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Angeli o Demoni - Il Regno dei due Fratelli
Angeli o Demoni - Il Regno dei due Fratelli
Angeli o Demoni - Il Regno dei due Fratelli
E-book955 pagine14 ore

Angeli o Demoni - Il Regno dei due Fratelli

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Info su questo ebook

Angeli o Demoni è il quinto romanzo della Saga storica a sfondo fantasy gotico

‘Il Regno dei Due Fratelli’, che nel penultimo e decisivo capitolo, viene influenzato dal più recente genere ‘Paranormal Romance’.

Filippo e suo figlio, portati in catene nel nuovo mondo, grazie ad una guida d’eccezione iniziano un avventuroso viaggio tra le nevi dei selvaggi inverni del Nord America. Lungo il cammino, numerosi flashback porteranno alla luce nuove verità in linea con le più recenti scoperte scientifiche ed archeologiche, sulla nascita del Regno degli uomini: dal racconto della genesi, alla cacciata dal Paradiso, attraversando l’antico Egitto per poi giungere grazie ai Templari ben oltre la fondazione della Fede Cattolica e fino ai giorni nostri.

Inaspettatamente, una quarta legione sbarcherà nel nuovo mondo per pretendere la sua fetta di terra. Le streghe sono tornate, e bramose di vendetta, pretenderanno il pagamento del prezzo dalle atroci persecuzioni subite nel vecchio mondo, ponendo le basi per quella che presto sarebbe diventata la più grande caccia alle streghe della Storia (Salem).

Con questo romanzo, la serie de ‘Il Regno dei Due Fratelli’ si rivela come una Saga multi-tempo, un racconto dei racconti, nato e maturato dal confronto con le più moderne traduzioni non interpretative dei testi Biblici, dei rotoli del Qumran, e gli ultimi Vangeli portati alla luce solo di recen
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2019
ISBN9788831641760
Angeli o Demoni - Il Regno dei due Fratelli

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    Anteprima del libro

    Angeli o Demoni - Il Regno dei due Fratelli - Daniele Ingo

    Indice

    PREFAZIONE

    INTRODUZIONE AL ROMANZO

    CAPITOLO 120

    CAPITOLO 121

    CAPITOLO 122

    CAPITOLO 123

    CAPITOLO 124

    CAPITOLO 125

    CAPITOLO 126

    CAPITOLO 127

    CAPITOLO 128

    CAPITOLO 129

    CAPITOLO 130

    CAPITOLO 131

    CAPITOLO 132

    CAPITOLO 133

    CAPITOLO 134

    CAPITOLO 135

    CAPITOLO 136

    CAPITOLO 137

    CAPITOLO 138

    CAPITOLO 139

    CAPITOLO 140

    CAPITOLO 141

    CAPITOLO 142

    CAPITOLO 143

    CAPITOLO 144

    CAPITOLO 145

    CAPITOLO 146

    CAPITOLO 147

    CAPITOLO 148

    CAPITOLO 149

    CAPITOLO 150

    CAPITOLO 152

    CAPITOLO 153

    CAPITOLO 154

    CAPITOLO 155

    CAPITOLO 156

    CAPITOLO 157

    CAPITOLO 158

    CAPITOLO 159

    CAPITOLO 160

    CAPITOLO 161

    CAPITOLO 162

    CAPITOLO 163

    CAPITOLO 164

    CAPITOLO 165

    SERIE DI ROMANZI

    di

    Daniele Ingo

    Youcanprint Self-Publishing

    di

    Daniele Ingo

    Fanpage: Il Regno Dei Due Fratelli - SAGA

    Titolo | Angeli o Demoni - Il Regno dei Due Fratelli

    Autore | Daniele Ingo

    ISBN | 9788831641760

    © Tutti i diritti riservati all'Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il preventivo assenso dell'Autore.

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma, 73 - 73039 Tricase (LE) - Italy

    www.youcanprint.it

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    Facebook: facebook.com/youcanprint.it

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    A te Marco, mio caro e vero amico.

    Ti ho trovato quando pensavo di aver perso la via, mi hai sostenuto e regalato più di un sorriso nei miei momenti tristi…

    Ti abbiamo perso troppo presto…

    Ci manchi, anche se so che la tua vera avventura continua ora,

    dopo la tua esperienza terrena...

    Il ricordo di ciò che mi hai lasciato vivrà per sempre in me…

    PREFAZIONE

    Viviamo in un mondo che sembra avere come sua unica missione principale quella di spaventarci, di piegarci, di farci comprendere quanti e quali siano i nostri limiti…

    Tutta la nostra esistenza, conseguentemente, si trasforma in una serie di reazioni che finiscono per creare un presente relativo; ne consegue un futuro soggetto alle nostre più primitive emozioni e reazioni comandate dalle esperienze pregresse; dirette ed indirette esse vivono con noi, salvate come in un grande file nel nostro patrimonio genetico tanto quanto nei ricordi.

    Come per Filippo (il protagonista della nostra storia), per ognuno di noi, ed ogni essere di questa Terra, le uniche parole magiche sono: svegliarsi… imparare, crescere e quindi evolvere in qualche modo… Che ciò serva per un bene comune o individuale, tutti ci muoviamo in tal senso, volontariamente o involontariamente.

    Quando però l’esperienza diviene un prezioso strumento per costruire il futuro, e quando invece un ostacolo per il presente?

    Siamo realmente in grado di imparare ad usare tali file archiviati dentro noi, a nostro uso e consumo, e non quale nostra debolezza o esclusiva reminiscenza dei nostri errori passati?

    Siamo in grado di gestire il nostro debito emotivo inerente al passato, accettandolo come solo un tassello fondamentale del futuro?

    Le risposte a queste domande sono evidenti quanto misteriche: un uomo che abbia una piena coscienza di se e del tutto, come ad esempio il Dalai Lama per i Buddhisti, credo risponderebbe con un sorriso, affermando che ci sta lavorando. Quanti di noi invece, immersi nelle nostre faccende quotidiane, massacrati dai doveri lavorativi o dal severo giudizio di una società superficiale e consumistica, pensano di non averci neanche mai pensato? Eppure tutto questo è alla base di quella evoluzione umana a cui tendiamo dalla notte dei tempi, che ci ha portato sulla Luna, che ci ha conferito una società aperta all’istruzione di massa e non più riservata solo ad un élite.

    Nondimeno, nonostante ciò, molti, troppi di noi, ancora stenta a riuscire a prendere il controllo sui propri istinti, sul proprio pensiero e della propria vita…, lasciandosi condizionare da influenze di massa vuote di contenuti.

    L’istinto alla sopravvivenza così diviene, tendenza alla ricerca di approvazione o rivincita dall’esclusione sociale.

    Sopravviviamo, facciamo sacrifici, per comprare tutto ciò che ci viene detto di acquistare; seguiamo una moda che ci hanno detto di rincorrere per essere più ‘cool’ e crediamo che il giudizio degli altri o che noi diamo agli altri attraverso i social, siano il vero ed unico metro di paragone tra gli individui;

    L’istinto alla sopravvivenza, in una società crudele, in una natura selvaggia, in una famiglia ingrata e poco preparata al ruolo genitoriale, rimane quindi come un residuo di backup calcificatosi di Era in Era, che ci consente di difenderci dal male. Ciò che tuttavia la cultura di massa ancora non ha percepito, e che evolversi non vuol dire accettare la verità di un altro, ma cercare la propria, affinché si incastoni con le altre creando quel patrimonio di biodiversità che ha fatto grande il nostro pianeta.

    Uniti nelle nostre diversità, e non uniti nella globale uguaglianza quasi ‘robotica’.

    Ma per fare ciò, bisogna accettare di vedere ed affrontare i propri difetti, i propri demoni ed i propri limiti, mentre la società del controllo delle masse spinge ad una pigrizia sempre più diffusa, nutrendo la mente con programmi televisivi di bassa levatura, e scarso valore culturale. Insomma… non andiamo più al Colosseo a vedere i gladiatori, ma stiamo comodamente a casa a navigare tra le fake new dei social network accettandole come verità e senza farci domande, disinteressandoci dei veri problemi che muovono il mondo, oppure accendiamo la televisione in cerca di tronisti e piccoli fratelli rinchiusi in una casa o su un’isola offrendoci un’illusoria finestra verso il mondo ed altri individui. 

    Diventiamo conseguentemente gusci vuoti, troppo presto insoddisfatti e rapidamente vittime del sistema, quando invece dovremmo lavorare al fine di abbandonare la pura istintualità a favore di un più conscio ed ampio controllo, ‘celebrale’ o spirituale, delle difficoltà e dei propri limiti confrontandoci con la vita reale e non virtuale.

    Fatta questa premessa, sorge un nuovo elemento che andrebbe preso in considerazione nell’Era della ragione, della tecnologia e della democrazia quale quello in cui viviamo oggi: l’istinto alla difesa, che andrebbe probabilmente completamente rimodulato.

    Il tempo, l’evoluzione, la comprensione di se e del mondo permettono un abbandono di paure irrazionali a favore di una gestione più lucida e tecnica della realtà e del presente.

    Un nuovo organo dovrebbe divenire il reale e più importante generatore e locomotore di ogni nostra cellula: la mente o l’anima.

    La paura verrebbe allora distrutta e dematerializzata davanti alla coscienza, ed il presente divenire un mero calcolo percentuale di opportunità, strategie e probabilità.

    Una volta compreso che le percezioni dei sensi, come la paura, così come l’amore o il desiderio di accettazione, inclusione e possesso sono solo distraenti da una più lucida ed evoluta valutazione delle circostanze, possiamo renderci conto dell’immaterialità del nostro destino; Il risultato sarà per cui una conseguenza del convogliamento del massimo potenziale umano, affinché lo scopo da raggiungere sia unicamente una società basata sull’arricchimento delle diversità, e non sullo sforzo di eliminarle per il bene della globalizzazione. 

    Distrutta l’immagine e la paura di un futuro in cui la società ci respinga perché non ci siamo omologati al sistema, esistente solo nella nostra mente, possiamo scoprire che siamo ancora liberi di scegliere come affrontare la nostra vita e le nostre scelte.

    Scopriamo che il lavoro non è un prigione e che possiamo andarcene a cercarne un altro impiego quando vogliamo, che il Paese dove viviamo non è una sorta di isola penitenziaria, e che possiamo andare a cercare fortuna nel luogo che più si addice alle nostre esigenze.

    In questo modo, sopravvivere diventa vivere e scopriamo che le uniche prigioni della nostra epoca, sono nelle nostre menti. 

    Imparando a scegliere le battaglie che vogliamo intraprendere e quelle che non vale la pena combattere, imparando a sapere quando possiamo permetterci di perdere e quando no; apprendendo ad accettare la sconfitta non come la distruzione delle nostre certezze ma come una semplice circostanza che magari non ci cambia la vita, impariamo cosa sia davvero la vittoria. Perché vincere non vuol dire riuscire sempre a cambiare le cose, ma riuscire ad affermare in piena coscienza: Vai a quel paese, uccidetevi tra di voi, io me ne vado….

    Pensate solo se tutti facessimo così… Pensate davvero che il mondo sarebbe ancora uguale?

    Con questo non voglio affermare che bisogna sempre abbandonare la nave che affonda, ma a volte e necessario che questa coli a picco affinché la gente comprenda davvero…

    Se un Governo, ad esempio, non ci piace e ci fa del male, e tutti se ne andassero da quel luogo o tutti combattessero per rimuovere gli impostori dai posti di governo, pensate che il mondo sarebbe ancora uguale?

    Che si percorra l’una o l’altra scelta, a pagarne le conseguenze sarebbero solo coloro contro cui vi state battendo. Molti di noi hanno già raggiunto questo stadio di comprensione, e tra loro ci sono stati i partigiani, i rivoluzionari, gli scienziati che hanno sfidato i dogmi della Fede, ma anche i giovani di oggi che espatriano alla ricerca di un futuro e trovando così un bel modo di mandare tutti quelli che rimangono indietro ‘a quel paese’.

    Ma cosa fanno tutti gli altri? Dove sono? Possibile che scendano in piazza solo quando l’arena ci dà la vittoria nel pallone?

    L’evoluzione non passa solo attraverso gli anni che si percorrono su questa Terra, ma anche e soprattutto attraverso la capacità di prendere coscienza di se come essenza pensante, non più come animale percettivo ed istintivo. Non siamo animali, siamo Uomini… Siamo curiosi, esploratori ed insaziabili di conoscenza.

    Ma dove sono finiti tutti gli altri?

    Se solo comprendessimo che questo modo di pensare ed agire, più introspettivo, spirituale, ‘santo’ forse, o semplicemente più maturo, potrebbe evitare che cresca in noi la frustrazione, la delusione, la rabbia, probabilmente sarebbe già un bel passo avanti. Inevitabilmente invece, soffriamo senza far nulla per cambiare le cose e tutto ciò si trasforma poi in desiderio di rivalsa e vendetta, che infine puntualmente finiamo per sfogare e riversare, verso chi non c’entra nulla, contro chi incrociamo lungo la strada durante la nostra giornata, generando altra tristezza, rabbia e frustrazione anche negli altri, in un circolo vizioso che contamina tutti.

    Serve davvero combatterci tra di noi, oppure basterebbe evitare di combattere contro noi stessi, obbligandoci a vedere il mondo con occhi nuovi?

    Ne consegue che se domani al lavoro il nostro capo ci sgriderà umiliandoci, bisognerà davvero viverla come se un plotone di esecuzione stia per toglierci la vita? Perché non possiamo dare lo stesso peso ad entrambe le situazioni.

    Non è accettabile ed è deleterio per la persona.

    Bisogna invece apprendere le vie della comprensione, in modo da dare il giusto peso alle situazioni e operare conseguentemente per valutare la giusta risposta a quell’evento.

    Ammesso quindi che non possiamo cambiare gli altri, e pretendere magari che il nostro capo al lavoro diventi una persona amabile e rispettosa del lavoro altrui, possiamo invece imparare a gestire meglio dentro di noi gli atteggiamenti scorretti degli altri, bollandoli come tali, e non facendoci più scalfire da questi! Se invece tali perdurano nel tempo minando la nostra autostima e le nostre certezze, allora bisogna solo comprendere che nessuno ci obbliga a rimanere lì a farsi trattare in questo modo, ma siamo e rimaniamo padroni della nostra vita.

    Il mondo è grande ed infinite le possibilità… oggi più che mai!

    Questa forse è la più grande sfida, imparare ad essere più maturi e sicuri di noi stessi, tanto da essere superiori di fronte all’inferiorità degli altri…   

    L’accrescimento della nostra conoscenza individuale, della nostra maturità, legata al nostro progresso culturale ed alla tecnologia che l’epoca moderna ci regala, ci permetterebbero di vivere e non sopravvivere, se solo lo volessimo, assicurandoci un futuro ampio oltre l’orizzonte selvaggio di una società corrotta e condizionata; l’Alba di un essere totalmente cosciente e padrone di se e degli elementi che lo circondano…

    Ma allora, perché nonostante tutte le possibilità di questa epoca, siamo ancora differentemente abili nell’essere felici?

    Questa è stata una costante che ho ritrovato in tutti i miei viaggi tra le più povere popolazioni del Nepal o dell’India, in cui ho avuto l’onore di essere ospitato in case umili ma ricche d’amore e di significati.

    Individui felici pur avendo così poco, quando allo stesso tempo noi siamo infelici avendo così tanto. Nonostante siamo nati liberi di muoverci, di spostarci da quando eravamo primitivi e scimmieschi, liberi di pensare e di dire la nostra opinione, liberi di vivere e lasciar vivere, ci rinchiudiamo nei limiti che scegliamo o meno di auto imporci.

    Ecco che ogni occidentale che puntualmente si reca nelle regioni più povero del nostro pianeta, finisce per farsi sempre una, ed una sola domanda: Come fate ad essere felici se non avete niente?

    La risposta che ho ricevuto io personalmente e sempre stata la stessa:

    "Io sono felice, mi piace qui, ci sono gli alberi, i fiumi, i miei amici, la famiglia. Abbiamo le bestie e la verdura del nostro orto. Vado a scuola per imparare tante cose. Se siamo in difficoltà ci aiutiamo tra di noi. Ogni giorno è un dono, come si fa a non essere felici guardando il mondo e le sue meraviglie?

    Ma perché me lo chiedi? Voi non siete felici?"

    No, o almeno non sempre!

    Cosa ho capito allora? Che se per essere felici aspettiamo che sia il mondo a farlo, se per essere felici aspettiamo che sia il capo a farci un complimento, se per essere felici aspettiamo che sia un Like ad un nostro post sui social al fine di arricchire la nostra autostima e la nostra giornata, non possiamo che fare la fine di Robot ostaggi di Influencer che ci dicono come pensare e come vestire.

    Ma vogliamo davvero essere ‘influenzati’ da altri, o vogliamo essere orgogliosamente noi stessi?

    La moda passa, lo stile resta.

    La felicità non è altro che il profumo del nostro animo.

    La moda riflette i tempi in cui si vive, anche se, quando i tempi sono banali, preferiamo dimenticarlo.

    Gabrielle Bonheur Chanel (Coco Chanel)

    Stilista francese

    La felicità nasce dentro di noi e non al di fuori. Possiamo seguire la moda oppure decidere di rispettare il nostro stile personale.

    Ricchi o poveri, sfortunati o fortunati, grassi o magri, affamati o sazi, la felicità non è qualcosa che possiamo ottenere o aspettare di ottenere dal mondo, ma è qualcosa che dobbiamo coltivare dentro di noi, filtrando il mondo che ci gira intorno, senza donargli volontariamente poteri che nella realtà non ha…

    Ci fu un tempo in cui gli Dei del cielo

    camminavano sulla terra…

    28 Novembre 1703

    Angeli e Demoni vivono ancora nascosti tra noi, le loro origini hanno radici antiche ed il potere e l’influenza che esercitano sulla vita degli Uomini, ormai e quasi del tutto dimenticata; a tratti entrata nel mito, a tratti nel dogma della Feda, la verita’ e’ stata deformata, plasmata, ma e’ reale e rimarra’ pericolosamente tale e potente per sempre.

    Da migliaia di anni essi vivono, vigilano e si confondono tra noi.

    Oggi solo una piccola parte del mondo conosce la verita’, il resto invece, la maggior parte degli uomini e donne che ancora calpestano questa Terra, ignorano o hanno scelto di dimenticare la verita’, preferendo per se e per gli altri una vita d’oblio, cullati dagli effimeri piaceri di una mera esistenza terrena. Questi peccano contro se stessi ed ancora di piu’ contro la nostra specie quando adoperandosi per i loro scopi, distraggono ed addomesticano, con potenti e mirati condizionamenti di massa, le moltitudini di sventurati che avrebbero in dono l’eredita’ di questo mondo. La natura dell’Uomo cosi’, mortificata e marchiata nel peccato, imbratta questo mondo ogni secolo che passa. In nome di un bene comune, del dio denaro, o della Fede, molti di noi hanno dimenticato, finendo vittime dei loro stessi inganni e giungendo a credere di essere solo carne e sangue.

    Pregano quali figli di Dio, ignorandone ormai il vero significato.

    Dopo secoli di conflitti, mentre Angeli e Demoni e pochi di noi combattono ancora, le anime piu’ oscure, turbate e confuse degli Uomini si ergono dall’abisso influenzando l’esito di una battaglia iniziata all’alba dell’Era dell’Uomo.

    Affido a voi queste parole, perche’ tutti noi crediamo che verra’ il giorno in cui il figlio di Dio, siedera’ alla destra del Padre, ponendo fine a questa tribolazione in Terra.

    Affido a voi il contenuto di queste pagine e della storia che sto per narrarvi, la piu’ incredibile avventura della mia vita, perché quello che successe quell’anno, non era mai avvenuto prima.

    Esisteva una tregua tra cielo e terra prima di quel tempo: all’Uomo era stato concesso di vivere ed autogovernarsi, a patto che fosse umile davanti alla potenza del Cielo, e con la promessa che mai egli avrebbe levato la sua mano contro gli Dei. In cambio Angeli e Demoni non avrebbero usato i loro poteri e le loro conoscenze a danno dell’Uomo, né mai piu’ lo avrebbero costretto tra i recinti del Signore contro la propria volonta’. Se l’Uomo mai avesse dovuto subire conseguenze per le sue azioni, lo avrebbe fatto per sua libera scelta, perché mai piu’ la mano del Cielo si sarebbe abbattuta sulla Terra.

    Il patto prevedeva anche che gli Angeli e i Demoni, avrebbero potuto continuare a calpestare questo mondo insieme agli Uomini, ma venne concessa loro solo la pura influenza. Questi erano gli accordi, ma la parola tregua ha l’abitudine di divenire nel tempo un sigillo fragile e cosi’, secolo dopo secolo, Era dopo Era, le regole sono divenute una mera indicazione piu’ che una prescrizione, ed il conflitto ha ripreso di nuovo per ardere, e non solo nei cuori degli Uomini.

    Nel tempo di cui mi accingo a narrarvi, ero solo uno schiavo, ma ebbi in sorte di incontrare sul mio camino colui che tutti conoscevano come Filippo De Bonnet. Lo rammento ancora, lo ricordo come fosse ieri: un brav’uomo, un valoroso condottiero e mi piace pensare, un mio amico.

    E’ cosa buona e giusta bandirlo dalla Storia?

    Cancellarne ogni memoria come egli ci chiese di fare?

    Io credo che una vita tanto straordinaria non possa cadere nell’oblio ed e’ per questo che ho deciso di lasciare traccia delle sue avventure in queste poche pagine immacolate.

    Da migliaia di anni l’Ordine dei Commilitones Christi templique Salomonis, protegge la veirta’, qualunque essa sia, cercando una via per la pace, o almeno per la coesistenza. E’ in nome di tutto questo che io ora scrivo cio’ che va scritto.

    Potete chiamarmi Kwame, io servo l’Ordine in maniera un po’ diversa: ho avuto il compito di trascrivere e proteggere la conoscenza contenuta in questo archivio sotterraneo, protetto dalle sabbie del tempo. Un luogo sacro ove riposa gran parte della conoscenza salvata da Yerushalayim.

    Celati agli occhi del mondo, tentiamo di salvarla dall’infausto destino seguito a molte delle grandi biblioteche dell’antichita’; questo almeno fin tanto che l’umanita’ non avra’ smesso di smarrirsi e sara’ matura abbastanza per valorizzare la memoria di cio’ che non doveva e non avrebbe dovuto mai essere dimenticato. Qualora questa guerra produca esiti pericolosi ed imprevisti, che possa essere testimonianza di una fede profonda, di una volonta’ di pace radicata negli anfratti piu’ reconditi della selvaggia natura dell’Uomo. Non eravamo e non siamo tutti selvaggi, questa e’ la testimonianza di cio’ che avremmo un giorno, voluto essere.

    Ho preservato per anni, molti di questi documenti, trascritto quelli piu’ usurati, e completo ora la mia missione prima che le forze mi abbandonino, redigendo questo rapporto dettagliato dei formidabili eventi a cui ebbi modo di assistere in gioventu’. Noi tutti abbiamo un debito di riconoscenza per cio’ che Filippo fece in quegli anni, ed anche se tutti negano che il ‘Principe Purosangue’ sia mai esistito, io vi dico che sono la testimonianza vivente di eventi che accaddero nel nuovo mondo durante i primi anni di Regno di Louis XIV e che cambiarono completamente il corso della Storia.

    Nei miei lunghi ed ultimi anni di ritiro non ho piu’ avuto modo di incontrarlo, anche se egli stesso non ci fa’ mai mancare la forza della sua presenza parlando alle nostre anime. Nell’ombra, nell’anonimato e sotto nuove spoglie, guida presente e futuro quale consigliere dei grandi imperi che verranno. Qualcosa di nuovo si sta costruendo e se verra’ il giorno che questa biblioteca debba essere ritrovata, insieme a lei tornera’ alla luce la Storia di Filippo.

    Oggi, nell’anno del Signore 1703 della nuova Era, con il cuore ricolmo di ricordi, da pochi giorni, ad eccezione del Re di Francia, sono l’ultimo testimone in vita di eventi di cui piu’ nessuno ha osato parlare né scrivere da allora.

    Ricordatevi bene dunque, voi che vi accingete a proseguire in queste scritto, che tutto quello che vi troverete, tutto quello che vi verra’ narrato, anche quello che vi sembrera’ impossibile, e’ accaduto veramente.

    Sigillo la verita’ nella tomba che mi appresto a diventare, nella speranza che un giorno possano essere luce per le generazioni di uomini che verranno e speranza per quelle che ancora dovranno sorgere all’alba di un nuovo sole.

    Maestro dell’Ordine supremo del Cristo

    Milizia di Nostro Signore Gesu’ Cristo

    Al tempo Kwame, un’anima libera...

    [Pergamena rinvenuta nel 1957 presso le grotte di Qumran,

    nell'area delle rovine dell'antico insediamento di Khirbet Qumran, l’attuale Cisgiordania, sulla riva nord-occidentale del Mar Morto.

    In parte ancora secretata presso gli archivi Vaticani in Roma]

    INTRODUZIONE AL ROMANZO

    Nel gennaio del 1625 la caduta di Blavet (Francia) ad opera dei fratelli de Rohan, aveva preso di sorpresa il Principato De Bonnet e la stessa Corona di Francia. Mentre Filippo galoppava in tutta fretta verso Parigi al fine di presiedere al Consiglio di Guerra, Samuel de Champlain quale protettore della Nuova Francia, sbarcava lungo le coste francesi in cerca di nuovo sostegno e fondi per le colonie; tuttavia l’inizio della guerra civile che si innescherà proprio in quei giorni, gli impedirono non solo di salutare il suo caro vecchio amico, il Principe Filippo De Bonnet, ma anche di portare a compimento la sua missione. Dopo un anno e mezzo di soggiorno in Francia senza raggiungere significativi risultati, Champlain si imbarcherà nuovamente per il nord America il 15 aprile 1626. Sarà poi nella primavera dell’anno dopo, che Samuel tenterà allora la via della diplomazia nei confronti delle tribù di nativi che si opponevano alla loro sempre più invasiva presenza; decise pertanto di inviare un ambasciatore nel Pays des Iroquois, ma la missione finirà in modo tragico e tutti i diplomatici vennero uccisi.

    In Francia Filippo, il protagonista della nostra Storia, era nel frattempo ormai da anni impegnato sul campo da battaglia al fianco del suo amato Christian, cercando di far fronte alla guerra civile e dimenticando il sapore di casa. Nel 1627, il Cardinale Richelieu di propria iniziativa e senza indire alcuna consultazione governativa, soppresse la carica di viceré per le colonie americane eleggendo se stesso quale nuovo ed unico amministratore della Nuova Francia; venne fondata la Compagnia dei Cento Associati a cui dopo la guerra aderirà anche Filippo quale maggior sostenitore. Champlain divenne a sua volta membro della Compagnia e nominato ‘Comandante della Nuova Francia’ (in sostanza Governatore). La guerra però prosciugò le casse del Regno, e così i rifornimenti annuali verso le colonie vennero parzialmente sospesi o ritardati. La nuova Francia si trovò costretta alla fame e a vedersi negati anche i soccorsi più impellenti. Gli inglesi approfittandosi di questo momento di debolezza, attaccarono le colonie francesi conquistandole, anche Québec infine fu costretta a capitolare.

    Samuel tentò di avviare un tavolo di mediazione tra Londra e Parigi affinché le colonie francesi riconquistino la loro bandiera, ma la turbolenta situazione politica inglese non fu d’aiuto. Dopo lunghe trattative, grazie anche ai rapporti distensivi tra le due nazioni che avevano tra l’altro portato alla fine dell’assedio de La Rochelle con il Trattato di Saint-Germain en Laye, Londra acconsentì alla restituzione di Québec e dei suoi territori nuovamente alla Francia. Champlain riacquisì il suo titolo di Governatore nel 1633.

    Purtroppo i rapporti con gli Irochesi non era nel contempo migliorata, e così dopo due anni di assalti e controffensive, e a causa anche dell’inasprimento delle temperature legate alla ‘piccola era glaciale’, la salute di Samuel andò peggiorando fino a quando nell'ottobre 1635, ormai paralizzato, nominò la Vergine Maria, che egli disse di aver visto in una visione, come sua erede per poi spegnersi definitivamente il 25 dicembre dello stesso anno.

    Ormai defunto il grande Governatore e fondatore della nuova Francia, nonché amico di vecchia data di Filippo, l’Acadia ed il suo sogno cominciarono ad avviarsi verso una fase di declino, che l’avrebbe portata di lì a qualche anno a subire l’invasione delle tribù Irochesi, con la perdita di ingenti vite umane e territori. La minor influenza di Filippo nelle questioni di Stato, nonché l’inizio di una nuova e difficile fase politica per la casa reale francese, non gli permetterà ulteriori interventi di aiuto per quella che un tempo Filippo aveva chiamato ‘casa’.

    Miracolosamente due anni dopo la nascita di Louis XIV, nel 1640, nasce quello che pubblicamente venne riconosciuto quale secondo e legittimo erede al trono di Francia: Filippo di Francia, Duca d’Angiò.

    Il nome del nascituro, fu scelto appositamente dai Sovrani al fine di conferire onore e riconoscenza al protettore della Patria, nonché amico di lunga data, Filippo De Bonnet.

    La madre del Re, la Regina Maria de Medici, muore invece durante il periodo del suo esilio presso la sua residenza di Bruxelles, il 3 luglio 1642;

    Il giovane amante di Luigi XIII, Cinq-Mars in accordo con François Auguste de Thou ed il fratello del Re, Gaston (che da sempre puntava a spodestare il fratello dal trono per prenderne il posto) complottando con il partito filo-spagnolo tenta il colpo di Stato. Sarà proprio Filippo a sventare la minaccia in tempo, assicurando i cospiratori alla giustizia. Dopo un sommario processo, il giovane amante del Re viene giustiziato presso le terre del Principato De Bonnet, a Lione nel settembre del 1642;

    Richelieu, Primo Ministro del Regno, muore a sua volta tre mesi dopo questo evento. Nei suoi ultimi anni aveva sofferto di febbri ricorrenti (si ritiene che affetto da malaria e tubercolosi intestinale). Poco prima di spirare convoca Mazzarino, uno dei suoi più fedeli seguaci, nominandolo suo successore presso il Re.

    Re Luigi XIII perisce l’anno dopo, il 14 maggio 1643 dopo sei settimane di terribili coliche e vomito, a soli 42 anni (oggi si presume fosse affetto da Morbo di Crohn). Già malato da molti anni, il peggiorare del suo stato di salute si presume sia stato dovuto alle pratiche poco ortodosse portate avanti dal suo medico personale, Charles Bouvard (il quale lo sottopose a ben 34 salassi, 1200 clisteri e 250 epurazioni).

    La Moglie di Luigi XIII, Anna d’Austria, con la morte del marito medita la sua vendetta nei confronti di un consorte assente, e da cui ha ricevuto unicamente disprezzo e distacco duranti i lunghi anni di matrimonio. Ottiene la reggenza del Regno, essendo il figlio ancora troppo giovane per governare. Tra i primi provvedimenti presi dalla Regina vi fu anche la nomina del nuovo Arcivescovo di Lione, Camille de Neufville de Villeroy (suo fidato alleato) senza alcuna consultazione con Filippo, Signore legittimo di quelle terre. Nonostante il vescovato si trovi entro in confini e dentro la giurisdizione del Principato De Bonnet, Filippo non oppone resistenza. Anna, non contenta, tenta ulteriormente di minare l’autorità di Filippo nominando suo fratello Nicolas quale nuovo Governatore di Lione, contrapponendosi così pubblicamente all’amministrazione del Governo del Principato che fino a quel momento aveva usufruito a pieno titolo di una totale indipendenza, così come in ogni tenuta nobiliare di Francia.

    In Inghilterra le cose non vanno meglio, Re Carlo I Stuart, figlio del più celebre Giacomo I (notoriamente noto per le sue inclinazioni omosessuali, nonché per la profonda e pubblica relazione con George Villiers, I Duca di Buckingham) entra a sua volta in guerra contro il suo stesso popolo. Erede delle incomprensioni tra il parlamento ed il suo defunto padre, incautamente scioglie ed abolisce lo storico organo governativo, avviandosi ad una gestione del Regno di stampo assolutistico. Nel 1640, costretto dalla mancanza di fondi, tento di ricostituire il parlamento con l’unico scopo di aumentare i consensi a favore della corona in vista della nuova campagna di tassazioni utili a sostenere la monarchia. Il parlamento oltraggiato da tale gesto, si ricostituisce ma non per sorreggere il Re, bensì per obbligare ora il Sovrano a sottomettersi alle loro richieste in cambio del loro aiuto. Carlo rigetta ogni richiesta e il parlamento dichiara la guerra civile. A capo delle truppe c’è il fervente puritano Oliver Cromwel, che in breve tempo riesce ad avere la meglio sulle esigue truppe reali. Nonostante la sconfitta, ed i tentativi di convincere il Re a salvare la sua corona autorizzando la creazione di una nuova forma di governo, che sottoponesse il Re alla volontà del parlamento eletto dal popolo, Carlo non cede e si decide per una nuova azione di forza: chiede l’aiuto degli alleati stranieri al fine di ottenere nuove truppe ed armi per marciare contro il rivoltoso parlamento di Londra, e ristabilire il potere della corona. La guerra spacca il paese in due.

    Nella nuova Francia invece, le difficoltà finanziarie continuano a peggiorare, nel 1645 la Compagnia dei Cento Associati, si trova costretta a cedere il monopolo del commercio delle pellicce alla ‘Compagnia degli abitanti’, fondata dai coloni della Nuova Francia, mantenendo tuttavia il suo controllo e potere sulle terre conquistate (nella realtà furono pochi a beneficiarne di questa concessione, in quanto il costo di adesione al monopolio consisteva nel partecipare alle spese amministrative della colonia più la garanzia di poter assicurare una rendita annua di 1000 livres, ovvero un piccolo patrimonio. Per questo la maggior parte degli aderenti alla nuova Compagnia, non erano altro che alcuni componenti della vecchia).

    La Francia nel contempo, su esempio dei moti inglesi, comincia a dare nuovi e preoccupanti segnali di tempesta pronti a scatenarsi all’orizzonte: nasce infatti un ben nutrito movimento di opposizione, detto ‘La Fronda’, sorto con la volontà di contrastare la politica prepotente della Regina Anna e del suo fidato Primo Ministro, il Cardinale Mazzarino. Il 10 luglio del 1648 con la ‘Dichiarazione dei 27 articoli’ da parte del Parlamento di Parigi, il popolo dichiara sospesi i poteri del Re, preparando la Francia a trasformarsi in una monarchia parlamentare.

    Londra nel frattempo, il 30 gennaio del 1649, emette un mandato di arresto per il Sovrano, che deposto dal trono con la forza viene posto agli arresti, sottoposto ad un processo farsa, e decapitato su pubblica piazza, lasciando così il trono al parlamento che smembra l’organo monarchico e instaura la Repubblica. Oliver Cromwel viene eletto Lord protettore del Regno.

    CAPITOLO 120

    Caro amico, caro lettore,

    continuo a narrarti questa storia nella Storia, cancellata sotto il peso dell’omertà del tempo, perché il futuro può nascere solamente dalla mera conoscenza della verità del nostro passato.

    Mi duole doverti narrare ancora una volta di come spesso i bei momenti svaniscano ancor prima di riuscire davvero ad essere assaporati, lasciando posto a nuovi ostacoli e sfide, come leggerai nelle prossime pagine di questo romanzo. Nondimeno, se c’è una cosa che il passato ci ha insegnato, e che ogni sfida del presente, si inscrive nella pietra quale tassello necessario al fine di erigere le colonne gloriose del futuro.

    Tende chiuse a lutto avevano riportato il Castello del Louvre tra le tenebre e l’incertezza. L’ombra del dolore ben oltre le periferie del cuore di Filippo, lo avevano costretto in lacrime per una nuova prematura perdita, quella di un amico, che in vita chiamò ‘fratello’… Ma il dolore quasi mai si accontenta di restare ai margini, e presto avrebbe combattuto la sua battaglia per riprendersi un cuore, che aveva tenuto in ostaggio per molti anni in passato…

    Se poi esiste un altro luogo comune degno di essere annoverato, e che le disgrazie solitamente non giungono mai da sole… e nel nostro caso furono accompagnate da un preciso nome… Giulio Mazzarino!

    A causa della minore età dell’erede al trono, Louis XIV, Mazzarino aveva assunto la reggenza di Francia insieme alla Regina Anna d'Austria, madre del giovanissimo Re. Questo nonostante fosse in netto contrasto con le ultime volontà del Sovrano morente, che auspicava che la reggenza fosse affidata al Consiglio di Stato (presieduto anche da Filippo), fintanto che il figlio non avesse potuto prendere in mano le redini della Nazione (Luigi XIII aveva ben intuito quali conseguenze ci sarebbero state per la Francia se la moglie e Mazzarino avessero preso il potere…).

    La Regina Anna con il tempo era divenuta uno spietato rapace, gelido quanto sempre pronto all’attacco pur di non rischiare di farsi trovare debole o impreparata. Dapprima il suo cuore si era spezzato la notte del parto del suo secondo genito, portandola ad isolarsi ed indurirsi oltre ogni possibile previsione; poi con la nascita del suo terzo figlio (secondo invece per i documenti ufficiali resi pubblici), la delusione era cresciuta trasformandosi in ira. Philippe I Duca d’Orléans, sin dalla sua tenera età dimostrò inclinazioni omosessuali che poi avrebbe apertamente vissuto e dichiarato nell’età adulta. Dovendo già combattere da anni con un marito affetto dalle stesse inclinazioni, finì per allontanarsi sempre più dal piccolo arrivando ad odiarlo. Riversò al contrario tutte le sue attenzioni nei confronti del suo primo genito: come una leonessa feroce, si era ripromessa di adoperarsi con ogni mezzo, pur di preservare e fortificare il futuro di quello che ormai vedeva come suo unico figlio e legittimo erede al trono. Conscia di un temibile segreto in merito alla sua nascita, con cui era obbligata a vivere da anni, cercò di riscattare la corona dal debole, sodomita e defunto marito con ogni mezzo in suo possesso.

    Anna creò in Louis XIV un figlio forte, arrogante e pericolosamente incline al potere sopra ogni cosa. Perversamente educato ai piaceri femminili nonostante la sua giovane età; con la più oscura complicità di pochi fidati amici, Anna ne stava facendo uno spietato tiranno, crudele ed altezzoso. Sadico e crudele, il giovane Principe cresceva divenendo tutto ciò che di più lontano ci potesse essere dagli ideali di Filippo De Bonnet e dello stesso sovrano Luigi XIII.

    Gli storiografi ci raccontano oggi di un fanciullo dedito alla violenza, incline a ricercare il suo piacere in pratiche di tortura anche talvolta fisiche oltre che psicologiche, da infliggersi ai propri compagni di gioco e servitori (forte della sua posizione e del suo titolo).

    Mazzarino dal canto suo, spietato, corrotto ed avido di potere, non mancò mai di favorire la Regina nel suo progetto, assecondandola per i propri interessi personali ed influenzando a sua volta il piccolo Louis nel tentativo di crescerlo anch’esso a sua immagine e somiglianza. Nel contempo intavolò una relazione amorosa con la Sovrana, che sfociò in un matrimonio segreto tra i due.

    Filippo e Christian erano gli unici ormai, al di fuori della nuova ristretta cerchia del potere al trono, a conoscere e custodire il pericoloso segreto che avrebbe potuto spodestare il giovane sovrano.

    Come primo atto Mazzarino invitò caldamente i due a ritirarsi presso le proprie terre, lasciando a chi di dovere gli affari di Palazzo; successivamente Parigi cominciò ad esercitare sempre più potere sulle terre del Principato dei De Bonnet, con l’unico scopo di non far dimenticare a Filippo, che altri non era che un semplice vassallo, al servo del nuovo giovane Sovrano e del suo stretto entourage.

    Filippo ‘esiliato’ informalmente nelle sue terre, finì via via per assecondare il volere della corona, estraniandosi via via dagli affari di Parigi e subendone decisioni a volte anche palesemente in contrasto con la sua autorità. Le visite al Louvre divennero sempre più sporadiche, portandolo ad allontanarsi non solo dalla politica del Regno ma anche da quella internazionale che in quegli anni ritornava in fermento.

    Divenuto padre, Filippo aveva di buon grado recuperato quel tempo per godersi e veder crescere la propria progenie; ora ogni suo sforzo veniva dirottato per assicurare protezione ed un futuro al suo piccolo Philippe, cresciuto in questi anni tra le amorevoli mura del Palazzo De Bonnet.

    Come già per suo padre prima di lui, Philippe crebbe avvolto in una morbida e calda ‘coperta domestica’, ricamata di affetto ed attenzioni. Senza che mai mancassero le cure amorevoli di suo padre e del suo compagno Christian, Philippe amava perdersi per intere giornate nei boschi con i compagni di spada e complici di giochi, a dispetto di Filippo che lo avrebbe voluto più in aula che all’aperto. Da giovane erede al titolo di Principe qual era, non mancò di essere avviato nell’addestramento delle armi, nonché alle regole dell’etichetta proprie del suo rango; nel contempo egli veniva spinto ad ampliare la propria mente facendolo applicare nello studio delle materie di calcolo, di letteratura, poesia e musica, nonché delle più innovative ricerche in ambito scientifico ed astronomico. Filippo cercò di fornirgli concetti più ampi e meno dottrinali e limitanti di quelli imposti dai dogmi indiscutibili del cattolicesimo, ispirando il figlio al ragionamento, alla filosofia e all’apertura mentale molto rara ancora per quei tempi. In ultimo ma non meno importante, insegnandogli a non vergognarsi nell’esprimere le proprie sensazioni ed emozioni nell’arte.

    Forte degli insegnamenti che lui stesso andava negli anni apprendendo dall’Ordine del Nuovo Sole, Filippo ne stava facendo un colto luminare, donando a lui conoscenze che andavano ben oltre le verità di libero accesso alle masse in quegli anni.

    Avvolto dall’affetto e dalle attenzioni di tutta la corte del Principato, nonché dagli abitanti della capitale del piccolo e ridente Regno del sud, Philippe cresceva forte e luminoso, potente e saggio quanto sensibile ed altruista, impegnato e dedito ai suoi doveri, e sempre pronto a correre in aiuto dei più deboli. Tuttavia un pericolo incombeva sulle loro teste e presto sarebbe esploso devastando tutto il loro mondo…

    Il segreto di Stato che celava la verità sulla nascita di Louis (erede al trono) e Philippe De Bonnet era stata, con la morte di Luigi XIII e del Cardinale Richelieu, affidata come procedura di Stato al nuovo Primo Ministro Mazzarino, che ora unito alla sua amata Regina era intenzionato più che mai a proteggere, impedendo che Philippe potesse un giorno avanzare alcuna pretesa sul trono di Francia. Lo stesso Louis venne educato in modo che non si fidasse mai di alcuno, se non di se stesso, e benché meno di suo fratello Philippe d’Orléans, unico vero figlio di Luigi XIV e vero successore al titolo di Sovrano. Così il povero Philippe non si trovò a perdere una madre ma anche ad essere ostaggio di un fratello sempre più autoritario ed accentratore. 

    Come una innaturale quiete prima della tempesta, si sentiva nell’aria che presto qualcosa di terribile si sarebbe scatenato… d'altronde anche la scena politica andava mutando in tutta Europa, ribaltando vecchi accordi e istaurando nuove ed imprevedibili alleanze. La Francia, che aveva ormai posto fine alle guerre interne legate alla religione, dichiarando il cattolicesimo quale Fede di Stato nel 1635, diveniva improvvisamente e con grande sorpresa di tutto il mondo dell’epoca, una rivale del Sacro Romano Impero e della Spagna (da sempre ferventi cattolici).

    La Francia con nuove e inarrivabili brame di conquista, entrò in guerra contro queste due super potenze, provocando il definitivo svuotamento delle casse dello Stato in pochissimi anni. L’epilogo sembrò volgere al peggio, quando incurante delle intuizioni e dei suggerimenti del Consiglio di Guerra (di cui Filippo faceva già parte da anni), il Cardinale Mazzarino con una decisione incauta dopo l’altra, finì per condurre la Francia verso il disastro. Il contrattacco spagnolo sfondò i confini del regno dando il via all’invasione della Francia… Il Generale imperiale Johann Von Werth (del Sacro Romano Impero) e il comandante spagnolo, il Cardinale Ferdinando di Spagna, devastarono le province francesi della Champagne, della Borgogna e della Piccardia, arrivando alle porte di Parigi nel 1636.

    Il Regno sembrò perduto per sempre.

    La capitale venne evacuata, i reali portati in salvo e preparati a fuggire in esilio volontario. Fu allora che per l’amor di patria, i Principi di Francia nonostante la loro comprensibile riluttanza nel dover difendere la Corona, dovettero unirsi alle armate di Mazzarino al fine di scacciare l’invasore, lasciando per ora da parte orgoglio ed odio per la politica dell’arrogante trio al potere. Filippo rispolverata la lucente armatura d’orata del dragone che mai più, si era giurato, avrebbe indossato in futuro, si lanciò ancora una volta e con valore in battaglia per la Francia.

    I Principi riuscirono a respingere l'esercito spagnolo, pagando il prezzo di ingenti perdite umane tra i propri schieramenti. Le linee di confine vennero riconquistate con il faticoso supporto di tutti i nobili di Francia, ora uniti in una ‘Lega’ per la protezione di terre ed autonomie.

    Tutti per uno, ed uno per tutti… proprio come inneggiava

    un vecchio motto dei moschettieri del defunto Re Luigi XIII.

    Nonostante la ‘Lega’ portò alla vittoria, Mazzarino si ostinò a non voler dimostrare la ben che minima riconoscenza per lo sforzo bellico messo in campo dai nobili. Con arroganza osò sfidare la Lega e lo stesso Consiglio di Guerra, declinando ogni responsabilità in merito agli errori di politica estera che avevano condotto a queste tragiche conseguenze. Ad aggravare la sua posizione, il Primo Ministro si auto elesse pubblicamente quale salvatore della Patria alimentando ulteriormente l’ira dei suoi oppositori. Non bastando l’umiliazione, che aveva riservato a coloro che in prima persona avevano versato il proprio sangue e quello dei propri sudditi, per difendere Parigi e la Francia, Mazzarino al fine di sanare le casse dello Stato ormai ridotte al lastrico, avvio dopo il conflitto un’ulteriore e pesante campagna di tassazione per poter rifinanziare il suo Governo: promosse l'istituzione quindi di nuove tasse che andavano a colpire anche gli interessi dei latifondi, della nobiltà terriera e degli alti funzionari dello Stato.

    I potenti di Francia, Filippo compreso, insorsero davanti a questo ennesimo affronto di Parigi. Il Parlamento, reso forte anche dell’esempio dei colleghi inglesi, si fece portavoce di tale protesta (essendo al suo interno composto da numerosi uomini che ricoprivano quelle cariche, la cui remunerazione era stata bersaglio delle nuove norme fiscali). La Lega ora unita contro la Corona ed il Governo centrale sfociò in quella che oggi è conosciuta con il nome di ‘Fronda Parlamentare’ che portò all’assedio di Parigi, da parte del popolo incoraggiato dalla nobiltà. La corte ed il Sovrano dovettero essere nuovamente evacuati e portati lontano da Parigi, mentre Mazzarino rispose assoldando 4000 mercenari tedeschi, e dando il via all’assedio di Parigi.

    Questa volta alcun nobile con il proprio esercito corse in difesa della Corona, di conseguenza Mazzarino vedendosi solo davanti a tutta la nazione, dovette cedere e trattare la pace che venne infine siglata a Saint-Germain, segnando una tregua seppur fragile e temporanea….

    La Francia che in quegli anni era il paese più popoloso d'Europa (19 milioni di persone già nel 1640, secondo i dati odierni in nostro possesso), si avviò così verso un periodo di criticità alimentare. La guerra civile, l’instabilità politica e la scarsa resa della produzione agricola dovuta ad inverni sempre più rigidi e lunghi (conseguenza della piccola glaciazione climatica, che da anni stava investendo tutto l’emisfero nord del pianeta), stavano portando la Francia verso periodi di difficoltà e pestilenze, che nulla avrebbero avuto a che vedere con gli anni di abbondanza e rinascita post guerra civile, che avevano accompagnato gli ultimi anni del defunto Re.

    A questo punto Mazzarino, non riuscendo a farsi alleati tra la nobiltà francese, comincio a stringere nuovi accordi con il Duca di Beaufort, che più volte aveva complottato contro il defunto Cardinale Richelieu oltre che contro lo stesso Principe de Condé. Richiamato quindi dall’esilio, a cui era stato anni addietro condannato, venne ricoperto di onorificenze ed incarichi, oltraggiando ulteriormente la corte e la stessa storia del regno. Questa insensata politica arrogante ed incurante degli equilibri politici interni, produsse una nuova ed immediata reazione da parte dei Principi e nobili di Francia, dando vita alla ‘Fronda dei Principi’. Lo stesso Filippo, sollecitato dagli altri nobili si sentì nuovamente in dovere di appoggiare le ragioni dell’oltraggiato ed offeso Condé, nonostante i due in tanti anni non avessero mai completamente legato, né dai tempi della reciproca partecipazione ai Consigli di Guerra e di Stato, tantomeno dopo.

    Il 18 gennaio 1650, Mazzarino si decise allora per un’azione definitiva e liberatoria. Eliminare ogni esponente d’opposizione, ogni riferimento al passato e fedele al defunto Luigi XIII, al fine di rinnovare completamente lo Stato ed i suoi alleati sul territorio nel Regno. Dispose pertanto ed incautamente l'arresto dei Principi che più di tutti erano riconosciuti come i capi saldi della Francia: Luigi II di Borbone Condé, Armando di Borbone Conti, Enrico II di Orléans Longueville ed il Principe Filippo De Bonnet unitamente al suo Segretario di Stato e segretamente consorte il Conte De Martignac, ed infine a sorpresa anche del giovanissimo Philippe De Bonnet, figlio di Filippo. A dirigere l’operazione fu lo stesso e giovanissimo Re Louis in persona, che all’epoca aveva solamente 12 anni, con il supporto del giovane Abbé Basile Fouquet, capo della guardia segreta di Mazzarino ed ovviamente del Cardinale.

    Castelli, terreni e proprietà vennero depredati o date alle fiamme. Tutte le ricchezze poste sotto sequestro della Corona. Le sale affrescate e dorate dei palazzi principeschi, che un tempo avevano ospitato feste, dignitari e componenti delle famiglie reali d’Europa, ora si riempirono in una sola notte di moschettieri, obbligati ad estrarre la spade contro i loro stessi padroni, contro quelle stesse leggende che avevano costruito la Francia, contro gli eroi della loro infanzia, che con le loro imprese leggendarie sui campi da battaglia, avevano infuocato i racconti con cui erano cresciute le nuove generazioni.

    Una stordita ed impreparata Francia, assistette così alla più imprevedibile delle notti… La nazione intera scese in piazza nei giorni seguenti, protestando in tutto il Regno contro questo atto vile ed ingiustificato. Tanto intensi furono i tumulti che solo poche settimane dopo Mazzarino fu costretto a fuggire da Parigi (rientrerà solo due anni più tardi). La stessa Regina ed il giovane Sovrano dovettero fare lo stesso, ed ancora una volta fuggirono cercando rifugio e protezione presso la città di Poitiers.

    Faranno rientro a Parigi solo un anno più tardi…

    CAPITOLO 121

    Valence - Château de Saint Claude

    18 Gennaio 1650

    Filippo era seduto sulla sua poltrona, mentre il salone gremito di gentil donne, nobiluomini ed inservienti, era apparecchiato di tavoli da gioco, divanetti e musici all’opera vicino al grande camino.

    Un castrato dal vistoso atteggiamento femminile, cantava di fianco al clavicembalo intonando note acute e soavi, ostentando sicurezza come un pavone colto dall’estasi.

    Christian fumava bevendo al tavolo da gioco, compiacendosi di non essere capace di perdere, mentre il giovane Philippe era attorniato da alcune donne di mezza età che ne decantavano la bellezza e la bravura, quale degno erede di suo padre.

    Le candele rischiaravano la grigia giornata piovosa, conferendo luce al salone che era scarsamente illuminato, nonostante le grosse vetrate che davano sulla corte del castello.

    Cibo e alcol, dolci e nuove prelibatezze importate dalle Indie e dalle Americhe viaggiavano avanti e indietro in grandi vassoi d’argento, in mano a valletti dalle sontuose divise che si destreggiavano quali acrobati tra preziosissimi tappeti, vasi orientali di valore inestimabile e ospiti assai maldestri ed inclini al divertimento.

    Il rumore del passo di un centinaio di soldati, seguiti da un piccolo reggimento di cavalleria squarciò la quiete delle colline intorno a Valence, la Capitale del Principato. La gente uscì dalle case per vedere cosa stesse succedendo, poi una volta oltrepassato il fiume, il reggimento cominciò la scalata alla collina dei De Bonnet, dove un lungo viale pavimentato portava fin dritto ai grandi cancelli del Palazzo.

    Una volta giunti davanti le alte cancellate del Castello di Saint Cloud, con le armi della prima fila puntate verso i moschettieri di guardia a palazzo, un documento ufficiale del primo Ministro, ratificato dal Re in persona, né imposero l’apertura. I moschettieri da sempre fedeli a Filippo e a Christian, non potendo esimersi da tale ordine giunto dall’alto, eseguirono quanto impostogli e deposero le armi. Le truppe ebbero accesso alla corte del Palazzo ed il fragore cominciò a rimbombare tra le alte mura del Castello seicentesco. Il cortile pavimentato con lastricati di pietra e marmo amplificò l’avanzata della truppa, richiamando a se l’attenzione dall’interno dello stesso.

    Il palazzo intero, stordito e sorpreso si affacciò dalle grandi vetrate per assistere a quello che stava accadendo. Anche Filippo e Christian, si affacciarono a loro volta sbiancando in volto, mentre Philippe raggiungeva di corsa il padre, in cerca di risposte e protezione.

    Il comandante delle guardie di palazzo intervenne subito confrontandosi con il suo pari grado appena giunto, poi corse trafelato all’interno del palazzo al fine di dare ordini ai suoi uomini: ne conseguì che parte della scorta di Filippo si precipitò al primo piano per offrirgli difesa, mentre altri si piazzarono lungo la grande scalinata pronti a respingere un possibile assalto in armi.

    Poco dopo il rituale già visto presso le grandi cancellate d’accesso del castello si ripropose ed il solo comandante con al seguito alcuni ufficiali vennero autorizzati ad accedere al palazzo, verso il piano superiore ove si trovava il Principe. Nel cortile nel frattempo tutti i moschetti vennero puntati in direzione del grande salone ove si trovava Filippo, pronti a fare fuoco.

    La piccola delegazione fece irruzione nella stanza, prepotentemente e con al seguito il capitano della guarnigione di palazzo che li seguiva quasi come se li rincorresse. Il comandante allora si fermò poco più avanti della soglia, con il suo seguito dietro di lui, ruppe ogni indugio esordendo ad alta voce e con tono saccente: Filippo De Bonnet, Signore di Rhone Alpe e di Lione, Principe di Francia, di Provenza e della Lingua d’Oca. Per ordine di sua Maestà Louis XIV Re di Francia, della Regina Madre e del Primo Ministro il Cardinale Mazzarino, vi dichiaro in arresto con l’accusa di altro tradimento. Da questo momento, le vostre proprietà e tutti i beni della vostra famiglia sono sottoposti a sequestro da parte della Corona. I feudi e le pertinenze, nonché terreni ed ogni organo di commercio, sono da questo momento sotto la giurisdizione esclusiva di Sua Maestà il Re. Con lo stesso emendamento vengono sospese tutte le precedenti libertà ed autonomie, di Governo, di finanza e legislative. Tutti i tribunali verranno sospesi fino a nuovo ordine, e fintanto non verrà nominato un nuovo Governatore per queste pertinenze di Francia, tali rimarranno!

    Filippo: Non credo di capire bene cosa stia succedendo!

    Fouquet: Vi prego Vostra Altezza di deporre le armi e consegnarvi alla nostra giustizia senza opporre resistenza!

    Basile Fouquet e chi altro… Chi peggio di voi viscido verme al soldo di Mazzarino, poteva osare tanto… Non erano sufficienti gli oltraggi che ho dovuto subire, le tassazioni imposteci, le prove di forza di un sempre più crescente potere tirannico… L’unica giustizia che conoscevo è morta e sepolta con Luigi XIII. Il nuovo padrone che Voi servite messere, sta portando la Francia alla rovina! Non credo ve ne rendiate conto!

    Io eseguo solo degli ordini! Sono stato autorizzato all’uso delle armi se necessario…

    Tutto questo è inammissibile! Esigo immediatamente di conoscere quali prove esistano affinché si giustifichino tutte le imputazioni a mio carico! Christian allora estrasse la spada insieme ai moschettieri del principato, mentre Philippe rimase attaccato al braccio del padre mentre questo faceva segno di stare dietro di lui per sicurezza.

    Fouquet allora: Il Principato De Bonnet si è macchiato nel disonore, ritenendo se stesso un Regno sovrano e indipendente… Non offrendo alla corona la fedeltà che il vostro Titolo e le vostre concessioni vi impongono, voi Principe De Bonnet, siete accusato di sedizione ed altro tradimento contro la Corona di Francia. Unitamente agli altri Principi del Regno, siete accusato di aver appoggiato il parlamento di Parigi, ed aver ordito un complotto al fine di destituire la Corona dal trono e sostituirvi ad essa. Sono qui per porvi agli arresti, sospendere ogni Titolo legato al vostro nome, nonché confiscare e porre ogni vostra potestà sotto esclusiva giurisdizione del nostro amatissimo Sovrano Re Luigi XIV.

    Queste sono tutte menzogne! Spero né abbiate le prove, perché la mia risoluzione per questo affronto, sarà spietata. Osate venire in casa mia, accusandomi ed infamando il nome della mia casata, dopo tutto quello che io ho fatto per questa nazione! Io difendevo la Francia quando voi eravate ancora un bimbo in fasce ragazzo! in modo saccente questo allora: E’ giunto il tempo che le vecchie glorie lascino il posto alle nuove… Avete fatto il vostro tempo vecchio, è giunta l’ora che vi mettiate da parte…

    Come osate impudente bastardo! disse scaldandosi in un attacco d’ira, Fouquet: Principe De Bonnet la resistenza è del tutto inutile… Ho con me queste Lettres de Cachet che mi autorizzano all’uso della forza. Ve lo ripeto, il vostro Titolo da questo momento è decaduto, voi non avete più alcun diritto Signore. Ora vi rinnovo l’invito seduta stante affinché diate disposizione ai vostri uomini di deporre le armi ed arrendervi al volere di sua Maestà illustrissima. La vostra guardia verrà disarmata e sciolta, e voi sarete posto agli arresti come gli altri Principi che con voi hanno sediziosamente complottato per destituire il nostro legittimo Sovrano.

    Vengo condannato senza processo e senza che mi venga data l'opportunità di difendermi. Queste accuse sono del tutto infondate! Il vostro padrone ha già destituito il nostro Sovrano dal suo legittimo posto messere… Il Cardinal Mazzarino è il vero traditore della corona e voi siete la vergogna di voi stesso; con la vostra condotta portante oncia al nome della vostra famiglia e a tutto il popolo di Francia, questo allora con rinnovata arroganza: Non abbiamo tutto il giorno di grazia… Deponete le armi e fate ciò che vi è stato ordinato o darò l’ordine di prendere il Palazzo con la forza. Se davvero tenete alla vostra gente fate sì che tutto si compia senza dover dare luogo ad inutili spargimenti di sangue. Un altro reggimento ha circondato la collina ed il villaggio

    Così tanti uomini si sono presi la cura di raggiungere la mia terra solo per arrestarmi? disse Filippo non riuscendo a rassegnarsi all’evidenza della situazione… Si accostò allora alla finestra vedendo che il Palazzo era circondato ed un cannone veniva tirato da un cavallo dentro il cortile, pronto per essere puntato contro la reggia; comprese quindi di non avere scelta, almeno per ora.

    Dopo alcuni istanti di silenzio diede ordine ai suoi uomini di deporre le armi. Subito la guardia di Filippo dimostrò non poca riluttanza ad eseguire il comando, ma non appena Christian ebbe abbassato a sua volta la spada, così fecero anche gli altri, mentre Filippo rivolgendoglisi disse: Recati presso il castello della tua famiglia, li sarai al sicuro e con te lo sarà anche Philippe. Io me la caverò… ma venne subito interrotto da Fouquet che…: Mi dispiace vostra altezza, ho una Lettres de Cachet anche per il Conte e per vostro figlio, con accluse clausole ben precise di salvaguardia e trasporto.

    Tutto questo e follia! Il Conte non centra nulla in questa storia, tanto quanto mio figlio che vista la sua giovane età non vedo come possa essere coinvolto in alcuna delle vostre assurde accuse! Verrò con voi e farò quanto mi chiedete, ma Philippe partirà con il Conte seduta stante! disse avanzando e lasciando dietro di se i due.

    Mi dispiace Vostra Altezza, non sono stato autorizzato a parlamentare né tantomeno a fornirvi ulteriori spiegazioni… Ho già fatto più di quanto mi fosse stato comandato, avendo cura di usarvi l’ultimo riguardo, ma adesso non mi date altra scelta! Forza arrestateli! Arrestate chiunque osi disobbedire ad un ordine di Sua maestà! disse rivolgendosi ai suoi uomini. Filippo allora vedendoli avanzare: Non vi permetterò di prenderlo, piuttosto la vita!, e Christian subito urlò: Alle armi, alle armi… difendente il Principe, e così il Palazzo si destò dal suo immobilismo dando il via alle ostilità. I più codardi tra i nobili ospiti della reggia, se la diedero a gambe dileguandosi in un batter d’occhio, mentre un ufficiale aprì una delle vetrate chiamando rinforzi.

    Ben pochi si unirono alla guardia del Principe al fine di proteggerlo, e l’orda armata dal cortile fece irruzione come un muro d’acqua inarrestabile.

    Scontri armati si consumarono tra le sale ed i corridoi del castello, mentre i tre fuggivano dalla sala scomparendo dietro un’enorme specchio, che celava un passaggio segreto. Il sangue macchiò i marmi dei corridoi mentre le vetrate andavano in frantumi ed il fumo della polvere da sparo lasciava posto al rumore delle spade. I servitori e la piccola corte si diede alla fuga, abbandonando con codardia il castello al suo destino. Tuttavia la piccola corte ed i moschettieri di guardia al palazzo, impreparati per tale improvvisa offensiva, si videro sopraffatti in poco più di mezz’ora. Fouquet si diede all’inseguimento di Filippo e dopo che una bordata di cannone sfondo letteralmente il salone principale, fu chiaro che il Castello era ormai preso.

    Le guardie si arresero dopo la tremenda esplosione che fece riempire di fumo l’intero palazzo. Filippo e Philippe vennero intercettati prima che riuscissero a lasciare il palazzo e furono posti agli arresti, Christian provò a fare resistenza ma: Christian scappa… se prendono anche te non avremo alcuna speranza… sai cosa fare… Corri va ora, devi andare… Christian tentennò un po’, ma sollecitato dai moschettieri che gli correvano incontro per prenderlo, si vide costretto a darsi alla fuga, come chiestogli dallo stesso Filippo". Fouquet diede ordine di inseguirlo, mentre scortava in malo modo i due verso il cortile della reggia: sarebbero ora stati caricati sopra una carrozza alla volta di Marsiglia, dove un legno li avrebbe condotti in catene, ed in esilio, fin nel nuovo mondo.

    Una volta sopraggiunti in prossimità della carrozza, un giovane uomo dalla divisa completamente nera in pelle, dal grande mantello e cappello piumato a coprirgli il volto, affiancato da due fabbri si avvicinò a Philippe. Filippo venne poi allontanato ed immobilizzato, mentre il figlio una volta disteso a terra, con forza venne costretto ad indossare una maschera di pelle cinta tutto intorno al capo da una struttura ferrata, che gli impedisse di rimuoversela. Filippo durante le operazioni di saldatura riuscì a divincolarsi atterrando uno dei due moschettieri con un colpo alle parti basse, di scatto saltò addosso all’uomo misterioso buttandolo a terra e togliendogli il cappello. Filippo rimase basito da ciò che vide, mentre subito i due che lo avevano trattenuto fino a poco prima lo ripresero con forza per immobilizzarlo nuovamente: Voi… Siete forse il figlio di Charles de Batz de Castelmore e d’Artagnan?

    Questo è il mio nome Signore!

    Come avete potuto scendere così in basso…

    Voi messere siete la vergogna di voi stesso… io servo il mio Re e la mia Nazione

    Il vostro Re? Io e vostro padre servivamo la corona quando ancora voi giocavate alla guerra… Avevate solo 5 anni quando nel cortile di casa vostra sfidavate con la una piccola spada di legno il Conte de Martignac, che in quell’occasione vi disarmava prendendovi in braccio…

    La mia spada ora non è più di legno Altezza, molto è cambiato da allora!

    Si è vero, molto è cambiato! Una volta noi ci battevamo per l’onore e per il nostro Re. Vostro padre si sta rivoltando nella tomba! Osate dare a noi dei traditori, noi che abbiamo fatto la Francia… che abbiamo costruito la nazione che vedete qui oggi… d’Artagnan allora con viso quasi di ghiaccio e tono pacato: Voi è mio Padre fate parte del passato. I tempi cambiano! Eravate la Francia, Signore… Ora non siete più nulla… poi rivolgendosi a suoi uomini con fare seccato, mentre si rimetteva il cappello e si aggiustava in guanti, guardandosi intorno disse: Forza muoviamoci, finite di saldare e fateli salire in carrozza, è ora di partire… abbiamo perso già abbastanza tempo qui! e così facendo gli girò le spalle e salì a cavallo, senza rivolgergli più alcuno sguardo.

    Finita la saldatura, mentre Philippe pregava al padre di aiutarlo, venne rialzato di peso e con Filippo obbligato a salire sulla carrozza, mentre con forti pugni cercavano di stordirli ed impedirgli di ribellarsi.

    Una volta che anche Philippe venne gettato a forza dentro, anche Filippo si placò abbracciandolo e tenendolo stretto a se. Non fecero più alcuna resistenza una volta

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