire ristabilimento dell’universo nel suo stato originario, collegandosi alla teoria dell’eterno ritorno. In ambiente neoplatonico, invece, con il termine apocatastasi si intende il ritorno dei singoli enti all’Unità originaria, all’Uno da cui l’intera realtà deriva e che in ambito cristiano si identifica con Dio. La parola di chiara derivazione greca apocatastasi è presente nelle Sacre Scritture solo in un versetto degli Atti degli Apostoli (3,21): "Egli deve essere accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione (apokatastaseos) di tutte le cose, come ha detto Dio fin dall’antichità, per bocca dei suoi santi profeti".

    Nonostante il contenuto complessivo della sua dottrina sia alquanto controverso, Origene di Alessandria è considerato il principale promotore della dottrina sull’apocatastasi, secondo il quale, alla fine dei tempi, ci sarà la redenzione di tutte le creature, comprese Satana e perfino la Morte. Secondo Origene, il disegno di salvezza di Dio non potrebbe essere considerato completo, se mancasse anche una sola creatura: "Noi pensiamo che la bontà di Dio, attraverso la mediazione di Cristo, porterà tutte le creature ad una stessa fine" (De Principiis, I, IV, 1-3).

    Il pensiero filosofico e teologico del ristabilimento finale fu sostenuto anche da alcuni Padri orientali, tra cui Gregorio di Nissa, ma fu dichiarato eretico nel V Concilio Ecumenico, quello di Costantinopoli del 553. Successivamente, la dottrina sull’apocatastasi ha trovato sostenitori in diversi ambiti culturali, di cui il più illustre, in un’epoca relativamente recente, è stato il teologo Hans Urs von Balthasar, al quale si è ispirato anche il papa emerito Benedetto XVI in alcuni suoi scritti. È importante sottolineare come i sostenitori dell’apocatastasi, pur propugnando una teoria dichiarata eretica dalla Chiesa, non siano stati mai condannati o scomunicati. Ciò dimostra che si tratta di una dottrina che ha fatto molto discutere e che, nel tempo a venire, potrebbe essere destinata ad un’ulteriore analisi e rivisitazione da parte del Magistero ecclesiastico.

    Prendendo spunto da questa querelle filosofica e teologica, il libro, concepito come il primo di una trilogia, parte proprio da Origene e da un manoscritto antico al quale lo stesso filosofo si sarebbe ispirato. Si tratta di un espediente narrativo che consente all’autore di sviluppare le tematiche principali del testo che, in parallelo, si svolge nella Firenze medicea, laboratorio europeo di rinascita culturale, e nella Toscana nei giorni nostri, a cui si oppone o si affianca, a seconda dei molteplici spunti interpretativi, la Roma papalina della fine del quindicesimo secolo e la Città eterna attuale, erede di un glorioso passato e piena di contraddizioni.                                           

    Lo scontro tra due diverse visioni escatologiche rivelerà alcuni paradossi sorprendenti che, pur nella loro ricostruzione fantastica, ci impegneranno in una riflessione attenta e scevra da ogni pregiudizio. Come detto prima, il testo è il primo di una trilogia e, pertanto, l’autore volutamente lascia alcune finestre narrative aperte, per l’ulteriore sviluppo nei volumi successivi. La scelta dell’autore, in linea con le tendenze editoriali attuali, è stata quella di non appesantire la narrazione romanzata con note esplicative, anche se le fonti sono citate con disinvoltura nella stessa struttura descrittiva.

    Non voglio sottrarre altro tempo a chi si accinge a sfogliare le pagine di questo libro e che sta per compiere un affascinante viaggio tra questioni filosofiche, disquisizioni teologiche, immagini artistiche e rievocazioni storiche, in uno scenario misterioso ed inquietante, con colpi di scena e cambi di registro. Buona lettura!

    PROLOGO

    Alessandria d’Egitto, 7 febbraio, 229 d.C.

    Alessandria era la città del Mediterraneo che non dormiva mai.

    Il fascio luminoso della grande torre, che i posteri avrebbero annoverato tra le sette meraviglie del mondo, illuminava quella notte invernale, insolitamente fredda per i miti lidi egiziani. L’avanzata tecnologia ellenistica aveva prodotto un vero e proprio capolavoro mediante una tecnica che sarebbe stata riprodotta solo in età moderna, molti secoli dopo, con fasci luminosi rafforzati dall’utilizzo di misteriosi specchi parabolici.

    L’anziano filosofo scrutava la linea dell’orizzonte, immaginando in maniera meccanica la folta sequenza di imbarcazioni in procinto di entrare nel porto cosmopolita. Aveva dedicato la propria esistenza alla ricerca della verità, molte volte osteggiato dagli oppositori, fintamente blandito da alcuni potenti, tradito dagli amici più fidati. Le sue idee erano state accolte con diffidenza: troppo irrazionali per la comunità degli intellettuali pagani, ancora fiorente ad Alessandria, troppo ellenistica per i seguaci della nuova religione, denominata cristiana che ancora non aveva trovato una precisa identità e che lo stesso filosofo con le sue numerose, corpose e profonde opere, aveva contribuito a costruire.

    Quando aveva ritrovato, quasi per caso, la conferma delle sue idee, anzi la scoperta di qualcosa di ancora più sconvolgente, avrebbe potuto divulgare la notizia e prendersi un’insperata rivincita con i suoi avversari, ma non andò così.

    Rilesse e rilesse così tante volte quell’antico manoscritto, da saperne ogni sillaba a memoria. Ne aveva compreso il significato sconvolgente che avrebbe potuto capovolgere l’intero sistema etico e religioso dell’umanità di quel tempo e del tempo a venire, non solo i principi del messaggio tramandato come quello originale di Gesù di Nazareth.

    Allora decise di distruggerlo, di rinunciare alla gloria ed alla vittoria intellettuale sui propri detrattori, forse la forma di sopraffazione che dà più intima soddisfazione.

    Si avvicinò con circospezione ad uno degli angoli meno frequentati e più oscuri del porto, sporgendosi dal muretto di mattoni chiari che separava la strada lastricata dallo specchio nero del mare, illuminato solo da una mobile e bugiarda luce lunare.

    Mentre lanciava il manoscritto nell’acqua, il sapiente ebbe qualche esitazione, soprattutto quando aprendosi, il libercolo rivelò uno dei suoi passi più significativi:

    "non posso più tacere,

    per molto tempo la mia storia

    è stata raccontata nel verso sbagliato.

    Ora è giusto che anche gli uomini conoscano

    la verità.

    La luce è tenebra. La tenebra è luce.

    Fin dall’origine ho cercato di illuminare i

    cuori dell’umanità, pur reietto e scagliato nell’abisso.

    Ma in ciò sta la mia grandezza: sono l’ultimo ed il primo.

    Sono quello più lontano, ma anche quello più vicino.

    Non posso più tacere,

    voglio raccontare la mia storia".

    Poi, alzandosi di scatto, l’anziano filosofo scagliò il manoscritto tra i flutti del mare, mentre il vento disegnava strane ombre sulla superficie dell’acqua, come la sagoma di un animale mitologico pronto a fagocitare l’universo.

    Il sapiente rimase a guardare per qualche istante le onde del mare, poi alzò gli occhi verso l’imponente colonna luminosa posta sull’isola di Pharos, chiedendosi se avesse fatto la cosa giusta.

    Non sapeva che un’altra copia del manoscritto si trovava in un territorio lontano, fuori dall’ecumene delle terre emerse fino ad allora conosciute, un luogo che poteva concepire solo con l’immaginazione.

    CAPITOLO 1

    IL LIBRO

    Pisa, 4 ottobre 2017

    Quel pomeriggio di inizio autunno regalava colori intensi.

    Nell’aria si avvertiva ancora un vago e languido sentore d’estate, ma la brezza proveniente da est ed i viali già invasi dalle foglie cadute rammentavano che l’inverno era alle porte.

    L’uomo vestito di nero attraversò furtivamente Piazza dei Miracoli, dirigendosi verso il Museo delle Sinopie. Il contatto con la donna misteriosa era avvenuto tramite un codice criptato, inviato ad un indirizzo mail creato appositamente per l’occasione e poi subito cancellato con tecniche collaudate da professionista.

    La donna gli aveva promesso il prezioso manoscritto, prevedendo come garanzia il versamento anticipato di 1 milione di dollari su un conto depositato presso una banca delle isole Cayman, intestato ad una società di marketing finlandese.

    Il restante milione di dollari sarebbe stato versato, con lo stesso procedimento, alla consegna del manoscritto. Accettare quel tipo di accordo era stato sicuramente un azzardo, ma l’uomo aveva passato la sua esistenza alla ricerca di quella sconvolgente verità che forse, in diversi modi, era sotto gli occhi di tutti, ma che quell’antico libercolo avrebbe potuto ormai attestare inequivocabilmente.

    Entrato nel Museo delle Sinopie che si trova nella parte sud della Piazza, l’uomo si diresse verso una delle sale multimediali dell’edificio, quella dove si proiettano i documentari sul comprensorio del campo santo monumentale, da cui le sinopie erano state recuperate dopo il bombardamento del 1944.

    In realtà il Museo si trova in un vecchio padiglione dell’ospedale Santa Chiara di Pisa, acquistato dall’Opera della Primaziale Pisana, l’ente che gestisce l’intero complesso di Piazza dei Miracoli, appena dopo la seconda guerra mondiale.

    Guardò l’orologio, accorgendosi che da poco erano passate le cinque.

    Odiava arrivare in ritardo, ma pochi minuti non avrebbero di certo compromesso l’importantissimo appuntamento.

    L’uomo vestito di nero aveva sentito parlare delle sinopie, affreschi di vari artisti, la cui denominazione traeva origine dalla località Sinope sul Mar Nero. Da qui era stata ricavata la terra rossa per la loro lavorazione.

    La sua mente, tuttavia, era altrove. Non vedeva l’ora di incontrare la misteriosa donna e di ricevere il tanto ambito libercolo.

    Il Museo era insolitamente vuoto in quel pomeriggio di ottobre, eppure la piazza circostante era come al solito gremita di turisti.

    Era talmente assorto nei suoi pensieri che non si accorse dei passi silenziosi dietro di lui. Con un movimento deciso ed esperto, i suoi assalitori gli portarono un panno intriso di cloroformio alla bocca, spingendolo con forza per fargli perdere i sensi. Dopo qualche istante, sorretto da due uomini, fu trasportato su un furgone bianco...

    Firenze, 22 aprile 1489

    Lorenzo sentiva Firenze scorrergli nelle vene. Non si considerava semplicemente il Signore di quella città, ma viveva con essa una perfetta simbiosi, una sorta di mutuo riconoscimento che portava l’uno a non poter vivere senza l’altra.

    Era stato Giovanni a gettare le basi del potere dei Medici, per passarlo poi al figlio Cosimo ed infine al Magnifico, suo nipote.

    Lorenzo era salito al potere giovanissimo, a soli vent’anni, trovandosi a gestire una situazione politica interna ed internazionale molto delicata, con la responsabilità di confermare la sua amata Firenze, come ago della bilancia della politica italiana, così complessa e frammentaria, costellata di numerosi stati più o meno estesi in continuo conflitto tra loro e che non rinunciavano a prostituirsi a potenze straniere, pur di fare uno sgambetto ai rivali della stessa stirpe. Egli stesso, più di dieci anni prima, era sfuggito alla congiura ordita dalla potente famiglia rivale dei Pazzi, grazie al grande appoggio dei suoi fedeli sostenitori.

    La situazione finanziaria della sua Signoria era florida, grazie alla proficua attività delle banche e soprattutto rafforzata dall’affidamento, da parte del papa Sisto IV, della depositeria, cioè il tesoro pontificio che allora era veramente molto consistente.

    Ma Lorenzo non era un politico qualunque, o forse le sue brillanti doti di statista derivavano da altre qualità in lui presenti in forma anche maggiore.

    Non aveva mai nascosto la sua passione per la filosofia, la letteratura, l’arte e le discipline alchemiche, circondandosi delle menti più brillanti del Rinascimento italiano, fino a diventare proprio l’icona principale di questo straordinario risveglio della cultura antropocentrica.

    Nell’ultima parte della sua vita, il Magnifico si era dedicato soprattutto al mecenatismo, rendendo la sua Villa di Careggi il centro della prestigiosa Accademia platonica di Marsilio Ficino che era stata fondata già al tempo di Cosimo.

    Firenze doveva riprendere gli ideali dell’antica Grecia, in particolare i modelli dell’Accademia platonica di Atene, formando un importante e seguito cenacolo di letterati, filosofi e artisti.

    Quella sera Lorenzo era particolarmente stanco: da quando aveva fatto la strabiliante scoperta, si era chiuso in un clima di solitaria saggezza, confidandosi soltanto con il suo amico Marsilio. 

    Il suo entusiasmo lo portava a ritenere che si trattasse davvero di una scoperta straordinaria, ma Ficino l’aveva fatto riflettere: Lorenzo, ormai abbiamo la certezza che Platone aveva ragione sul conto dell’Eone e del Demiurgo, o meglio che la sua impostazione contenesse una giustizia di fondo.

    Il Magnifico aveva annuito, concordando con quanto abilmente sintetizzato dal filosofo, ma comprendeva anche le notevoli implicazioni politiche, sociali ed economiche che la rivelazione di un simile segreto potesse determinare.

    L’insigne visitatore era stato annunciato dalla servitù.

    Lorenzo lo attendeva in uno dei salotti del primo piano, quello più vicino alla biblioteca, dove erano conservati i testi della letteratura classica che era riuscito a raccogliere da ogni Paese.

    Eccomi caro Lorenzo, di cosa volevi parlarmi? esordì Marsilio con un sorriso.

    Il Magnifico non rispose subito, poi ricambiò il sorriso, in maniera forse troppo affettata, quasi farsesca:

    Lo sai, perché ti ho fatto chiamare rispose.

    Il filosofo assentì distrattamente e prese a guardarsi le eleganti scarpe francesi arrivate la settimana precedente da Venezia.

    Toscana, 12 ottobre 2017

    Era passata una settimana da quando era rinchiuso in quell’ambiente buio, dove filtrava un po’ di luce dalle serrate grate dell’alta finestra posta nell’angolo sudorientale della stanza, soltanto nelle ore pomeridiane.

    A dire il vero non l’avevano trattato con violenza ed il mobilio rinascimentale era piuttosto confortevole: poteva disporre di un comodo letto, di uno scrittoio abbastanza ampio, di un armadio a cassettoni dove gli erano stati forniti abiti puliti, di due sedie antiche e perfino di un bagno privato rinnovato da poco.

    Padre Saverio non era riuscito a vedere in faccia nessuno dei suoi assalitori o dei suoi misteriosi ospiti, perché quando scortavano una minuta ed anonima donna filippina, addetta alle pulizie ed ai pasti del prigioniero, gli accompagnatori erano sempre severamente incappucciati.

    Saverio aveva pochi dubbi sul fatto che il rapimento fosse legato al manoscritto, sogno proibito della sua vita di cui finalmente stava entrando possesso.

    La verità contenuta in quello scritto avrebbe sconvolto gli equilibri già precari della società contemporanea, capovolgendo alcuni capisaldi religiosi e confermando alcune teorie additate come eretiche dalla Chiesa Cattolica, ma anticipate da menti geniali come Origene. Forse lo stesso filosofo alessandrino aveva letto quel prezioso manoscritto, ma si trattava solo di una leggenda e non vi era ancora nessuna prova certa in merito. Saverio avrebbe rinunciato ad una parte della cospicua eredità materna, pur di entrare in possesso di quel magnifico libro.

    La storia non era quella che era stata sempre raccontata. La mitologia cristiana sull’angelo caduto si fondava su un errore grossolano, o forse sul maldestro tentativo di conciliare il motore immobile, l’atto puro, il principio unico aristotelico con le premesse giudaico-cristiane. Ed ecco che bisognava creare Lucifero, l’angelo caduto che, deliberatamente, grazie al libero arbitrio concesso dall’unico Dio a tutte le creature, prima angeliche e poi umane, sceglie una strada diversa: il male, inteso come allontanamento dall’unico vero Essere, Dio.

    Era nato un grande equivoco, il più fuorviante travisamento dei fatti dell’intera storia che gli gnostici e molti gruppi di iniziati avevano già compreso, ma che soltanto il "liber Veneris" avrebbe potuto confermare.

    I suoi misteriosi rapitori avevano pensato proprio a tutto: sul comodino alla sua destra vi era una pila di libri, in cima ovviamente vi era la santa Bibbia, forse uno dei libri meno sacri dell’intero scibile umano, dall’elaborazione incerta, sovrapposta e frammentaria, con un’insanabile frattura tra il Dio vendicativo del Vecchio Testamento e quello misericordioso del Nuovo, la cui organicità continuava ad essere difesa ad oltranza da una casta reazionaria.

    Non mancano, tuttavia, in essa, testi dall’altissimo valore spirituale e Saverio, aprendola a caso, rinvenne uno dei suoi passi preferiti:

    "Pregai e mi fu elargita la PRUDENZA, implorai e venne in me lo spirito di SAPIENZA. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto, non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato davanti a LEI l’argento. L’ho amata più della salute e della bellezza, ho preferito avere LEI piuttosto che la LUCE, perché lo splendore che viene da LEI non tramonta. Insieme alla SAPIENZA, mi sono venuti tutti i beni; nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile"... (libro della Sapienza, 7,7-11).

    Saverio si soffermò su quel testo che tanto amava, a cui aveva ispirato la sua intera esistenza, così votata alla ricerca della verità. Forse, mai come in quell’occasione, insistette su un’espressione in particolare:

    "...ho preferito avere LEI (la SAPIENZA) piuttosto che la LUCE...".

    In quell’istante comprese che quella frase poteva essere attribuita proprio al mitico protagonista di un antico mistero, scagliato negli abissi da un Dio troppo geloso e vituperato dall’ignoranza del genere umano.

    Marina di Pisa, 15 ottobre 2017

    Helen guardava il meraviglioso tramonto sul mar Tirreno dal balcone della villetta in stile liberty dove era stata rapidamente portata una decina di giorni prima.

    Era strano come contemporaneamente riuscisse ad associare due pensieri di tenore opposto: da un lato pensava che i tramonti autunnali fossero di gran lunga più belli di quelli estivi, perché vi era una certa trepidazione, quasi fretta nell’aria, quando la palla rossa del sole andava a tuffarsi nell’acqua, a differenza della rarefatta e violacea dimensione estiva che allungava e disperdeva la poesia di quel momento; dall’altro ripercorreva con la mente la concitazione di quel pomeriggio di undici giorni prima.

    Neanche lei stessa riusciva a comprendere le proprie scelte, quando da stimata archeologa italo-inglese, stava trasformandosi in una pericolosa criminale.

    La sua vita era stata un continuo alternarsi tra amore e odio, tra la vita rispettabile di Londra e quella spregiudicata di Napoli, fino a ritrovarsi nei guai in una delle quattro Repubbliche Marinare. Il cieco e, forse anche sordo, amore per Guido, dissoluto avventuriero napoletano che doveva restituire un’ingente somma di denaro alla malavita organizzata, l’aveva portata ad accettare quello strano e pericoloso incarico. O non era stato così, non voleva mentire a sé stessa, forse aveva accettato semplicemente, perché era affascinata dall’ignoto e dall’avventura.

    L’uomo che l’aveva contattata aveva una voce ipnotica, ammaliante, alla quale non si poteva rifiutare nulla. A volte l’aveva chiamata su un cellulare che le era stato recapitato presso una casella postale, con una voce così profonda, da sembrare innaturale e proveniente da un altro mondo. Helen avrebbe dovuto contattare un sacerdote pisano, seguendo le istruzioni del suo misterioso mentore ed avrebbe dovuto recapitargli un pacco presso il Museo delle Sinopie in Piazza dei Miracoli.

    Ma un’ora prima dell’appuntamento, lo stesso uomo l’aveva chiamata, ordinandole di cambiare programma e di dirigersi alla stazione di San Rossore, dove aveva trovato una berlina con autista ad attenderla. L’autista, un tipo alto e biondo, tipicamente nordico, si era limitato a scortarla fino alla villetta di Marina di Pisa e a consegnarle un biglietto stampato al computer:

    Rimanga dove sarà portata, fino a nuova disposizione. Si tratta di un gioco più grande di lei, più grande di me, più grande del mondo. Non faccia sciocchezze. Avrà tutto ciò di cui avrà bisogno. Abbiamo pensato noi a giustificare la sua assenza presso il Museo Nazionale di Napoli. Attenda istruzioni.

    Alla breve e perentoria missiva non era stata apposta alcuna firma, ma Helen pensò che l’autore, o quanto meno l’ideatore, fosse l’uomo dalla voce ipnotica.

    Erano scese le tenebre sul Mar Tirreno, ed uno specchio di luna argentea si rifletteva verso la foce dell’Arno.

    Helen decise di rientrare in casa, accompagnata da Minù, un’affettuosa gattina nera, omaggio dei suoi carcerieri che avevano intuito, o forse conoscevano con certezza, quanto lei amasse la compagnia dei felini.

    Ante creationem, ex libro Veneris:

    Dio plasmò noi creature angeliche che abitavamo i cieli nel nostro splendore,

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