Capire Einstein: Dall'intuizione alle onde gravitazionali
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Ma la stessa enfasi con cui si è sottolineata l'importanza della sua teoria è stata usata per evidenziarne la natura controintuitiva che sfida, secondo questi approcci, i nostri modelli naturali di comprensione. Antonio Acín, ricercatore presso l'Istituto di Scienze Fotoniche, si propone in questo libro di dimostrare esattamente il contrario, fornendo al lettore gli strumenti per entrare nella logica della relatività e scoprirne così il meraviglioso carattere intuitivo.
SULLA COLLEZIONE: Scoprire la scienza è una serie di divulgazione scientifica in cui alcuni dei migliori docenti, ricercatori e divulgatori presentano in modo chiaro e piacevole le grandi idee della scienza.
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Anteprima del libro
Capire Einstein - Antonio Acín Dal Maschio
Crediti
Einstein e l'intuizione
L'immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l'immaginazione abbraccia il mondo.
Albert Einstein, in The Saturday Evening Post
Chiunque si sia interessato, in qualche momento della sua vita, alla fisica contemporanea avrà notato che in non poche occasioni la si descrive facendo ricorso a etichette come «paradossale» o «anti-intuitiva». Secondo questa lettura, ormai diffusa, nei primi decenni del XX secolo si verificò un processo di effervescenza scientifica dal quale emerse un insieme di teorie destinato a rappresentare una rottura radicale con la fisica vigente fino a quel momento (e che da allora è nota come «classica»), e che ci offre un'immagine della realtà in aperto contrasto con il nostro modo «spontaneo» e apparentemente irrinunciabile di concepire il mondo. Si tratta di una caratterizzazione sulla quale concorda buona parte dei libri, sia accademici sia divulgativi, e che ha l'indubbio merito di avvolgere con un certo alone di mistero, e addirittura di glamour, i progressi fatti dalla scienza negli ultimi anni. Se tutto si limitasse a questo, sicuramente non avremmo nulla da obiettare.
Il problema è che questa insistenza sull'apparente «anti-intuitività» (ci si consenta il termine non comune) della fisica contemporanea può diventare, agli occhi dei comuni mortali, un'imitazione del macabro monito al quale si trovavano davanti le anime prima di fare il loro ingresso nell'inferno dantesco: Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate. Non c'è nulla da fare, sembra avvertirci: la scienza contemporanea è diventata una disciplina astrusa che sfida le nostre capacità e i nostri schemi «naturali» di comprensione, una sorta di rito misterico dal quale i non iniziati devono tenersi lontani. A dire la verità, non sembra un buon punto di partenza per la divulgazione, e neppure un'immagine che contribuisca in modo particolare a promuovere l'interesse e la curiosità per il lavoro scientifico tra gli appassionati.
La figura di Albert Einstein fu fondamentale nello sviluppo di questa rivoluzione scientifica tacciata di incomprensibilità, tanto è vero che potremmo dire senza timore di sbagliarci che non esiste ambito della fisica teorica dell'ultimo secolo che non sia debitore verso i suoi contributi decisivi. Le sue teorie della relatività (speciale e generale) rappresentano una radicale revisione dei concetti fondamentali attorno ai quali si articola la nostra comprensione della realtà: massa, energia, tempo e spazio acquistano un nuovo significato nella fisica post-einsteiniana. L'equivalenza tra massa ed energia, riassunta nella famosa equazione E=mc², è alla base dello sviluppo della tecnologia nucleare, che ha segnato (nel bene e nel male) la storia dell'ultimo secolo. Allo stesso modo, le teorie più moderne sull'universo, dalla sua espansione al Big Bang o ai buchi neri, non sarebbero possibili senza la relatività generale, dalla quale hanno origine. Persino nell'ambito della meccanica quantistica, al quale di rado si associa il suo nome, i contributi di Einstein furono cruciali per lo sviluppo della teoria; non si dovrebbe dimenticare che Einstein fu insignito del Premio Nobel per la Fisica per la sua spiegazione del fenomeno fotoelettrico, che rappresentò il punto di partenza della quantizzazione della luce.
Albert Einstein nel 1921, anno in cui gli fu assegnato il Premio Nobel per la Fisica. Fotografia del ritrattista Ferdinand Schmutzer.
Messa in questi termini, è abbastanza semplice capire perché dedicare un libro alla sua figura. Ma che bisogno c'era di scriverne un altro? Che cosa ci può essere ancora da dire sul fisico più famoso della storia dopo centinaia, migliaia, sicuramente centinaia di migliaia di pagine scritte su di lui e le sue idee? Indubbiamente, questo merita una spiegazione, e questa spiegazione ci riporta, come forse qualcuno può già intuire, all'ormai logora accusa di anti-intuitività con la quale abbiamo aperto il capitolo.
In larga misura, il proposito principale di questo libro è esattamente quello di contestare (o quantomeno sfumare) l'interpretazione che tanto spesso si è data delle teorie di Einstein. Per dirlo in altre parole, il nostro intento è difendere la «naturalità» della concezione del mondo che si deriva da quelle teorie, e mostrare come, con le dovute contestualizzazioni, essa corrisponde e coincide con alcuni dei principi che consideriamo intuitivi. A prima vista può non sembrare un compito facile, però abbiamo un solido indizio della ragionevolezza del nostro progetto: di solito Einstein è presentato come paradigma dello scienziato intuitivo con la stessa frequenza con la quale la relatività è accusata del contrario. E in questo caso la descrizione è del tutto azzeccata. Il punto di partenza delle sue ricerche fu sempre il rispetto nei confronti di un insieme di presupposti intuitivi su come doveva funzionare il mondo, intuizioni che successivamente traduceva in un formalismo teorico che esplorava fino alle estreme conseguenze.
Cercheremo, dunque, di identificare ed esplicitare questi presupposti imprescindibili per penetrare nella logica della relatività, come se entrassimo nella testa di Einstein stesso. Per farlo, ci serviremo di alcune considerazioni di carattere storico e filosofico (o epistemologico, se si preferisce) che, lungi dall'essere un semplice ornamento letterario, rappresentano pezzi fondamentali nella dimostrazione che ci siamo proposti. A partire da queste basi, i risultati cadranno da soli per il loro stesso peso, come tessere di un domino. In qualche modo, è proprio lì che risiede la nota distintiva di questo testo; se questo (un altro!) libro su Einstein ha senso, non sarà tanto per la formulazione scientifica delle teoria (che è quella che è) bensì per la prospettiva che adotta. Sarà il lettore a giudicare se ci siamo riusciti.
Prima di proseguire, è il caso, tuttavia, di fare un paio di precisazioni per evitare l'atteggiamento che gli anglosassoni definirebbero come overpromising o, per dirlo in modo più prosaico, per non apparire come una sorta di venditori di rimedi miracolosi. La prima ha a che vedere con la portata della nostra missione. Il nostro tentativo di sottolineare gli aspetti intuitivi degli sviluppi della fisica contemporanea comprende, al massimo, la teoria della relatività, ma difficilmente la meccanica quantistica. Non possiamo farci niente: il carattere paradossale di questo ramo della fisica è difficile da confutare. La seconda precisazione, ancora più necessaria, è di natura semantica: «intuitivo» non è sinonimo di «facile». Anche se è vero che riuscire ad avere una comprensione adeguata dei contributi di Einstein alla fisica teorica non ha motivo di essere un'impresa titanica riservata a pochi eletti, è altrettanto vero che rappresenta una sfida che richiede un indubbio esercizio di astrazione e concentrazione. John Archibald Wheeler, discepolo e collaboratore di Einstein, ricorreva a un'illuminante metafora per dare un'idea del lavoro scientifico del suo maestro e amico: era, diceva, come affrontare la scalata delle montagne più alte. In questo libro cercheremo di fornire al lettore i percorsi, le funi e gli strumenti necessari per raggiungere la vetta, però dovrà essere lui a camminare e ad arrampicarsi. Lo sforzo non ci dovrebbe scoraggiare se consideriamo l'eccezionalità del premio che ci attende alla fine del percorso: accedere a teorie delle quali è stato detto che in quanto «creazione di una sola mente sono senza dubbio alcuno il traguardo intellettuale più elevato dell'umanità».[1] E dici niente!
La discussione sulla minore o maggiore complessità ci conduce ad affrontare una questione piuttosto spinosa, e che inevitabilmente si presenta nel momento in cui ci si dedica alla divulgazione nel campo della scienza: che fare con la matematica? È piuttosto sorprendente che sulle copertine di parecchi libri di divulgazione scientifica risaltino, in caratteri enormi, espressioni come «Senza formule matematiche!», come se questo costituisse un merito indiscutibile e uno straordinario argomento di vendita (be', forse quest'ultimo, in effetti, sì). Noi abbiamo preferito optare per una soluzione intermedia, che riteniamo opportuno esplicitare. Abbiamo scelto di mantenere quegli sviluppi matematici che rispondono a queste due condizioni:
contribuire a una comprensione più profonda delle implicazioni e del corso logico della teoria;
richiedere conoscenze basilari di algebra e calcolo.
Ciononostante, non abbiamo potuto resistere alla tentazione di includere anche altri (pochi) sviluppi più tecnici, che il lettore più coraggioso troverà nell'appendice alla fine del volume. Queste sono le coordinate di base a partire dalle quali è stata tracciata la mappa di questo libro. Per compiere la nostra missione, inizieremo il percorso con un breve riassunto che abbiamo chiamato «La scienza prima della scienza», per soffermarci in modo più approfondito sulla rivoluzione scientifica del XVII secolo in generale e sull'opera di Galileo Galilei in particolare. Oltre a farci conoscere i precedenti teorici a partire dai quali Einstein costruì le sue teorie, la storia della scienza ci darà anche l'occasione di stabilire alcuni dei principi che in modo «intuitivo» e «naturale» pretendiamo che qualsiasi spiegazione scientifica della realtà rispetti, principi sui quali ritorneremo in maniera ricorrente nel corso dei capitoli che seguono. L'insieme della produzione scientifica di Einstein, nei suoi successi come nei suoi errori, si può comprendere soltanto se vi si accosta partendo dai presupposti epistemologici ai quali il suo autore non volle (o non poté) mai rinunciare.
Dotati ormai dell'indispensabile equipaggiamento concettuale e metodologico, saremo pronti per addentrarci nella folta boscaglia delle due teorie alle quali il nome di Einstein è rimasto legato in modo indissolubile: la teoria speciale della relatività e la teoria generale della relatività. Nella loro esposizione, cercheremo di mostrare come il carattere apparentemente anti-intuitivo di alcune delle loro conclusioni non sia tale a partire da ciò che abbiamo appreso nelle pagine precedenti. Concluderemo questa parte centrale di carattere più strettamente scientifico parlando dei contributi di Einstein alla fisica quantistica, un aspetto al quale non tutte le opere dedicate alla sua figura riservano la dovuta considerazione.
Einstein fu un rivoluzionario non soltanto nel che cosa, ma anche nel come. Se si è soliti indicare Faraday come il paradigma del fisico sperimentale, non v'è dubbio che Einstein incarni la figura del fisico teorico per antonomasia. Nell'immaginario collettivo, il lavoro scientifico si concepisce come il risultato della sperimentazione e dell'osservazione dei fenomeni, a partire dalle quali si giunge alle conclusioni che essi parrebbero imporci. Prima vengono i fatti, poi la teoria. Einstein inverte la logica del processo, come se mettesse il carro davanti ai buoi. L'esperienza nel suo complesso opera come uno scenario di fondo, il lontano referente a partire dal quale la ragione spicca il volo per immaginare, da sola e slegata dai fatti, ipotesi sul funzionamento del mondo: sono i celebri esperimenti mentali. È questa realtà «sognata» il punto di partenza per la formulazione della teoria, dalla quale si deducono in forma strettamente logica le conseguenze che, successivamente, saranno oggetto di conferma empirica. Prima la teoria, poi i fatti. Non deve sorprendere, dunque, che la realtà, e l'intera