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Manuale di Imperfezione: Imparare a sbagliare per vivere felici
Manuale di Imperfezione: Imparare a sbagliare per vivere felici
Manuale di Imperfezione: Imparare a sbagliare per vivere felici
E-book191 pagine2 ore

Manuale di Imperfezione: Imparare a sbagliare per vivere felici

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Info su questo ebook

Il mondo che ci sta intorno è in costante cambiamento, ci sor­prende, ci pone di fronte a sfide, a situazioni inaspettate, impreviste.
Capita di restare come immobilizzati dalla paura, perché non conosciamo o non riconosciamo più la realtà che siamo chia­mati a vivere e perché, in questa nuova realtà, abbiamo paura di non essere all’altezza, di sbagliare l’imbocco della strada, di non muove­re i passi nei tempi o nei modi giusti.
Quanto ci blocca la paura di sbagliare? Quanto ci pesano i nostri errori? Quanta energia ci viene sottratta dal confronto con modelli di perfezione inarrivabili, impossibili e presenti spesso solo nella nostra testa?
Per trovare una via d’uscita alle situazioni difficili è necessario non puntare a fare le cose in modo esatto ma, è riuscire ad avere una piena consapevolezza e accettazione di noi stessi, delle nostre infinite risorse e potenzialità, ma anche dei nostri limiti e delle nostre imperfezioni: solo così si può migliorare realmente l’approccio alla tua vita.
"Manuale di Imperfezione" è un libro utile, intelligente, un saggio di crescita personale e di auto-aiuto che ti farà comprendere come il Terrore sia parte integrante del percorso evolutivo, perché sbagliare è un insegnamento indispensabile per sfruttare le cadute e rialzarsi con slancio.
In un percorso semplice e pratico, Francesco Fabiano ti aiuterà a conoscerti meglio e ti condurrà all’accettazione dell'“imperfezione”, per volgerla a tua vantaggio.
LinguaItaliano
Data di uscita4 feb 2021
ISBN9788892721050
Manuale di Imperfezione: Imparare a sbagliare per vivere felici

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    Anteprima del libro

    Manuale di Imperfezione - Francesco Fabiano

    inventa".

    1.

    PERCHÉ SPESSO VIVIAMO GLI ERRORI COME UN FALLIMENTO

    ISTINTO E RAGIONE

    Sin dalle origini, l’uomo si caratterizza sulla scena del mondo sia per la sua forza che per la sua debolezza. La sua forza si constata nella capacità di plasmare l’ambiente esterno e renderlo adatto alla propria sopravvivenza, utilizzando in modo proficuo e creativo tutte le risorse a disposizione. Un’altra caratteristica che rende eccezionalmente forte l’uomo è l’uso del linguaggio, ossia la capacità di comunicare, a voce o con la scrittura, attraverso l’elaborazione di simboli codificati utili a conoscere e descrivere la realtà e a tramandare la conoscenza alle successive generazioni. Tali capacità hanno reso la nostra specie, non a caso, l’unica capace di espandersi in ogni direzione e adattarsi agli svariati ambienti climatici dell’intero pianeta. La nostra debolezza invece sta nel fatto che per natura, a livello prettamente fisico, l’uomo è un essere non particolarmente dotato: manca di denti acuminati e di artigli potenti, non possiede una forza muscolare straordinaria né corre velocemente; inoltre è l’animale che, per più tempo, dipende in modo totale dai propri genitori. I cuccioli di uomo sono indifesi e non autosufficienti per diversi anni: in ciò non c’è paragone con le altre specie.

    L’eccezionalità dell’uomo non deriva quindi dalle sue caratteristiche fisiche, ma proviene dalla sua natura particolare che è come un intreccio tra due dimensioni opposte e, all’apparenza, inconciliabili: istinto e ragione. Istinto e ragione costituiscono l’essenza dell’uomo, un’essenza che ci rende assolutamente unici tra i viventi. L’istinto, cioè la pulsione alla sopravvivenza, è qualcosa che abbiamo in comune con le altre specie animali, un guardiano antichissimo e un sensore potente che da milioni di anni presiede non solo alla nostra vita biologica, ma al nostro benessere nel suo complesso. Si dice che l’istinto sa sempre cosa è giusto per noi perché è il motore del desiderio e delle emozioni ed è la parte più primigenia e vitale della nostra natura ma, in realtà, l’istinto può rivelarsi anche fonte di problemi o causa di errori. Mossi dall’istinto o dalle pulsioni talvolta tendiamo a sottovalutare un pericolo o a sopravvalutare le nostre forze. Nel mito greco di Icaro è ben evidenziato uno dei rischi propri dell’istinto: nonostante gli avvertimenti del padre di non volare troppo in alto, Icaro si fa prendere dall’ebbrezza del volo e si avvicina troppo al sole; il calore fonde la cera, precipitandolo in mare dove muore. Icaro, con il suo desiderio di volare portato all’estremo, non si accorge del pericolo, non lo considera. La pulsione vitale dell’istinto è molto forte, e ci indica spesso desideri o bisogni fondamentali ma, se lasciata esprimere senza controllo, può indurci a sbagliare.

    L’altra metà della nostra essenza, la ragione, ci consente di elaborare una riflessione sulle cose che accadono, di scorgere un nesso causa-effetto, di valutare tutte le possibili opzioni per capire meglio la realtà, e anche noi stessi, permettendoci di accedere a una dimensione di maggiore conoscenza e consapevolezza. Se l’istinto indica cosa è bene per noi, la ragione ci suggerisce come, ovvero il modo migliore, più sano, per arrivarci. Anche la ragione però, quando schiaccia e annulla l’istinto, può indurci a sbagliare, in questo caso si tratta di errori specularmente opposti a quelli derivanti dall’istinto, errori causati non dall’eccesso di impeto ma dall’eccesso di cautela. Troppi ragionamenti ci portano a bloccarci, ci paralizzano e ci impediscono di agire. Un eccesso di concettualizzazione, di razionalizzazione, può sortire l’effetto di allontanarci dalla realtà concreta, facendoci perdere lo slancio e l’attimo per scegliere e agire. Possiamo dire che nell’uomo istinto e ragione esistono per collaborare a un fine comune, come le gambe nel corpo che, quando sono ben coordinate, si muovono in una meravigliosa sintonia. Nello splendido romanzo Ragione e sentimento, Jane Austen evidenzia magistralmente il rapporto tra queste due parti presenti in ognuno di noi. Le due sorelle protagoniste, Elinor e Marianne, incarnano infatti i due archetipi della ragione e dell’istinto, la prima razionale e tranquilla, la seconda romantica ed esuberante. Entrambe si innamorano di due uomini diversi, così come diverse sono loro, ma solo attraverso una serie di accadimenti e un percorso interiore fatto di gioie e sofferenze, saranno portate a compiere un processo di maturazione che le farà diventare persone più consapevoli e felici, capaci entrambe, seppur per vie differenti, di conciliare la ragione con il sentimento.

    ESERCIZIO 1

    Tenendo presente che il perfetto bilanciamento non esiste in nessuna persona ma che è, semmai, un obiettivo verso cui puntare, prova a rispondere a queste tre domande:

    1) Tendi più a commettere errori per eccesso di istinto o per eccesso di ragione? Scrivi un errore che pensi di aver fatto di recente e analizza se è stato causato più da un eccesso di istinto o da un eccesso di ragione.

    2) Se dovessi definirti in percentuale, quale ritieni essere la parte predominante in te e a quanto equivarrebbe rispetto all’altra? (es. 40% istinto e 60% ragione, oppure 75% istinto e 25% ragione). Prova a descrivere in quali atteggiamenti, pensieri, azioni, ciò si manifesta:

    3) Senti il desiderio di raggiungere un maggiore equilibrio, un miglior bilanciamento tra queste due parti? Oppure sei soddisfatto di come sei? Oppure, ancora, vorresti aumentare la percentuale della parte già predominante in te?

    La concezione dell’uomo quale intreccio tra istinto e ragione è presente sin dagli albori delle civiltà nei racconti mitici di numerose culture, in Europa così come in Africa e in Oriente. La ragione, che viene impiegata da sempre per massimizzare i risultati di molte attività pratiche, è alla base del notevole sviluppo delle capacità e conoscenze mediche, scientifiche e tecnologiche di cui oggi disponiamo, ma essa è anche lo strumento di indagine che utilizziamo per confrontarci con noi stessi, attraverso grandi e profonde domande che affascinano, incuriosiscono e che spesso appaiono senza una risposta immediata, domande che riguardano il senso profondo della vita, i valori più alti e tutti quei "perché" che ci motivano e che stanno alla base dei nostri comportamenti, determinando le nostre azioni. Anche se non sempre ne siamo consapevoli, tutte le nostre azioni, i nostri comportamenti e le loro conseguenze dipendono, direttamente o indirettamente, dalle nostre credenze. Se la nostra esistenza fosse un fiume, potremmo dire che a monte, nel ghiacciaio, ci sono i nostri valori e ciò in cui crediamo (l’onestà, l’amicizia, la giustizia, Dio, l’amore e così via) e a valle ci sono le nostre azioni. Le nostre azioni sono la conseguenza, nel bene o nel male, della purezza dell’acqua che c’è a monte. Essere consapevoli dei nostri valori più alti, alimentarli e agire il più possibile in armonia con essi, ci rende più forti perché più coerenti, facilita le nostre scelte e ci rende più attrattivi verso persone e occasioni favorevoli. Se, per esempio, credo fortemente nella giustizia, tenderò a pensare a come trattare in modo equanime e giusto i miei figli o i miei collaboratori, a come vincere restando dentro le regole, a come poter ristabilire un torto fatto a me o a qualcuno a me caro. Questo mi porterà giocoforza a fare azioni (o a non farne) tendenzialmente coerenti e conseguenti a tali pensieri. Al contrario, se non credo nel valore della giustizia, non ritengo essere così necessario conformarcisi sempre, dunque tenderò, consciamente o inconsciamente, ad aggiustare i miei comportamenti (e a valutare quelli degli altri) sulla base di altri principi quali per esempio la convenienza del momento o la legge del più forte. Questi miei comportamenti e atteggiamenti faranno sì che io attragga o venga attratto da persone simili a me o con le quali riesco meglio a trovare un’intesa o un accordo, e tutto ciò produrrà risultati che saranno la diretta conseguenza dell’intero processo.

    I nostri valori orientano le nostre scelte, talvolta in modo palese e talvolta in modo non manifesto. Ci sono scelte che non facciamo, non tanto e non solo perché le reputiamo poco vantaggiose o poco utili, ma perché in contrasto con i nostri valori profondi. Così come ci sono scelte che facciamo, anche se faticose o non remunerative, perché ci fanno sentire bene, ci fanno sentire in sintonia con i nostri valori profondi. Avere contezza quindi di quali siano i nostri valori più alti è rilevante e non è un esercizio scontato. Non sono molti i momenti e le occasioni per riflettere su questi temi e per essere pienamente consapevoli di ciò che orienta la nostra vita.

    ESERCIZIO 2

    Quali sono i tuoi valori più alti? Prova, qui di seguito, a elencarne alcuni, rispondendo alle domande: in cosa credo? Quali sono i miei valori più alti?

    L’uomo da sempre ha elaborato una serie di pensieri e di riflessioni su di sé, sul senso della propria vita e sulla conoscenza della realtà esteriore e interiore che rientrano sotto il nome di Filosofia, parola che deriva dal greco e che significa: amore per la sapienza.

    Per citare Aristotele: Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene da qui, dando l’addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui.

    La Filosofia non è altro che lo sforzo meraviglioso di riflettere su di sé, connettersi con i valori più profondi che determinano e orientano, in modo conscio o inconscio, l’intera propria esistenza. Così l’uomo, interrogandosi, scopre sempre di più su se stesso, sul proprio universo interiore e su quello esteriore. Interrogarsi sui valori massimi aiuta la coscienza a indirizzarsi nella direzione più proficua per decidere quali pensieri fanno stare bene e sono migliorativi e quindi quali azioni compiere per incrementare il proprio benessere e la propria felicità. Intesa così, la Filosofia si rivela utilissima, se non addirittura indispensabile per raggiungere qualsiasi obiettivo concreto si desideri e per ottenere il meglio da ogni esperienza vissuta.

    Possiamo dire che la Filosofia è lo strumento necessario per elaborare e perfezionare una strategia a lungo termine per quanto concerne la nostra vita. Cosa voglio dalla mia vita? Quali obiettivi o soddisfazioni profonde mi interessano? Quali valori costituiscono la mia bussola nella navigazione della mia esistenza?

    Proprio qui potrebbe manifestarsi un primo blocco che ci impedisce di accedere a una maggiore conoscenza di noi stessi e di utilizzare al meglio le nostre capacità per migliorarci. Questo primo blocco, che talvolta scatta nella nostra testa, è il timore immobilizzante di confrontarci con qualcosa di molto più grande di noi. Ciò accade perché più si conosce, più ci si rende conto dell’immensità di quanto ancora resta da conoscere e si ignora. Socrate diceva: So di non sapere e allo stesso modo, parecchi secoli dopo, anche gli scienziati ammettono che è ben poco ciò che sappiamo rispetto a quanto c’è ancora da comprendere dell’uomo, della vita e dell’intero universo. Come afferma uno dei più importanti divulgatori scientifici americani, Richard Panek: A oggi, conosciamo solo il 4% dell’universo. Il resto è materia oscura ed energia oscura.

    Non è possibile conoscere tutto, neppure se vivessimo cento vite, ciononostante questa non è una buona ragione per non accrescere il nostro sapere. A volte la consapevolezza di quanto immenso sia ciò che non sappiamo ci impietrisce e ci impedisce semplicemente di cominciare qualsiasi cosa. Questo primo blocco è quello che abbiamo provato di fronte, per esempio, a un libro di ottocento pagine, oppure la prima volta che abbiamo visto qualcuno ballare in modo incantevole e abbiamo pensato di non riuscire a fare altrettanto, la sensazione di impotenza annichilente che si prova a volte di notte, di fronte all’infinità di un cielo stellato. Più ci mettiamo di fronte alla vastità della conoscenza e più ci sentiamo piccoli. Eppure, dento questa nostra piccola essenza, come in un minuscolo ma preziosissimo scrigno, è presente la possibilità di comprendere, passo dopo passo, l’incommensurabilmente grande.

    Quando ero bambino, rimasi affascinato nel vedere due ragazzi più grandi sfidarsi in una partita a scacchi. Ero letteralmente ammaliato dalla magia che emanava quella scacchiera e da tutti quei pezzi che sembravano uscire da un racconto fantasy medievale. Ma ero anche impietrito di fronte alla complessità di un gioco a me ignoto, così difficile, cervellotico, incredibilmente logico e razionale ma allo stesso tempo con un’infinità di varianti, di schemi e opzioni, perciò fuori dal controllo pieno. Inoltre, un gioco dominato da caratteristiche umane imprevedibili quali l’attenzione, la concentrazione, l’audacia e la pazienza. Quella sorta di timore mi impediva di avvicinarmi concretamente al gioco: lo pensavo troppo faticoso, troppo impegnativo da imparare, troppo complesso. Poi, dopo settimane di tentennamenti, mi decisi a chiedere a uno di quei ragazzi di insegnarmi i rudimenti degli scacchi. Così, a mano a mano che apprendevo, mi rendevo conto che, pur confermando le impressioni iniziali, mi sentivo sempre più confidente e sempre meno a disagio. All’inizio persi innumerevoli partite di seguito, ma

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