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Avventure marziane
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E-book172 pagine1 ora

Avventure marziane

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Su Marte si è scritto moltissimo, ma le scoperte scientifiche sono sommerse dalle leggende. Le risposte a quesiti come “su Marte c’è acqua e vita?” sono incerte: “sì”, “forse, in passato”, “impossibile”. Eppure qualcosa si conosce davvero.

"Avventure marziane" cerca di restituire Marte alla scienza, narrando le osservazioni e le conclusioni sul Pianeta Rosso, dai primi studi di singoli scienziati con mezzi limitati nel XVII secolo, fino alle esplorazioni spaziali dei nostri giorni condotte da numerosi gruppi di ricerca con tecnologie avanzate.

In un saggio come questo non poteva mancare la famosa trasmissione radiofonica di Orson Welles sull’invasione dei marziani e un ampio estratto dai fondamentali studi di Giovanni Virginio Schiaparelli sul Pianeta Marte.

Buon viaggio!
LinguaItaliano
EditoregoWare
Data di uscita15 giu 2015
ISBN9788867973019
Avventure marziane

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    Anteprima del libro

    Avventure marziane - a cura di Marina Del Prete

    © goWare 2015, Firenze, prima edizione

    ISBN 978-88-6797-301-9

    Redazione e ricerca iconografica: Tommaso Capecchi, Stefano Cipriani

    Sviluppo ePub: Elisa Baglioni

    Copertina: Lorenzo Puliti

    goWare è una start-up fiorentina specializzata in digital publishing

    Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it

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    a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com

    I sottotitoli del filmato The War of the Worlds sono a cura

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    Presentazione

    Su Marte si è scritto moltissimo, ma le scoperte scientifiche sono sommerse dalle leggende. Le risposte a quesiti come su Marte c’è acqua e vita? sono incerte: , forse, in passato, impossibile. Eppure qualcosa si conosce davvero.

    Avventure marziane cerca di restituire Marte alla scienza, narrando le osservazioni e le conclusioni sul Pianeta Rosso, dai primi studi di singoli scienziati con mezzi limitati nel XVII secolo, fino alle esplorazioni spaziali dei nostri giorni condotte da numerosi gruppi di ricerca con tecnologie avanzate.

    In un saggio come questo non poteva mancare la famosa trasmissione radiofonica di Orson Welles sull’invasione dei marziani e un ampio estratto dai fondamentali studi di Giovanni Virginio Schiaparelli sul Pianeta Marte.

    Buon viaggio!

    * * *

    Marina Del Prete è nata a Ginevra, ma da sempre vive in Toscana, dove si è laureata e dottorata in Fisica. La sua attività e il suo interesse si sono divisi e alternati nel tempo tra ricerca scientifica in fisica gravitazionale e delle particelle elementari e attività di editor, comunicazione e divulgazione scientifica. Con questo primo ebook prova a unire i puntini della vita fin’ora raccolti.

    Il Pianeta Rosso

    di Marina Del Prete

    Le prime osservazioni del Pianeta Rosso

    Così vicino da poterlo vedere e immaginare e così lontano da renderlo difficile da conoscere ed esplorare, Marte ha sempre affascinato studiosi, bambini e appassionati di fantascienza.

    Osservato fin dai tempi antichi, Marte si è distinto per la sua luminosità e il suo colore. Gli astronomi babilonesi lo chiamarono come la loro divinità del fuoco, Nergal, forse per la sua colorazione rossastra. Per noi oggi è il Pianeta Rosso per le grandi quantità di ossido e idrossido di ferro, FeO e Fe(OH)2, che lo ricoprono.

    Subito dalle prime osservazioni nel Seicento Marte appare lontano, diverso ma anche simile alla Terra.

    I primi risultati delle osservazioni del Pianeta Rosso arrivarono intorno al 1640 quando Christiaan Huygens e Niccolò Zucchi osservarono della macchie sulla superficie marziana. Poco più di venti anni dopo, nel 1666 Gian Domenico Cassini durante le sue indagini osservò le calotte polari del pianeta e stimò, sbagliando solo di poco, il raggio e il periodo di rotazione di Marte intorno al proprio asse.

    Il giorno marziano è lungo circa 24 ore e 40 minuti e il suo raggio è circa la metà di quello della Terra.

    Da questi studi passarono circa cento anni prima di ottenere altre informazioni.

    Alla fine del Settecento William Herschel, osservando il moto del pianeta, fu in grado di stimare la durata dell’anno marziano, due anni terrestri circa, e ipotizzò un’alternanza stagionale. Marte ha quattro stagioni lunghe il doppio di quelle terrestri.

    Herschel, attraverso i suoi studi, arrivò anche a ipotizzare la presenza di un’atmosfera e che il colore bianco delle calotte polari fosse ghiaccio.

    Gli studiosi dell’epoca immaginano allora che, se le macchie chiare erano ghiaccio, le macchie scure potevano essere oceani.

    Marte e la Terra sembrano sempre più simili, nascono così le prime teorie sulla possibilità che vi fosse vita, anche intelligente, sul Pianeta Rosso.

    Un pianeta simile alla Terra

    Alcuni studiosi attraverso documenti indiretti hanno scoperto che all’inizio dell’Ottocento probabilmente il famoso matematico tedesco Karl Friedrich Gauss e l’astronomo austriaco Joseph Johann von Littrow suggerirono delle possibili forme di comunicazione con i vicini marziani[1].

    Secondo alcuni scritti Gauss suggerì di tracciare enormi triangoli e quadrati nella tundra siberiana, i progenitori dei crop circles, i cerchi nel grano, per spiegare il teorema di Pitagora. Le linee delle figure sarebbero dovute essere larghe circa 15 km e le aree interne riempite di grano.

    Littrow, invece, propose di tracciare delle trincee giganti larghe diverse centinaia di metri per delineare forme di larghezza pari a circa 30 km nella distesa di sabbia sahariana. Le trincee sarebbero poi state riempite di acqua. I messaggi sarebbero stati scritti con del cherosene versato sopra l’acqua in quantità tale da bruciare per almeno 6 ore. Con questo metodo ogni notte si sarebbe potuto inviare un messaggio diverso ai vicini marziani.

    Nel 1877 l’astronomo americano Asaph Hall scoprì le due lune di Marte, Fobos e Deimos. Entrambe le lune sono di forma irregolare e con orbite quasi circolari, molto vicine al piano equatoriale del pianeta. Marte nella sua diversità era sempre più simile alla Terra con la sua Luna.

    In questo contesto all’inizio del Novecento l’astronomo italiano Giovanni Virginio Schiaparelli con i primi studi al telescopio osservò dei cambiamenti cromatici del suolo marziano e vide segni lineari, depressioni della crosta marziana, che chiamò canali di Marte [▶ Figura 1 Mappa di Marte disegnata dall’astronomo Schiaparelli e pubblicata nel 1888].

    Vita su Marte

    Ormai in molti pensano che possa esserci vita vegetale e intelligente su Marte[2]. Le variazioni cromatiche erano dovute a cambiamenti stagionali della vegetazione e i canali a costruzioni artificiali[3].

    Da quel momento i canali marziani e soprattutto i loro artefici sono al centro dell’attenzione di tutti, divenendo protagonisti di molte fantasie e racconti e di numerose discussioni tra astronomi e scienziati di diverse discipline.

    Particolarmente animato fu il dibattito che coinvolse l’astronomo statunitense Percival Lowell, fondatore dell’osservatorio di Flagstaff in Arizona.

    A seguito delle pubblicazione degli studi svolti da Giavanni Schiaparelli, Lowell si dedicò allo studio del Pianeta Rosso. In più scritti[4] l’astronomo esprime le sue teorie sulla possibilità che siano esistano forme di vita marziane intelligenti. Ipotizza che gli abitanti di Marte avessero costruito una rete di canali e bacini per contrastare la natura inospitale del pianeta, ma che comunque il clima attuale, probabilmente, non ne avesse permesso la sopravvivenza. Nelle sue opere Lowell argomenta e descrive con molti dettagli quelle che riteneva fossero le caratteristiche non naturali della superficie del pianeta e tratta la possibilità che vi sia al momento vita animale.

    Un singolare articolo, nel 1901, del New York Times documenta l’entusiasmo e l’eccitazione dell’ambiente scientifico del periodo.

    Con un titolo che oggi potrebbe far pensare a un film di fantascienza, The Light Flash from Mars, l’articolo ci racconta di un telegramma inviato dall’osservatorio di Lowell che dichiarava l’avvistamento di luci provenienti da Marte, probabilmente un tentativo dei marziani di comunicare con la Terra.

    A seguito del telegramma, l’astronomo e fisico Edward Charles Pickering, direttore dell’Harvard College Observatory, propose di installare un sistema di specchi in Texas con lo scopo di rispondere e comunicare con i vicini del Pianeta Rosso.

    C’è davvero vita su Marte?

    Nel 1907 il naturalista inglese Alfred Russel Wallace risponde con toni fortemente critici alle teorie di Lowell con il testo Is Mars Habitable?[5]. Secondo Wallace gli argomenti di Lowell sono deboli tenendo conto delle condizioni fisiche del pianeta, infatti l’atmosfera rarefatta e l’assenza di pioggia portano a conclusioni opposte, le condizioni del pianeta non permettono l’esistenza di vapor acqueo e quindi di nessuna forma di vita è possibile e i canali devono essere di origine naturale.

    Comunque le prime importanti delusioni per i sostenitori dell’esistenza dei marziani arrivano con le analisi spettroscopiche.

    Queste analisi studiano lo spettro, l’energia, delle sorgenti luminose separandole nelle diverse componenti colorate, le lunghezze d’onda. Ogni elemento chimico emette e assorbe particolari lunghezze d’onda che possiamo vedere come righe caratteristiche che descrivono l’energia dell’elemento studiato. L’elemento chimico può essere analizzato in laboratorio in diverse condizioni di temperatura, densità e pressione e i risultati possono essere paragonati con gli studi sulla luce proveniente da pianeti e stelle.

    Nella prima metà del Novecento furono fatte le prime fotografie astronomiche selezionando varie lunghezze d’onda e i canali di Marte non apparivano in nessuna di esse, erano spariti.

    Gli scienziati, delusi, giungono all’inevitabile conclusione che fossero soltanto delle illusioni ottiche.

    Questo, però, non basta a fermare le teorie e speculazioni sulla possibilità che vi fosse vita intelligente su Marte. Teorie che continuarono fino a metà degli anni sessanta, periodo in cui iniziarono le missioni marziane. Le sonde inviate negli anni per l’esplorazione del Pianeta Rosso sono di diverso tipi: orbitanti intorno al pianeta, rover che sulla superficie perlustrano le diverse zone e navicelle spaziali che rimangono nella zona di atterraggio, i lander.

    I primi tentativi di osservare da vicino Marte furono fatti da americani e sovietici. Le imprese non ebbero subito successo, le sonde infatti non riuscirono a raggiungere l’orbita terrestre o a lasciarla per continuare la rotta verso Marte, altre sparirono interrompendo la comunicazione mentre erano in viaggio verso il pianeta da scoprire.

    Le prime importanti informazioni arrivarono negli anni Sessanta con le sonde del programma NASA Mariner e del programma sovietico Mars.

    Le scoperte del programma Mariner

    La sonda Mariner 4, lanciata nel 1964, fu la prima a sorvolare Marte. Durante la sua missione scattò molte fotografie vicino alla superficie marziana. Le immagini raccontarono un pianeta ricoperto di crateri provocati dalla caduta di meteoriti, desertico.

    Le misure sulla pressione atmosferica furono quelle che scoraggiarono maggiormente le aspettative dei ricercatori.

    Già da prima di queste missioni, i ricercatori conoscevano le dimensioni di Marte e sapevano che la gravità marziana era molto inferiore di quella

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