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Metamorfosi della Vita dell'Anima
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Metamorfosi della Vita dell'Anima
E-book213 pagine3 ore

Metamorfosi della Vita dell'Anima

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In “La Metamorfosi della vita dell’Anima”sono trascritte alcune conferenze di Rudolf Steiner in cui spiega la missione della scienza spirituale, della rabbia, della verità e della riverenza. Sono incluse anche discussioni sul carattere umano, ascetismo e malattia, egoismo umano, Buddha e Cristo, e un affascinante capitolo ispirato al potere e alle influenze della luna sull’essere umano.
 
 
„Se l'uomo non cerca di essere imparziale verso il destino,
se non vi si adatta, se nutre rancore nei suoi riguardi
e ne è malinconico, se lo ingarbuglia con decisioni soggettive, è come se egli di continuo disturbasse gli dei nella formazione del suo destino. Si può vivere realmente il proprio destino solo sapendo accettare la vita con animo imparziale.“
 
                                                                                      R.S.
 
 
Rudolf Joseph Lorenz Steiner—(1861-1925)  è stato un filosofo,   pedagogista,esoterista,artista e riformista sociale austriaco. È il fondatore   dell’antroposofia, di una particolare corrente pedagogica, di un tipo medicina oltre che l'ispiratore dell'agricoltura biodinamica, di uno stile architettonico e di uno pittorico. Ha posto anche le basi dell'Euritmia, del Massaggio Ritmico Antroposofico. Si è occupato inoltre di filosofia, sociologia, antropologia, economia e musicologia.
LinguaItaliano
Data di uscita26 gen 2021
ISBN9788869375873
Metamorfosi della Vita dell'Anima
Autore

Rudolf Steiner

Nineteenth and early twentieth century philosopher.

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    Anteprima del libro

    Metamorfosi della Vita dell'Anima - Rudolf Steiner

    DELL’ARTE

    LA MISSIONE DELLA COLLERA

    (IL PROMETEO INCATENATO )

    Nell’approfondire la vita dell’anima umana può sempre ritornarci alla mente l’antichissimo detto del saggio greco Eraclito: « L’essere dell’anima è tanto vasto che, quand’anche tu per­corressi tutte le strade, non riusciresti mai a sco­prirne i confini ! ».

    Vogliamo qui parlare della vita dell’ anima non dal punto di vista della psicologia moderna ma da quello della scienza dello spirito, la quale parte dal fatto che, dietro a tutto quanto è dato ai sensi esteriori e all’ intelletto ad essi legato, si trova, come fonte e origine primordiale di quest’esistenza esteriore, una spiritualità vera e reale che l’uomo è veramente in grado d’inve­stigare.

    La scienza occulta non dice che vi siano qua o là dei confini alla conoscenza, ma chiede come dobbiamo trasformare noi stessi per penetrare sempre più addentro in questo mondo, per trarne esperienze sempre più vaste, e deve, sempre di nuovo, indicare il grande evento grazie al quale l’uomo diventa un indagatore spirituale, capace di vedere i mondi dello spirito, come l’indagatore fisico vede col microscopio quelli fisici. Di fronte ai mondi spirituali, dice bene Goethe:

    « Misteriosa anche alla luce del giorno, Natura non si lascia spogliare dei suoi veli, e ciò ch’essa non vuole palesare al tuo spirito, non glielo strapperai con leve né con viti ».

    Certo, l’investigatore spirituale non si vale di strumenti esteriori, composti di lenti o d’altro. Egli deve trasformare in strumento la sua stessa anima, e allora sperimenta, a un gradino più elevato, quel momento possente del risveglio interiore in cui può guardare un mondo spirituale, come il cieco operato guarda il mondo fisico che prima non percepiva. Oggi naturalmente non occorre che ognuno diventi un indagatore dello spirito, per poter riconoscere la verità di quel che il risvegliato ha da comunicare al mondo. Poiché, quando i dati dell’indagine spirituale vengano comunicati, chiunque può riconoscerli, purché abbia senso di verità scevro di pregiudizi, e sia dotato di logica comune.

    Per compiere l’indagine, occorre l’occhio aperto del chiaroveg- gente; ma per comprenderne la comunicazione basta il semplice senso sano della verità; un sentimento genuino, non guasto da preconcetti, una ragionevolezza naturale. Se dunque, in queste conferenze, parleremo di alcune qualità dell’anima che interessano l’uomo, si tratterà sopra tutto di accoglierle quali nozioni e osservazioni animiche secondo la scienza dello spirito.

    Come l’idrogeno, l’ossigeno o altri elementi chimici possono essere studiati solo da chi ne abbia acquisita la capacità, cosi solo chi abbia l’occhio spirituale aperto può penetrare con lo sguardo nella vita dell’anima. Per indagarla, bisogna essere in grado di compiere osservazioni, per così dire, nella sostanza stessa dell’anima. In tal caso, è senza dubbio necessario non considerare l’anima come un alcunché d’indefinito, di nebuloso, dove frullino sentimenti, pensieri, impulsi volitivi; e sarà bene rammentare per sommi capi quanto abbiamo già esposto altre volte sul medesimo argomento.

    L’uomo, quale noi lo consideriamo, ci appare un essere di gran lunga più complicato di quanto risulti alla scienza esteriore. Ciò che l’osservazione fisica esteriore conosce dell’ uomo è, per la scienza dello spirito, solo una parte dell’ essere umano: cioè il corpo fisico esteriore che l’uomo ha in comune con tutto quanto di minerale lo attornia. Vigono nel corpo umano le stesse leggi, vi agiscono le stesse sostanze che si trovano nel mondo esterno fisico-minerale. Ma, oltre a que­sto, la scienza dello spirito riconosce, — per os­servazione, e non solo per deduzione logica, — un secondo elemento dell'essere umano, che chiamiamo il corpo eterico o vitale. Possiamo solo abbozzare questa costituzione della natura uma­na, poiché altro è il compito che ci siamo pro­posti oggi; e vogliamo prendere questa conoscen­za, di come sia costituita la natura umana, solo come base.

    Il corpo eterico o vitale, l'uomo non lo ha più in comune con ciò che intorno a lui è minerale fisico, ma con tutto ciò che vive. Ho già detto che chi è diventato investigatore spirituale, e ha fatto della sua anima uno strumento per vedere entro i mondi dello spirito, conosce il corpo ete­rico o vitale per osservazione immediata. Ma esso può venir riconosciuto anche da chi abbia sem­plicemente e spassionatamente senso di verità, e non sia offuscato dai pregiudizi odierni. Consi­deriamo il corpo fisico: esso ha in se le stesse leggi fisiche e chimiche del mondo esterno fisico­minerale. Quando ci si mostrano queste leggi fisiche? Ci si mostrano quando l'uomo ci sta da­vanti privo di vita. Dopo ch'egli ha varcato la soglia della morte, ci si palesano chiare le leggi congenite al corpo fisico: sono leggi che dissol­vono il corpo, che dominano il corpo in tutt’altro modo di come è retto tra la nascita e la morte. Queste medesime leggi regnano pur sempre nel corpo fisico umano, ma senza che questo le se­gua, perché, tra la nascita e la morte, lo governa un elemento che lotta continuamente contro la disgregazione del corpo fisico; ed è appunto il corpo eterico o vitale.

    Distinguiamo inoltre un terzo elemento dell'essere umano: il portatore della gioia e del do­lore, degli istinti, delle cupidigie, delle passioni, di tutto ciò che, in fondo, già designiamo come animico; ma che non è l’essere animico in se stesso, bensì il suo veicolo. Questo, l’uomo lo possiede in comune con tutti gli esseri intorno a lui che hanno una qualche forma di coscienza, cioè con gli animali. Questo terzo elemento dell’essere umano è da noi chiamato corpo astrale o corpo della coscienza. Così è completato ciò che chiamiamo la corporeità dell’uomo.

    Questa corporeità umana è dunque costituita di tre arti: corpo fisico, corpo eterico o vitale, corpo astrale o corpo della coscienza. In mezzo a questi suoi tre arti, riconosciamo nell’uomo quello che fa di lui il coronamento della crea­zione terrestre, quello ch'egli non ha più in co­mune con nessun altro essere sulla Terra. Ab­biamo spesso rilevato come il nostro linguaggio possieda un’unica piccola parola che può con­durci appunto a quest’ interiorità dell’uomo, per la quale egli è il coronamento della creazione terrestre.

    Un mazzo di fiori può da tutti esser chiamato tale; l’orologio, la scrivania, la sedia, la fiamma, possono da ognuno esser chiamati orologio, scrivania, sedia, fiamma. Ma c’è un nome che non può mai risuonarci all’orecchio da fuori come nome nostro, se indica noi stessi, e che non può scaturire se non dalla nostra propria interiorità, se ha da indicare noi stessi. È quello che si esprime con la piccola parola « Io ». Ri­flettete un po’, se è mai possibile che la parola « Io » vi giunga all’orecchio dall’esterno, quando ha da indicare la vostra stessa persona ! Se volete designare voi stessi con la parola « Io », occorre che questo Io risuoni dalla vostra interiorità e sia la designazione del vostro intimo essere. Per­ciò le grandi religioni e concezioni universali videro sempre in questo nome il « Nome inef­fabile » di Colui che appunto non può venir de­signato da fuori; con la designazione « Io » siamo davanti a quell’entità intima che può venir chiamata l’elemento divino nell’uomo.

    Ciò non significa che si voglia fare dell’uomo un Dio. Come non facciamo, della goccia che togliamo dal mare, un mare, se diciamo ch’è della medesima sostanza di esso, così non fac­ciamo dell’ Io un Dio, dicendo ch’ esso è della medesima sostanza e natura del Divino che opera e pulsa in tutto l’Universo.

    Grazie a questa sua vera e propria natura interiore, l’uomo soggiace a quel fenomeno universale che la scienza dello spirito accoglie come vero e reale, nel pieno senso della parola, a quel fenomeno che esercita un fascino sull’uomo, ma che, in rapporto alicorno, viene preso veramente sul serio soltanto dalla scienza dello spirito. Parlo di quel fenomeno della vita che indichiamo con la parola evoluzione. Quale fascino non esercita questa parola sull’ uomo d’ oggi, quando si parla di esseri viventi inferiori che via via sono ascesi a gradini più alti ! Come appaga oggi il dire che l’uomo stesso si è evoluto da forme di esistenza inferiori fino alla sua altezza presente !

    La scienza dello spirito prende sul serio la parola evoluzione sopra tutto in rapporto all’uomo, e fa osservare che, essendo un essere autocosciente, dotato di un’attività interiore che scaturisce dal suo centro, egli non deve limitarsi a comprendere l’evoluzione guardando fuori nel mondo e dicendo: « Ivi l’imperfetto si evolve verso il perfetto », bensì, per il fatto eh’ egli è posto nel mondo come essere attivo, egli stesso deve fare l’evoluzione. Col nostro concetto di evoluzione non possiamo fermarci a quello che già si è sviluppato, ma dobbiamo comprendere che spetta all’uomo evolversi, ch’egli ha da tras cendere se stesso, da procedere oltre il gradino di evoluzione al quale è già arrivato, svolgendo forze sempre nuove allo scopo di diventar sempre più perfetto. Ora, la scienza dello spirito giunge a un concetto dell’evoluzione adeguato all’essere umano, cercando di affermare oggi un detto che, non molto tempo fa, si è affermato in un campo diverso; essa cerca di affermarlo nello stesso stile, ma in un campo più elevato.

    Di solito gli uomini non pensano che ancora al principio del secolo XVII si credeva, e non solo dai profani ma anche dagli eruditi, che gli animali inferiori si sviluppassero dalla melma fluviale. Ciò dipende - va da un’osservazione inesatta; e il grande na­turalista italiano Francesco Redi fu il primo a proclamare, nel XVII secolo, che il vivente può aver origine solo dal vivente. Si noti ch’io cito queste parole con tutte le restrizioni con cui ven­gono prese oggi. Naturalmente, oggi nessuno crede che un animale inferiore, un verme, un lombrico possano nascere dalla melma fluviale; e il sostenerlo allora dipendeva da un’ osserva­zione inesatta.

    Perché nasca un lombrico, biso­gna che esista il germe di un lombrico. Eppure, nel secolo XVII, Francesco Redi sfuggì a mala pena alla sorte di Giordano Bruno! Poiché per quest’affermazione lo si riguardò come un gran­de eretico. Ebbene, oggi non si usa più, almeno in certi paesi, trattare gli eretici alla stregua di allora; ma si considera, se non peggio, sognatore o esaltato chi ritiene di aver, conseguito una conoscenza che lì per lì contraddice alle opinioni di coloro che nella propria alterigia pensano di aver raggiunto il vertice d’ogni concezione del mondo. Questa è l’Inquisizione d’oggi. E sia. Ciò che la scienza, dello spirito sostiene rispetto a fenomeni più elevati» analogamente a ciò che in un campo inferiore sostenne Francesco Redi, avrà la stessa sorte. Come il Redi affermò che « il vivente può aver origine soltanto dal vivente »» così la scienza dello spirito afferma che lo spirituale animico può nascere soltanto dallo spirituale animico. E la legge della reincarnazione, di cui oggi spesso si sorride come di una folle fantasia, non è altro che una conseguenza di quest’affermazione.

    Osservando ciò che di spirituale-animico si va sviluppando, dal giorno della nascita in poi, dalla corporeità, nonché osservando come sulle fat­tezze appena abbozzate si vadano disegnando man mano tratti fisionomici più distinti, come i movimenti si vadano facendo sempre più in­dividuali, e le facoltà sorgendo e svolgendosi sempre più, molti credono oggi che tutto ciò sia conseguenza delle disposizioni fisiche dei geni­tori, dei nonni; che dipenda, insomma, dalla ge­nealogia fisica. Ma si tratta anche qui di un’os­servazione inesatta, come quando si credeva che il lombrico ed altri animali inferiori nascessero dal fango. Solo perché l’odierna visione subordi­nata ai sensi fisici non è più in grado di risalire all’elemento spirituale e animico da cui si è svi­luppato ciò che oggi ci sta davanti come spirito e anima, si ritiene che quanto si fa risalire a leggi fisiche d’ ereditarietà emerga dagli oscuri sostrati del fisico.

    La scienza dello spirito ci fa guardare indie­tro a vite terrene precedenti, durante le quali l’uomo ha posto i germi delle facoltà che si ma­nifestano ora, nell’incarnazione attuale, lì, a sua volta, la vita attuale fra la nascita e la morte è da noi considerata come nuova causa di future vite terrene. L’animico-spirituale non può aver origine che dall’animico-spirituale. E non è lon­tano il tempo in cui quest’affermazione sarà una verità altrettanto ovvia quanto quella di Fran­cesco Redi: «Il vivente non può nascere che dal vivente». Verità che è divenuta ovvia solo dal XVII secolo in poi.

    Ma c’è una differenza, e cioè che l’asserzione del Redi può suscitare un interesse limitato; men­tre quanto afferma oggi la scienza dello spiri­to, — e cioè che anima e spirito si sviluppano dall’animico-spirituale; che l’uomo non vive una volta sola, ma vive ripetute vite terrene, e che ogni vita sulla terra è l’effetto delle vite terrene antecedenti e insieme il punto di partenza di nu­merose vite susseguenti, — ha interesse per ogni uomo; e dal riconoscimento di questa verità di­pende ogni fiducia nella vita, ogni sicurezza nel nostro lavoro, la soluzione di tutto ciò che si presenta a noi come problema. Da questa cono­scenza l’uomo attingerà forze sempre maggiori per tutta resistenza, fiducia e speranza per tutto ciò che deve agire nel futuro. Per questo tali cognizioni hanno interesse per ogni uomo.

    Che cos’ e dunque ciò che lavora di vita in vita, che ebbe il suo principio in vite terrene precedenti e percorre la sua via attraverso tutte le vite terrene? È l'Io umano che il nostro lin­guaggio designa col nome che è impronunziabile per esseri esteriori. L’Io dell’uomo passa di vita in vita e, nel passare così di vita in vita, compie la propria evoluzione.

    Come avviene quest'evoluzione? Avviene at­traverso l’elaborazione che l’Io compie sui tre arti inferiori.

    Abbiamo il corpo astrale, il portatore della gioia e del dolore, degli istinti, delle brame, del­le passioni: consideriamo un uomo di basso li­vello il cui Io abbia ancora lavorato poco a pu­rificare il corpo astrale, un Io che obbedisce, da schiavo, ai suoi istinti, alle sue brame, alle sue passioni. Confrontiamo un uomo simile con un altro, più elevato, il cui Io abbia lavorato intorno al corpo astrale così da trasformarne gli istinti, le brame, le passioni, in ideali morali, in giudizi etici: avremo in tal modo una prima immagine del lavoro che Pio compie sul corpo astrale dell’uomo.

    Così vediamo l’io lavorare da dentro sugli involucri dell’uomo, e, a tutta prima, sull’involucro che è tramite della coscienza, sul corpo astrale. Dunque, in ogni uomo che oggi ci sta davanti, possiamo distinguere quello di cui, senza opera propria, egli è stato dotato nella vita (ossia quella parte del corpo astrale su cui l’io non ha ancora lavorato), e un’altra parte che l’io ha già trasformato coscientemente. Quella parte del corpo astrale che l’io ha già trasformata si chiama Sé spirituale o Manas.

    Progredendo, l’Io può diventare sempre più forte, sinché arriva a trasformare anche il corpo eterico o vitale. E ciò che l’io ha trasformato del corpo eterico o vitale, si chiama Budhi o Spinto vitale. Se l’io diventa ancora più forte, acquista il potere di trasformare persino il corpo fisico. La parte del corpo fisico così trasformata, (invisibile agli occhi comuni, poiché é soprasensibile), si chiama Atma o Uomo Spirito.

    Ecco come avviene l’evoluzione. L'Io trasforma via via gli arti inferiori che l’uomo ha ricevuto senza sua cooperazione.

    Fin qui abbiamo parlato della trasformazione cosciente del corpo astrale. Ma prima che l’Io fosse divenuto capace di lavorare in tal modo coscientemente, esso ha lavorato, già da epoche remotissime, incoscientemente, o meglio subcosciente- mente, intorno ai suoi tre corpi esteriori; da prima intorno al corpo astrale, portatore del dolore e della gioia, degli istinti, delle brame, delle passioni. E quella parte del corpo astrale che l’io ha elaborata incoscientemente, che dunque l'uomo porta in sé come corpo astrale tra­sformato, è il primo suo arto animico, l’anima senziente.

    L'Io vive dunque nell’interiorità umana, e pri­ma che l'uomo si sia destato a tal segno da poter trasformare coscientemente i suoi istinti, le sue passioni, ecc., l’Io si è già creato, nel corpo astra­le, l’anima senziente. Nel corpo eterico o vitale, l’io, ancora in uno stato precosciente, si è creato ciò che usiamo denominare anima razionale o affettiva. E, infine, nel corpo fisico, l’Io si è creato l’organo di un membro animico interiore, che chiamiamo anima cosciente. In conclusione, dob­biamo distinguere nell’uomo tre arti o membri dell'anima, entro i quali opera l’io: l'anima sen­ziente, l'anima razionale o affettiva e l'anima co­sciente. Per la scienza dello spirito quest'anima umana non è dunque un quid evanescente e ne­buloso, bensì una parte interiore della natura umana, che comprende l'anima senziente, l'ani­ma razionale o affettiva e l'anima cosciente.

    Ora, poiché tutte queste considerazioni si riferiscono a questi tre arti dell'anima e al lavoro dell'Io su di essi, vogliamo cercare di formarci un concetto della loro natura e del modo come ci si presentano. L'investigatore spirituale li conosce per veggenza immediata; ma possiamo farcene un concetto anche col semplice raziocinio.

    Pensiamo quanto segue: ci sta davanti una rosa; noi la percepiamo; finche la percepiamo, ricevia­mo un'impressione dall'esterno. Questa si chia­ma la percezione della rosa. Ma nell'istante in cui distogliamo lo sguardo dalla rosa, conservia­mo di essa un'immagine interiore, qualcosa che possiamo portar via con noi. Dobbiamo distin­guere questi due fatti: il fatto che stiamo di fronte alla rosa, e la facoltà per la quale, senza che la rosa ci

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