L'arazzo dell'Apocalisse di Angers: una testimonianza tra cielo e terra
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Anteprima del libro
L'arazzo dell'Apocalisse di Angers - Luigi Angelino
(AL)
INTRODUZIONE
L’arazzo raffigurante le vicende narrate nell’Apocalisse di Giovanni è in realtà il più grande complesso di arazzi
esistente al mondo. Durante un viaggio dedicato al turismo e allo studio, ho avuto il privilegio di ammirare da vicino questo capolavoro artistico conservato nel castello di Angers, in Francia, capoluogo del dipartimento Maine e Loire
, antica colonia romana e fiorente ducato in epoca medioevale, culla della celebre famiglia degli Angioini. L’opera, realizzata alla fine del XIV secolo, è il più antico arazzo francese, uno dei più grandi capolavori del patrimonio dell’arte d’oltralpe, ma soprattutto rappresenta una delle più significative e verosimili rappresentazioni del libro dell’Apocalisse. Le ricostruzioni storiche hanno evidenziato che l’arazzo fu commissionato, tra il 1373 ed il 1377 al mercante Nicolas Bataille, a favore del duca Luigi I d’Angiò.
Bataille lo fece tessere nel suo laboratorio di Parigi all’aperto da Robert Poisson, ma l’opera fu probabilmente completata nel 1382. La preparazione del ciclo di cartoni fu affidata al pittore Hermaquin de Bruges, chiamato anche Jean de Bruges, pittore di corte del re Carlo V. Il ciclo di arazzi, con ogni probabilità, aveva anche una funzione politica, per rafforzare il prestigio della dinastia dei Valois, coinvolta nella sanguinosa guerra dei Cent’anni.
Tale particolare aspetto mi ha portato, nella trattazione del primo capitolo, a delineare una sintetica riflessione sugli sviluppi del concetto di potere
nella storia dell’arte, con particolare riferimento alla cultura medioevale.
Nel secondo capitolo, più nello specifico, sono stati analizzati gli elementi di dettaglio che rendono l’arazzo conservato nel castello di Angers un vero e proprio testimone
della Rivelazione di Giovanni.
Dal punto di vista storico e teologico, si può dire che la storia visionaria
, narrata nel libro dell’Apocalisse, era molto trattata nel XIV secolo, concentrandosi principalmente sulla lotta tra il bene ed il male. Le scene sono piene di immagini simboliche ed allegoriche che rimandano al complesso ed enigmatico testo di Giovanni. Ciò, tuttavia, che colpisce maggiormente l’osservatore, che ha una certa dimestichezza con il libro dell’Apocalisse, è il fatto che il ciclo di arazzi ripercorre, pressoché fedelmente, la narrazione dell’autore, con costumi ed iconografie tipiche della fine del Medioevo. Analizzando i pannelli, sembra di rivivere le oniriche esperienze di Giovanni, partendo dall’ispirazione divina a dimostrare le qualità del creato, per arrivare alla raffigurazione dei famosi quattro cavalieri
che sono inseguiti dalle anime dei morti. E desta una certa impressione la rappresentazione dell’ultimo dei cavalieri: Morte, che fino ad allora era stata delineata come una creatura vivente
, qui, invece, si impone nella sua realtà ontologica di cadavere in decomposizione
.
Seguendo tale filo conduttore, nel terzo capitolo ho parlato della struttura essenziale del libro dell’Apocalisse, percorrendo la strada tracciata dall’arazzo di Angers. Il viaggio prosegue attraversando le peripezie dei sette sigilli, delle trombe divine che annunciano l’arrivo del Messia, delle coppe che riversano flagelli sulla corruzione del genere umano, per giungere al punto cruciale, cioè alle insidie di Satana, mediante l’Anticristo e lo Pseudoprofeta, raffigurati come la Bestia che viene dal mare e la Bestia che viene dalla Terra, simboli, come vedremo, del potere e dell’idolatria assoluti e corrotti che impediscono all’umanità di essere libera e di avvicinarsi a Dio. La narrazione della caduta di Babilonia, nata forse come anatema contro l’impero romano, si trasfigura nell’emblema della caduta dell’uomo nel peccato, con un giudizio escatologico, in cui l’Agnello separerà le sorti dei giusti da quelle dei dannati. Ed il ciclo di arazzi si chiude con la speranza della sconfitta delle forze del male e con l’immagine della Gerusalemme celeste, simbolo dell’eternità per coloro che rimarranno in comunione con Dio, sapendo scegliere a quale schieramento appartenere.
Il quarto capitolo del presente lavoro è orientato a riassumere gli aspetti salienti del concetto di potere
, così come emergono da un’attenta esegesi del libro dell’Apocalisse, sia con una lettura di carattere storico che simbolico, evidenziando come Giovanni metta in guardia i lettori dai pericoli dell’Anticristo, diversamente interpretato nel corso delle varie epoche storiche.
Nel quinto ed ultimo capitolo, mi è sembrato opportuno offrire una sintetica ricostruzione della tradizione storica, in ambito culturale e religioso, che ha portato all’elaborazione delle due distinte figure di Lucifero e di Satana, alla luce soprattutto della reinterpretazione cristiana che ne ha unificato il ruolo come antagonista dell’Onnipotente.
Se vogliamo sottolineare un particolare che non è sfuggito a tanti studiosi, è necessario ricordare che dei sette pezzi originari dell’arazzo, a noi ne sono pervenuti soltanto sei. Come è noto, il numero sette, ricorrente nell’intera struttura del libro dell’Apocalisse, era il simbolo della perfezione divina, mentre il numero sei richiamava ciò che è imperfetto
, incompiuto
, fino ad arrivare al 666 indicato da Giovanni, come marchio dell’Anticristo: un presagio quasi che l’umanità vive in un’epoca ancora contraddistinta dall’incompiutezza.
CAPITOLO 1
IL POTERE DELL’ARTE
1.1 Il problema del potere nella storia
1.1.1 Definizione di potere
Quando si parla di potere, in termini giuridici, si fa riferimento alla capacità, o alla facoltà, ovvero all’autorità di agire, indirizzata a fini personali o collettivi. Più in generale, il concetto di potere esprime la capacità, che può essere reale o presunta di incidere sull’evoluzione dei comportamenti dei gruppi umani¹.
È necessario, tuttavia, operare un distinzione semantica del significato di potere nell’ambito strettamente giuridico e nelle scienze umane: nel primo caso la valenza è più precisa, ma si presta ad un’interpretazione più restrittiva, in quanto sottolinea la facoltà che spetta ad un soggetto di produrre determinati effetti giuridici; nel secondo caso, gli studiosi si sono dibattuti se dare al concetto di potere un significato di bene materiale o di vera e propria relazione fra individui, anche se attualmente la seconda teoria è quella più diffusa. Queste considerazioni preliminari portano a considerare il potere come la capacità di ottenere obbedienza
. Molto evocativa è la definizione di carattere sociologico di Max Weber, che intende il potere soprattutto come espressione di forza: "Il potere è la possibilità che un individuo, agendo nell’ambito di una relazione sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte ad un’opposizione²" In campo politico, in particolare, Raymond Aron ci fornisce una definizione di potere chiara e compiuta: "La consegna ad uno o ad alcuni della capacità, riconosciuta legittima, di stabilire regole per tutti, di imporre a tutti il rispetto di queste regole o in conclusione di prendere decisioni obbligatorie, in fatto o in diritto, per tutti³".
1.1.2 Potere e politica
In ogni contesto storico, le relazioni degli individui si sono basate soprattutto su rapporti di potere, che traevano origine dalla corrispondenza comando-obbedienza. In apparenza, gli Stati moderni con l’affermarsi del principio di democrazia, hanno ingenerato la speranza che le relazioni comando-obbedienza e, più in generale, le violenze coercitive, modelli tipici degli Stati autoritari, stessero scomparendo. A tal proposito, tuttavia, si deve osservare, che, secondo ricerche approfondite e seguendo l’evidenza dei fatti, la coercizione, con metodi violenti, non può essere eliminata del tutto, in quanto di essa devono servirsene anche gli Stati democratici, per ottenere il mantenimento dell’ordine sociale e la relativa difesa dei diritti e delle libertà conquistate. In generale, si può affermare che l’esercizio del potere ha un ruolo molto importante nei rapporti tra le persone e tra queste e lo Stato⁴, nell’ottica di conservare i giusti equilibri dei diversi strati della società. Il termine politica è nato nel mondo greco antico, ed il pensiero politico ha un’evidente origine deduttiva, partendo da concezioni astratte di tipo metafisico e teologico, fino a secolarizzarsi nel tempo, nel dritto romano e nelle successive applicazioni medioevali, approdando a formulazioni sempre più pratiche ed empiriche, fondate su elementi razionali.
1.1.3 Potere e origine dello stato
Una delle teorie più interessanti sull’origine del potere politico, è quella che offre Thomas Hobbes nel Leviatano⁵, dove lo definisce come volontaria cessione di libertà e di potere incondizionato da parte dei singoli mediante un patto reciproco orientato all’autoconservazione. La legittimazione del potere dello stato risiederebbe proprio nella mutua rinuncia totale all’autarchia, per scongiurare una situazione di guerra perenne, trasferendo all’ordinamento statale l’intera sovranità. Non è questa la sede per approfondire le molteplici tematiche connesse, ma da questa teoria deriva sia il concetto di stato totalitario che quello di stato nazione. È diverso, invece, l’approccio del sociologo Weber, che, nel suo libro Economia e società⁶, definisce il potere come la capacità di un attore sociale di esercitare, in alcune occasioni anche con l’uso della forza, un controllo sul comportamento degli altri, perfino senza il consenso dei sottoposti, e condizionandone le loro decisioni. Nell’ambito del concetto di potere, Weber comprende molteplici elementi, come la ricchezza, il prestigio, lo status, la forza numerica e fisica, l’efficienza organizzativa e tutte le altre componenti che possano attribuire un vantaggio. Weber distingue il concetto di Macht (potenza) da quello di Herrschaft (potere legittimo). Il primo termine vuole indicare una relazione sociale, dove il soggetto più forte riesce ad imporre la propria volontà in ogni caso; il secondo termine, invece, fa riferimento alle situazioni dove il soggetto debole accetta le decisioni altrui, in quanto le riconosce valide e legittime. Nell’ambito del potere legittimo, il sociologo distingue il cosiddetto potere tradizionale
, tipico delle civiltà antiche e dell’epoca medioevale, maggiormente attinente alla presente trattazione, il potere carismatico ed il potere razionale-legale, sviluppatosi nelle società contemporanee.
1.1.4 Il rapporto fra i poteri
Una delle questioni più dibattute riguarda la natura e i legami che esistono tra i processi di compenetrazione tra i poteri civili e quelli politici. Per poteri civili si intendono quelli economici, religiosi, culturali, tecnologici e scientifici. Nell’epoca contemporanea l’elemento politico del potere, basato sull’unione tra la forza ed il consenso e variamente interpretato dai diversi regimi, si è progressivamente separato dai poteri economici e religiosi. Tale cammino di emancipazione, ancora non maturo nell’epoca medioevale, si è realizzato, in età moderna, mediante proprie strutture istituzionali, cioè gli Stati nazionali. Quattro, infatti, sono i principali poteri della nostra società: politico, economico, giudiziario ed il cosiddetto quarto potere, quello mass-mediatico. Ciascuno di questi, tuttavia, secondo una visione liberale dello stato e della società deve essere considerato e mantenuto diverso dagli altri. La questione fondamentale è appunto l’opportuna distinzione fra i poteri
. A tal proposito, si può dire, che spesso capita che i quattro poteri si confondano fra loro: il potere giudiziario con quello politico, l’economico con quello mass-mediatico e così via. E non bisogna dimenticare, che fin dai tempi della Rivoluzione inglese⁷, la ripartizione dei poteri è stata sempre uno dei principi basilari dello Stato liberale, anche, se tradizionalmente, i poteri sviluppati dal liberalismo e da Montesquieu⁸ sono soltanto tre: legislativo, esecutivo e giudiziario.
1.1.5 Il potere nella Francia medioevale
Ai fini della nostra trattazione, che ci porterà, nel particolare, all’analisi dell’Arazzo dell’Apocalisse custodito attualmente nel castello di Angers, occorre inquadrare la situazione politico-sociale della Francia nel tardo medioevo. Nel corso dei secoli XIII e XIV la Francia, che ha ormai raggiunto la dimensione di grande Stato feudale, avvia un vero e proprio processo di riorganizzazione interno, mediante il rafforzamento dell’autorità monarchica che culminerà nel XVI secolo, quando diventerà uno Stato centralista ed assolutista.
Sul piano internazionale, la monarchia si schiera dalla parte del papato contro l’Impero, avviando una politica di espansione in Italia con la conquista angioina del Regno di Sicilia. Con il vigore della nuova potenza acquisita, la monarchia francese mira poi a ridimensionare il papato. Il declino della dinastia capetingia⁹ e l’avvio della guerra dei Cent’anni costituiscono gravi problemi per la monarchia francese, che colleziona, in quei