Pino - Storia di amore follia e movimento
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Anteprima del libro
Pino - Storia di amore follia e movimento - Sergio Ruffini
stato
santamaria
____________________
Se esco è perché sono tranquillo, dicono. Se parlo è perché qualcuno ascolta, dicono. Se sono qui è perché sono matto. Dicono.
Gino dice di coprirmi:
- Fa freddo
.
Gino è chiuso come me, lui è chiuso per lavoro e per lavoro apre e chiude cancelli. Io ho la p non la g, io sono pino.
Gino mi dice se è passata, se le brutte giornate sono andate.
Le pillole le fanno passare dico, e Gino lo sa. Ma non le prendo le pillole, le nascondo le butto le sotterro.
I nervi poi passano perché mi chiudo nella stanza.
Non ci sto più di tanto. Più di quanto basta.
Quando sono chiuso, quando mi chiudono, passo il tempo con la testa sulle ginocchia e ripasso il tempo. Cerco di ricordare. Perché sono matto. Perché sono qui. Perché c’è fastidio di me.
Mi ripasso.
Qualcosa mi viene in mente. Ogni volta di più.
Poi non vado oltre. Poi qualcosa fa paura. E allora mi fermo e parlo con il dottore e quando parlo mi dice che è passata, lui.
Così posso uscire di nuovo. Io posso uscire e girare le strade di fuori.
Il dottore si fida.
Il dottore. Forse lui mi conosce di più. Forse lui lo sa perché sono qui.
E allora esco.
Oggi è freddo. Ma il maglione basta. Quando cammino fuori, poi, cammino veloce e questo mi scalda.
Il sole c’è e il sole di fuori è sempre più caldo dei muri dove sono chiuso.
Dietro quei muri siamo in tanti. Le donne divise dagli uomini. Le donne possono incontrare gli uomini nei giardini, solo se possono uscire però. E girano infermieri, girano e controllano.
Io che posso uscire esco. E fuori mi aspetta Pigna. Pigna l’ho chiamato.
Mi ha incontrato una volta e ha capito da dove esco e dove rientro. E allora mi aspetta e mi accompagna per le strade.
Lui è un bastardo, dicono. Io sono un matto, come dicono. E’ tranquillo non mozzica, neanch’io. E’ contento di avermi trovato e io sono contento di averlo trovato.
Lui è libero, più di me.
Sono contento anche delle strade intorno. Intorno sanno da dove esco e sanno dove rientro.
Ci sono amici.
Gino ha ragione, fa freddo. Mi abbraccio mi stringo il maglione e cammino abbracciato.
Passato il cancello, passata la piazzetta, passata la fermata dell’autobus comincia la strada. E lì al bar un caffè me lo regalano. Un caffè per pino
- dicono sempre e mi aprono il sorriso.
Mi guardo sempre nello specchio del bar. Là dentro, quando sono al chiuso, mi vedo poco. Non ci sono specchi, hanno paura che li rompiamo per farci il male, così è nel vetro del bar che mi rivedo ogni volta.
Sono alto, questo lo so, sono magro questo lo so, braccia e gambe lunghe. Ho i capelli sempre più bianchi e questo me lo dice lo specchio del bar. I miei occhi sono chiari, e questo me l’ha detto lucia un giorno nel giardino quando possiamo incontrare anche le donne, e il maglione è sempre più consumato. Lo so.
Lo specchio non mi dice quanto sono vecchio, io non lo so. L’avevo chiesto al dottore. Mi aveva risposto: Sei come me
, io non sono come lui, ma per me il dottore ne ha cinquanta.
Due tre e quattro zuccheri.
- A pi’ me costi più de’ zucchero che de’ caffè
.
Ma mi scalda e mi nutre. E poi il caffè lì dentro non lo danno.
E’ presto e nel bar c’è chi fa colazione e poi aspetta l’autobus. Vanno al lavoro vanno a scuola.
C’è una scuola anche qua vicino, anzi ce ne sono tre. Ma quella più vicino è grande, grandissima e sta a fianco del posto dove rientro, dove torno a chiudermi.
Vicino alla scuola c’è la stazione dove il treno passa e dove scendono i ragazzi e le ragazze.
Ci passo sempre, la mattina, ci passo sempre quando è presto come stamattina, quando è presto come tutte le mattine con Pigna a fianco.
La strada è stretta, va verso la stazione e passa davanti ai cancelli di scuola. Io so che, anche se è presto, qualcuno lo trovo.
Mi chiamo pino gli avevo detto e loro Toni, Prospero, Ragno, Sandro mi dicono.
Così li ho conosciuti. Sono i primi che stanno ai cancelli, sempre.
Sono loro che scrivono i manifesti e li attaccano ai ferri dei cancelli. Toni, capelli ricci occhi scuri pantaloni stretti sempre in camicia. Non sente il freddo e se lo sente si abbraccia come me. Prospero, piccolo e capelli rossi. Sandro, il più grosso il più alto, sempre con l’impermeabile lungo scuro e Ragno, Ragno sempre vestito del nero.
Certe mattine sono tranquilli, altre sono agitati veloci e non mi danno retta. Perché io passo mi fermo e chiedo sempre cosa succede, che scrivono.
Quando sono agitati non stanno a spiegarmi molto. Te lo dico dopo dai pi’
fanno. Quando hanno tempo lo parlano con me. Mi chiedono come sto, come va, lì dentro da me.
Oggi mi parlano dei botti di ieri, chiedono se ero in giro per queste strade. Lui abbaiava e abbaiava
dico loro e carezzo Pigna Ma io ero dentro
. Ieri so’ stati cazzi pi’ se semo sparati… tutti
parla Toni.
Ragno tiene le mani aperte, un mucchietto di tubetti metallici. Prospero chinato cerca e raccoglie.
Sono bossoli, mi dicono, sono le cose che rimangono in terra dopo sparato.
Alcuni sono lunghi color bronzo, altri sono argento e piccoli.
Questi lunghi sono della polizia mi dice Sandro. E questi piccoli, chiedo. Sono degli altri, rispondono. E anche nostri dice Toni.
Dal negozio di fronte, la cartoleria, esce Roberto. Capelli lisci lunghi e occhi chiari grandi ma tagliati come gli orientali. Ha nelle mani i fogli grandi bianchi e gialli che usano per scrivere e attaccare poi ai cancelli.
Grida a Sandro se ha il pennarello, poi si appoggia sulle scale e scrive con Sandro dietro e Prospero e Ragno che si allontanano continuando a cercare in terra.
LE PRO - Roberto scrive - VOCAZIONI - il pennarello è rosso - DI IERI SON O STATE RESP – ieri, parla di ieri e dei botti - INTE DALLA RISPOSTA - Roberto continua, inginocchiato. Sto dietro lui, silenzioso, sono i momenti in cui non vogliono che chiedo.